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Autore: Bellis    29/03/2010    4 recensioni
Una tranquilla villa di campagna vede l'arrivo dei fratelli Holmes e dei coniugi Watson per quello che dovrebbe essere un ritiro di quiete e riposo. Purtroppo, un misterioso ladro di antichità non pare d'accordo. Un "enigma da dieci minuti".
Genere: Commedia, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa oneshot è stata scritta in risposta ad un prompt della mia stimatissima collega Bebbe: "Qualcosa di ameno: l'uscita in campagna con Mycroft". Ho avuto sino all'ultimo dubbi sulla pubblicazione del breve racconto, in quanto temo di non essere stata in grado di definire soddisfacentemente i caratteri dei personaggi. Ad ogni modo - eccola qui.
Bellis


L'avventurosa riunione di Chichester

"Amico è colui che sa tutto di te e nonostante questo gli piaci." E. Hubbard

Mio fratello ritiene sia troppo rischioso dar fiducia a coloro che purtroppo condividono con lui il medesimo pianeta. Nella maggior parte dei casi, approvo questa sua riluttanza ad avvicinarsi spiritualmente ad altri: per quanto acuta sia la capacità di osservazione di un uomo, nessuno è onnisciente e, soprattutto nel tipo di lavoro che cocciutamente Sherlock ha voluto scegliere, la minima distrazione può rivelarsi fatale.

Egli è consapevole dei pericoli che l'investigare, il cercare senza sosta la verità - nonchè il disvelarla sotto gli occhi di chi verrà impiccato a causa di essa - comporta e, pur rimanendo al centro di una citta popolata dalla peggior specie di malviventi, passa il suo tempo tra esperimenti scientifici, studio approfondito della criminologia, musica - se lo stridìo prodotto dal suo violino si può definire in questo modo - il tutto nel salotto del 221b di Baker Street, o nella sua stanza, le cui cortine scure spesso non si aprono per mesi, con gran disappunto della padrona di casa, la signora Hudson, e del suo ex coinquilino, il dottor John Hamish Watson, veterano della Seconda Guerra Afghana e medico generico.

Inutile dire che Sherlock non è nemmeno uno scrittore abituale di lettere, dalla qual cosa si può facilmente dedurre come le informazioni soprastanti io le abbia tratte dai giornali e dal rapporto dettagliato di uno tra i tanti investigatori privati di Londra, al quale ho affidato l'incarico di sorvegliare con discrezione l'appartamento per una settimana.

Ebbene, ultimamente ho avuto intenzione di constatare come il mio fastidiosamente attivo fratello minore abbia voluto rompere entrambe le regole alle quali ho accennato. Infatti, egli mi ha indirizzato una lunga missiva chiedendomi, con la massima cortesia dimostrabile da parte sua, se io fossi disposto ad accettare due ospiti in più nella prossima riunione nella villa di campagna - rispettivamente, il dottore che condivideva l'affitto dei suoi alloggi e la sua consorte, la signora Mary Watson.

Ora, rimasi per parecchio tempo a chiedermi cosa potesse aver mutato così radicalmente le sue abitudini, facendogli assumere una inconsueta, anzi, mai vista familiarità nei confronti di un estraneo.

Avevo già notato, nella mia attenta lettura dei quotidiani dei quali puntualmente il Diogenes Club è rifornito, che nell'arco degli ultimi anni il nome di Sherlock è sempre apparso accompagnato da quello di John Watson. A Scotland Yard è attribuito il merito della risoluzione dei più intricati e delittuosi enigmi del decennio, ma i due di Baker Street sono sempre alle spalle di queste vittorie del bene contro il male. Ho imparato a riconoscere lo stile di mio fratello - e direi che il caso Blackwood risente quasi completamente della sua presenza.

Giunsi alla conclusione che l'improvvisa società con il suo "camerata" traesse le sue fondamenta dalla loro vicinanza nelle investigazioni - dopotutto, l'ausilio di un esperto in anatomia e fisiologia può essere di grande importanza nell'identificazione di cause ed anomalie di inaspettati decessi - e mi riservai di analizzare più accuratamente il comportamento di mio fratello quando l'avessi visto.

Il che implicava una mia risposta affermativa alla sua inquisizione - ciò che appunto misi in pratica.

Sarebbe futile descrivere quali frenetici preparativi mi toccarono in previsione di quel ritrovo sociale la cui cerchia di riservatezza si era all'improvviso allargata. Tuttavia, l'importanza dei miei sforzi svanisce di fronte alla situazione che si presentò non appena giungemmo - dopo uno scomodissimo viaggio in carrozza che mise a dura prova i miei nervi di fronte al chiacchiericcio di cordiale intrattenimento della signora Watson - alla residenza di Chichester.

La suddetta donna mi assicurò che la villa le pareva eccezionalmente bella, e il marito si degnò d'acconsentire, con un entusiasmo che mi parve genuino. Sherlock non si esprimeva, dato che conoscevo già il suo parere in proposito, e se era a disagio non lo dimostrò, dedicandosi ad un volenteroso studio di ogni minuscolo particolare dell'ambiente peraltro a lui ben noto.

Il signor Tottenham, maggiordomo e decano della servitù, ci attendeva nell'atrio, ed accolse gli sconosciuti con un profondo inchino. Notai però quasi subito che si trovava in uno stato di grande agitazione: i favoriti bianchi tremavano, si torceva le affilate mani che teneva riunite nel vano sforzo di celare qualsiasi ansia lo attanagliasse, e gli occhi acquosi saettavano lungo il salone.

"La prego," lo esortai, evitando di chiedere spiegazioni, "Ci faccia strada."

"I-Il signore vorrà perdonarmi," esordì lui, con un pallido sorriso nervoso, "Ma v'è una questione della quale desidererei conferire subito."

Inarcai le sopracciglia, rivolgendogli uno sguardo interrogativo.

"Vi attenderemo nella veranda, col vostro permesso, signor Holmes." tentò di scusarsi il dottor Watson, in un'esibizione di cortesia Vittoriana, e stava già per ritirarsi insieme alla moglie, quando alzai una mano per fermarli.

"Non ho segreti per i miei ospiti," dichiarai, in omaggio alla buona creanza, "Dica pure, signor Tottenham."

"E-Ecco..." balbettò quello, sbirciando il contegno sorpreso del medico con una punta di sospetto, "Si tratta dei quadri, signore."

Mio fratello accennò un sorriso all'enigmaticità di quella frase - ma ritornò immediatamente serio ad una mia occhiata severa.
"Si spieghi." ordinai, incominciando ad essere stanco e a risentire, data la mia non indifferente mole, di quella lunga permanenza in piedi.

"Sì, signore." si affrettò a mormorare il domestico, artigliando un lembo di stoffa del vestito formale con le dita smunte, "Sono scomparsi due quadri dalla villa, signor Holmes. Due in due giorni! Anzi, in due sere, se vogliamo esser precisi. La signorina Vowling ha lasciato cadere il vassoio del the, quando ha visto che l'ultima tela era scomparsa! E nessuno ha udito nulla: nè un rumore, nè un fruscìo, e nessun estraneo è stato visto nella proprietà."
Prese fiato e deglutì, lo sguardo animato da una strana scintilla di mistero, "C'è chi dice... che la casa sia infestata, signore. Fantasmi! Forse i precedenti proprietari della villa, oppure..."

"Si calmi, la prego." borbottai, "Sono sciocchezze. I fantasmi non se ne vanno in giro a sottrarre quadri di valore ai gentiluomini che ne possiedono."

"Eppure, signor Holmes," rimarcò la non più giovane signorina Vowling, sopraggiunta ad aggiungere il suo sdegno a quello del maggiordomo, "La scomparsa delle beneamate opere è avvenuta in circostanze a dir poco misteriose. Ieri, all'imbrunire, ho attraversato il salone per procurarmi le porcellane da lucidare e portarle nel ripostiglio dove mantengo gli attrezzi necessari a questo scopo. Quando mi sono apprestata a rimetterle al loro posto, il muro dirimpetto alla porta principale era già spoglio! Non saranno passati più di cinque minuti."

"Nessuno è passato attraverso il corridoio, nessuno è entrato dalla porta principale e nessuno ne è uscito." aggiunse Alfred Junot, il cuoco, stiracchiandosi i baffi alla francese. "Io me ne sarei accorto: la cucina, dove ho lavorato per tutte e due le precedenti sere, è proprio di fianco all'adito, e la finestra dà sul cortile."

"Inoltre," bisbigliò Tottenham, "Joseph, il maniscalco, non ha udito nulla, e la sua baracca degli attrezzi, che è anche il suo alloggio, è proprio nei pressi del cancello. E' da parecchi giorni che non esco di casa, ma mi fido di lui: è un bravo ragazzo."

"Curioso," commentò il dottor Watson, vagamente perplesso, "E dite che non v'è altra via che conduca al di fuori della residenza da questa stanza tranne che il portone d'ingresso?"

"Ma certo, signore." fece la saggia Vowling, con aria d'ovvietà, "Tuttavia, nessuno si azzarderebbe mai a trasportare oggetti di così grande dimensione attraverso una finestra, inoltre il muro di cinta è praticamente invalicabile anche per il più agile dei funamboli." si avvicinò a noi, e con aria di gran confidenza, proseguì in un sussurro, "Questa casa è infestata, ve lo dico io! I miei rispetti, signori..." e se ne andò, dopo averci gratificati con un'occhiata significativa.

Un po' imbarazzato per questi improvvisi imprevisti, repressi un sospiro e mi rivolsi ai miei ospiti, porgendo loro le mie più sincere scuse - Tottenham si affrettò a ripetere ogni mia frase - e con un solo sguardo chiedendo a mio fratello un minimo aiuto - che peraltro avevo già quantificato come inesistente.
Infatti egli, apparentemente sordo alle mie parole, e certamente cieco a qualsiasi mio discreto appello, stava camminando rapidamente lungo la parete più ampia del salone, quella situata di fronte all'ingresso: il bersaglio dell'ultimo furto.

Passò una mano sull'intonaco, scostò una tenda ornamentale situata in un angolo e passeggiò, senza perder tempo, di fronte alle mensole che sorreggevano i vetusti ed onorati cimeli di famiglia, appartenuti a svariate generazioni di Holmes che ci avevano preceduti su questo mondo.

"Sherlock?" lo chiamai, sottilmente irritato alla sua costante noncuranza per tutte le norme di buona educazione e disciplina.

Sollevò gli occhi su di me, sorridendo amabilmente, "Ah, Mycroft, credo proprio che, in una certa misura, la signorina Vowling abbia ragione. Sebbene io tenda a scartare a priori l'ipotesi che siano stati gli spettri dei nostri avi a sottrarre i due preziosi quadri, ritengo che i più profondi segreti di questa villa ci siano ancora ignoti."

"In che senso, Holmes?" domandò il medico.

Sherlock fece una pausa, riorganizzando l'esorbitante numero di informazioni da lui raccolte durante il suo breve sopralluogo; quindi rispose senza indugio.

"Questa sala è linda e tenuta con un rigore che sfiora la perfezione, ma chiaramente disabitata. Possiamo notare la leggera opacità del legno, la presenza di cenere risalente a parecchi mesi fa nel caminetto, la polvere, che si è depositata nei luoghi più inaccessibile, ovviamente oltre che sulla tappezzeria e sulle imbottiture, che non vengono appropriatamente rinnovate da molto tempo."

"Lo sappiamo, figliolo." ostentai pazienza, "Nessuno viene qui da molto tempo, in effetti, e la servitù non occupa questa stanza se non in casi particolari."

"E certamente nessuno avrebbe qualche motivo per rifugiarsi all'ombra di una tenda decorativa."

Corrucciato mi accostai a lui e notai, come anch'egli aveva fatto, alcune orme di scarpe a punta quadrata subito dietro il velo di stoffa spessa.

"Non è tutto. Se osservate attentamente questo punto del muro," indicò quella che sembrava una sottile cornice, come una crepa nella liscia superficie bianca e levigata, "Noterete parecchi graffi, come se qualcuno avesse tentato di forzare un'apertura di qualche tipo con un attrezzo rozzo, probabilmente di legno."

"Hai ragione." esclamai, seguendo il profilo della spaccatura coi sensibili polpastrelli della mano destra. Entrato in possesso degli indizi che mio fratello aveva così efficientemente selezionati, avrei potuto giungere anche da solo alle deduzioni corrette. Ma era un procedimento faticoso che preferivo risparmiarmi. Perciò attesi che egli proseguisse.

"I fatti nel loro insieme suggeriscono che dietro questo muro sia collocato un passaggio segreto, una via nascosta, costruita dai primi progettisti dell'abitazione. Un vano la nozione della cui esistenza è andata perduta chissà quanti anni fa, insieme alla tradizione della famiglia che per prima ha vissuto in questi luoghi. La scarsa illuminazione dell'angolo. La presenza di una tenda i cui ganci infissi alla parete - come si può osservare - sono più antichi dell'intonaco stesso che ricopre la superficie porosa - rinnovato non più di un anno fa. Le orme rivolte verso l'interno della casa. Tutto avvalora la nostra ipotesi. No, signor Tottenham, non vada. Potremmo ancora avere bisogno di lei."

Il domestico si stava silenziosamente avviando verso la cucina. Mormorò qualcosa a proposito dei suoi doveri di aiuto cuoco, ma lo fermai e rinnovai l'ordine dato da Sherlock. Di mala voglia, egli obbedì.

"Una esaminazione più approfondita della stanza ci rivelerà una straordinaria differenza nella colorazione dei candelabri a parete. Come potete notare, sono rivestiti in legno massiccio, che è per la maggior parte opaco, come ci si può aspettare da un materiale organico la cui cera inizi a decadere con gli anni. Ma uno - uno solamente - dei portacandela è lucido, liscio, come se fosse stato afferrato da una mano d'uomo."

In un gesto teatrale, Sherlock strinse nella destra il supporto bruno e lo trasse a sè con decisione. Qualcosa scattò, producendo il rumore di una molla che scricchiolava, e di cardini non oliati che giravano. La tenda si mosse, mi affrettai a scostarla, rivelando un'apertura rettangolare, alta ma sottile, sufficiente a far passare un paio di persone ed un articolo delle dimensioni di un dipinto.

"Una banale verifica accerterà che il passaggio segreto conduce direttamente fuori dalla residenza, nelle vicinanze del viale che conduce al cancello principale, passando attraverso alle aiuole o comunque ad un'area erbosa."

"Perchè un'area erbosa?" domandò il dottore, sconcertato.

"Perchè, amico Watson," si affrettò a rispondere mio fratello, "Il signor Tottenham, che pure ha dichiarato di non essere uscito di casa per giorni, ha le suole delle scarpe macchiate di erba e fango. Ora, il clima nella settimana passata è stato molto secco fino a ieri, quando ha piovuto per diverse ore. Presumendo che egli abbia un motivo per mentire su questo punto, debbo dedurre che sia lui il responsabile della sparizione delle tele e che il passaggio segreto, utilizzato per trasportare il bottino all'esterno all'insaputa della domestica e del cuoco, sfoci su un'area non ricoperta di ghiaia. Uno sterrato oppure un manto erboso."

Gli occhi scuri ed acquosi di Tottenham erano spalancati e ci fissavano con aria vacua ma indubbiamente colpevole. Il medico lo studiò a lungo con un mezzo sorriso che testimoniava quanto fosse stato colpito dalla dimostrazione d'ingegno data dal suo collega investigatore.

Il maggiordomo fece due passi indietro, atterrito, ostentando indignazione.
"Signori, tutto... tutto ciò è ridicolo."

"Non la stiamo mandando al patibolo, Tottenham. Se scopriremo che mio fratello ha commesso un errore, la sua innocenza sarà riconosciuta." tentai di rassicurarlo, ma fu tutto inutile, dal momento che colui che credevo essere un fedele domestico ci confermò la sua colpevolezza gettandosi sul portone di legno ed aggrappandosi alla maniglia.

"Fermo lì, signore!" intimò il dottor Watson, lasciando il braccio della moglie.

Nemmeno a lui diede retta, il buon uomo; anzi, si precipitò sul viale sterrato, correndo ad ampie falcate verso l'inferriata verdastra coperta di rampicanti che circondava l'appezzamento di terreno di mia proprietà. Era strabiliante vedere come quella persona all'apparenza magra e smunta potesse diventare tanto scattante e muoversi così prontamente anche su un terreno accidentato.

Il dottore, che godeva di un passato da fedele soldato di Sua Maestà, non fu da meno, e dopo aver lanciato un secondo richiamo, si affrettò all'inseguimento del fuggitivo; quasi lo raggiunse presso il cancello, ma nella successiva discesa il ladro guadagnò una lunghezza sufficiente a distanziarlo notevolmente dall'altro.

Senza nemmeno perdere tempo a scusarsi per la brusca separazione, Sherlock si era anch'egli impegnato in quel rocambolesco tentativo di fermare il malfattore. Presto la signora Watson ed io li perdemmo di vista, e non ci fu più nulla da fare se non seguirli alla velocità che la buona creanza avrebbe consentito ad una donna ed a un galantuomo della mia levatura.

Chichester era una ridente cittadina a poche miglia dalla quale era situata la mia residenza. Una fitta foresta separava il centro urbano dalla solitaria villa di campagna, e questo terreno era percorribile solamente a cavallo, a piedi o con una piccola trappola - soluzione da noi praticata in quello stesso giorno. La boscaglia era folta, frondosa, l'ideale per passeggiate estive o piacevoli scampagnate primaverili, ed era divisa in due aree principali dal letto di un profondo fiume dalle acque fredde e limpide, che confluiva infine nel Tamigi.

Proprio verso quel torrente ci conduceva la frenetica fuga di Tottenham. E pareva che l'intrico di rami e vegetazione avesse rallentato anche la rapidissima corsa dei due detective, ostacolando inseguito ed inseguitori in qualche modo, perchè, quando la signora ed io li raggiungemmo, erano proprio nei pressi dello stretto, malandato ponte di corda e legno che costituiva una vestigia in disuso del primo passaggio costruito per attraversare i turbinosi flutti.

Il domestico, con l'agitazione radicata di colui il quale abbia visto svanire di fronte a sè la propria unica speranza, chiuse le dita lunghe ed arcuate sul corrimano lacero, iniziando la traversata; com'era ovvio a chi conoscesse l'indole istintiva e coraggiosa del dottor Watson, potemmo vedere che, per nulla scoraggiato, anch'egli aveva posato piede sul ponticello.

Vidi che Sherlock stava per dire qualcosa, e a giudicare dal suo contegno avrei potuto affermare con certezza che si trattasse di un accorato grido di avvertimento. Ma ancor prima che le parole si formassero sulle sue labbra, una trave del ponte, che pure aveva sostenuto il peso dell'altro uomo, cedette sotto i suoi piedi; quel ch'era peggio, il medico, precipitando nella feritoia apertasi sotto di lui, battè la nuca contro un'asse vicina e cadde, privo di sensi, nell'acqua ghiacciata, scomparendo alla nostra vista.

Il fatto che le acque del fiume fossero profonde racchiudeva in se sia un pregio che un difetto: chi vi fosse caduto non sarebbe entrato in collisione col fondale roccioso, e quindi non avrebbe rischiato di fratturarsi una gamba o di spezzarsi l'osso del collo; tuttavia, un uomo privo di conoscenza molto probabilmente non sarebbe riuscito a rimanere al di sopra della superficie, in mancanza di miracolosi interventi.

Il mio irrequieto fratello doveva aver formulato anch'egli le medesime considerazioni, poichè notai un lampo di puro terrore permeare per un attimo le sue iridi attente; senza la minima esitazione, si avvicinò all'orlo del precipizio e, scavalcato il precario parapetto di corda, si tuffò agilmente, provocando un cupo tonfo...

... e lasciandomi da solo nella dubbiamente piacevole compagnia del maggiordomo, il quale sostava in precario equilibrio sulle poche travi rimaste del maltrattato ponticello, e della signora Watson, che, premendosi le mani guantate sulle labbra, singhiozzava affranta il nome del marito.

Sospirai e mi avvicinai a Tottenham - che fece un debole tentativo di sottrarsi al mio sguardo scrutatore - prestando attenzione a non toccare il già fragile marchingegno.

"Per quale motivo ha tradito la mia fiducia?" chiesi, desiderando sinceramente comprendere quale malefico potere avesse trasformato un devoto servitore in un ladro.

"I-Io n-non sapevo c-che il signore s-sarebbe venuto qui." fu la sua - se non altro genuina - risposta.

Appagato da tale slancio di confidenza, lo aiutai a ritornare sul saldo terreno, mi occupai della servitù, confortai alla meglio la moglie disperata ed infine ragionai sulle più probabili sorti di Sherlock e del suo sfortunato collega.

Seguimmo - la signora, Miss Vowler, ed io - il corso d'acqua fino a che non scorgemmo un punto in cui la riva era all'approssimativo livello del suolo. Com'era prevedibile, Sherlock aveva scelto quel preciso luogo per trarre in salvo il dottore, e lo stava trascinando sul terreno sassoso.
Fui sollevato dal vedere che respirava, e che entrambi parevano fradici ma vivi.

"Parola mia, Watson, dovrebbe badare a dove mette i piedi."

L'interpellato tossì, esausto, cercando, con la fretta ansiosa del sopravvissuto ad un naufragio, di portare il proprio corpo il più possibile all'asciutto. Scambiò un'occhiata esasperata con mio fratello, ma non disse nulla.

"E dovrebbe anche imparare a nuotare."

"Vede," ribattè Watson, con voce un po' strozzata, "In stato d'incoscienza, chiunque si rivelerebbe un pessimo nuotatore."

"Ha detto bene: si è comportato da incosciente."

"Santo Cielo, Holmes!"

"Non posso essere sempre al suo fianco per tirarla fuori d'impiccio."

"Concordo, infatti il più delle volte è qui per sconvolgere la mia vita."

"Negli ultimi mesi non mi sembra di aver stravolto la sua esistenza in alcun modo."

"Questo perchè negli ultimi mesi ho vissuto con Mary!"

"Come ho detto, non sempre sono riuscito ad allontanarla dai guai."

"Sherlock, bontà divina." intervenni, mettendo fine a quel colloquio. Forse la Provvidenza aveva operato affinchè la signora non udisse quell'ultima uscita, o forse ella conosceva mio fratello abbastanza da ignorare quell'affermazione. Ad ogni modo, ella non commentò e si limitò ad accostarsi al medico.

"Mycroft, sarebbe saggio accertarsi che il nostro maniscalco, il signor Joseph, non abbia la tentazione di scendere in paese, quest'oggi. E' anch'egli senz'altro coinvolto nel furto: come complice o come testimone reticente, dato che trovo assai improbabile che Tottenham sia riuscito a varcare la soglia del pesante cancello principale senza attirare l'attenzione dello stalliere."

"Ho già provveduto in proposito," gli assicurai.

"Bene." approvò Sherlock, passandosi una mano tra i capelli grondanti acqua dolce ed assumendo un'aria noncurante nel tentativo di darsi un contegno.

Mentre ritornavamo alla residenza, ebbi tutto il tempo di ragionare su quegli ultimi accadimenti che si erano susseguiti a ritmo serrato. Comprendevo in quel momento quanto solido fosse il sentimento di amicizia che legava mio fratello ed il medico: mi bastava rammentare come Watson avesse considerato le teorie di Sherlock una immediata verità, credendo alla sua parola con una prontezza quale non avrei mai creduto possibile; o come invece il mio congiunto avesse messo a rischio la propria vita nel tentativo di salvare quella dell'altro.

Forse avevo indugiato sulla domanda sbagliata. Invece di pormi un interrogativo su come Sherlock avesse potuto imparare a fidarsi dell'istintivo e sincero ex soldato, avrei dovuto chiedermi quale infinita misura di pazienza avrebbe potuto consentire al dottore di sopportare il peculiare carattere del mio esageratamente ironico fratello.


   
 
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