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Autore: ele_lele    25/03/2010    6 recensioni
"La fiamma baluginante della candela danzava tremula nel freddo di una delle prime notti di primavera che era arrivata di fatto solo sul calendario. L’aria gelida faceva venire i brividi e le pelli delicate, abituate al caldo dei maglioni e delle trapunte invernali, si irritavano a causa delle temperature ancora eccessivamente rigide. Il cielo, coperto da una spessa coltre di nubi, lasciava intravedere di tanto in tanto uno spicchio di luna, pallida come i capelli che illuminava. Eterea come la bellezza di lui. Effimera come il loro amore. Fugace come quello che, forse solo illusoriamente, c’era stato tra di loro. O forse no."
Genere: Song-fic, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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iris

 
La fiamma baluginante della candela danzava tremula nel freddo di una delle prime notti di primavera che era arrivata di fatto solo sul calendario.

L’aria gelida faceva venire i brividi e le pelli delicate, abituate al caldo dei maglioni e delle trapunte invernali, si irritavano a causa delle temperature ancora eccessivamente rigide.

Il cielo, coperto da una spessa coltre di nubi, lasciava intravedere di tanto in tanto uno spicchio di luna, pallida come i capelli che illuminava.

Eterea come la bellezza di lui.

Effimera come il loro amore.

Fugace come quello che, forse solo illusoriamente, c’era stato tra di loro.

O forse no.

Se ne stava lì, immobile come una statua, rigido come fosse fatto di marmo – e lei sapeva, Merlino, lo sapeva!, che non era così… anche lui aveva un cuore e, al contrario di tutto quello che dicevano le malelingue, non era di pietra … - e con la morte negli occhi.

A fissare lei che se ne andava.

Semplicemente.

Gli aveva voltato le spalle e se ne andava.

Da San Potter, probabilmente.

A piangere dai Grifondoro come lei e a versare menzognere lacrime, incurante di lasciare lui all’Inferno, in preda alla perdizione più nera.

Senza via di scampo.

Camminava sicura la Mezzosangue.

Come sicura era stata la prima volta che era andata nei sotterranei.

Sicura come quando aveva affrontato i Serpeverde.

Ma mai abbastanza sicura da riuscire ad affrontare i suoi, di amici che, chissà come, erano comunque venuti a sapere della loro… liaison.

E così se ne andava, e lui rimaneva immobile a guardare la proprietaria del suo cuore allontanarsi da lui.

Definitivamente.

 

 

 

 

 

La Sala Grande era gremita di gente, come tutte le mattine.

Blaise Zabini assaporava soddisfatto il suo caffè italiano fatto venire appositamente dalla sua terra d’origine mentre, felice, osservava il vassoio davanti al suo piatto ancora colmo di biscotti al mirtillo.

I suoi preferiti.

Una mano, inaspettatamente, entrò nel suo campo visivo e andò a ghermire, rapace come gli artigli di un falco sulla preda designata, uno dei suoi amati biscotti al mirtillo.

Una smorfia di fastidio gli increspò le belle labbra, espandendo il disappunto a tutto il viso abbronzato.

Seguì la mano colpevole di aver rubato uno dei suoi tesori, convinto che tale crimine andasse punito con l’amputazione dell’arto incriminato, e non si stupì di scoprire che il suo adorato biscotto finiva in bocca niente meno che a Malfoy.

Junior, s’intende…

Il suo disappunto crebbe e con voce piccata esclamò:

 – Io ancora non capisco perché li mangi… a te nemmeno piacciono i biscotti al mirtillo…

Il diretto accusato rispose con una vaga scrollata di spalle fissandolo divertito, prima di degnarsi di replicare.

- Vero! Ma piacciono a te…

- … e quindi questo di dà il diritto di togliermi il pane di bocca ogni santa, benedetta mattina? Per Salazar, Draco, sei impossibile!

- Ma io lo faccio per te! Rifletti… ingrasseresti e le donne scapperebbero da te con la conseguenza che, scappando, non solo non avresti più compagnia la notte e quindi saresti sempre più intrattabile…

- …un po’ come te, insomma…

- …senza contare, Blaise, che nessuno ti sopporterebbe più e romperesti l’anima al sottoscritto fino alla fine dei tuoi giorni…

- …hai pensieri davvero altruistici, Drà, non c’è che dire…

Il biondino lo fulminò con un’occhiata di ghiaccio fuso e continuò imperterrito il suo monologo, come se non fosse mai stato interrotto

- …ma, non facendo più una regolare attività fisica notturna, e non, ingrasseresti sempre di più. Un circolo vizioso, capisci? Non sei felice che ti tragga da una morte suicida certa a cui certamente cederesti dopo essere diventato un Paciock di Serpeverde Ambulante?

- Non ti sembra di esagerare adesso?

- E perché mai? Diventeresti, se possibile, ancora più grasso di quel deficiente, e a quantità di inattività fisica potreste fare a gara… comunque - aggiunse addentando con aria schifata un secondo biscotto ai mirtilli – questi cosi fanno davvero schifo…!

Se al cercatore Serpeverde non arrivò una tazzina di caffè bollente in testa fu per miracolo o forse per intercessione di quell’anima tutt’altro che pia di Salazar Serpeverde, troppo disperato all’idea di perdere il suo pupillo, che da solo bastava a tenere alto il nome del suo casato, per un’ignominiosa morte a colpi di pregiatissima ceramica.

Bastò un attimo di distrazione, un imperdonabile errore, e tutto il mondo, magico e non, sembrò crollare addosso a Malfoy.

Bella e forse consapevole di esserlo, di una bellezza talmente pura quanto ammaliante, c’era lei.

Lei che lentamente varcava il portone della Sala Grande per andare a fare colazione, lei che camminava affianco di Harry-che-sia-dannato-per-l’eternità-quel-maledetto-fottuto-bastardo-Potter, lei che sorrideva a Re Weasley che le passava possessivo un braccio attorno alle spalle e poi ghignava in direzione dei Serpeverde, come a voler ricordare che lei era sua, come a voler marcare, anzi no, rimarcare, quel suo territorio…

Lei, lei, lei, sempre e solo lei!

Lei che rideva e alzava gli occhi dorati al soffitto incantato, lei che salutava la Piattola Weasley con un gesto della mano, lei che prendeva posto vicino a quell’impedito di Neville, lei nei suoi pensieri…

Lei nei suoi pensieri… sempre.

Maledetta Mezzosangue, doveva finire sempre nella sua mente? Possibile che non avesse nient’altro da fare?

Un lampo doloroso passò in quegli occhi di animale ferito che se ne stava quieto nell’ombra a leccarsi le ferite che lei gli aveva inflitto solo la sera prima.

Smaniava una vendetta e attendeva rabbioso, architettando folli piani che crollavano miseramente come castelli di sabbia sotto l’impeto delle onde.

Perché, se in un primo momento gli occhi dorati di lei ricordavano la sabbia e quelli gelidi di lui il freddo mare, nella realtà i ruoli si invertivano.

Era lui che aveva fatto nottata tramando contro la Mezzosangue e il Trio dei Miracoli, ma appena l’aveva vista era riuscito a malapena a ricordare come si chiamasse.

Certo, la rabbia c’era stata.

Era bastato un attimo ed era tornato il Malfoy bastardo e cinico di sempre.

Ma quell’attimo di esitazione c’era stato.

E tanto bastava.

Lei invece no.

Non l’aveva guardato neppure una volta, il suo viso era disteso e rilassato, aveva continuato a ridere e scherzare con i suoi amici per tutto il tempo e i suoi passi  non erano apparsi incerti e tremuli.

Sicura come sempre, regina di un mondo in cui la sudditanza non si basava sulla purezza del sangue, come era sempre stato e come secondo lui era giusto che continuasse a essere, ma sul coraggio e le azioni suicide che venivano compiute.

Non per niente, lei, regina di quella farsa, si era circondata di San Potter e Weasley, che, neppure a dirlo, secondo lui stonava con il nome “The King” anche solo per il semplice fatto che lei era la Regina.

- Adesso basta! Blaise, io me ne vado! -  esclamò sgarbatamente rivolto all’amico, gli occhi cerulei ancora fissi su quella che fino a poche ore prima era stata tra le sue braccia giurando amore eterno e che poi se ne era andata, rivendicando una libertà che non sapeva neppure di desiderare.

Libertà di poter stare insieme allo Sfregiato.

Draco si alzò con malagrazia, rovesciando il bricco del tea proprio sul vassoio dei tanto amati biscottini al mirtillo e Blaise, convinto che ormai le divinità l’avessero preso di mira, si limitò a un breve e gutturale lamento da cane ferito e a una faccia da stoica sopportazione che sarebbe valsa la risata di Malfoy, se solo lui non fosse stato così preso a tentare di incenerire con lo sguardo il tavolo dei Grifondoro e se, soprattutto, non fosse stato così di pessimo umore.

Accadde tutto in un battito di ciglia.

Lui era ancora lì, in piedi, con la testa alta dritta avanti a sé quando lei si girò.

Fu come morire.

Una, due, dieci, cento, mille volte ancora.

Perché quegli occhi brillavano solo per lui in quel momento.

Non per lo Sfregiato o per The King.

Solo per lui.

Draco.

Con un groppo alla gola a cui non avrebbe saputo dare né un nome né una spiegazione, distolse faticosamente lo sguardo e uscì con una lentezza esasperante dalla Sala Grande, dirigendosi verso gli amati sotterranei dove, da lì a poco, avrebbe sostenuto due ore interminabili di tortura.

Due ore con i Grifondoro.

Due ore con San Potter e Weasley.

Due ore con lei.

Lei, che non era più sua.

 

 

And I'd give up forever to touch you
Cause I know that you feel me somehow
You're the closest to heaven that I'll ever be
And I don't want to go home right now

 

 

I corridoi erano affollati di studenti dell’ultimo anno che si affrettavano a raggiungere l’aula di Pozioni prima che un Severus Piton alquanto suscettibile li mettesse in punizione per un inesistente ritardo, con l’unica conseguenza possibile: erano tutti ammassati davanti alla porta tentando inutilmente di entrare prima dell’arrivo del suddetto professore e così a loro non rimaneva altro da fare che spintonarsi nella vana speranza di prendere posto il prima possibile.

Tra loro anche Hermione Jane Granger, Prefetto di Grifondoro.

Prese posto al primo banco, come sempre, seguita a ruota da Harry e Ronald, speranzosi di lavorare al suo stesso calderone per ottenere il suo stesso voto.

Quando Piton entrò nell’aula, capirono tutti che non era aria.

Era bastato lo sguardo più torvo del solito a troncare qualsiasi accenno di conversazione e a fare perdere a Grifondoro trenta punti.

Probabilmente semplicemente perché esistevano, dato che la motivazione era a dir poco patetica: “siete tutti in orario: chi credete di impressionare? Trenta punti in meno a Grifondoro!”.

Harry era livido e Ron era paonazzo, in pendant con i capelli rossi, segno distintivo, assieme alle tanto temute efelidi, di tutti i Weasley.

Hermione fu la sola che non fiatò e appena gli ingredienti comparvero sulla lavagna, si mise operosamente al lavoro, unica formichina tra quel mare di cicale rosso-oro.

Sì, perché in realtà, qualcun altro che aveva già versato gli occhi di rospo nel liquido che sobbolliva lentamente nel suo calderone c’era.

Ed era a buon punto.

La pozione era esattamente della stessa tonalità di verde fango richiesta, sebbene sembrava che non prestasse la minima attenzione a quello che stava facendo.

Sì, Draco Lucius Malfoy era un buon pozionista.

Forse il migliore che Hogwarts ospitasse in quegli anni.

Persino migliore di lei che, nonostante sapesse la realtà e non cercasse affatto di negare l’evidenza come invece aveva fatto lui fin troppo spesso in fin troppe occasioni, riconosceva la sua bravura ma non si dava per  vinta e metteva tutta se stessa nelle precise misurazioni di ingredienti e preparazioni di intrugli vari al fine di poter se non altro competere col biondino.

Pur sapendo che, forse, davvero sullo stesso piano non sarebbero stati mai.

Perché, pur fingendo che la cosa non la toccasse più di tanto, lei lo sentiva scottare nelle vene, quel suo sangue sporco, come una maledizione senza rimedio, come un’onta incancellabile; per questo si dedicava anima e corpo alla scuola, per dimostrare che, pur non avendo il sangue puro, aveva il cervello.

Cervello che, come aveva avuto modo di costatare, se la batteva con Malfoy, re degli inganni e delle macchinazioni, quanto a intelligenza.

E questo la rendeva automaticamente seconda.

Perché se non poteva competere con lui in quanto a sangue – e come lui le aveva fatto notare così tante volte da non riuscire più a tenere il conto, il suo sangue era irrimediabilmente “sporco”-  aveva nutrito per tutti quegli anni la speranza di batterlo a scuola.

E trovarsi seconda in Pozioni era stato uno smacco non da poco per il suo orgogliosissimo spirito Grifondoro.

Fu un attimo alzare gli occhi dal suo calderone e incrociare quello sguardo di ghiaccio fuso che la fissava come se volesse trapassarla.

No, si corresse, come se volesse leggerle dentro.

Quando lei fu certa che non avrebbe mai più respirato, persa com’era negli occhi di lui, Draco abbassò lo sguardo.

Non che avesse bisogno di controllare la pozione.

Sapeva alla perfezione quello che le sue mani – Merlino, quelle mani… - stavano facendo.

Semplicemente aveva avuto voglia di interrompere quel contatto visivo.

E lei, senza sapere bene perché, se ne sentì morire…

 

 

And all I can taste is this moment
And all I can breathe is your life

 

 

Continuò a preparare quanto richiesto per la pozione con una strana nonché insolita sensazione di magone che sembrava averle chiuso la gola impedendole di prendere aria bene e a fondo.

Ogni respiro era breve e pesante, come se le costasse una fatica indicibile compiere quei movimenti vitali.

Tre giri in senso antiorario e quattro in senso orario, tre giri in senso orario e poi doveva aggiungere il sangue di salamandra, due gocce di sangue di mosca bianca e sei giri in senso orario, due cucchiai pieni fino all’orlo di sterco di scarafaggio essiccato e poi iniziava la conta.

Tre giri in senso orario, uno in antiorario, otto in senso orario, sette antiorario, e ancora due in senso orario e cinque in senso antiorario.

Si bloccò incredula a uno dei  giro dei sette antiorario.

Non era sicura se fosse il quarto o il quinto.

Pregando di non farne uno di troppo o di saltarne uno, decise che era meglio abbondare che far mancare, ricominciando mentalmente a contare come se fosse il quarto.

Le gambe incrociate per scaramanzia, e perché le mani e le braccia le servivano completamente.

Altrimenti avrebbe incrociato anche quelle.

Si perse per la seconda volta guardando quello che rimaneva del sangue di mosca bianca, rarissimo e di un rosso scarlatto ammaliante, di cui una goccia era caduta sul libro, macchiandolo, e riflettendo che anche il suo di sangue era purissimo e rosso.

Ammaliante come d’altronde tutto di lui.

-Merda! - soffiò.

Aveva perso nuovamente il conto.

Spazientita si voltò verso i suoi migliori amici che erano tutti presi da una vitale gara a colpi di Cioccorane: vinceva chi ne mangiava di più in minor morsi e senza farsi beccare da Piton.

Sconsolata tornò alla sua pozione, indecisa se rovesciarla di proposito e dare la colpa ai suoi migliori amici che non si curavano affatto del lavoro loro assegnato.

Blaise Zabini la guardava divertito come se lei fosse un insolito animaletto chiuso in una gabbia di un qualsiasi zoo e le sorrise.

Chissà se ora le avrebbe tirato una Cioccorana in mancanza di noccioline, pensò acida.

Invece si limitò a mimarle un “cinque antiorario”.

Rimase letteralmente interdetta.

La bocca le si spalancò a formare un cerchio perfetto e il sorriso di lui aumentò.

Dubbiosa dell’avvertimento, ma comunque troppo disperata all’idea di dover ammettere con Piton di essersi distratta durante una pozione, decise di tentare e il suo stupore crebbe quando si accorse che non succedeva nulla di quanto aveva temuto.

Non erano esplosi per aria, la pozione non aveva strabordato, non era impazzita e soprattutto, cosa più importante di tutte, non era diventata gialla come quella di Neville, chiaro indice che qualcosa non andava.

Forse era di mezza tonalità più scura di quanto avrebbe dovuto, ma tutto sommato era filato tutto liscio.

Distrazioni a parte…

Non fece in tempo ad arrossire al suo stesso pensiero che un biglietto di carta le planò sul banco.

Lo prese rapida, timorosa che il professore potesse intercettarlo e la sua media risentirne drasticamente e appena abbassò gli occhi su di esso si sentì morire.

Avrebbe riconosciuto quella scrittura tra mille.

 

 

Cause sooner or later it's over
I just don't want to miss you tonight

 

 

 

Il pomeriggio si era trascinato lento fino all’ora di cena, quando Hermione aveva iniziato a sentire una familiare sensazione di farfalle nello stomaco che l’aveva portata indietro con la mente, fino al loro primo bacio.

Bacio che era stato il capostipite di una lunga, lunghissima, interminabile serie infinita.

Le guance leggermente rosse all’idea di rivederlo dopo un addio che era tale da neppure ventiquattrore, la mente che correva veloce e il cuore che galoppava tra praterie misteriose all’intelletto e conosciute solo agli innamorati.

Sì, Hermione Jane Granger, a dispetto di quanto si ostinasse ad affermare, era ancora profondamente, irrimediabilmente, indiscutibilmente innamorata del bastardo di turno: Draco Lucius Malfoy.

Non aveva quasi toccato cibo, mentre vicino a lei Harry la guardava preoccupato e Ronald sembrava volesse mangiare anche per lei.

Semplicemente la sola idea di dover ingerire qualcosa la nauseava.

Era lui che voleva.

E tra tutta la scelta di quelle squisite pietanze e raffinati manicaretti non ce n’era neppure uno con il suo sapore.

Si alzò da tavola il prima possibile con la scusa di un compito di Trasfigurazione da ricontrollare e una ricerca di Antiche Rune da finire, e, sotto lo sguardo vigile di Ginevra Molly Weasley a cui non sfuggiva neppure un capello fuori posto, uscì dalla Sala Grande a passo di marcia per imboccare le scale di corsa e arrivare davanti alla Signora Grassa ansante, tutta trafelata e con il fiato grosso.

Quasi non riuscì a dire la parola d’ordine…

- E-e-erba ga-ga-gatta - balbettò tentando di mandare ossigeno ai polmoni, riacquistare una vaga posizione eretta perduta nella sfacchinata, avere un tono di voce sicuro e deciso e non collassare per lo sforzo fisico compiuto.

La Signora Grassa inarcò un sopracciglio, ma quando la Caposcuola ripeté la parola d’ordine con decisione non poté che lasciarla passare.

Ci mise un po’ per farsi una doccia, cambiarsi, truccarsi leggermente per poi decidere che stava meglio prima e indossare nuovamente l’uniforme scolastica e struccarsi velocemente, togliendo ombretto e matita semplicemente gettando acqua gelida sul viso e sfregando, incurante di irritarsi gli occhi o arrossarsi le guance.

Quasi si catapultò fuori del dormitorio, giù, sempre più giù, verso un Inferno che sembrava il Paradiso se c’era lui.

Giù, sempre più giù, verso i sotterranei di Serpeverde.

Giù, sempre più giù, correva. Verso di lui.

Andava così veloce che quasi si dimenticava di respirare.

Il suo ossigeno era lui.

 

 

Se ne stava immobile, appoggiato al muro a fumare l’ennesima sigaretta della giornata che di certo non sarebbe stata l’ultima.

Era bello.

Un angelo dannato, venuto apposta per tormentarla.

Ecco chi era Draco Malfoy.

Sogghignò tra sé appena sentì dei passi concitati dirigersi verso la porta della sua stanza, salvo rallentare di colpo a meno di due metri per palesare un’andatura normale, quasi annoiata.

Era lei.

L’aveva riconosciuta dai passi.

Due colpi decisi alla porta, nei quali lui tuttavia riuscì a sentire il tremore della mano, forse solo frutto della sua immaginazione, mentre colpiva il legno pregiato e lucido.

-Avanti - disse soffiando una nuvola di fumo.

Hermione entrò portando con se l’aria fredda del corridoio dei sotterranei, che tuttavia non lo fece rabbrividire.

Era avvezzo al freddo – dentro e fuori di sé.

Lei lo fissava senza dire nulla: negli occhi oro colato e porpora sulle guance.

Lo guardava in un silenzio quasi misticheggiante, di chi è di fronte a un miracolo o un capolavoro di inestimabile valore e teme di rovinare l’atmosfera con parole inutili.

Così si limitava a tenergli lo sguardo puntato addosso, come se temesse di vederlo sparire da un momento all’altro –o come se temesse di vedersi sparire.

Sembrava intenzionata a voler memorizzare ogni suo piccolo particolare… i capelli serici spettinati, di cui due ciuffi ribelli gli cadevano sulla fronte, quasi davanti agli occhi… le ciglia lunghe e bionde che andavano scurendosi gradatamente e che mai, mai, avrebbe giurato lui potesse averle così belle e lunghe semplicemente perché non si era mai fermata a osservarlo – a vederlo… le labbra che sembravano disegnate da un pittore francese tanto erano perfette… gli occhi.

Sarebbe morta per quegli occhi – in quegli occhi…

Occhi color del ghiaccio, freddi e taglienti, che a volte sembravano argento fuso e capaci di ustionare.

Occhi capaci di far innamorare.

Di amare e di farsi amare.

I suoi occhi…

 

 

And I don't want the world to see me
Cause I don't think that they'd understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am

 

 

Fu una notte di baci e di sospiri, di promesse infrante e di giuramenti profanati.

Unica testimone del loro amore, una candela, lasciata a se stessa, che si consumava lentamente, inesorabilmente – come la loro passione proibita - fino al momento in cui non si sarebbe spenta - lasciandoli nelle tenebre del loro Inferno.

Definitivamente.

 

 

 

L’alba li sorprese ancora abbracciati, le gambe aggrovigliate e i respiri quasi inesistenti nel tentativo vano di fare il meno rumore possibile per non far svanire ancora più in fretta quel momento magico che, come la prima notte passata insieme, non sarebbe più tornato.

C’era qualcosa di incredibilmente amaro nel dire “prima” e “ultima”, un po’ come “sempre” e “mai”.

Era la sensazione di avere dei limiti, dei paletti che avrebbero confinato la propria libertà e avrebbero portato inevitabilmente con loro conseguenze inaspettate.

“Per sempre” e “mai”. Tutte cazzate, rifletté Draco Malfoy.

Insomma, stando a quello che la Mezzosangue gli aveva detto solo un giorno prima, loro non avrebbero dovuto più vedersi, eppure erano ancora lì, in quel letto, abbracciati e appagati come il mattino precedente, e quello prima e quello prima ancora da un sacco di tempo a quella parte…

Non esisteva niente di eterno, era questa la realtà.

Né l’amore, né le promesse, né tantomeno l’odio, come lui stesso aveva avuto modo di provare sulla sua stessa pelle.

 

 

Silenziosa come un felino durante la caccia, Hermione si alzò dal letto, lentamente, evitando accuratamente di guardarlo in volto.

Poi, come memore di chi era, - la Regina di tutti i Grifondoro - aveva alzato la testa e piantato i suoi occhi dorati in quelli argento di lui.

Era stata fredda anche allora, troppo orgogliosa per cedere alle lacrime per qualcosa che lei aveva deciso dovesse finire, troppo sicura di voler fare la cosa giusta da non saper più ascoltare se stessa per sapere cosa davvero desiderasse, troppo Prefetto Granger e troppo poco Hermione.

La sua Mezzosangue.

Fu così che lentamente si rivestì sotto lo sguardo vigile di Draco, raccogliendo con cura e senza imbarazzo i vestiti sparpagliati la sera prima per la stanza.

E se ne andò.

Draco, ancora a torso nudo nel letto, con un gesto stizzito allungò un braccio verso il cassetto del comodino e ne prese un pacchetto di sigarette.

Se ne accese una e rimase per un po’ in silenzio, a fissare il soffitto, tirando, di tanto in tanto, una boccata.

Quando fu a metà sigaretta urlò –Maledetto Potter - prima di alzarsi e versarsi una generosa dose di FireWhisky che tracannò tutto d’un fiato.

 

 

 

 

L’aria era fredda e il vento gelido schiaffeggiava il viso con le sue improvvise raffiche.

Un timido sole faceva capolino di tanto in tanto da una spessa coltre di nubi chiare, che sembravano soffici come zucchero filato.

Lei era seduta sotto un albero insieme al resto del Trio dei Miracoli: Ronald, tanto per essere innovativo, si ingozzava di biscotti dopo aver saccheggiato le cucine, Potter lucidava il suo manico di scopa - quello di legno, pensò con un sogghigno Malfoy, dal momento che probabilmente l’altro non sapeva neppure come potesse essere fatto - e lei leggeva, alzando di tanto in tanto gli occhi e gettando sui suoi amici uno sguardo amorevole.

Quando lo vide non fece assolutamente nulla.

Rimase immobile a fissarlo, non palesando né stupore, né noia, né felicità né tantomeno irritazione, come invece si sarebbe aspettato.

 

 

And you can't fight the tears that ain't coming
Or the moment of truth in your lies
When everything feels like the movies
Yeah you bleed just to know you're alive

 

 

 

- Draco… - una voce bassa e calda lo riportò alla realtà.

Zabini sapeva, aveva sempre saputo, fu il primo pensiero della ragazza quando vide il bel ragazzo avvicinarsi al biondo.

Pansy rideva poco lontano con un’eterea Daphne Greengrass, mentre Theodore Nott se ne stava seduto sugli scalini leggendo un libro.

Sotto un albero, molto più vicino al Lago Nero di quanto non fossero loro, erano seduti Luna, Neville e Ginny, e quest’ultima di tanto in tanto lanciava furtive occhiate nella loro direzione, come per accertarsi di non perdere neppure una parola di quello che, a suo dire, sarebbe diventato un succulento pettegolezzo se affidato a persone competenti.

“Le persone competenti” in questione altro non erano che le gemelle Patil e quella pettegola della Brown.

Di sicuro ci avrebbero ricamato sopra per benino, ricavandone una fantastica storia di fantascienza.

- Draco… - di nuovo quella supplica, il suo nome sussurrato come una richiesta…

Ma che diamine voleva Blaise? Per Merlino, che aveva da supplicarlo? Non era stato lui a essere lasciato, non era stato lui ad aver rinnegato le proprie convinzioni, le idee con le quali era stato educato e cresciuto dopo aver scoperto di essere innamorato – Merlino, innamorato! - di una Mezzosangue…

No, della Mezzosangue…

Si voltò piccato, per specchiarsi in quelle pozze blu cobalto che il suo migliore amico aveva al posto degli occhi, e vedere un pozzo senza fine.

E al termine di quell’infinito pozzo, c’era lui, che continuava a cadere e cadere e cadere e cadere…

E quando si vide per quello che era, quello che era diventato con lei, grazie a lei, per lei, si spaventò, girò le spalle a tutto – a Blaise, a Potter, al giardino e a lei… - e se ne tornò al castello, con la speranza di dimenticare il prima possibile quella sensazione di morte nel cuore che rischiava di sopraffarlo ogni fottutissimo minuto che la vedeva vicino a Potter e la sentiva lontano da sé.

 

 

And I don't want the world to see me
Cause I don't think that they'd understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am

 

 

I fumi della pozione salivano lenti e ammalianti, in un circolo ipnotico, verso il basso e ammuffito soffitto dell’aula di Pozioni.

SI era rintanato lì, ricordando tutti i baci e le promesse, le carezze date e ricevute, i sospiri, i gemiti, le coccole, la passione.

Ricordava l’impazienza e la fretta e al tempo stesso l’interminabile attesa dell’attimo perfetto che avevano creato loro stessi.

Insieme.

Iniziò a sminuzzare le radici di Margherita, ogni taglio un ricordo, ogni porzione uguale alla precedente.

Ogni pezzo un bacio dato e uno ricevuto.

Quando le versò la pozione assunse un colore giallo pallido, salvo poi diventare marrone scuro appena aggiunse dieci gocce di sangue di sanguisughe e due dosi di pelle secca di boa ridotta in polvere.

Attese sette minuti esatti e aggiunse tre quarti di cuore di drago, tre lacrime di fenice e otto occhi di scarafaggi.

Quando spense il fuoco da sotto il calderone si sporse leggermente verso il liquido che esso conteneva, fino a specchiarcisi.

Con una lentezza esasperante e la massima accortezza ne versò un po’ in una boccetta e fece evanescere la quantità in eccesso.

Adesso non restava che bere.

Erano solo lui.

Draco Malfoy e la Pozione per Dimenticare.

 

 

I don't want the world to see me
Cause I don't think that they'd understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am

 

Fu un istante, e in un attimo la bottiglia era vuota.

Era bastato solo un attimo per prendere la decisione finale.

 

 

 

Hermione Granger arrivò trafelata all’aula di Pozioni e spalancò decisa la porta.

Quello che le si presentò davanti le gelò il sangue.

Da brava studentessa modello sapeva che odore era quello che aleggiava nella stanza: più potente di un Oblivion, più dannoso del Distillato della Morte Vivente, più invincibile dell’Amortentia… la Pozione per Dimenticare.

Lo fissò, la bocca spalancata, gli occhi sbranati, il cuore che palpitava furioso e il sangue che defluiva dal viso rendendola cadaverica.

-No… - sussurrò terrorizzata.

Vedendo che non rispondeva interpretò quel silenzio come un assenso, avvicinandosi lentamente a lui con un incedere lento e traballante.

Incerto.

Come mai lei era stata prima d’ora.

-No… - ripeté fissandolo, con gli occhi che improvvisamente si riempivano di lacrime -Non puoi averlo fatto! No! Non puoi aver dimenticato tutto… - blaterò senza sapere bene quello che stava dicendo.

-Tutto cosa, Mezzosangue?- ripeté lui con voce fintamente carezzevole.

-Tutto! - urlò di rimando lei –Tutto! Tutto quello che c’è stato tra noi…

Lui non parlò, si limitò a fare un passo avanti e le si accostò all’orecchio prima di sussurrare:

 –E tu? - e uscire con calma dalla porta.

 

 

Ci mise un po’ a realizzare che la bottiglietta che era sul tavolo era effettivamente troppo pulita per essere stata riempita e poi svuotata, e che l’armadio delle scorte era socchiuso.

Si avvicinò tremante e aprì l’anta per scoprire che sul primo ripiano, in bella vista, c’era una boccetta contenete un liquido marrone scuro.

La Pozione per Dimenticare.

E così non l’aveva presa , si trovò a riflettere mentre le sue gambe la facevano uscire di corsa fuori della stanza.

Quasi non si accorse che due braccia forti la imprigionarono nella loro morsa ferrea, fino a quando non si rese conto che, pur continuando a muovere le gambe, non si muoveva di un millimetro.

E quando si girò si rispecchiò in un mare fuso di argento che le esprimeva solo amore.

 

 

I just want you to know who I am
I just want you to know who I am
I just want you to know who I am
I just want you to know who I am

 

§  Spazio Autrice:  §


Credo che sia doveroso dire alcune cose, la prima delle quali è una semplice parola che ultimamente mi trovo ad usare spesso.
Cavoli, è diventata inflazionata...
In ogni caso la parola è "GRAZIE".
Grazie a Mirya che è fantastica come al solito e mi fa commuovere, mi fa sperare e mi fa girare per casa (ore e ore, anche giorni interi...) con le dita delle mani incrociate nella speranza che i miei scritti le piacciano.
Non sono pazza.
Non completamente.
Di solito succede se si hai un'incondizionata fiducia in qualuno: speri di aver fatto il possibile e qualcosa in più per essere all'altezza delle sue aspettative, mentre dentro di te speri di raggiungere l'impossibile per superarti e andare oltre i tuoi limiti.
Ecco, io sono un'inguaribile sognatrice perchè continuo a sperare che ogni mio scritto sia di suo gradimentoe ogni volta che ricevo una sua e-mail con le correzzioni mi viene voglia di predere l'elenco telefonico e cominciare a chiamare tutti chiedendo "scusa, sei Mirya?".

L'altra cosa da dire è "perdonatemi" se ancora non ho postato il nuovo capitolo di Amore Proibito.
Lo farò presto.
Relativamente presto, conoscendo i miei tempi, ma lo farò.
Perchè ogni promessa è debito.

Infine vorrei sottolineare che le parti scritte in grassetto è il testo della canzone "Iris" dei Goo Goo Dolls.

Ele_lele
   
 
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