*
Queer as folk
- Vuoi salire?-
Penelope lo aveva chiesto soffocando uno
sbadiglio con la mano, la voce era perciò giunta al quanto smorzata, Anna al
suo fianco però capì lo stesso e scuotendo la testa avvicinò a sé l’amica
tirandole un lembo della giacca; le rivolse un enorme sorriso incoraggiante e
scoccandole già un bacio per guancia in segno di saluto rispose, stringendosi
meglio nel cappotto.
- No, Penny: sono già in tremendo ritardo! Per quando arrivo a casa, trovo mio
padre in poltrona ad aspettarmi con un fucile in una mano, puntato su di me, ed
un orologio nell’altra. E mi sgriderà per ogni singolo minuto di ritardo,
rifilandomi una predica infinita sulla mia sconsideratezza ed avventatezza-
Accorgendosi dell’espressione divertita di Penelope, Anna mise il broncio
fingendosi offesa. Facendole una linguaccia continuò imperterrita:
- Io non sono fortunata come te, sai? Mio padre non mi prega di fare tardi, e
quando torno non mi guarda con i suoi magnifici occhioni dicendomi amabile:
“Dolcezza, già a casa? Ti sei divertita?”-
Sentendo Anna fare l’imitazione del padre, Penelope non riuscì più a
trattenere le risa e fra un mezzo singhiozzo e l’altro, con un accenno di
lacrime agli occhi ribattè:
- Non dice sempre così! Ogni tanto mi propone anche di uscire di nuovo: teme
non mi diverta abbastanza-
Avrebbe continuato su quel tono scherzoso, prendendo bonariamente in giro
l’amica, ma rendendosi conto di come Anna fosse realmente invidiosa,
decise di smettere e sorridendole aprì il portone del palazzo,
aggiungendo solamente:
- Domani ci vediamo?-
Anna si era già avviata lungo il marciapiedi, camminando all’indietro, e
facendo cenno di no con la testa rispose, alzando al contempo le spalle:
- Non lo so: dipende sempre dalle decisioni del grande capo! A mali estremi ci
vediamo a scuola lunedì! Notte Penny-
Penelope annuì comprensiva in risposta e salutandola con la mano sparì
all’interno del portone.
Chiamò l’ascensore, ma si scocciò quasi subito di aspettarlo e decise di
salire per le scale. Erano tre rampe, ma pazienza: almeno avrebbe fatto
esercizio ed evitato allo stesso tempo di cedere al sonno.
Non fece caso salendo alle ricche decorazioni dei vari piani né ai tappeti
prestigiosi che ricoprivano i pavimenti: ci era abituata, conosceva ogni
millimetro del suo palazzo e neanche i bellissimi quadri che tanto adorava,
quelli appesi ad ogni angolo di piano, riuscivano ad attirare la sua attenzione
in quel momento. Stava letteralmente crollando.
Quando raggiunse la porta dell’appartamento: l’ultimo in alto, alla
fine del corridoio, sorrise felice di essere arrivata. Premette il dito sul
campanello, bussando più volte, ma la porta non si aprì. Continuò ad insistere
ancora per un po’, quasi per dispetto, con il vago sospetto che lui fosse
o sotto la doccia o appisolato da qualche porta, ma non venne nessuno.
Scuotendo la testa affranta, si poggiò con le spalle al muro, scivolando
lentamente fino a trovarsi seduta sul pavimento.
Con un sospiro si fece forza e cominciò a cercare le chiavi all’interno
della borsa: impresa molto ardua, tenendo conto dell’infinità di cose che
ci teneva. Rovistò per qualche minuto, scartando e muovendo le dita
velocemente, rovistando fra fogli, gomme, oggetti di dubbia identificazione ma
non sentì niente di metallico. Stava per perdere le speranza di riuscire a
trovarle, quando venne distratta dal suono delle porte dell’ascensore che
si aprivano: girò il viso lentamente e vide Federico venirle incontro tutto
sorridente.
Penelope aggrottò la fronte, capendo finalmente come mai nessuno le avesse
aperto e gli rivolse un’occhiata di rimprovero. Fece anche per mettergli
il broncio, ma come al solito non ne ebbe il tempo: lui infilò la mano nella
tasca della giacca di pelle e rapido agitò fra le dita le chiavi di casa,
ridacchiando dell’espressione contrariata della figlia. Avvicinandosi di
più le allungò una mano che lei afferrò prontamente, alzandosi aiutata da lui.
Ebbe un attimo di incertezza mentre non ritrovava l’equilibrio e lui con
gesto fermo la prese sottobraccio, chiedendole poi in tono quasi cospiratorio
all’orecchio:
- Sono in ritardo?-
Non attese risposta e ridacchiandole vicino al collo aprì in un istante la
porta, entrando e tirandosi Penny dietro, si diresse quindi verso
l’interruttore sulla parete sinistra ed accese la luce.
La fievole illuminazione rischiarò l’ambiente, mostrando un appartamento
non troppo grande: entrando ci si ritrovava nel salotto, arredato con dei
grandi divani blu, un televisore a schermo piatto decisamente enorme e librerie
strapiene. Sulla sinistra c’erano poi la cucina, con il piccolo tavolo
rotondo e la porta del bagno. Per concludere, sulla destra, le porte delle due
camere da letto.
Forse era piccolo e niente di eccezionale, reso ancora più assurdo
nell’insieme dal disordine incredibile che vi regnava perennemente ma
Penny lo adorava incondizionatamente.
Era la sua casa e non l’avrebbe mai cambiata con niente al mondo: era
confortevole ed accogliente, il suo rifugio in qualche modo: non avrebbe
nemmeno saputo dire come mai, forse per via del parquet e dei tappeti, o delle
finestre che di giorno facevano entrate tanto sole da illuminarne ogni angolo,
o del camino inverosimilmente sempre acceso. C’era un qualcosa
comunque, che la rendeva unica.
E questo le bastava.
Penelope si tolse lentamente il giubbino, con un gesto quasi svogliato,
gettandolo poi sul mucchio già presente ai piedi dell’attaccapanni:
dicevano sempre che prima o poi li avrebbero posati decentemente, purtroppo era
sempre il poi ad avere la meglio. Non ci faceva quasi più caso ormai.
- Che hai fatto di bello?-
La voce del padre gli era giunta smorzata, lo cercò con lo sguardo trovandolo
poi che usciva dalla sua camera: si era già cambiato e giusto ora stava
indossando un’enorme felpa a righe bianche e nere che lo faceva
rassomigliare vagamente ad un carcerato. Quando la testa riuscì a trovare il
foro di uscita Penelope incrociò il suo sguardo divertito ed al tempo stesso
indagatore. Con un sospiro si avviò verso il bagno: per tutto il tragitto
strusciò i piedi, troppo stanca anche solo per sollevarli.
- Ma niente… racconta prima tu, che quello che fai è sempre più
interessante, chissà come mai-
Sentì la risatina del padre anche quando aperta l’acqua cominciò a
sciacquarsi il viso, risollevò poi gli occhi sentendolo avvicinarsi e vide il
suo riflesso nello specchio: se ne stava appoggiato allo stipite della porta
porgendole i vestiti di ricambio. Lei li prese riconoscente e con un sorriso
gli fece cenno di girarsi, lui continuando a ridacchiare uscì dalla stanza tornando
in salotto ed alzando la voce rispose, facendole anche il verso scherzosamente:
- Ma niente… finita la partita, che per inciso abbiamo vinto alla grande,
sono andato con i ragazzi a festeggiare al solito bar: ci siamo presi qualche
drink e fatto un po’ di casino al solito. Quando poi Danilo ha cominciato
a fumare erba ho capito che era il momento di lasciarli-
Penelope uscì in quel momento dal bagno, con indosso solo la felpa che lui gli
aveva portato: un’enorme ammasso celeste con sopra una vignetta di
Snoopy. Prima era di Federico ma ben presto lei se ne era appropriata, ed erano
anni ormai che la usava come pigiama: le arrivava alle ginocchia ed era
estremamente morbida e pelosa, tutto quello che si poteva desiderare perciò.
A piedi scalzi si avvicinò a lui, sedendosi a gambe conserte al suo fianco: gli
prese l’attizza fuoco dalle mani, aggiustando il macello che stava
combinando, quindi gli sorrise alzando allo stesso tempo gli occhi al cielo.
Sbuffando si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio:
- Non voglio che ti senta obbligato a tornare lo sai: me la posso cavare
benissimo da sola. Certo non sarei nemmeno entusiasta se fumassi con quegli
sconsiderati dei tuoi amici, ma non è per me che…-
Federico non le permise di continuare, negando con il capo e ridendo
sommessamente:
- Non ho intenzione di bruciarmi i pochi neuroni che ho facendomi di marijuana,
dolcezza. E poi, potevo mica lasciarti disperata fuori casa?-
- Le avrei trovate le chiavi, lo sai-
Avrebbe voluto aggiungere altro ma un nuovo sbadiglio la interruppe: Penelope
sorrise fra se e se e vedendo che era già passata la mezza fece per alzarsi:
- Sai che? Vado a letto, non mi reggo più in piedi-
Federico sgranò gli occhi, sentendoglielo dire e l’afferrò rapido per il
polso, ribattendo vivacemente:
- Ma come? No! Non mi fai compagnia? Stasera danno la maratona di Queer as
Folk! Dai… manca solo mezz’ora! Avevo anche messo a fare i
popcorn!-
“Pà… non ce la faccio proprio”
Avrebbe voluto dire, non lo disse però: gli occhioni a cucciolo di lui, il bip
dei popcorn pronti e la mano di lui che la tirava verso il divano glielo
avevano impedito. Senza nemmeno sapere come si ritrovò così affondata nei
cuscini blu, avvolta da una coperta di pile, con un cestello enorme di
stuzzichini in grembo.
Federico le si fiondò affianco dopo pochi istanti: accese il televisore,
sintonizzandosi sul canale giusto e sistemandosi per bene avvolse le spalle di
Penny con un braccio.
Se anche aveva ancora un qualche briciolo di tentennamento, appoggiandosi del
tutto contro il padre capì non sarebbe poi stata tanto male nemmeno lì e senza
più protestare si fece piccola piccola abbracciando
il cuscino.
- Me lo dici che avete fatto tu ed Anna?-
Penelope sorrise sollevando il viso quel tanto che serviva a parlare:
- Cinema-
- E…-
- Basta-
Sentì il petto del padre muoversi su e giù scosso dalle risate e con un sospiro
nervoso gli mollò un pizzicotto sul fianco, per poi continuare in tono seccato:
- Non ridere! Anna ha un coprifuoco da rispettare e che dovevo fare io?
Continuare a girare da sola?-
Federico continuò a ridacchiare, interrompendosi per ribattere divertito:
- Ma come devo fare con te? Io alla tua età… no meglio che non te lo
dico, guarda! Bimba ma perché non mi hai chiamato? Ti portavo dove volevi!
Certo se non ti vergogni ad andare in giro con il tuo vecchio-
Penelope sbuffò in risposta e girandosi per guardarlo in viso, spintonandolo
giocosamente rispose:
- Vecchio, sì! Dai lo sai che a me basta così: hai visto che mi stavo
addormentando prima, non avrei retto di più. Piuttosto tu devi…-
- Aspetta!-
Federico l’aveva interrotta di botto, spalancando gli occhi come se si
fosse improvvisamente ricordato qualcosa: picchiettandole con il dito sulla
spalla, come faceva quando ci teneva a sapere una cosa.
- Perché ve ne siete andate dalla partita? Eravamo sul finale!-
Penelope fece per girarsi afferrando il telecomando dalle sue mani ed alzando
il volume:
- Sta iniziando-
Bisbigliò, sperando di riuscire a distrarlo ma sapeva che era una battaglia
persa: il padre si riappropriò del telecomando, togliendo l’audio e
costringendola a guardarlo. La fissava con aria supplice, con
l’espressione da cane che vuole il biscottino, quella che sapeva
funzionava sempre.
- C’erano delle gatte in calore che mi davano sui nervi-
Lo aveva detto in un soffio, mormorandolo fra i denti, sperando quasi che lui
non capisse. Invece capì benissimo e poco ci mancava che si mettesse a saltare
anche sul divano dall’esaltazione:
- Davvero?! Oh, che bello! Lo devo dire ai ragazzi, ci moriranno! E…-
Penelope aveva rimesso il volume, testardamente, cercando di non ascoltarlo e
l’entusiasmo di lui allora scemò un poco: stringendola di più mormorò:
- Ehy dolcezza scusa, lo so che ti da fastidio. Non ci devi pensare però, solo
che a un padre vecchio come me certe cose fanno piacere!-
- Non mi danno fastidio-
Lo disse senza nessuna convinzione, sapendo che lui la capiva benissimo e solo
per ripicca gli pizzicò di nuovo un fianco:
- Stai mettendo su pancetta sai?-
Non era per niente vero, tanto lo sapeva lei quanto lui, eppure Federico
incassò il colpo condiscendente.
- Che dici?! Allora dobbiamo andare a correre insieme! Domattina ci svegliamo
presto, sì?-
Penelope ridacchiò al suo immancabile entusiasmo che sembrava non scomparire
mai, e scuotendo la testa si allungò sul divano stendendosi meglio e usando lui
come cuscino. Con il viso quasi completamente immerso nella felpa di Federico
rispose:
- Non ci penso proprio, pà-
*
Ehilà ^^
Sono in ritardo vero? A ritornare però,
prima o poi ritorno sempre xD Purtroppo per voi oserei dire!!
Allora.... non lo so cos'è che sta
uscendo fuori da questa storia e sentire i vostri pareri mi farebbe un enorme
piacere: ho un' autostima sotto terra e sono patologicamente indecisa,
quasi ogni giorno mi viene infatti l'impulso di cancellare tutte le storie che
mi intestardisco ad iniziare, poi però qualcosa mi blocca... e spero con tutto
il cuore che sia questo qualcosa di indefinito che non vi fa passare la voglia
di leggere **
Grazie come sempre, e alla prossima...
si spera a breve ^^
Un bacione!