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Autore: Thumbelina    28/03/2010    4 recensioni
Sui giornali di domani potrete leggere la mia morte. I giornalisti parleranno di suicidio, mio marito piangerà la mia morte, la mia suocera dirà che ero depressa, mia sorella stringerà forte a se la mia bambina. Ma nessuno di loro saprà mai la verità, nessuno di loro saprà mai perché sto per saltare giù.
Genere: Malinconico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Fleur Delacour, Sorpresa, Victorie Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il funerale

Tanta gente così non l’avevo proprio mai vista. Ero in quella che la cara Molly Weasley voleva ormai chiamassi casa mia, eppure tutta quella gente non l’avevo mai vista. Mai vista.
La mia mamma dice che le sale rinfresco più piene sono quelle addobbate a matrimonio… o a funerale.
Al funerale di Fred Weasley, quella domenica, c’erano tutti.
Io stavo in piedi, diritta, con il mio vestito nero che ricadeva lungo sulle gambe, la cipria bianca a scolorirmi il volto.
Mio marito Bill era accanto a me, le sue mani stringevano le mie, anche se io non glielo avevo chiesto.
Il feretro del mio defunto cognato era al centro della sala da pranzo di “la Tana”, e la signora Weasley piangeva copiosamente lì vicino, sulla spalla di suo marito. Ginny Weasley, la bambina, sedeva sul divano con il viso fra le mani, e piangeva, piangeva, piangeva sulla spalla di suo fratello Percy, e lui la stringeva a se, ma lei continuava a piangere. Il povero Percy Weasley, dal canto suo, inghiottiva le lacrime che gli ricadevano dagli occhi al labbro, poggiando il viso sulla nuca della sorellina, ma piangeva silenzioso, la giacca pulita. Ronald era presso la porta, accanto a Bill, il viso serio, freddo, voleva apparire più maturo, voleva apparire più grande, ricacciava le lacrime negli occhi. George Weasley era seduto su una sedia, a cavaccioni, gli occhi inespressivi, vuoti, impossibile per lui metabolizzare quella morte, impossibile per lui farsene una ragione, impossibile per lui rendersi pienamente conto di ciò che era successo.
Lo sapevo anche allora, e lo sapevo perché sono una ragazza intelligente oltre che bella, sebbene forse voi ne abbiate dubitato, sapevo che quando si perde qualcuno a cui teniamo troppo, preferiamo dimenticare la sua assenza, anziché piangere la sua morte.
La morte non è una cosa che si può capire, che si può accettare, e credo che George Weasley, in quel momento, preferisse pensare che suo fratello in quel momento non c’era, anziché ammettere che Fred non sarebbe più tornato.
È un ragionamento contorto, ma siamo in tanti a pensarla così.
La gente che io non conoscevo, tutta la gente, si avvicinava uno ad uno alla bara di legno, piangeva la sua lacrima, un lieve inchino, posava un fiore o una preghiera, e poi stringeva la mano in condoglianze a Molly e ad Arthur Weasley. E poi faceva il giro.
Si recavano prima da me e Bill, perché Bill era il maggiore, e lui stringeva serio e diplomatico le mani ripetendo un grazie tante, con un lieve cenno del capo, qualcosa di simile all’annuire. La gente poi stringeva la mano anche a me, ed io facevo lo stesso, fredda come tutti.
Il giro proseguiva con le condoglianze a Ron, a Percy, a Ginny e infine a George, che riceveva le sue facendo con la mano un gesto di saluto, non volendo che qualcuno gli si avvicinasse.
- Qui est ce monsieur? Qui est cette dame? – chiedevo spesso a Bill, al mio fianco, alludendo ad un uomo distinto che posava una rosa sul feretro, o a una donna con uno strano cappello, che s’inchinava tormentando un rosario, e lui mi rispondeva con un nome che io non conoscevo ed un appellativo familiare.
Forse sembrerà atroce, ma quella era una scena che potevo sopportare.
Non era successo nulla a me, e rimanevo impassibile a tutto quel dolore, perché non riuscivo a capirlo. Ero come George Weasley io, sono sempre stata come George Weasley io, io la morte non la capivo. Io la morte non la volevo capire.
E così non c’era nessuno in quella bara, a parer mio, e Fred Weasley era semplicemente assente alla festa, e non c’era nulla da piangere.
Mentre una vecchia col velo nero sul viso salutava il defunto con fiori e lacrime, il mio sguardo si concentrò un istante su una di quelle tante persone che non avevo mai visto.
Indossava una camicia bianca, senza giacca, senza cravatta, quel ragazzo, e dal momento in cui mise piede nella stanza, le persone preferirono allontanarsi dal feretro di Fred.
Piangeva anche lui, il ragazzo che non avevo mai visto, ma piangeva di rabbia, ira, furore, e s’inginocchiò dinnanzi alla bara di Fred, le mani nelle mani a mo’ di preghiera, e poi si morse forte le nocche, fra le lacrime, e lanciò in alto un grido, scaraventando via dalla cassa, con un gesto iracondo del braccio, tutti i fiori che gli invitati vi avevano posto.
- Qui est ce monsieur? – chiesi a mio marito stringendogli il braccio
- È mio fratello, - rispose lui – si chiama Charlie.
Si staccò poi da me, il mio marito, e con suo padre e Ronald Weasley prese Charlie per le braccia, costringendolo a rialzarsi. George guardava impassibile la scena dalla sua scomoda sedia.
Charlie Weasley, ripetei a me stessa, Charlie Weasley.
E lo guardai rialzarsi, Charlie Weasley, e guardai Percy stringerlo in un abbraccio, per sedarlo, e vidi suo padre tentare invano di calmarlo, e Ginny Weasley mordersi le nocche, e Molly urlare più forte.
Charlie Weasley lasciò la sala in quel momento, liberandosi dalla presa del fratello più piccolo, urlando ancora, e mi tappai gli occhi per non sentire, dimenticando le orecchie, che metabolizzarono il suono.
Bill tornò da me, si posizionò nuovamente al mio fianco, e mi prese nuovamente la mano, la mano che non gli avevo chiesto di prendermi.
Inutile sciocca cerimonia. Inutile sciocca cerimonia. E George Weasley sembrava pensarla come me, ci scambiavamo occhiate complici noi due, chiedendoci il perché di tutto quel dolore per una morte che noi non volevamo capire.
- Où est ma sœur? Avez-vous vu ma sœur? – chiesi a Bill voltandomi nuovamente verso di lui.
Lui scosse la testa, senza guardarmi, continuando a stringere le mani a quella gente che forse neppure lui conosceva.
Con un lieve inchino, sussurrando un je serai de retour, mi allontanai silenziosa dalla sala, prima di stringere la mano alla signora con lo strano cappello. Mentre percorrevo il salottino, mi resi conto che nessuno si stava accorgendo della mia piccola fuga, a parte George, che mi seguì con lo sguardo per tutta la sala, rimpiangendo la sua compagna di sguardi.
Uscita dalla sala percorsi il corridoio, entrai nella camera di Bill e in quella di Percy cercando la mia piccola Gabrielle, ma lei non era in nessuna delle due stanze, e così mi recai in cucina, e poi al piano di sopra, e poi in soffitta, e lì sentii dei rumori, come quelli di una finestra che si apre, come quelli che faceva mia sorella aprendo maldestramente lo sportello di un vecchio mobile, quando cercava qualcosa.
E pensai di trovarmela davanti, ma dinnanzi a me v’era solo l’elegante persona di Charlie Weasley, di spalle, in piedi, in equilibrio sul parapetto del balconcino, le braccia aperte al vento.
Si preparava a un salto, Charlie Weasley, e prese in quell’istante un respiro, inghiottendo l’aria a grandi sorsi.
- Charlie Weasley? – chiesi avvicinandomi a lui, pronunciando male il suo nome a causa del mio troppo spiccato accanto francese
Lui si voltò di scatto, aggrappandosi forte al cornicione a causa del mancato equilibrio.
- Chi sei tu? – mi chiese deglutendo – che cosa vuoi? La cerimonia è nell’altra stanza
- Io sono Fleur, sono qui perché cercavo mia sorella – spiegai io
- Una bambina piccolina, bionda? – mi chiese senza voltarsi
- Oui, elle – risposi
- Credo di averla vista che si dirigeva in bagno – rispose Charlie Weasley – va da lei: e lasciami solo.
Feci per andarmene, girando le spalle, ma poi mi voltai di nuovo verso di lui.
- Mi chiamo Fleur - ripetei tendendogli una mano – e forse non dovresti saltare
- Fleur? – ripeté il ragazzo, prendendo la sua mano e saltando giù, atterrando rumorosamente sul pavimento della soffitta – sei la moglie di Bill, vero? Sei la francesina, vero?
Seppur il termine “la francesina” mi avesse lasciato un tanto interdetta, annuii silenziosamente, ripetendo un Fleur.
- Piacere – fece poi – io sono il fratello di tuo marito, Charlie Weasley
- Torniamo in sala, Charlie Weasley – proposi – è pericoloso quaggiù
- Vuoi tenermi alla larga anche dagli oggetti appuntiti, francesina? – mi chiese ancora il ragazzo, alludendo a qualcosa che doveva essere ironica, ma che io non capii del tutto causa la mia mancata piena conoscenza dell’inglese.
- Torniamo in sala – ripetei ancora, guardandolo fisso negli occhi, tendendogli nuovamente la mano.
Charlie Weasley l’afferrò, la strinse, e poi annuì silenziosamente, e permise che io lo conducessi giù e più giù ancora, verso il salotto, aggrappato alla mia mano come un bimbo alla gonna di sua madre.
Giunti in sala lasciò la presa, e guardò George a salutarlo, e questo rispose con un sorriso.
- Non dirlo a nessuno – mi ordinò poi Charlie Weasley, alludendo credo al suo tentato suicidio
- Promesse – risposi io – sera un secret
- Già – confermò lui, parlando forse più a se stesso che a me – il nostro piccolo segreto.
Ora, mentre guardo giù figurando il mio salto, riflettendo su ciò che fin ora vi ho narrato, riflettendo su ciò che avvenne quel giorno, mi sembra tutto tanto, troppo scontato: non poteva finire altrimenti un amore nato ad un funerale.
   
 
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