Espulso
di slice
C'è
silenzio nella sala, è rotonda e grande abbastanza perché
il minimo sussurro echeggi per minuti.
La sentenza è appena
stata emessa e quel silenzio dura un attimo di indignato stupore, poi
c'è solo brusio. È denso, sfumato e alto, un brusio che
da fastidio e costringe ad alzare la voce per farsi sentire, come fa
Tsunade-sama.
“Silenzio,” urla quasi, rimanendo
composta e seria come si addice alla sua nuova carica di consigliere.
“Per cortesia, silenzio. Il Rokudaime ha emesso il giudizio, la
sentenza non sarà ritrattata.” Le sue parole si perdono
nel brusio che sembra aumentare invece di sedarsi.
La sala è
molto luminosa; la luce forte della mattina inoltrata filtra dalle
finestre sparse su tutta la parete in modo simmetrico. Il pulpito dal
quale scende il Rokudaime è rialzato e ai lati ci sono altri
due banchi a cui è riservato il posto dei Consiglieri. Tsunade
da una parte e Shikaku Nara dall'altra. Poco più sotto ci sono
vecchi più o meno saggi, Hyuuga per la maggior parte, ed
infine la platea.
Ci sono volti indignati e maschere cupe di
disapprovazione. Ma c'è anche il sorriso luminoso del
ragazzino biondo che ha il pollice alzato, e altri sorrisi più
contenuti. Lo stratega che ha avuto voce in quel processo sbuffa
quando i loro occhi si incrociano, ma sarebbe una contraddizione
vederlo abbattuto adesso mentre poco prima lo ha difeso con placida
decisione. La Hyuuga sorride a testa bassa accanto al jinchuuriki,
alla sua destra qualcosa cattura l'attenzione e sono una ragazza
bionda e una dall'insolito colore rosa che si abbracciano
saltellando. Ci sono persone visibilmente contente, altre che, si
vede, si rilassano solo in quel momento, e altre ancora, in fondo,
che hanno uno sguardo truce e decisamente maldisposto ad accettare un
nukenin nel loro villaggio. La verità non fa sempre piacere. È
tutto piuttosto confuso e sbiadito davanti a lui ma distingue ancora
l'odio.
Poi c'è un rumore dietro e la mano di qualcuno si
posa sulla sua spalla destra, inaspettatamente. Si volta e c'è
un occhio che sorride, socchiuso, la maschera increspata e la
chioma argentata reclinata su un lato. Scorge tutto questo a fatica,
ma avverte chiaramente che la mano del Rokudaime è calda e
grande e sa di paterno, nonostante lui lo abbia quasi ucciso quando
quell'uomo era ancora un semplice jounin.
E c'è qualcosa
che si scioglie, lì, nello stomaco, è caldo e liquido e
fa stare tanto bene che il dolore, tutto il dolore che prova, da
molto tempo, sembra affievolirsi. Poco, ma lo avverte chiaramente. È
una sensazione assai strana e indescrivibile che non si ricorda di
aver mai provato e che però appassisce e muore nel momento in
cui scorge la figura del fratello.
Vede la distanza tra loro
aumentare, si rende conto di non aver il diritto di sentirsi nemmeno
leggermente più sereno, si vergogna di quel che ha provato e
spera che Sasuke non si sia accorto del suo menefreghismo di un
attimo prima. Gli occhi di Itachi fissano un punto che sembra quasi
più scuro del resto della sala, il punto dove è seduto
Sasuke.
Vorrebbe che il suo otouto si arrabbiasse che gli puntasse
un dito contro e che gli vomitasse addosso tutto quel che sente,
vorrebbe che lo picchiasse e che si sentisse un po' meglio dopo,
vorrebbe, in realtà, vedere una qualsiasi reazione in Sasuke
perché non ce ne sono state da quando sono stati portati a
Konoha, insieme.
Invece non c'è alcun movimento, alcuna
luce in quegli occhi neri come i suoi, anche se non può
vederli se li immagina perché li ha già visti così
nel loro scontro. Prima c'era odio, adesso immagina, non c'è
nemmeno quello, né felicità, né frustrazione, né
amore, né nient'altro. Non c'è niente. Sasuke è
vuoto e non servirà sacrificare l'esistenza per farlo
sopravvivere. Itachi si sente impotente e pensa di meritarselo.
Poi
qualcosa si muove: la ragazzina dai capelli rosa chiama suo fratello,
la testa di Sasuke si alza e le fa un cenno; Itachi nel frastuono non
sente, ma vede le sagome. Arriva anche il jinchuuriki e abbraccia il
compagno, poi si volta e indica nella sua direzione. Sasuke piega la
testa di lato probabilmente seguendo il dito, pensa Itachi, e
capisce.
Li hanno tenuti separati e non si sono mai scambiati
neanche una parola, ha cercato i suoi occhi, ma non li ha trovati
nemmeno in quella buffa forma pasticciata in cui vede qualsiasi cosa
con il suo sguardo malato, e non ha mai pensato, nella confusione
degli eventi, che anche lui potesse avere problemi di vista. Non vede
l'espressione di Sasuke, ma sente la risata del jinchuuriki e scorge
la ragazzina abbracciare entrambi.
“Sasuke è
intontito dai sedativi: ha subito un'operazione impegnativa agli
occhi, ma voleva essere presente al tuo processo e io, dopo aver
consultato il primario, gliel'ho accordato,” dice Kakashi-sama
nel suo abito bianco dalle rifiniture rosse e con il cappello con il
simbolo del fuoco in mano.
E finalmente a Itachi sembra di sentire
ancora quella strana sensazione calda e benefica allo stomaco. Parte
del suo dolore si condensa in un punto, lo sente staccarsi e salirgli
dentro come se il suo corpo lo volesse espellere. Quel calore evolve,
lo fa sospirare, e piega la testa in basso perché è
tanto, troppo, tutto insieme e qualcosa di così bello e così
grande non lo aspettava più. In quel momento sente lo stomaco
comprimersi e il cuore accelerare mentre qualcosa cola dall'occhio
sinistro, rotola giù per la guancia passando per le labbra
contratte e scivola via, si spera, per non tornare più.
Owari
Tsunade è uno
dei consiglieri adesso, e ovviamente anche il primario dell'ospedale.
Poi c'è Kakashi Rokudaime e Sasuke precedentemente assolto. Ma
che bel quadretto! Adesso faremo entrare i famosi coniglietti rosa e
i fiori e le farfalline e io andrò a vomitare più là,
va'.
Chu
I personaggi e i luoghi non mi appartengono, e non c'è lucro.