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Autore: miseichan    29/03/2010    4 recensioni
Lui è sicuro di sé, playmaker nella sua squadra di basket, alto, bruno e con gli occhi neri; naturalmente lei è il suo opposto: tanto lui è navigato e smaliziato così lei indecisa, timida, incerta, con lunghi capelli neri dietro i quali si nasconde e due enormi occhi azzurri che lo hanno colpito con la loro incredibile ingenuità e purezza. Quella che c’è fra Federico e Sara è passione allo stato puro: un fuoco che divampa, percorrendo ed invadendo ogni parte di loro. E quella sera l’ennesima scintilla avrà l’effetto di una bomba. Gli scoppi non hanno sempre effetti prevedibili o positivi però. E questo lo scopriranno.
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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queer as fok

*

 

Queer as folk

 

 

- Vuoi salire?-
Penelope lo aveva chiesto soffocando uno sbadiglio con la mano, la voce era perciò giunta al quanto smorzata, Anna al suo fianco però capì lo stesso e scuotendo la testa avvicinò a sé l’amica tirandole un lembo della giacca; le rivolse un enorme sorriso incoraggiante e scoccandole già un bacio per guancia in segno di saluto rispose, stringendosi meglio nel cappotto.
- No, Penny: sono già in tremendo ritardo! Per quando arrivo a casa, trovo mio padre in poltrona ad aspettarmi con un fucile in una mano, puntato su di me, ed un orologio nell’altra. E mi sgriderà per ogni singolo minuto di ritardo, rifilandomi una predica infinita sulla mia sconsideratezza ed avventatezza-
Accorgendosi dell’espressione divertita di Penelope, Anna mise il broncio fingendosi offesa. Facendole una linguaccia continuò imperterrita:
- Io non sono fortunata come te, sai? Mio padre non mi prega di fare tardi, e quando torno non mi guarda con i suoi magnifici occhioni dicendomi amabile: “Dolcezza, già a casa? Ti sei divertita?”-
Sentendo Anna fare l’imitazione del padre, Penelope non riuscì più a trattenere le risa e fra un mezzo singhiozzo e l’altro, con un accenno di lacrime agli occhi ribattè:
- Non dice sempre così! Ogni tanto mi propone anche di uscire di nuovo: teme non mi diverta abbastanza-
Avrebbe continuato su quel tono scherzoso, prendendo bonariamente in giro l’amica, ma rendendosi conto di come Anna fosse realmente invidiosa, decise di smettere e sorridendole aprì il portone del palazzo,
aggiungendo solamente:
- Domani ci vediamo?-
Anna si era già avviata lungo il marciapiedi, camminando all’indietro, e facendo cenno di no con la testa rispose, alzando al contempo le spalle:
- Non lo so: dipende sempre dalle decisioni del grande capo! A mali estremi ci vediamo a scuola lunedì! Notte Penny-
Penelope annuì comprensiva in risposta e salutandola con la mano sparì all’interno del portone.
Chiamò l’ascensore, ma si scocciò quasi subito di aspettarlo e decise di salire per le scale. Erano tre rampe, ma pazienza: almeno avrebbe fatto esercizio ed evitato allo stesso tempo di cedere al sonno.
Non fece caso salendo alle ricche decorazioni dei vari piani né ai tappeti prestigiosi che ricoprivano i pavimenti: ci era abituata, conosceva ogni millimetro del suo palazzo e neanche i bellissimi quadri che tanto adorava, quelli appesi ad ogni angolo di piano, riuscivano ad attirare la sua attenzione in quel momento. Stava letteralmente crollando.
Quando raggiunse la porta dell’appartamento: l’ultimo in alto, alla fine del corridoio, sorrise felice di essere arrivata. Premette il dito sul campanello, bussando più volte, ma la porta non si aprì. Continuò ad insistere ancora per un po’, quasi per dispetto, con il vago sospetto che lui fosse o sotto la doccia o appisolato da qualche porta, ma non venne nessuno. Scuotendo la testa affranta, si poggiò con le spalle al muro, scivolando lentamente fino a trovarsi seduta sul pavimento.
Con un sospiro si fece forza e cominciò a cercare le chiavi all’interno della borsa: impresa molto ardua, tenendo conto dell’infinità di cose che ci teneva. Rovistò per qualche minuto, scartando e muovendo le dita velocemente, rovistando fra fogli, gomme, oggetti di dubbia identificazione ma non sentì niente di metallico. Stava per perdere le speranza di riuscire a trovarle, quando venne distratta dal suono delle porte dell’ascensore che si aprivano: girò il viso lentamente e vide Federico venirle incontro tutto sorridente.
Penelope aggrottò la fronte, capendo finalmente come mai nessuno le avesse aperto e gli rivolse un’occhiata di rimprovero. Fece anche per mettergli il broncio, ma come al solito non ne ebbe il tempo: lui infilò la mano nella tasca della giacca di pelle e rapido agitò fra le dita le chiavi di casa, ridacchiando dell’espressione contrariata della figlia. Avvicinandosi di più le allungò una mano che lei afferrò prontamente, alzandosi aiutata da lui. Ebbe un attimo di incertezza mentre non ritrovava l’equilibrio e lui con gesto fermo la prese sottobraccio, chiedendole poi in tono quasi cospiratorio all’orecchio:
- Sono in ritardo?-
Non attese risposta e ridacchiandole vicino al collo aprì in un istante la porta, entrando e tirandosi Penny dietro, si diresse quindi verso l’interruttore sulla parete sinistra ed accese la luce.
La fievole illuminazione rischiarò l’ambiente, mostrando un appartamento non troppo grande: entrando ci si ritrovava nel salotto, arredato con dei grandi divani blu, un televisore a schermo piatto decisamente enorme e librerie strapiene. Sulla sinistra c’erano poi la cucina, con il piccolo tavolo rotondo e la porta del bagno. Per concludere, sulla destra, le porte delle due camere da letto.
Forse era piccolo e niente di eccezionale, reso ancora più assurdo nell’insieme dal disordine incredibile che vi regnava perennemente ma Penny lo adorava incondizionatamente.  
Era la sua casa e non l’avrebbe mai cambiata con niente al mondo: era confortevole ed accogliente, il suo rifugio in qualche modo: non avrebbe nemmeno saputo dire come mai, forse per via del parquet e dei tappeti, o delle finestre che di giorno facevano entrate tanto sole da illuminarne ogni angolo, o del camino inverosimilmente sempre acceso. C’era un qualcosa comunque, che la rendeva unica.
E questo le bastava.
Penelope si tolse lentamente il giubbino, con un gesto quasi svogliato, gettandolo poi sul mucchio già presente ai piedi dell’attaccapanni: dicevano sempre che prima o poi li avrebbero posati decentemente, purtroppo era sempre il poi ad avere la meglio. Non ci faceva quasi più caso ormai.
- Che hai fatto di bello?-
La voce del padre gli era giunta smorzata, lo cercò con lo sguardo trovandolo poi che usciva dalla sua camera: si era già cambiato e giusto ora stava indossando un’enorme felpa a righe bianche e nere che lo faceva rassomigliare vagamente ad un carcerato. Quando la testa riuscì a trovare il foro di uscita Penelope incrociò il suo sguardo divertito ed al tempo stesso indagatore. Con un sospiro si avviò verso il bagno: per tutto il tragitto strusciò i piedi, troppo stanca anche solo per sollevarli.
- Ma niente… racconta prima tu, che quello che fai è sempre più interessante, chissà come mai-
Sentì la risatina del padre anche quando aperta l’acqua cominciò a sciacquarsi il viso, risollevò poi gli occhi sentendolo avvicinarsi e vide il suo riflesso nello specchio: se ne stava appoggiato allo stipite della porta porgendole i vestiti di ricambio. Lei li prese riconoscente e con un sorriso gli fece cenno di girarsi, lui continuando a ridacchiare uscì dalla stanza tornando in salotto ed alzando la voce rispose, facendole anche il verso scherzosamente:
- Ma niente… finita la partita, che per inciso abbiamo vinto alla grande, sono andato con i ragazzi a festeggiare al solito bar: ci siamo presi qualche drink e fatto un po’ di casino al solito. Quando poi Danilo ha cominciato a fumare erba ho capito che era il momento di lasciarli-
Penelope uscì in quel momento dal bagno, con indosso solo la felpa che lui gli aveva portato: un’enorme ammasso celeste con sopra una vignetta di Snoopy. Prima era di Federico ma ben presto lei se ne era appropriata, ed erano anni ormai che la usava come pigiama: le arrivava alle ginocchia ed era estremamente morbida e pelosa, tutto quello che si poteva desiderare perciò.
A piedi scalzi si avvicinò a lui, sedendosi a gambe conserte al suo fianco: gli prese l’attizza fuoco dalle mani, aggiustando il macello che stava combinando, quindi gli sorrise alzando allo stesso tempo gli occhi al cielo. Sbuffando si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio:
- Non voglio che ti senta obbligato a tornare lo sai: me la posso cavare benissimo da sola. Certo non sarei nemmeno entusiasta se fumassi con quegli sconsiderati dei tuoi amici, ma non è per me che…-
Federico non le permise di continuare, negando con il capo e ridendo sommessamente:
- Non ho intenzione di bruciarmi i pochi neuroni che ho facendomi di marijuana, dolcezza. E poi, potevo mica lasciarti disperata fuori casa?-
- Le avrei trovate le chiavi, lo sai-
Avrebbe voluto aggiungere altro ma un nuovo sbadiglio la interruppe: Penelope sorrise fra se e se e vedendo che era già passata la mezza fece per alzarsi:
- Sai che? Vado a letto, non mi reggo più in piedi-
Federico sgranò gli occhi, sentendoglielo dire e l’afferrò rapido per il polso, ribattendo vivacemente:
- Ma come? No! Non mi fai compagnia? Stasera danno la maratona di Queer as Folk! Dai… manca solo mezz’ora! Avevo anche messo a fare i popcorn!-
“Pà… non ce la faccio proprio”
Avrebbe voluto dire, non lo disse però: gli occhioni a cucciolo di lui, il bip dei popcorn pronti e la mano di lui che la tirava verso il divano glielo avevano impedito. Senza nemmeno sapere come si ritrovò così affondata nei cuscini blu, avvolta da una coperta di pile, con un cestello enorme di stuzzichini in grembo.
Federico le si fiondò affianco dopo pochi istanti: accese il televisore, sintonizzandosi sul canale giusto e sistemandosi per bene avvolse le spalle di Penny con un braccio.
Se anche aveva ancora un qualche briciolo di tentennamento, appoggiandosi del tutto contro il padre capì non sarebbe poi stata tanto male nemmeno lì e senza più protestare si fece piccola piccola abbracciando il cuscino.
- Me lo dici che avete fatto tu ed Anna?-
Penelope sorrise sollevando il viso quel tanto che serviva a parlare:
- Cinema-
- E…-
- Basta-
Sentì il petto del padre muoversi su e giù scosso dalle risate e con un sospiro nervoso gli mollò un pizzicotto sul fianco, per poi continuare in tono seccato:
- Non ridere! Anna ha un coprifuoco da rispettare e che dovevo fare io? Continuare a girare da sola?-
Federico continuò a ridacchiare, interrompendosi per ribattere divertito:
- Ma come devo fare con te? Io alla tua età… no meglio che non te lo dico, guarda! Bimba ma perché non mi hai chiamato? Ti portavo dove volevi! Certo se non ti vergogni ad andare in giro con il tuo vecchio-
Penelope sbuffò in risposta e girandosi per guardarlo in viso, spintonandolo giocosamente rispose:
- Vecchio, sì! Dai lo sai che a me basta così: hai visto che mi stavo addormentando prima, non avrei retto di più. Piuttosto tu devi…-
- Aspetta!-
Federico l’aveva interrotta di botto, spalancando gli occhi come se si fosse improvvisamente ricordato qualcosa: picchiettandole con il dito sulla spalla, come faceva quando ci teneva a sapere una cosa.
- Perché ve ne siete andate dalla partita? Eravamo sul finale!-
Penelope fece per girarsi afferrando il telecomando dalle sue mani ed alzando il volume:
- Sta iniziando-
Bisbigliò, sperando di riuscire a distrarlo ma sapeva che era una battaglia persa: il padre si riappropriò del telecomando, togliendo l’audio e costringendola a guardarlo. La fissava con aria supplice, con l’espressione da cane che vuole il biscottino, quella che sapeva funzionava sempre.
- C’erano delle gatte in calore che mi davano sui nervi-
Lo aveva detto in un soffio, mormorandolo fra i denti, sperando quasi che lui non capisse. Invece capì benissimo e poco ci mancava che si mettesse a saltare anche sul divano dall’esaltazione:
- Davvero?! Oh, che bello! Lo devo dire ai ragazzi, ci moriranno! E…-
Penelope aveva rimesso il volume, testardamente, cercando di non ascoltarlo e l’entusiasmo di lui allora scemò un poco: stringendola di più mormorò:
- Ehy dolcezza scusa, lo so che ti da fastidio. Non ci devi pensare però, solo che a un padre vecchio come me certe cose fanno piacere!-
- Non mi danno fastidio-
Lo disse senza nessuna convinzione, sapendo che lui la capiva benissimo e solo per ripicca gli pizzicò di nuovo un fianco:
- Stai mettendo su pancetta sai?-
Non era per niente vero, tanto lo sapeva lei quanto lui, eppure Federico incassò il colpo condiscendente.
- Che dici?! Allora dobbiamo andare a correre insieme! Domattina ci svegliamo presto, sì?-
Penelope ridacchiò al suo immancabile entusiasmo che sembrava non scomparire mai, e scuotendo la testa si allungò sul divano stendendosi meglio e usando lui come cuscino. Con il viso quasi completamente immerso nella felpa di Federico rispose:
- Non ci penso proprio, pà-

 

 

*

Ehilà ^^

Sono in ritardo vero? A ritornare però, prima o poi ritorno sempre xD  Purtroppo per voi oserei dire!!

Allora....  non lo so cos'è che sta uscendo fuori da questa storia e sentire i vostri pareri mi farebbe un enorme piacere:  ho un' autostima sotto terra e sono patologicamente indecisa, quasi ogni giorno mi viene infatti l'impulso di cancellare tutte le storie che mi intestardisco ad iniziare, poi però qualcosa mi blocca... e spero con tutto il cuore che sia questo qualcosa di indefinito che non vi fa passare la voglia di leggere **

Grazie come sempre, e alla prossima...

si spera a breve ^^  

Un bacione!

   
 
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