Seduto sul basso muretto di un giardino pubblico Babbano, Remus osservava la gente passare davanti a lui. La maggior parte delle persone lo ignoravano e i pochi che gli donavano un secondo d’attenzione distoglievano gli occhi in tutta fretta e con grande disagio.
Remus stese le gambe sul marciapiede e sorrise a una coppia che lo redarguì con un’occhiata di rimprovero, scansandosi rapidamente per scongiurare qualsiasi contatto con lui.
Si rendeva conto che la sua figura malconcia era del tutto fuori luogo in quel contesto, ma non gli importava.
I bambini del quartiere, notata la sua presenza, si erano radunati dall’altra parte della strada. Parlottavano fitto, con sguardi e ghigni rivolti ora a lui, ora a uno dei più giovani della banda, che con uno spintone poco gentile fu lanciato oltre il marciapiede.
“Va’ da quello, se hai il coraggio!” lo provocarono, consegnandogli con fare solenne un sasso di modeste dimensioni.
Remus avvicinò le gambe, appoggiando i talloni al muretto mentre osservava il piccolo avanzare verso di lui. Il suo incedere era esitante, ma non sembrava spaventato.
Poteva avere cinque o sei anni, valutò dubbioso: dopo la morte di James e Lily, per lui lo scorrere del tempo aveva perso ogni significato. I giorni, con suo lieve stupore, avevano continuato a susseguirsi uno dopo l’altro e, a un certo punto, aveva semplicemente smesso di contarli.
Provò a indovinare le intenzioni del bambino: poteva vederlo rigirarsi il sasso nel pugno, allentando e stringendo la presa.
Probabilmente gli altri ragazzi lo avevano sfidato a lanciare l'oggetto contro il vagabondo che guastava il panorama e intralciava il passaggio delle persone per bene.
Fossero stati più grandi, avrebbero escogitato altri metodi per scacciarlo. Era considerato un valido passatempo fare pulizia di randagi; a due o quattro zampe, dopo qualche birra di troppo, non faceva più differenza.
Quando Remus riuscì a scorgere chiaramente i lineamenti del bambino, il tempo riprese a scorrere e iniziò a contare i passi che lo separavano da lui: ogni passo un giorno.
“Un giorno,” mormorò. “sono a Hogwarts.”
“Due giorni, ho degli amici.”
“Tre giorni…” sospirò. “sono solo.”
“Quattro giorni…”
Si interruppe. Il bambino, incitato dai ragazzi a colpirlo, alzò la mano.
Dopo un attimo di totale immobilità, il piccolo assunse un’espressione impietosita e aprì il pugno, lasciando rotolare il sasso a terra.
“Come?” chiese all'adulto, avvicinandosi ulteriormente e guardandolo di sottecchi.
Remus non rispose, così ripeté, a voce più alta:
“Cos'ha detto, signore?”
“Quattro giorni,” disse Remus con voce roca, ringhiosa. Lo spaventò la certezza improvvisa che le proprie parole risultassero incomprensibili: non riusciva a ricordare, in quel momento, se avesse mai parlato con altre persone in vita sua.
“Quattro giorni,” tornò a scandire più lentamente. “al tuo compleanno.”
Gli occhi del bambino si illuminarono increduli, per poi abbassarsi, la gioia sostituita dalla sfiducia di chi è abituato a non illudersi.
“Lei come fa a saperlo?”
Remus indicò con un cenno del capo gli altri ragazzi.
“I tuoi amici ti chiamano.”
“Io non ce li ho, gli amici.”
“Mi spiace.”
“Di cosa?”
“Non ho nulla da offrirti,” confessò, mostrandogli i palmi vuoti e, notò con vergogna, sporchi.
“Oh, non fa niente, nessuno mi dà mai qualche regalo per il mio compleanno,” fu la risposta schietta e disincantata del piccolo.
Remus sorrise tristemente, lo aveva frainteso: se avesse avuto qualcosa da offrirgli, l’avrebbe portato via con sé, lontano… Gli avrebbe voluto bene, avrebbe potuto…
Chinò il capo, sconfitto: no, non avrebbe agito comunque, ammise, provando un profondo disgusto per se stesso.
Perché Remus Lupin non era nulla più di un pericoloso lupo mannaro e un codardo che non aveva la forza di disobbedire agli ordini di Silente. Non aveva mai messo in discussione le decisioni dell'anziano mago, neanche quando erano state la fonte della sofferenza di un bambino.
Di quel bambino.
“Addio, Harry,” salutò a occhi bassi, avviandosi giù per il viale senza più voltarsi indietro, con la consapevolezza che James e Lily erano vivi in quel bimbo che lui non avrebbe mai aiutato.
So che esistono già tante storie su questo argomento, ma avevo in mente questa breve ff da molto tempo... spero non risulti troppo scontata.
Ringrazio chi ha commentato/letto/aggiunto a Preferiti e Da ricordare la mia altra one shot, "Il primo appuntamento di Remus Lupin", grazie mille ^^
ciao
Fri