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Autore: Melanto    24/03/2010    0 recensioni
[CartoonVerse] - "I lupi, gli aveva detto Misha, non dimenticavano e anche lei, in fondo, per magia o meno, era un lupo."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per la “Caccia alle uova!” di Fanworld.it
Uovo #18 | Prompt: scrivi una storia di qualsiasi tipo in cui compaia almeno tre volte la parola ‘uovo’.

Questa storia l’avevo in mente da quando scrissi Break, solo che poi, come sempre, l’ho messa in stand-by. XD Meno male che ci sono le iniziative di FW, va! Almeno mi fanno mettere giù quelle storie che ho lasciato chiuse nel cassetto in attesa di smuovere il culopeso. XD
Allora.
Parliamo del fandom di “Conan the adventurer”, blablabla, sì, Conan lo Sbabbaro, blablabla, lui è Greywolf mago d’aria di Xanthus, sfiga!pg e amico di Conan.
Questa storia è ambientata alla fine della seconda serie del cartone, in cui Set è stato ormai sconfitto e vissero tutti felici e contenti. E’ un futuro molto anteriore, visto che ho ipotizzato che i fratelli di Greywolf siano riusciti a tornare esseri umani in via permanente.

 

La Lupa

 

Fu Misha che lo convinse a partire.
In una di quelle meravigliose sere tiepide di Xanthus, gli si era avvicinato mentre lui seguitava ad osservare dall’alto la città dei maghi.
«E’ piacevole questa pace, non trovi, fratellino?» gli aveva detto, comparendo alle sue spalle e distraendolo dal continuo rimuginare che, nell’ultimo periodo, gli aveva tenuto la mente costantemente impegnata.
Greywolf aveva sorriso senza voltarsi. «Avevo dimenticato quanto potesse essere bella Xanthus in questo periodo dell’anno.»
L’altro si era fermato al suo fianco, mantenendo le braccia conserte. «Ora che Set è stato sconfitto per sempre e l’incantesimo di Mesmira spezzato, non hai più nulla di cui preoccuparti.» aveva scandito lentamente prima di concludere con fraterna complicità. «Va’ da lei.»
A quelle parole, il mago d’aria si era girato di scatto, incrociando l’espressione sorridente del fratello ed il suo sguardo affettuoso. Sentendosi come ‘scoperto’, Greywolf era arrossito ed aveva spostato altrove le iridi azzurre, mentre Misha si era lasciato sfuggire una leggera risata.
«Per tanti anni, fratellino, ti sei preso cura di noi, proteggendoci e viaggiando per mari e monti pur di trovare il rimedio alla maledizione che la perfida strega ci aveva inflitto.» aveva poi ripreso l’altro, cingendogli le spalle con un braccio. «Ed ora che tutto si è finalmente risolto, io e Sasha desideriamo entrambi che tu sia finalmente libero di pensare a te stesso.» un sorriso divertito gli aveva increspato le labbra nel concludere. «E poi, Wendini piace a tutti e due.»
Anche Greywolf aveva sorriso, prima di scuotere lentamente il capo; gli occhi azzurri erano rivolti al panorama sottostante, dove una variopinta Xanthus brillava alle luci di mille incantesimi sotto il cielo stellato contro cui si stagliavano le alte torri dalle cupole che ricordavano un bulbo o un uovo.
«E’ passato tanto tempo, ormai. Forse si sarà dimenticata di me.» aveva confessato con una certa mestizia, ma Misha lo aveva scosso.
«I lupi non dimenticano, fratellino, puoi credermi. Ho una certa esperienza a riguardo.» lo scherzo aveva fatto ridere entrambi e, a Greywolf, i giorni in cui Misha e Sasha erano stati costretti a vivere sotto spoglie animali erano sembrati lontani un’infinità dal suo presente attuale. «Ad ogni modo, se non provi non saprai mai come stanno davvero le cose.». Suo fratello lo aveva fissato a lungo con quelle iridi nere così dissimili dalle sue, ribadendo con più ardore. «Prova, Greywolf. Prova.»
Per questo ora si trovava di nuovo lì, nelle gelide foreste di Notran Mark.
Ancora, come l’unica volta in cui vi era stato, la neve regnava ovunque, come un morbido manto, ed i venti gelidi spazzavano l’aria, rendendola limpida. Nel cielo, il sole al tramonto brillava di un intenso arancione, simile al tuorlo di un uovo, colorando ogni cosa.
Avvolto nel mantello e spronando appena la sua cavalcatura, Greywolf si guardò attorno scorgendo la pacifica vita degli animali che popolavano i boschi. Una lepre gli tagliò la strada, dileguandosi all’interno di un cespuglio, mentre, dai filari di abeti, grosse coltri di neve si staccavano dalle fronde, liberando stormi d’uccelli che cercavano ripari più quieti in cui riposarsi. Una pernice fece capolino dal nido alla base del sempreverde, fissò l'intorno con i suoi occhietti neri e poi scomparve di nuovo, per tornare ad occuparsi dell nido ed i suoi piccoli che, presto, avrebbero abbandonato il guscio d’uovo all’interno del quale erano ancora richiusi.
Il mago sorrise, ma non riuscì a non pensare di aver commesso un errore. Non sapeva nemmeno cosa avrebbe potuto dire, a Wendini, una volta che si sarebbero trovati faccia a faccia, e non era nemmeno tanto sicuro che ciò avvenisse: i cacciatori di Notran Mark avevano detto che si sarebbero vendicati, che avrebbero nuovamente cercato di allontanare e distruggere i lupi che abitavano le foreste. Probabilmente lei era stata costretta ad andarsene oppure…
Un improvviso sentimento di preoccupazione lo fece rabbrividire, convincendolo a spronare il cavallo al trotto.
E se le avessero fatto del male? Se fossero arrivati a cacciare addirittura Wendini? O se lei, nel disperato tentativo di proteggere i suoi lupi, si fosse esposta ai pericoli in prima persona?
Il trotto divenne galoppo, mentre Greywolf spostava lo sguardo tutt’intorno, pervaso dall’ansia e la paura di essere arrivato troppo tardi. Avrebbe… avrebbe dovuto farlo prima, passare di nuovo per Notran Mark anche quando i suoi fratelli erano ancora vittime dell’incantesimo di Mesmira ed accertarsi che stesse bene e nessuno fosse più tornato ad infastidirla. Ed invece, complice una sorta di paura, timore che lei avesse dimenticato l’unico momento che li aveva visti insieme e la complicità che tra loro si era instaurata subito ed in maniera così profonda da sembrar frutto di una magia, l’aveva frenato e convinto a rinunciare al forte desiderio di rivederla. Desiderio che ora, senza più pericoli a mettere a repentaglio la sua vita, quella dei suoi fratelli e dei suoi amici, aveva preso a tormentarlo ogni giorno fino a che Misha non l’aveva incoraggiato ad affrontarlo. In quel momento, però, in cui diverse paure gli avevano avviluppato il cuore, quella di non vedere negli stessi occhi di Wendini ciò che brillava nei suoi passò in secondo piano.
Con decisione, Greywolf tirò le redini della sua cavalcatura, arrestandone il galoppo. Nella vasta piana, in cui loro due, sotto spoglie di lupi, si erano rincorsi in quello che era stato un misto di realtà ed illusione, si fermò, facendo vagare lo sguardo attorno a sé, ma non c’era nessuno. Né cacciatori né prede.
Poi, il lungo ululato di un lupo lo fece voltare e sullo sfondo del tramonto, avvolta dalla stessa cappa di quando l’aveva incontrata la prima volta, la figura di Wendini venne delineata dalla luce solare. Abbagliato, come caduto in uno stato di trance, rimase a fissarla per un lungo attimo ancora, prima di scendere lentamente dal proprio destriero. I piedi affondarono nella neve fresca con un rumore ovattato e quello stesso suono fu l’unico udibile quando si mosse per raggiungerla.
Wendini abbassò la buffa del mantello e la lunga treccia di crini grigi oscillò alle sue spalle, mentre sul viso sottile si distese un sorriso.
Nel vederla, finalmente, dopo averlo desiderato così a lungo da non averne più memoria, Greywolf si dimenticò di ogni cosa: del cavallo, cui lasciò andare le redini, dei cacciatori, che magari stavano battendo le foreste palmo a palmo per stanare i tanto odiati lupi, addirittura di parlare, di salutarla e dirle qualsiasi cosa gli passasse per la mente come “Felice di rivederti, mia signora.” o “Mi trovavo casualmente da queste parti.”. In quel momento, qualsiasi parola gli sembrò superflua, scontata, persino inutile: lei era lì, nessuno le aveva fatto del male, il resto non aveva importanza.
Greywolf si fermò quando fu ad un solo passo da lei e fu la stessa Wendini a ridurre quella distanza effimera. L’uno di fronte all’altra, come quando si erano salutati, il mago si perse nelle sue iridi verdi, brillanti come giade, e in quegli stessi occhi trovò quella complicità ed intesa che in un brevissimo passato li aveva uniti. Solo allora sorrise.
I lupi, gli aveva detto Misha, non dimenticavano e anche lei, in fondo, per magia o meno, era un lupo. E non lo aveva dimenticato.
Le dita sottili di Wendini si adagiarono delicatamente sul suo petto e lui le strinse, pervaso da una meravigliosa sensazione di completezza che gli fece rendere conto di non voler essere altrove per nulla al mondo.
«Ti stavo aspettando.» disse lei, prima di poggiare il capo contro il suo collo e lasciarsi avvolgere in un abbraccio caldo e rassicurante. «Sapevo che saresti tornato.»

Fine

   
 
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