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Autore: Melanto    27/03/2010    0 recensioni
Il suo elefante ondeggiò ai comandi del minuto e scurissimo indigeno che, a piedi, ne aveva tenuto le redini per l’intero tragitto.
Ogni volta, quel lento oscillare gli ricordava il rollio d’una nave.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Storia scritta per la “Caccia alle uova!” di Fanworld.it
Uovo #2 | Prompt: scrivi una storia qualsiasi ambientata in un campo fiorito.

Altro giro, altra corsa. E ci sono SPOILER! XD impossibile non farne, perdonatemi!
Una breve flash interamente incentrata su Jack ‘Il Bello’ Deverel e ciò che è stato di lui una volta arrivato in India sull’Alcyone.
Da quello che Marion racconta a Edmund, Jack ha mollato la Marina (come già aveva preannunciato allo stesso Talbot quando ancora si trovava sulla nave di Anderson) ed è stato preso presso un Maharaja col titolo di Colonnello (per quanto, a detta di Marion, nessuno lo chiami mai così).
Allora, a prescindere dal fatto che ce lo vedo BENISSIMO a dorso d’elefante (XD), di Jack ho sempre pensato che fosse il tipo con troppa voglia di fare, ma che riesce a fare ben poco e pure male, straviziato (poiché figlio di persone piuttosto facoltose, probabilmente Lord), che non riesce mai a concludere ciò che inizia e quindi saltellasaltellasaltella fra tremila ambizioni ed aspirazioni.
Un pirla, a conti fatti (XD), che sa essere pure abbastanza cattivo quando vuole (vedesi con Colley. E Cumbershum NON è uno stinco di Santo, ANZI! O_O occazzo. Mi sono accorta che vanno talmente d’accordo, loro due, che potrebbero essere slash… *urla in preda al terrore*), ma che è destinato a restare in questa sua condizione di eterno inconcludente attaccato alla bottiglia.
Perdonami, Jack, non sembra, ma sono affezionata tanto anche a te. *cuore*


Like the sea


La distesa verdeggiante, chiazzata d’oro – giallo e rosso –, pervinca e magenta, s’aprì come un miraggio appena emersero dall’intrico di liane e gramigne che tessevano la vegetazione tropicale dell’India.
Il Colonnello osservò quel campo sgombro da arbusti, stringendo gli occhi per contrastare l’intensa luce del sole.
Una zanzara gli ronzò accanto all’orecchio e lui la scacciò con un gesto deciso.
Il luccichio d’un rigagnolo d’acqua arrivò alla sua vista tagliando il limite del prato come fosse stato una lama. Oltre, di nuovo la giungla.
«Fermiamoci qui.» ordinò al gruppo che lo accompagnava e che s’arrestò, prendendo a scendere dalle bestie.
Il suo elefante ondeggiò ai comandi del minuto e scurissimo indigeno che, a piedi, ne aveva tenuto le redini per l’intero tragitto.
Ogni volta, quel lento oscillare gli ricordava il rollio d’una nave.
Jack Deverel smontò dall’ingombrante cavalcatura e diede una sistemata alla nuova divisa che aveva acquisito, assieme al titolo di Colonnello, da quando aveva scelto di servire il Maharaja. Il turbante o safas, come lo chiamavano loro, gli proteggeva il capo dal sole battente lasciando sfuggire qualche ciuffo castano di capelli incollato al viso dal sudore che, lento, scivolava dalla fronte e lungo l’ovale.
Il fodero della talwar(1) urtò leggermente contro la coscia e lui appoggiò la mano sull’elsa, osservando, con un piede addossato ad un arbusto sporgente, lo spazio avanti a sé, mentre gli elefanti avanzavano lentamente, trascinati dagli indigeni. Le loro pesanti e larghe zampe pestavano i fiori del campo, creando come dei buchi nel mare di corolle dorate.
Mare.
In una visione poetica anche quello lo era e, proprio come l’acqua, oscillava al vento, piegando erba e petali al passaggio dell’aria. Nel loro movimento mimavano un’onda; le creste divenivano spuma, il fruscio, il mormorio dell’acqua ch’andava e veniva contro la chiglia.
Jack assottigliò lo sguardo. Per quanto lontano fosse, per quanto poco gli importasse d’essersi dimesso dalla Marina, i ricordi del passato e la loro eco tornavano sempre, come un’onda, anche loro. Come il mare.
Per quello c’era lo sherry. O il brandy. O la birra. O, buon Dio!, qualsiasi altro tipo d’alcolico. Per dimenticare quanto salato fosse il sapore dell’acqua su una nave da guerra, per dimenticare quanto amara fosse la consapevolezza di esser sempre stato la rovina di sé stesso nel correre dietro propositi come la voglia d’avventura e la gloria.
Nella sua spasmodica ricerca, aveva lasciato il mare per la terra, ma le cose non erano cambiate. Le onde continuavano a rollare, sotto diverse forme, contro di lui. L’unica consolazione era che non ci fosse nessun Anderson cui rendere conto, nessun guardiamarina tanto fesso da lasciare che la nave venisse ‘presa a collo’ e le invettive di suo padre non erano altro che innocuo inchiostro su carta – già stracciata, invero –.
Abbassò lo sguardo, fissando i fili verdi e i fiori multicolori che quasi lambivano i suoi piedi.
Il misto tra un ghigno ed una smorfia di spregio gli tese il labbro.
Dopotutto, in quel mare non c’era il rischio di finire annegati, pensò, avanzando tra le onde erbose che frusciarono nel vento, accompagnando i suoi passi. Di lontano, gli elefanti si spruzzavano d’acqua la schiena con le lunghe proboscidi.
E, comunque, c’era pur sempre lo sherry.


I walked down to the other end of the day,
just to catch those last few waves.
I held out my hand and slowly waved goodbye,
I turned now my eyes up to the sky.


Alice in Chains feat Pearl Jam - Alone




(1): la talwar è una spada, simile ad una sciabola, utilizzata in India a partire dal 13th secolo. (Foto QUI)


Fine

 

   
 
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