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Autore: Melanto    26/03/2010    0 recensioni
Gli avevano affidato un’altra settantaquattro cannoni, la Glorious.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Storia scritta per la “Caccia alle uova!” di Fanworld.it
Uovo #16 | Prompt: prendi la tua altezza in cm, moltiplicala per 10 e dividila per 2. Scrivi una storia con quel numero esatto di parole.
Sono alta 165 cm: [(165*10)/2] = 825 parole (conteggio Word, esclusa, ovviamente, la citazione sotto al titolo come previsto da regolamento)

Ammetto che mi piace molto andare a guardare, con l’occhio indiscreto d’una pulce, quei momenti che non sono direttamente presenti nel libro, ma che da esso mi vengono come ‘inputtati’. XD
Di Anderson e Benét sappiamo che ambedue rifiutano il comando della nave con cui sono giunti agli Antipodi, suggerendo (entrambi) che venga affidata a Charles. (XD non ho mai saputo come considerare questo loro atto di ‘pucciosità’, se ironico o sincero. Propenderei per il primo. XD E comunque, io continuo a restarci malissimo per Charles perché, in fondo, è stata la terza scelta – un po’ come un certo TERZO PORTIERE di mia infinita conoscenza *fischietta* – nonostante tutta la fatica che ha fatto. T_T se è uno sfiga!pg, direte voi, che sfigato sia fino alla fine. E pure c’avete raggggione).
Ho voluto quindi provare a vedere che faccia avrebbero fatto entrambi se fossero venuti a conoscenza di come la grande trovata di Benét avesse finito col provocare ciò che Charles (bello lui) aveva ipotizzato fin da subito. :)

Ci sono SPOILER importanti per chi non ha letto il libro!!!

 

Ironic
"It's the good advice that you just didn't take" - Ironic; Alanis Morissette

 

Gli avevano affidato un’altra settantaquattro cannoni, la Glorious.
Anderson pensò che fosse un bel nome per un bel vascello e quello lo era davvero, altro che la storpia carcassa che gli avevano fatto scorrazzare fino agli Antipodi. Ancora adesso si chiedeva come diamine fosse riuscita a non affondare ben prima dell’arrivo a Sydney Cove.
Con le mani dietro la schiena, guardò con una smorfia soddisfatta il suo nuovo alloggio. La vernice chiara, che intonacava le pareti, lo rendeva più luminoso alla luce della finestra poppiera. I bagagli – pochi, in verità; lui non amava circondarsi di inutili chincaglierie oltre le sue piante – erano stati lasciati accanto alla cuccetta in attesa di essere disfatti. Aveva già scacciato il nuovo valletto, Mirtle, dicendogli che se ne sarebbe interessato personalmente. Era una routine scaramantica: appena prendeva possesso di una nave, doveva provvedere da solo a disporvi le proprie cose, quasi fosse stato un rituale per marcare il territorio.
Ovviamente, ben prima degli abiti, si sarebbe occupato delle piante. Aveva comprato dei nuovi semi e, dovette ammettere, gli Antipodi si erano rivelati più fruttuosi del previsto; era curioso di vedere, sbocciati, i fiori di Mulla.
D’improvviso, un deciso bussare alla porta lo distolse dai suoi pensieri.
«Avanti.» invitò brusco, ma come vide comparire il biondo Benét assunse un’espressione più affabile.
«Permettete il disturbo, Capitano, sir
«Entrate, mister Benét, entrate. Nessun disturbo.»
Il giovane avanzò, fermandosi presso la scrivania mentre lui seguitava ad armeggiare con le piantine che aveva accudito sulla vecchia nave.
«Allora?» chiese, dandogli le spalle «Cosa ne pensate?»
«Gloriosa di nome e di fatto, questa nave, signore.» rispose l’altro con entusiasmo. «In qualità di vostro Primo Tenente – e vi ringrazio ancora dell’opportunità – ho già provveduto a fare un giro completo. Le batterie dei cannoni sono in perfetto stato, signore, e mi sono spinto giù nella stiva dove-»
Il Capitano gorgogliò una risata. «Calma, calma mister Benét. Capisco l’entusiasmo, ma non c’è bisogno che mi elenchiate tutto. Più tardi mi accompagnerete in una sua visita accurata giacché sembra non avere più segreti per voi, ormai!» con attenzione sollevò il Moonflower(1), scrutandolo alla luce solare, e si rallegrò di come fosse in condizioni perfette. «Per quanto riguarda la nomina, via, non fate il modesto con me. Sapete benissimo di esservela meritata.». E mentre passava accanto al tavolo, Anderson s’accorse della missiva poggiata su di esso. Doveva avercela messa Mirtle senz’altro. Con un grugnito interruppe il rituale per darle un’occhiata. «Parlatemi dei carichi, piuttosto.» incitò, infine, nei riguardi del nuovo Primo Ufficiale. «Come procedono le operazioni?»
Benét si inorgoglì, sorridendo largamente. «Benissimo, sir! Siamo a buon punto e sto facendo in modo di sollecitare gli uomini. Metà delle palle di cannone sono già a bordo.»
Anderson annuì, alzando fugacemente lo sguardo su di lui prima di riabbassarlo e leggere il mittente vergato sulla missiva. Un guizzo di perplessità gli fece inarcare minacciosamente il sopracciglio quando scoprì che proveniva dagli Antipodi.
Intanto, Benét continuava a parlare. «Avrei già un’idea per riuscire ridurre i tempi di carico, signore.»
«Per la miseria, giovanotto, siete incontenibile!» il Capitano rise fragorosamente «Me ne compiaccio. Illustratemi, dunque, la vostra nuova intuizione.» e, mentre l’altro discorreva di sistemi di corde, carrucole, ruote e strani carrelli, Anderson mantenne le orecchie tese per ascoltarlo, ma gli occhi sulla lettera che aveva aperto.
Lentamente, nel fluire delle poche righe che la componevano, il ghigno di approvazione per l’entusiasmo di Benét si spense, venendo rimpiazzato da un’espressione tesa e seria, finché non esalò quel «Oh.» che zittì l’ufficiale al suo fianco.
Il giovane lo scrutò con perplessità.
«Tutto bene, sir? Cattive notizie?»
Lui non catalogò il contenuto della missiva, ma lo incamerò come un dato di fatto. «La nave lasciata in Australia è andata distrutta in un incendio.» disse, levando lo sguardo su Benét. «Un incendio scaturito dal vascello stesso.» e non ebbe bisogno d’esser più preciso affinché entrambi ne comprendessero il significato.
«Oh!» fu l’esclamazione sorpresa dell’altro, prima che sorridesse. «Mister Summers sarà dunque fiero d’aver avuto ragione.»
Il tono di Anderson rimase gelido. «Il Capitano Summers è morto nel tentativo di domare le fiamme.»
Lì, il sorriso di Benét si dileguò. «Questo è… spiacevole.» convenne, senza tuttavia perdersi d’animo. «Però il metodo ha funzionato, dopotutto; certo, andrebbe perfezionato, e comunque è una vittima su… quante centinaia?»
Anderson ghignò. «Sul suo perfezionamento non si discute, ma spero di non dovervi più far ricorso!»
«Sì, signore, certo!» Benét mosse il capo assieme ai folti riccioli.
«Andate, ora, e preparatemi uno schema della vostra idea.»
L’ufficiale portò la mano al cappello, lasciando la cabina. «Immediatamente, signore!»
Quando la porta fu chiusa, un’espressione diversa, da quella gelida e tirannica, calò sul volto di Anderson; un’espressione che assumeva di rado e sempre al riparo dagli sguardi altrui. Un’espressione di colpa.
«La vita è un ironico intreccio di sartie, eh, mister Summers? Il più complesso. Il più fragile.» esalò debolmente, fissando la missiva ancora per qualche momento, prima di poggiarla sul tavolo e volgerle le spalle.


(1) Moonflower: (cfr. “I Fiori di Anderson – Moonflower e Geranio”) in teoria nel libro lui chiama quella pianta ‘ghirlanda’. Io ho cercato in internet… ma non sembra esistere una pianta con questo nome XD. E la mia scelta è ricaduta sul moonflower.


 

Fine

Di Benét ero assolutamente sicura sulla reazione, perché è talmente pieno di sé che, figurarsi!, mica si fa il problema. Mentre per Anderson, chissà. Credo che almeno un pochino in colpa ci si potesse sentire perché, dopotutto, non ha voluto ascoltare Charles, dicendogliene di peste e di corna. :3

   
 
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