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Autore: Edenya404    27/03/2010    9 recensioni
-“Nessun segno di allerta, nessun alibi. Stiamo svanendo più rapidi della velocità della luce”. Cristo Jay, è veramente bella. Perché non la finisci?
Jared gli sorrise malinconicamente.
-La finirò tra un mese suppongo…
Colin abbassò lo sguardo, intuendo al volo i suoi pensieri e non potendo far nulla per evitarli: mancavano tre settimane alla fine delle riprese di ‘Alexander’, dopo avrebbero dovuto affrontare loro stessi e quello che erano diventati senza accorgersene.

Vedendo che Jared al Palasharp non ha cantato Alibi mi sono chiesta perchè...beh, questa è la risposta che mi sono data.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Colin Farrell e Jared Leto (ahimè) non mi appartengono, non li conosco e i fatti da me narrati non sono assolutamente basati sulla realtà, ma son solo il semplice frutto della mia fantasia. Inoltre per scrivere queste storie non prendo denaro.

 

La canzone citata è “Alibi” dei 30 seconds to mars, uscita nel cd “This is war”, e a loro appartiene. Buona lettura!

 

Alibi

[A trial by fire]

 

No warning sign
No Alibi
We faded faster than the speed of light
Took our chance
Crashed and burned
No we'll never ever learn
I fell apart
But got back up again and
I fell apart
But got back up again yeah..
We both could see
Crystal clear
That the inevitable end was near
Made our choice
a Trial by fire
To battle is the only way  we feel alive
And I fell apart
But got back up again and
I fell apart
But got back up again and
I fell apart
But got back up again
So here we are the witching hour
The quickest tongue to divide and devour
Divide and devour
If i could end the quest for fire
For truth for love for my desire
my desire
And i fell apart
But got back up again
I fell apart I fell apart
I fell apart I fell apart
I fell apart
But got back up again..

 

 

La vita è una grandissima presa per il culo. Adesso ne ho la conferma.

Tu fai di tutto per dimenticare un pezzo del tuo passato e, proprio quando sei immerso nella tua bolla di felicità, ecco che questo salta fuori di nuovo. Mi ero ripromesso di non pensarci, mi sono sempre detto che non sei stato nulla di più degli altri, ma poi basta un piccolo intoppo e tutto il mio castello mentale crolla. Quante volte ci siamo mentiti Colin?

- Jay! Hai visto la mia maglia a righe?

Shannon ha aperto la porta della mia camera d’albergo e se ne sta col viso infilato nella fessura tra di essa e lo stipite, attendendo una risposta.

-Come diavolo faccio ad averla vista Shan? Dormiamo in camere separate.

La sua fronte si aggrotta un poco, mentre i suoi occhi mi scrutano con quell’espressione che ormai conosco benissimo. Conto mentalmente, sapendo già che cosa dirà. Uno, due, tre…

- Che ti succede bro’?

Sorrido inconsciamente, davvero non posso nascondergli nulla.

- Un po’ di stanchezza forse. Prova a sentire Tomo, magari l’ha vista lui la tua maglia.

Mio fratello sa benissimo quando voglio essere lasciato in pace e quando invece ho bisogno di lui; lo sa ed è per questo che adesso se n’è andato, lanciandomi un’occhiata eloquente a ricordarmi che, se ho bisogno, lui è lì a due passi da me.

Lo vedi come mi sono ridotto? Ci sono troppe crepe in questa mia fittizia normalità che mi sono cucito addosso. Davvero, erano anni che non ci ricadevo, ormai credevo pure di esserne immune, ma a quanto pare mi sbagliavo di grosso.

Nonostante le incessanti battutine di Shannon, non ho messo Dublino come tappa del tour con la speranza di vederti, anzi a dirtela tutta neppure ci speravo. Ci ho pensato, certo, che questa è la tua città, che qui c’è la tua casa, sarei un ipocrita a negarlo, tuttavia non è durato che qualche minuto questo pensiero. Dopotutto sono passati anni, non avrei mai pensato che qualcosa di noi potesse ancora essere vivo, sotto al cumulo di macerie che ho dentro. E invece…

È bastato veramente poco, ed è questo che mi fa incazzare: rendermi conto che, per quanto mi sia illuso, non è cambiato niente, che con te continuo a perdere inesorabilmente ogni tipo di difesa. Esattamente come sei anni fa, a Marrakech, quando giocavi a fare Alessandro e alla fine di ogni ripresa insieme, non appena si spegnevano le telecamere, mi stampavi di fronte a tutti un bacio sulle labbra ripetendo quanto fosse sexy il tuo Efestione. Ci scherzavi, ti piaceva farlo, ma anche tu ti sei dovuto ricredere alla fine perché quella fottuta notte non c’era un’intera troupe a guardare, non indossavamo vestiti macedoni e non era malizia che ti brillava nello sguardo, ma un miscuglio di passione ed eccitazione. È stato allora che hai capito anche tu che non sarebbe stato semplice.

Dimmi Colin: quante volte ti ho visto bere una Guinness, eh? Sporcarti le labbra con la schiuma e poi leccarla via, accompagnando il gesto con una occhiata involontaria nella mia direzione che mi attorcigliava sempre le viscere. Anche poche ore fa, in quel pub irlandese, ti ho trovato attaccato alla solita pinta e i nostri occhi si sono incrociati, come se non avessero mai dimenticato. Stavolta però non c’era malizia, né frasi nascoste o desideri repressi. Mi hai guardato. Ti ho guardato. Stupore? O forse paura? Meglio, malinconia?

In un solo istante ho sentito crollare ogni mia difesa e sarei voluto solo scappar via. Mi è venuto da chiedermi quanto in realtà siamo cambiati io e te.

-Ciao Jared.

-Ciao Colin.

Hai salutato poi anche i ragazzi alle mie spalle. Shannon ti ha gettato un’occhiata torva e si è allontanato, trascinandosi dietro Tomo e un fin troppo curioso Bobby. Mio fratello non ha mai approvato il modo in cui, inconsapevolmente, ci eravamo attaccati nell’ultimo mese di riprese e che solo lui aveva notato. Sapeva a cosa ci…o meglio mi avrebbe portato, tuttavia ha lasciato che corressi liberamente su quel meraviglioso binario, aspettandomi nel punto in cui avrei deragliato, pronto, come sempre, a curarmi le ferite.

-Che ci fai a Dublino?

Una punta di imbarazzo nella tua voce, come sempre, lievemente balbettante. Non ci ho creduto che non avevi neppure notato i volantini del tour che infestano ogni angolo della città. Tu hai sorriso e ti sei passato una mano tra i capelli, contorcendoti un poco sulla sedia, per poi continuare.

-Non ricordavo fosse stasera il concerto… Come stai?

Ti ho sorriso, o almeno ci ho provato, perché in realtà avevo solo voglia di baciarti. Cazzo!

-Bene, il tour mi sta uccidendo ma lo rifarei migliaia di volte. E tu?

-Sto bene anche io, grazie.

Un altro sorriso da parte tua, stavolta imbarazzato. Hai guardato dietro alle mie spalle, facendo un cenno alla tua nuova compagna che, dall’altro lato della porta a vetri, si stava sbracciando per salutarti e indicarti l’auto dove ti avrebbe aspettato. Ho dovuto ammetterlo a me stesso: è carina.

Mi sono voltato di nuovo verso di te, fingendo una cortesia che non mi si addice neanche in condizioni normali, figuriamoci con quella gelosia acida che mi rodeva.

-Và pure se devi, non voglio trattenerti.

Come dirti che in realtà morivo al solo pensiero di lasciarti andare di nuovo?

Ma tu lo sai che ti ho mentito, non è vero Colin? Come sei anni fa, quando ti dissi che avevi ragione, che per noi due non sarebbe potuta durare così perché c’era troppo in ballo, che comunque avremmo potuto continuare a sentirci… lo sapevi che mentivo e me lo lasciasti fare, perché indubbiamente un taglio netto avrebbe fatto meno male ad entrambi.

Mi hai guardato poche ore fa e ancora mi sento annegare nel tuo sguardo così profondo, soffocare nel tuo odore fresco di campi, pioggia e fumo… quasi l’avevo dimenticato.

La tua mano si è appoggiata sulla mia coscia, stringendo piano ma con una malcelata disperazione.

-È stato bello rivederti Jay.

-Anche per me.

Un sorriso, dolce, caldo, limpido come il cielo d’Irlanda.

-Magari potremmo risentirci prima di far passare altri sei anni.

-Magari, sì.

Di nuovo una bugia detta per non farci del male ulteriormente e lo sapevamo, anche stavolta; ce ne siamo resi conto nello stesso istante in cui l’abbiamo pronunciata. Ti sei avvicinato al mio volto ed hai passato con cautela l’indice sul profilo marcato della mia mascella, tracciando una scia rovente su ogni centimetro della mia pelle.

-Lo sapevo che ce l’avresti fatta Jay…

Ti ho guardato senza rispondere, deglutendo. Il tuo palmo si è appoggiato alla mia guancia.

-Abbi cura di te.

Un scia di calore che si è subito trasformata in freddo, un uomo distrutto e un bicchiere vuoto di birra, solo questo ti sei lasciato alle spalle.

 

*Londra, sei anni prima.*

-Che fai così concentrato?

Jared era seduto sul letto nella sua camera d’albergo, con indosso un paio di pantaloni del pigiama e un blocco notes tra le mani, l’espressione persa tra le righe. Si voltò a guardare Colin che sporgeva da sopra la sua spalla, ancora umido per la doccia fattosi, e sorrise sornione.

-Compongo Farrell, compongo.

-Oh certo, star all’opera dico bene? E suppongo che non ci sia alcun modo per farti smettere…

L’irlandese gli soffiò nell’orecchio, cingendogli la vita e leccandogli maliziosamente il lobo, per poi scendere lungo il suo collo. Jared rise.

-Sei un fottuto animale da sesso e basta!

Colin mostrò al suo indirizzo il medio, si alzò e, fatto il giro attorno al letto, si andò a sedere di fianco a lui, sbirciando curioso nel foglio che teneva in mano.

-Posso leggere?

Chiese. L’americano lo guardò titubante per qualche secondo, poi sbuffò rassegnato e gli porse il blocco, lasciando che le labbra gli si arricciassero in un sorriso.

-Giuro che se mi sfotti non te lo do più.

-Che cosa non mi dai più?

Uno sguardo malizioso a cui Jared rispose senza problemi, ghignando.

-Non lo so, suppongo che qua lo chiamiate pisello.

Colin si leccò le labbra e portò volontariamente gli occhi sull’inguine dell’altro, un breve istante soltanto, per poi risollevarli di nuovo verso il suo viso.

-E cosa ti fa pensare che io voglia il tuo pisello, Leto?

Per tutta risposta Jared alzò eloquentemente un sopracciglio ed entrambi scoppiarono a ridere sul morbido materasso di una suite d’albergo. Colin si ricompose dopo qualche minuto.

-D’accordo prometto che non ti sfotterò.

Gli disse serio, per poi sdraiarsi a pancia all’aria e concentrarsi sulla canzone.

Passarono un paio di minuti di silenzio… Colin aveva la fronte aggrottata e leggeva i versi con attenzione, Jared intanto lo osservava stranamente imbarazzato, mordendosi il labbro inferiore.

-Mmm…

La voce di Colin spezzò l’atmosfera. Si voltò a guardare l’americano e gli offrì un sorriso così dolce che Jared si chiese se non lo avesse solo sognato.

-E’ molto triste, però mi piace.

-Non so ancora che cosa ne farò, per adesso sono soltanto frasi sparse su di un foglio.

L’irlandese riportò lo sguardo sul blocco e lesse.

-“Nessun segno di allerta, nessun alibi. Stiamo svanendo più rapidi della velocità della luce”. Cristo Jay, è veramente bella. Perché non la finisci?

Jared gli sorrise malinconicamente.

-La finirò tra un mese suppongo…

Colin abbassò lo sguardo, intuendo al volo i suoi pensieri e non potendo far nulla per evitarli: mancavano tre settimane alla fine delle riprese di ‘Alexander’, dopo avrebbero dovuto affrontare loro stessi e quello che erano diventati senza accorgersene. Si erano illusi che sarebbe stato semplice, che sarebbe stato solo un gioco, come Jared stesso citava in una delle sue canzoni, ma in quel momento, alla resa dei conti, la verità gli era piombata addosso tutta d’un colpo e faceva paura, una paura cane. Colin avrebbe voluto parlarne, ma non trovava le parole. Jared, invece, fuggì il discorso con maestria, come sempre, lasciandolo cadere nel vuoto.

-Comunque non credo che la metterò nell’ultimo cd.

-No? Come mai?

-Voglio conservarla per il prossimo… ne abbiamo parlato con Shannon, sarà il migliore che faremo in tutta la nostra carriera. Mi piacerebbe poter portare la band in un tour spettacolare per tutta l’Europa e l’America.

Colin osservò la faccia sognante di Jared e sorrise. Si sollevò a sedere, portandogli una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro e poggiandogli un bacio sulle labbra.

-Sono sicuro che ci riuscirai, Jay.

-Ti chiederei di venire ma probabilmente non saremo più in contatto.

Si accigliò, spostando il foglio con le canzoni sopra al comodino. Colin represse un crampo allo stomaco, scacciò le immagini dalla sua mente e si stese sul letto, afferrando Jared e portandoselo sopra delicatamente. Si guardarono. Tre settimane, soltanto.

-Non preoccuparti, vedrò miriadi di volantini in giro per Dublino e saprò che ce l’hai fatta.

-Spero di vederti in prima fila allora.

-Magari nel backstage.

Gli prese il viso e lo baciò con trasporto, affogando nelle sue labbra tutte le paure che spintonavano per uscire e ripetendosi che forse Jared aveva ragione. Avevano giocato troppo.

 

Mancano ormai poche ore al concerto e ancora non riesco a capire cos’è questa inquietudine che spinge dall’interno per uscire. Nell’altra stanza Tomo e gli SDC stanno facendo casino come sempre, cantando a squarciagola “Marry me”. Tendo l’orecchio ma non avverto la voce inconfondibile di Shannon, mi basta questo e so che è rimasto in camera sua con una scusa, per poter essere disponibile nel caso avessi bisogno di lui.

Immagino che non ti vedrò né tra la folla né nel backstage Colin. Sinceramente neppure ci avevo mai creduto a questa cosa e non perché non mi fidi delle tue promesse, semplicemente perché mi sono reso conto che c’è ancora molto tra noi di non detto e non sepolto. Sarebbe stupido fingere di essere rimasti amici; io e te non lo saremo mai per il semplice fatto che, ogni volta che siamo vicini, le nostre mani smaniano per toccarsi.

Sfoglio il plico dei testi delle canzoni per il breve ripasso scaramantico. In sesta pagina, strafottente e piena di significati solo nostri, se ne sta “Alibi”. Come previsto l’ho completata in una settimana e mezza da dopo che ci siamo separati ed è stato come strapparsi via pezzi di anima e spremerli sul foglio; è la nostra canzone, mia, tua, di nessun’altro. L’ho tenuta per anni in archivio, finché non mi sono sentito pronto a inserirla nel nostro ultimo cd; è il sogno che si avvera e tu, in qualche modo, dovevi farne parte. Ma cantarla in concerto sapendo che non potrai mai sentirla e vedere migliaia di ragazzine impazzire per un dolore che neppure immaginano, bèh… questo non è quello che volevo.

Entro in camera di mio fratello senza bussare.

-Bro’, ti disturbo?

Shannon si alza a sedere sul divano e spegne la tv, mi guarda mentre mi avvicino a lui.

-Ma no che non disturbi Jar.

Sposta un sacchetto di patatine per farmi spazio ed io mi siedo accanto a lui, in silenzio. Non abbiamo bisogno di parlare, sa perfettamente cosa sto passando. Mi cinge le spalle con un braccio ed io appoggio la testa alla sua spalla, lasciandomi stringere, come quando eravamo piccoli e lui mi proteggeva dai miei squali immaginari. Sospiro.

-Shan…

-Sì?

-Voglio togliere ‘Alibi’ dalla scaletta per i prossimi concerti…

Shannon soffia un po’ d’aria fuori dal naso, come a dirmi che se lo aspettava, poi mi poggia un bacio sulla testa ed io inizio a piangere sommessamente sulla sua spalla. Sento le sue braccia forti stringersi attorno a me ad arginare quella diga malandata che avevo costruito e che oggi, in pochi minuti, ha ceduto in modo devastante. Sento le sue dita affondare piano nei miei capelli e la sua voce mi accarezza i timpani rassicurante.

-D’accordo bro’, la togliamo. Puoi dirgli addio adesso…

Sì, lo posso fare, Shannon ha ragione. Non c’è più motivo di fingere che non è successo niente; devo accettare quello che siamo stati e rendermi conto che non si può tornare indietro. Posso farlo, posso chiudere quella canzone tra noi, alzarmi di nuovo e camminare per il mio binario, augurandoti tutto il bene possibile. Non è difficile adesso.

È stato meraviglioso ma, come tutti i giochi, anche noi siamo giunti alla casella della fine.

Addio Colin.

 

 

 

 

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Alibi by [A trial by fire] is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
  
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