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Autore: memi    30/03/2010    3 recensioni
“Mark, questo è Tom. Tom DeLonge.”
No, Tom DeLonge non era affatto come se lo era immaginato lui, anche se non sapeva dire se in meglio o in peggio.
“Mark Hoppus...!” No, decisamente neanche il tono di voce irriverente e provocatorio era come se l’era immaginato che fosse. “Ti facevo più alto.”
“Sì. Anche io ti facevo più intelligente, Tom DeLonge.”
[I blink-182. La nascita. Il successo. La rottura. La riunione.]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Flyswatter

First Side

 

 

Track 1

 

“Ecco Mark, penso che Tom ti piacerà. Cioè, è uno così, un po’ suonato forse. Ma ti piacerà, sono sicura.”

Mark annuiva, anche se non era così sicuro come Anne. Annuiva perché erano giorni che lo tormentava con quel Tom DeLonge – che nome idiota! DeLonge...non era neppure un vero cognome infondo. Che cognome era? – e ne aveva fin sopra i capelli di sentirla cianciare su quanto fossero straordinariamente perfetti insieme. Intuito femminile, diceva quando lui gli faceva notare che era una cosa stupida da dire, visto che non si conoscevano neppure.

Alla fine Anne aveva avuto il suo fatidico incontro, e anche se Mark non si era mostrato così tanto entusiasta di conoscere uno con un cognome simile – DeLonge...tsk! – era andato con lei, perché era sua sorella e perché avrebbe dovuto ucciderla per farla smettere con quella storia e finire in galera per fratricidio era l’ultima cosa di cui aveva bisogno al momento.

“Mark, questo è Tom. Tom DeLonge.”

No, Tom DeLonge non era affatto come se lo era immaginato lui, anche se non sapeva dire se in meglio o in peggio.

“Mark Hoppus...!” No, decisamente neanche il tono di voce irriverente e provocatorio era come se l’era immaginato che fosse. “Ti facevo più alto.”

Che maledetto piccolo bastardo...!

Sorrise e ad un tratto era come se ci fosse qualcuno totalmente compatibile con la sua linea di pensieri, qualcuno come lui, anche se aveva un cognome davvero molto stupido.

“Sì. Anche io ti facevo più intelligente, Tom DeLonge.”

 

 

Track 2

 

“Non sono male.” Dichiarò dopo un interminabile silenzio Mark, spazzando via con la sua voce bassa e gentile il silenzio opprimente e carico di aspettativa sceso nel garage.

Anne se ne stava seduta su una vecchia cassetta, nell’angolo, giocando di quando in quando con le pieghe della gonna con aria annoiata. Non era brava con le attese, tanto quanto Tom non sembrava essere bravo a gestire l’impazienza. Mark poteva sentire il suo respiro irregolare battere ripetutamente sul suo collo, tanto gli era vicino, come se allontanandosi anche di un solo passo avesse potuto mutare in qualche modo la sua concentrazione.

Si erano infilati nel garage di casa DeLonge e Tom aveva insistito per fargli leggere le tracce che aveva buttato giù su un malridotto quaderno da scuola. O meglio, uno di quelli che avrebbe dovuto utilizzare a scuola, se solo non fosse stato troppo preso a scrivere canzoni e ad articolare scie di note dall’aria a volte precisa, altre un po’ meno.

“Non sono male?” Tom sembrava largamente deluso dall’asciuttezza dell’altro e Mark non riuscì a trattenere un sorriso divertito.

“Avanti Mark, piantala di fare l’idiota adesso.” A mettere fine a tutto ciò, la voce esasperata di Anne.

Mark fece una smorfia sotto gli occhi perplessi di Tom, prima di sbuffare e sorridere ancora. “Sei una rompiballe, Anne.”

“Grazie tante.” Gli fece l’occhiolino di risposta lei, per nulla impressionata.

“Qualcuno si degna di far capire qualcosa anche a me adesso? Grazie.” S’intromise ancora Tom, scocciato, era ovvio che non gli piacesse non capire, specie se si trovavano nel suo garage a discutere delle sue canzoni.

Anne ridacchiò e Mark si girò così velocemente verso di lui da farlo sobbalzare.

“Sono forti.” Disse infine e dovette mordersi l’interno delle guance per non scoppiare a ridere dinanzi all’aria confusa e felice dell’altro. “Adesso non iniziare a montarti la testa però, DeLonge!”

“Fottiti, Hoppus.” Fu il grugnito che ne ricevette in merito, ma anche se Mark lo conosceva da neanche ventiquattrore, non gli era mai sembrato tanto opportuno poter dire che Tom era imbarazzato.

Poi recuperò il suo basso, quello che suo padre gli aveva comprato come ricompensa per averlo aiutato a ridipingere casa, e si sorprese giusto un poco – quello stronzetto! – di constatare che anche Tom aveva recuperato la sua chitarra, senza neppure essersi scambiati una parola in merito. E quando suonarono, fu come se il mondo si riempisse di musica, ed era la loro musica, ed il resto poteva andare tranquillamente a farsi friggere.

 

 

Track 3

 

Che fottuto coglione!

Tom non poteva proprio crederci e anche se si sentiva un emerito imbecille a ridere come uno scemo da solo, non riusciva proprio a smettere di farlo. Una parte molto, molto remota della sua coscienza gli suggeriva che era colpa sua se adesso lui e Anne si ritrovavano in una sala d’attesa al pronto soccorso locale, e che forse certe stronzate era meglio tenerle per sé quando si circondava di certa gente strampalata. Ma insomma, non era che l’aveva proprio obbligato e poi chi avrebbe mai potuto immaginare che dietro un sorriso del cazzo come quello si potesse celare un simile squilibrato mentale?! Lui no di certo!

Forse era vero che i peggiori matti si nascondevano nelle persone normali. Forse era un alieno – rabbrividì – e la cosa non lo avrebbe poi sorpreso più di tanto, comunque. In ogni caso, indipendentemente da quale parte pendesse l’ago della bilancia, stava di fatto che quel Mark Hoppus era persino più spostato di quanto avrebbe mai giurato appena poche ore prime, anche se il modo in cui suonava il suo dannato basso sembrava essere fin troppo simile al suo modo di suonare la chitarra per essere una cosa ammissibile.

“Ehilà, non ditemi che eravate preoccupati per me!”

A Tom per poco non venne un colpo quando una voce così tremendamente infantile gli arrivò da destra. Alzò il capo e dovette sforzarsi davvero per non scoppiare a ridere di cuore. Mark Hoppus se ne stava in piedi a pochi metri di distanza da lui, due stampelle sotto le ascelle, entrambe le caviglie fasciate e un sorriso beota – che Tom aveva in automatico associato al suo sorriso – stampato in viso.

Cristo santo, si era quasi ammazzato per salire su quel cavolo di lampione e invece di lamentarsi che faceva l’idiota? Rideva. Rideva!

“Sei un coglione, Hoppus.” Dichiarò, non riuscendo a trattenere un ghigno colpito a quelle parole.

Mark sorrise e, inarcando appena la schiena, emulò un inchino di riconoscenza. “Grazie mille per i complimenti, DeLonge.”

 

 

Track 4

 

“Pronto?” Mark era ancora mezzo rintronato dal sonno quando il cellulare, che aveva lasciato sul comodino, iniziò a squillare nel cuore della notte, facendogli quasi venire un crepacuore per lo spavento.

“Ci vuole un batterista. È tutta la notte che ci penso e non si è mai sentito parlare di una band senza un batterista! Che cazzo, persino mio nonno lo saprebbe! Mio nonno! Non andiamo da nessuna parte senza un batterista, te lo dico io e-”

“Ma che...? DeLonge?” Lo interruppe a quel punto Mark, troppo stordito dal sonno per riuscire ad afferrare il senso compiuto del fiume di parole dell’altro.

“No, Babbo Natale. Certo che sono io, rintronato!” Sbuffò dall’altro capo Tom, il quale evidentemente non doveva essersi accorto che erano le quattro di notte e che a quell’ora con ogni probabilità la gente normale stava dormendo.

Mark sbuffò e si tirò una mano sul viso, cercando di riscuotersi quel tanto che bastava per affrontare quel maniaco pervertito con un minimo di lucidità. Poteva scommetterci entrambe le palle che quel bastardo stava nel suo fottuto garage a girarsi i pollici e a far girare gli ingranaggi arrugginiti del suo cervelletto. Magari soffriva pure d’insonnia lo stronzo e stava solo cercando un modo per non far dormire anche lui, giusto per lo sfizio di non essere il solo a non godersi un meritato riposo.

“Ti rendi conto che sono le quattro di notte, sì?”

“Oh avanti Hoppus, non iniziare a rompere adesso!”

Rompere? Rompere? Lo aveva svegliato nel meglio della sua fase rem e adesso era lui quello che rompeva?!

“Che cazzo vuoi, Tom?” Domandò quindi, non senza una sfilza infinita di sbuffi il cui unico compito era quello di donargli una dose sufficiente di calma da impedirgli di correre ad ammazzare quel disgraziato.

“Tom? Mi hai davvero appena chiamato Tom?” Sembrava stupito e sinceramente divertito.

Mark si morsicò un labbro e si impose di contare mentalmente fino a dieci e di non ucciderlo, perché aveva ancora dannatamente bisogno di quel coglione.

“Allora?” Borbottò piuttosto, truce.

“Ma allora non mi stai a sentire!” Ebbe la faccia tosta di lamentarsi Tom, perfino. “Dicevo che abbiamo bisogno di un batterista. Urgentemente. Non si è mai vista una band credibile senza batterista!”

Mark soppesò le sue parole – impresa che si rivelò molto, molto ardua nel cuore della notte – e alla fine si abbandonò ad un sospiro docile.

“E non potevi dirmelo domani?” Domandò, ma senza alcuna traccia di rabbia nella voce, si stava rapidamente abituando ai modi del tutto fuori dal comune dell’altro.

“Dio, sembri mia madre!” Sbuffò di rimando Tom, vagamente scocciato, salvo poi entusiasmarsi appena l’istante dopo come se nulla fosse. “Ho anche trovato qualcuno che potrebbe fare al caso nostro!”

“Qualcuno?” Mormorò Mark, mentre abbandonava la schiena contro la parete alle sue spalle, ormai rassegnato all’idea di non poter continuare la conversazione in un momento che non fosse stato quello. “Tipo chi?”

Tom sghignazzò, sembrava quasi che era da tutta la telefonata che non attendeva altro che quella domanda precisa.

“Si chiama Scott. Scott Raynor. L’ho conosciuto a scuola, è uno forte con la batteria.”

 

 

Track 5

 

“Ehi figli di puttana, indovinate un po’?” Tom spalancò la porta della camera da letto di Scott come se avesse voluto staccarla via dai cardini, ma dal sorriso smagliante che manteneva inalterato in viso non sembrava curarsene poi così tanto.

“Ciao anche a te, DeLonge. Oh, non preoccuparti del ritardo, a me e a Scott non è pesato affatto fare il lavoro tuo, figurati. E non stare lì a scusarti troppo per non aver avvisato, tanto siamo due stronzi, mica si avvisano due stronzi!”

“Ci sentiamo spiritosi oggi, Hoppus?” Fu il commento caustico che ne ricevette in merito.

Mark sbuffò, alzò gli occhi al cielo e si girò a controllare il suo basso: ci rinunciava con quel bastardo.

“Indovinate un po’?” Continuò allora Tom, entrando nella stanza come se nulla fosse, il che era anche abbastanza tipico per lui.

Scott, che stava cercando con disperazione di far incollare un pacco di uova finito alla parete già da diverso tempo, si voltò con sguardo frustrato a guardarlo. “Cosa?”

Blink.” Mormorò solo il DeLonge, l’aria di chi la sapeva lunga, salvo poi sbuffare contrariato nell’accorgersi che nessuno degli altri due pareva aver afferrato il concetto. “Blink! Il nostro nome!”

Blink?” Ripeté con aria svampita Scott. Blink come blink?”

“No, blink come clock. Ti sei bevuto il cervello, Scott?”

Blink? Pensavo avessimo già un nome nostro. Pensavo fossimo i Duck Tape.” Intervenne a quel punto anche Mark, di nuovo girato dalla loro parte, mentre accennava con una mano alla grossa scritta che capeggiava sulla batteria.

Tom si fermò per istinto a fissarlo, l’aria fin troppo pensierosa per uno come lui, per poi scacciare qualcosa d’invisibile davanti al suo viso con una mano.

“Nah, blink suona meglio. È corto. Mi piacciono i verbi corti.”

“Aspetta...” Mark sembrava scioccato. “Vuoi che cambiamo di nuovo  nome perché ti piacciono i verbi corti?”

Blink?” Domandò invece Scott, soprapensiero.

Blink.” Confermò Tom, ignorando volutamente le accuse del bassista. “Che ne dite? Scott?”

Raynor ci stava ancora pensando su, ma alla fine si ritrovò ad annuire senza quasi rendersene conto. “Blink... Mi piace blink.”

“Bene.” Sorrise soddisfatto il DeLonge, per poi girarsi verso l’altro. “Hoppus?”

Mark di rimando sbuffò, recuperò il pennarello lì vicino e, senza dire una parola, cancellò la scritta Duck Tape dallo striscione appeso sopra la batteria di Scott. Sotto, con la sua calligrafia strascicata, tracciò la parola blink. Poi sorrise e, anche se non lo avrebbe ammesso neppure sotto tortura, dovette ammettere che per una volta quello stronzo di Tom aveva avuto ragione: blink suonava decisamente meglio di Duck Tape.

 

 

Track 6

 

Che vada pure a farsi fottere! Non abbiamo bisogno di lui, io e Scott possiamo benissimo farcela anche da soli. Non ho bisogno di lui per avere una band, cazzo!

Tom sospirò e, per l’ennesima volta, si passò una mano tra i capelli, incasinandoli. Beh, di sicuro non sarebbero potuti essere più scombinati di quelli di M-

Scosse la testa. Era un maledetto imbecille a continuare a pensare ancora a quell’idiota. Lui non aveva perso poi chissà quanto tempo a decidere di scaricarli, no?

“Mi dispiace.” Aveva detto con quella sua faccia da culo. “Ma non posso più far parte dei blink. Lo sapete... Se continuo a passare tutto questo tempo con voi, quella mi lascia davvero stavolta. Che altro posso fare?”

Che altro poteva fare? Ficcare quella stronza in un cesso, ecco cosa avrebbe potuto fare! Dirle di andarsene bellamente a fanculo, perché c’era la band prima di tutto, perché c’erano Scott, e lui, Cristo santo! E invece no, no perché quello stronzo di Hoppus doveva essere sempre così maledettamente romantico, sempre così attento a non deludere gli altri...

Gli altri, certo, tranne lui. E Scott. Perché ovviamente non gliene fregava un cazzo se loro erano nella merda fino al collo adesso e che avevano bisogno di un bassista, perché il loro – guarda un po’! – aveva deciso di preferire le gonne di una qualunque al suo sogno di suonare in una band.

Perciò ecco, non avrebbe dovuto fregargliene un cazzo neppure a lui. Aveva scelto di lasciare la band? Bene, avrebbero trovato qualcun altro. Ma lo sfizio di leggergli in faccia la delusione...no, quello no, non se lo sarebbe negato. Per questo aveva deciso di affrontare quella faccia da culo e lo avrebbe fatto quel giorno stesso, perché era Tom DeLonge e non si scarica Tom DeLonge senza rimpianti.

“DeLonge? Che cazzo ci fai tu qui?” Mark lo notò quasi subito, non che fosse difficile visto quanto stretto fosse il fottuto negozio di musica in cui lavorava, o meglio, fingeva di lavorare.

“Non montarti la testa, coglione, non sono venuto qui a pregarti di ritornare nella band.” Mise subito le cose in chiaro Tom e dovette reprimersi dalla voglia di tirargli un pugno quando lo vide sghignazzare, come a voler dire che lui una cosa del genere non se l’era affatto aspettata.

“Allora che vuoi?”

“Io e Scott facciamo un demo. Uno mi ha prestato un 4-tracce e noi abbiamo intenzione di incidere un demo.”

Sì, hai capito bene Hoppus, un demo senza di te. Io e Scott, già. Noi incideremo un demo e tu te ne starai chiuso in questo sgabuzzino a marcire, coglione.

“Un demo?” Ripeté Mark, gli occhi sgranati dallo stupore.

Tom annuì e poi la vide, quasi palpabile, mentre si insinuava in quei fottuti occhi azzurri. Eccola la delusione che stava cercando, la sua vendetta per essere stato scaricato come uno stronzo qualsiasi. Ma allora...perché non si sentiva soddisfatto come avrebbe voluto?

Fanculo. Fanculo pure a Mark Hoppus e alle sue idee del cazzo!

Avrebbe voluto pestarlo, sul serio, ma invece infilò le mani nelle tasche del jeans e si girò, dandogli le spalle. Se quel rintronato non voleva stare con i blink, che se ne andasse pure a fanculo. I blink non avevano bisogno di lui.

Lui non aveva bisogno di Mark Hoppus.

 

 

Track 7

 

“Facciamo schifo senza Mark.” Sbuffò frustrato Scott per la terza volta nel giro di due minuti, facendo stizzire Tom.

“Non facciamo schifo.” Lo corresse. “Hoppus fa schifo. Noi siamo grandi.”

“Sì, però...” Si mordicchiò il labbro l’altro, non sembrava del tutto sicuro delle parole del compagno e una parte estremamente piccola del cervello di Tom percepì che in fin dei conti Raynor non aveva tutti i torti.

Forse era piccolo, ma non era uno scemo. Tom era abbastanza intelligente da riuscire a notare la differenza e Scott aveva dannatamente ragione: non erano nemmeno un gruppo senza un bassista e lui stava cercando in tutti i modi possibili di non pensare che non lo erano senza Hoppus come bassista. Ma lui c’aveva provato, okay? Beh, forse non si era messo sulle ginocchia a supplicarlo di ripensarci, però c’aveva provato lo stesso, a suo modo. E se non aveva funzionato neppure la minaccia di incidere un demo senza di lui, allora non poteva farci proprio un cazzo.

Avrebbe voluto poter aprire il cervello di quel coglione e vedere che ci girasse, comunque, giusto per appurare che aveva ragione a dire che non doveva essersi più di mezzo neurone in quella zucca vuota.

Ma al diavolo, Mark non era lì, Mark aveva preferito una donna a loro, Mark li aveva abbandonati, fine della storia.

Era arrivato il momento di guardare avanti, di provare ad essere ancora dei blink anche se senza il bassista.

“Scott, che cazzo vuole tua madre adesso?” Non voleva essere sgarbato – insomma, la mamma di Scott si era comportata bene fino ad allora e non gli aveva mai fatto pesare neanche per una sola volta il fatto che ad ogni visita gli svuotassero la dispensa, o che li avevano costretti a mangiare uova per mesi, per avere la parete insonorizzata con i contenitori vuoti, o che facessero un casino infernale nonostante tutto – ma quella mattina a quanto pareva si era svegliato con le palle girate, un po’ come tutte le mattine prima di quella del resto.

Una vocina gli suggerì che era da quando Mark aveva abbandonato il gruppo – il gruppo, non lui, dannazione! Perché continuava a pensare di essere l’unico ad essere stato scaricato lì?! – che si svegliava con le palle girate, ma Tom fu piuttosto abile a fingere di non aver sentito niente.

“Non lo so.” Stava nel frattempo dicendo Scott, rispondendo alla sua domanda precedente, mentre si alzava dalla propria batteria per raggiungere la porta. “Che vuoi ma’?” Ma le parole parvero morirgli in gola e Tom, già piuttosto stizzito, proprio non riuscì a trattenersi.

“Che cazzo c’è adesso?” Sbottò, contrariato, alzando il capo per vedere in faccia lo scocciatore di turno.

E quel babbeo con il suo sorriso beota era lì. Era lì . Davanti a loro, con la sua faccia da culo e gli occhi azzurri e i capelli sparati al vento, come se non stesse rischiando l’esecuzione capitale.

“Beh? Così si saluta un vecchio amico?”

Cazzo, persino la voce era la sua voce...

“Ma tu...” Scott era incredulo.

Tom era semplicemente nero. “Che cazzo sei venuto a fare, Hoppus? A dirci che ti sposi?”

Mark sghignazzò, cosa che l’altro aveva sempre trovato particolarmente irritante a suo avviso. Alle provocazioni si rispondeva con altre provocazioni, con pugni persino, ma non ridendo. Non ridendo.

“Molto spiritoso, DeLonge. Comunque no, sono qui per il demo. Non pensavate davvero di poter fare un demo senza di me!” Dichiarò, alzando gli occhi al cielo come se fosse stata la cosa più naturale del mondo e intanto si infilava nella stanza, rivelando il basso che si portava dietro.

Che incredibile fottuta faccia da culo!

“Ti devi essere del tutto rincitrullito se pensi di far parte ancora dei blink nonostante tutto.” Dichiarò dunque Tom mentre si sforzava di mantenere la calma.

Alle sue parole, Scott lo guardò come se fosse impazzito, mentre la faccia da culo, cioè Mark sgranò gli occhi divertito.

“Andiamo DeLonge, non vorrai farmi il provino!”

Ma era esattamente quello che voleva fare Tom e alla fine, volente o nolente, Mark si ritrovò a sfoderare il suo basso e ad esibirsi in qualsiasi dannato pezzo che l’altro gli richiese di fare. Sarebbe stato stupido illudersi che quel coglione avesse dimenticato come si faceva a suonare in quei giorni di lontananza, ma Tom non poté fare a meno di sbuffare contrariato nel prendere atto di quanto suonasse ancora dannatamente alla perfezione quello stronzo.

“Adesso possiamo incidere questo cavolo di demo?” Sbuffò, una volta strimpellato anche l’ultimo spartito, Mark, chiaramente divertito dalla faccia seccata dell’altro.

Anche Scott lo stava fissando come a volergli chiedere che dicesse di sì e nonostante una vaga delusione ancora in circolo, Tom si ritrovò a sbuffare e a mordersi l’interno delle guance per non sorridere.

“Sei un coglione, Hoppus.”

“Sì, me lo dicono in molti, in effetti.”

 

 

Track 8

 

A Tom per poco non venne un infarto, il che sarebbe stato un grosso problema, visto che stava guidando. Ma cazzo quella era M+M’s! La loro M+M’s! E stava a 91X. Cioè, 91X stava trasmettendo la loro M+M’s per tutte le radio di quel fottuto paese del cazzo. La loro canzone, Cristo santo!

Non era come sentirla nella macchina di sua madre, o di qualche amico, in musicassetta. No, quello era completamente differente. Era tutta un’altra cosa, era la radio. La radio!

“Ehi voi stronzi, accendete la radio! Accendete la radio!” Non si era neppure accorto di aver infilato la testa fuori al finestrino – l’avrebbero arrestato di sicuro visto il modo in cui stava guidando, ma cazzo, era la loro canzone, ed era trasmessa su 91X e chi cazzo se ne fregava di finire in gattabuia! Lui aveva tutto ciò di cui aveva bisogno al momento e poteva anche morire l’indomani, o oggi stesso, perché i blink erano alla radio, cazzo, c’erano sul serio! – e di aver iniziato ad urlare contro tutti quelli che potevano sentirlo.

Qualcuno gli gettò un’occhiata perplessa e uno alzò il dito medio, ma Tom non rispose alla provocazione. Non stavolta. Non adesso.

“Accendete la radio!” Continuava a ripetere piuttosto come un ossesso, in preda ad un’euforia così estrema che non si sarebbe stupito se fosse collassato per un attacco di cuore. “Accendete la radio! 91X! Ci siamo noi! Ci sono i blink! Accendete quella cazzo di radio!”

E non si era reso conto di stare urlando contro dei ciclisti, perché la sua mente era così elettrizzata che pensieri stupidi come il valutare che delle biciclette non erano dotate di radio, non rientravano nelle sue capacità al momento. Cazzo, erano alla radio... Erano davvero alla radio!

Fanculo Mark e i suoi M&M’s del cazzo, avevano funzionato alla fine! Dio, gliene avrebbe comprati un camion pieno a quel coglione!

Pensare ad Hoppus bastò affinché la sua mano, da sola, recuperasse il cellulare e digitasse il numero di quel rimbambito. Neanche uno squillo dopo, stava già urlando contro le orecchie provate di quella faccia da culo.

“Mark, siamo alla radio! Siamo su 91X! Noi! I blink! Adesso! Siamo alla radio! I blink sono alla radio, cazzo! Anzi no, M+M’s è alla radio! La nostra canzone! Siamo alla radio, Mark. Ci stiamo veramente!”

E dall’altro lato solo una grande risata di gioia e Tom per una volta fu grato al cielo di sentirla, perché se non fosse stato per quell’idiota, lui avrebbe continuato a girare come un coglione con un foglio di block-notes appiccicato sul retro della macchina e con su scritto Big Oily Man. Mentre adesso aveva una band, avevano un nome intelligente e aveva una cazzo di canzone alla radio. Ed era in parte merito di Mark Hoppus!

“Sì, lo so.” Dichiarò tra le risate incontrollate Mark, ed era chiaro che fossero risate di gioia incontenibile la sua. “Siamo alla radio.”

Ma Tom non aveva bisogno di sentire altro, per sapere come sarebbe finito quel discorso.

Siamo alla radio ed è assolutamente fantastico! Non sei il solo a sentirti così. Provo esattamente quello che provi tu.

E per un istante non poté fare a meno di pensare che era straordinario avere qualcuno così compatibile con te.

 

 

Track 9

 

“Non me ne frega un cazzo, io non ci sto a cambiare nome!”

Mark si massaggiò le tempie, sforzo del tutto inutile visto il modo in cui Tom continuava ad urlare come un pazzo. Accanto a lui Scott se ne stava tutto abbacchiato sulla sedia, con un muso lungo talmente buffo che se non avesse avuto la sensazione di avere il cervello in procinto di esplodere, si sarebbe persino messo a ridere.

Avevano faticato parecchio a farsi conoscere con il nome di blink e adesso una stupida band irlandese se ne usciva fuori reclamando il diritto di prelazione solo perché la brillante idea di usare quel fottuto verbo era venuta prima a loro. Cambiare di punto in bianco il proprio nome, adesso, equivaleva a perdere tutti i sacrifici fatti per arrivare a quel punto e Mark era sinceramente troppo stremato per buttare tutto nel cesso e ricominciare da zero. Non di nuovo.

Ci voleva un’idea, ma era difficile quando uno dei componenti della tua band si chiama Tom DeLonge ed è perfettamente incapace di stare fermo.

“Che cazzo vuol dire che hanno il diritto di mantenersi il nome per primi?! Abbiamo faticato come a bestie per arrivare a questo punto, me ne sbatto di quello che può dire una sconosciuta band irlandese del cavolo!”

“Che dobbiamo fare, Mark?” Dopo un lungo silenzio, Scott decise che l’Hoppus rimaneva ancora il migliore componente a cui rivolgersi in caso di problemi.

Non che Mark potesse biasimarlo per quello. Tom sarebbe stato capace di saltargli al collo per un nonnulla qualunque. Era incapace di portare pazienza, ormai lo sapeva bene.

“Non lo so.” Sospirò di rimando il bassista, le braccia appoggiate sullo schienale della sedia su cui si era accomodato al contrario. “Ma non mi sembra una buona idea iniziare una battaglia legale proprio adesso.”

“Non ti sembra...? Non ti sembra cosa?!” Scattò subito il chitarrista, imbufalito. “Hoppus, non possiamo cambiare nome proprio adesso! Sarebbe un suicidio!”

“Lo so anch’io questo, grazie tante.” Sbuffò ancora Mark. “Ma non abbiamo neanche i soldi per una bottiglia d’acqua al momento, figuriamoci per combattere contro una band per un cazzo di nome!”

L’opposizione parve calmare il carattere impulsivo di Tom che, seppur ancora leggermente stizzito, si fermò al centro della stanza con le braccia incrociate al petto.

“Che si fa, allora?” Domandò, mettendo su un broncio tipicamente infantile.

Scott sospirò e Mark sprofondò il mento ancora di più nelle braccia. Ci voleva un’idea. Ci voleva un’idea grandiosa...

“Forse potremmo aggiungerci qualcosa vicino.” Propose ad un certo punto Scott, uscendo fuori con quella sua voce ancora poco sviluppata.

Tom alzò un sopracciglio, sembrava scettico. “Cioè? Spiegati.”

“Qualcosa come, che ne so, una lettera. I blink-A, per esempio. Oppure un numero. Sì, magari un numero. Tipo i blink-3.”

“I blink-3?” Tom storse il muso, non sembrava affatto soddisfatto. “Che cazzo vorrebbe significare?”

“Non lo so, è il primo numero che mi è venuto in mente.” Scrollò le spalle di rimando Scott, per poi sprofondare nel suo caro silenzio.

Accanto a lui, però, Mark non riuscì ad abbandonare del tutto l’idea. Magari il numero tre non era eccezionale, ma l’idea di fondo gli piaceva. Scott non aveva visto così male, stavolta.

“Che ne dite di blink-180? No, meglio: blink-182?” Domandò quindi, sparando i primi numeri che gli vennero in mente.

Tom lo fissò come se fosse impazzito. “Blink-182? Che cazzo è 182?”

“Un numero, DeLonge.”

“Grazie mille, Hoppus, lo so.”

Blink-182. I blink-182. Mi piace!” Saltò su invece Scott, entusiasta. “Ma ci pensate? I blink-182 in concerto. Parte oggi il tour dei blink-182. I blink-182 i nuovi talenti d’America! È assolutamente fantastico!”

Sembrava un bambino a cui era stato appena regalato il giocattolo che tanto bramava e forse fu per questo, o perché dopotutto Tom doveva ammettere che 182 non era male, che si ritrovò a sorridere come uno scemo a sua volta.

Blink-182...” Ripeté, ma stavolta aveva un sapore diverso sulle sue labbra.

Blink-182.” Ribadì ancora Mark, con maggiore convinzione stavolta.

Sembrava perfetto per loro. No – si corresse – era perfetto per loro.

“D’accordo.” Sbuffò infine Tom, mentre afferrava un pennarello lì vicino e si avvicinava a quel benedetto striscione. “Che blink-182 sia, allora.” E così dicendo, aggiungendo un trattino e tre numeri precisi alla scritta riportata in precedenza dal bassista, modificò per la ventunesima volta il loro nome di band.

 

 

Track 10

 

Partire per un tour non era un’esperienza così semplice, specie se dovevi guidare un cesso ambulante in grado di fare più rumore della batteria di Scott, ma Mark non riusciva ad essere troppo scontento nonostante tutto. Era il loro primo tour, e anche se il viaggio non era il massimo, non poteva fare a meno di augurarsi lo stesso che a quello ne sarebbero seguiti altro centomila. Si sentiva talmente generoso, che persino vedere i piedi di Tom sul cruscotto e sapere che stava dormendo come un ghiro mentre lui si ammazzava la schiena a guidare, non sembrava scalfirlo particolarmente, o almeno al punto da tirare un pugno al compagno di avventure.

Suonare fuori da San Diego era una cosa, a suo avviso, assolutamente fantastica. Avevano un nome abbastanza conosciuto nel loro giro, avevano una mascotte – un coniglio, per inciso – e adesso avevano un tour. Non ci poteva essere niente di meglio di quello, Mark ne era pienamente convinto.

Lo era nonostante stesse letteralmente morendo dal sonno da almeno tre ore e non c’era uno stronzo sveglio a tenergli compagnia, anche se sapevano tutti che non poteva fermarsi e mettersi a dormire se volevano arrivare in tempo per il concerto. Lo era anche se quel disgraziato al suo fianco russava peggio di un trombone, ricordandogli quello che lui non poteva permettersi di fare al momento senza alcuna sensibilità. Beh, non che fosse una cosa di cui stupirsi comunque: era pur sempre di Tom DeLonge che si stava parlando, uno con un cognome davvero molto stupido, a parer suo.

Decise che avrebbe acceso la radio, sperando in un po’ di compagnia almeno in quella, e sintonizzò il canale verso una stazione particolarmente movimentata.

Al diavolo se si sarebbero svegliati tutti lì dentro! Aveva bisogno di molto rumore per stare sveglio e non gliene fregava un cazzo se così facendo avrebbe disturbato il sonnellino degli altri. O così, o crollava dal sonno e addio concerto, perciò...

“Che cazzo ti dice il cervello, Hoppus? Non vedi che stiamo dormendo?”

C’era da aspettarselo, non poté fare a meno di pensare Mark malgrado tutto quando vide la mano di Tom lanciarsi verso la radio con la seria intenzione di distruggerla.

“Mi ero rotto le palle di sentirti russare, DeLonge.” Rispose quindi, con la solita calma che sapeva in grado di far imbestialire l’altro.

Tom, difatti, non tardò ad inalberarsi. “Tu ti eri rotto? Cioè, tu mi fai venire un collasso perché ti eri rotto?!” Sembrava scioccato.

Mark annuì, subito dopo sbadigliò: iniziava sul serio ad aver bisogno di dormire.

“Potresti almeno degnarti di rispondermi, Hoppus!” Tuonò ancora Tom, sempre più incollerito.

Mark sbuffò, imponendosi di essere paziente con i più stupidi di lui. “Senti, qua stavate tutti dormendo e io tra un po’ svengo sul volante, perciò a meno che tu non voglia ritrovarti in un burrone, ti conviene lasciare la radio accesa.” Dichiarò, sforzandosi di non saltargli al collo e strozzarlo.

“Oh mio Dio!” Saltò su all’improvviso Tom, neanche gli avessero appena detto che aveva ragione a supporre che gli alieni esistessero. “Tu ti senti solo! Ti senti solo, è per questo che hai acceso la radio. Perché ti sentivi solo!”

Sentirsi solo? Chi? Io?

“Che cavolo vai farneticando, DeLonge?” Ringhiò di rimando il bassista, scontroso. “Non mi sento affatto solo. Mi sento solamente stanco.”

Ma l’altro non lo stava neanche più ad ascoltare, perso com’era nei suoi pensieri e in quel sorriso compiaciuto che non si decideva ad abbandonare.

“Certo che potevi anche dirlo che volevi compagnia, invece di fare tutte queste storie!” Si lamentò.

Il bassista sgranò gli occhi. Ma era scemo o che? Non si sentiva solo, non era uno stupido che aveva bisogno di compagnia, lui. Tom vaneggiava. Aveva solo sonno, non era difficile da capire.

“Allora che vuoi fare? La sai la barzelletta di quello che entra in un bar? Allora, c’è un tizio che entra in un bar e dice...”

Mark sospirò, ormai rassegnato a sorbirsi le barzellette idioti – e divertenti, ma questo non lo avrebbe ammesso neanche in punto di morte – del chitarrista. Per una qualche arcana, sconosciuta ragione, gli venne da sorridere sotto la voce strascicante di Tom. Comunque non si sentiva solo, era soltanto stanco, sì.

 

 

 

 

 

A/N

Ecco, non pensavo davvero che sarei riuscita a finire questa cosa. Due giorni. Due giorni per iniziarla e finirla, anche se avrei dovuto mettermi a fare tutt’altre cose in effetti.

Bah, poco male, perché glielo dovevo ai blink-182 e perché il sapere che verranno qui da noi, in Italia, mi ha messo addosso una carica eccezionale che non pensavo possibile. Se loro sono potuti arrivare fin dove sono ora, armati solo da un sogno, beh, mi viene da pensare che possiamo farcela tutti a raggiungere quel che vogliamo.

Ma veniamo a noi, alla fanfiction. Che dire? C’è poco di cui parlare in effetti. È la prima volta che pubblico qualcosa o che scrivo qualcosa su persone reali, perciò sono un po’ emozionata. Ho sempre pensato, e credo di non sbagliarmi, che il rapporto tra Mark e Tom fosse, anzi no sia davvero molto, molto stretto. Hanno iniziato insieme, hanno superato mille difficoltà ed erano l’uno accanto all’altro quando pensavano di non farcela, o quando volevano abbandonare, o quando si sentivano abbastanza demotivati da mandare al diavolo tutto – ma per fortuna non l’hanno fatto, aggiungerei, sennò li avrei ammazzati entrambe, giuro.

Con questa fic volevo mettere in evidenza questo fatto e, perché no?, tentare di schiarire un po’ quegli spezzoni di vita che noi conosciamo solo tramite biografia.

Il titolo, Flyswatter, senza che ve lo dica è la prima musicassetta dei blink-182. Perché l’ho scelta come titolo? Perché penso si sposasse abbastanza bene con il voler riprendere quei momenti fondamentali della nascita della nostra amata band.

La storia è divisa in due “side”, due parti cioè, un po’ come se fosse un cd o qualcosa del genere.

Questa prima parte è incentrata, come avrete notato, perlopiù sulla nascita dei blink-182, sul loro esordio, sul nome, sull’amicizia tra Mark e Tom. La seconda parte è composta di solo 7 tracce e partirà già da quando la band è famosa, o comunque lo sta diventando abbastanza rapidamente. Rintracciare tutti gli avvenimenti più importanti, i nomi, i fatti, non è stato facile, ma volevo essere quanto più fedele possibile con quello che è potuto essere e spero davvero di esserci in qualche modo riuscita.

Il fatto che, a seconda che sia dal punto di vista di Mark o di Tom, cambi anche il linguaggio è voluto, perché Tom mi è sempre parso molto più sfacciato nel parlare e nei modi di Mark.

Se a qualcuno di voi và, ecco, io non disdegnerei una recensione o due magari, giusto per sapere cosa ne pensate.

Per chi vede un po’ di slash... Ho cercato di essere più razionale e obiettiva possibile, e credo che possa essere interpretato il tutto in entrambe i modi. Con o senza slash, quindi (anche se io ce lo vedrei bene, in effetti).

Al prossimo mini-capitolo allora!

Baci.

memi

 

  
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