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Autore: Evilcassy    30/03/2010    4 recensioni
I versi di un canzone storica, i cui si intrecciano i mille volti e le mille storie della notte, fanno da cornice ad alcuni momenti vissuti dopo il calar del sole. ***** 10-EPILOGO: Un giorno importante: Il traguardo di una coppia. Ma anche una tregua, una notizia inaspettata e devastante, una telefonata. E un RITORNO.
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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CERTE NOTTI

 

 

10 – EPILOGO: Certe notti sei sveglio o non sarai sveglio mai.

 

 

Passare le proprie vacanze sul terrazzino assolato della propria amica del cuore non era di certo ciò che Xiaoyu si sarebbe augurata per quell’estate. Aveva sperato sino all’ultimo di poter usufruire della splendida piscina di Villa Rochefort, ma Lili aveva deciso di passare le sue vacanze all’estero.

Sul dove era stata piuttosto vaga, anche se poteva scommetterci che non sarebbe mancata una puntatina in Spagna.

Allungando le gambe sulla balaustra del balconcino e stendendosi sulla stuoia, sfogliò annoiata la rivista di gossip che aveva appena comprato.

Il suono del campanello della porta d’entrata la distrasse leggermente dalla sua lettura, mentre Miharu andava ad aprire.

Quattro passi veloci e un fulmine castano piombava in camera, le guance color pomodoro a causa della corsa affannata.

Hey, Asuka-Chan! Non dovevi essere di turno a pattugliare il quartiere?”

La mediatrice di Osaka cercava di recuperare fiato senza staccarle gli occhi di dosso: “Non hai sentito nulla?”

“Cosa?”

…l’hanno trovato.”

Xiaoyu aveva compreso al volo: “Lui?” domandò, con voce improvvisamente afona, la rivista  che le era scivolata tra le mani mentre si alzava meccanicamente dalla stuoia. “Dici davvero?”

L’amica annuì gravemente. “E’ alla Zaibatsu.”

“Voglio vederlo.”

“Ne sei sicura?”

“Credo di si.”

“Vengo con te. Non vorrei che facessi cazzate.”

 

 

Non c’era nulla di bianco in lei.

Per quel motivo aveva inizialmente scelto un abito scarlatto, il suo colore. Ma Lee aveva espresso un’ incredibile preferenza per gli abiti nuziali classici, meravigliandola talmente tanto da optare per un vestito color avorio, sicuramente più tradizionale di quello scelto inizialmente. Il rosso era rimasto nelle rose del bouquet e nel rossetto, quasi come una firma.

Sorrise allo specchio, prendendo il mazzo di rose prima di uscire dalla veranda, diretta verso la terrazza panoramica dove si sarebbe svolta la cerimonia.

Nessun’altro al mondo sarebbe riuscita a convincerla a sposarsi. Nessuno, all’infuori di Lee Chaolan.

Davanti all’ultima rampa di scale di marmo si diede un’ulteriore sistemata al corsetto. Il quartetto d’archi era stato avvisato di iniziare la marcia nuziale.

Con un bel sospiro scaccia ansia stava per salire il primo gradino, quando venne distratta da un paio di passi dietro di sé. E la consapevolezza di essere osservata da qualcuno che ben conosceva.

 “Non ci posso credere…

“A quest’ora dovresti già essere davanti all’ufficiale, a giudicare dalla musica di sottofondo.” Nina, vestito color smeraldo e braccia incrociate al petto, le rivolgeva uno sguardo infastidito attraverso i capelli d’oro del ciuffo. “Non capisco la tua sorpresa. Mi hai spedito tu l’invito, no?”

“Si, ma non pensavo che avresti davvero partecipato…

“Oh, posso sempre rimediare” rispose la donna, girando i tacchi.

Anna scattò verso di lei, sorpassandola e bloccandola. “Non intendevo questo!” La marcia era finita e si sentiva qualche mormorio sollevarsi tra il gruppetto degli invitati. Doveva sbrigarsi, o Lee avrebbe pensato di essere stato abbandonato all’altare.

Io… sono solo sorpresa, tutto qui! Ma beh, va bene, ecco! Io.. io non so davvero che dire. Forse dovrei ringraziarti o…

La sorella emise un verso scocciato. “Smettila di dire cazzate, o arriverai tardi all’impossessarti dei beni di Chaolan.”

Con un sorriso a metà tra il serio e il faceto, Anna alzò le spalle. “Fosse così facile… ha voluto un accordo prematrimoniale. Se non lo sopporto almeno per i prossimi dieci anni non vedrò un dollaro.”

“Mica stupido, conoscendo il soggetto.”

“Sono sicura di riuscire a sopportarlo anche per un po’ di più.”  Ribatté ironica. Un paio di invitati si affacciarono alla scalinata. Uno di loro si voltò e fece il segno dell’OK a qualcuno in fondo. Probabilmente a Lee.

“Beh, dato che sei qui… e visto che hai davvero un bel vestito... considerando che è il mio matrimonio proporrei una tregua…

“…?”

“Si, insomma… alla fine come damigella d’onore ho Alisa. L’ho scelta solo perché Lars Alexandersson è il testimone di Lee. Ma mi è insopportabile così stucchevole e sempre avvolta in qualche vestito rosa. Io la chiamo Hello Kitty. Se ti va… potresti farla tu, ne hai più diritto, con tutte le volte che hai tentato di farmi fuori!”

Alexandersson testimone ? Uhn. Potrebbe anche essere divertente.”

Annuendo soddisfatta, Anna tolse una piccola rosa dal bouquet, ne spezzò il gambo e la infilò tra i capelli raccolti di Nina. “Ecco, così sei perfetta.” Si incamminò verso la gradinata sorridendo, seguita dalla sorella.

A metà via però si fermò: “Un’ultima cosa: niente armi al mio matrimonio.”

Sbuffando la bionda sollevò l’orlo del vestito, armeggiò con la giarrettiera e lanciò nei cespugli un piccolo revolver. “Tanto so anche uccidere a mani nude.” Borbottò. “AH: E non ci provare a lanciarmi il bouquet, se non vuoi vedertelo abbattuto in volo!”

Mentre il quartetto d’archi riprendeva la marcia e la sposa finalmente compariva tra le due file di sedie, Lars fu costretto a cedere per scommessa una banconota di grosso taglio a Paul Phoenix.

Che, non appena vide da chi era seguita la sposa, dovette passarla a Steve Fox.

 

Con due Martini in corpo e un altro in mano la situazione era molto più sopportabile per Nina Williams. Da dietro gli occhiali scuri, seduta al bancone del gazebo – open bar del giardino della villa, lanciava qualche occhiata furtiva ai vari invitati del ricevimento.

Zafina stava leggendo la mano ad un Paul Phoenix decisamente alticcio. Talmente stordito da non accorgersi che la mano sinistra dell’affascinante mora si era introdotta nel retro dei suoi pantaloni e aveva sfilato il portafoglio, per ripulirlo a fondo.

Dopo avergli predetto fortuna e una miriade di soldi, lo lasciò sghignazzante sul tavolino, per avvicinarsi a sua volta al bar ed ordinare un tè verde, infilandosi il rotolo di soldi spillati nella generosa scollatura. “Per evitare il volo di ritorno in classe turistica.” Spiegò a Nina, conscia di essere stata vista, nel suo accento arabo.

La bionda alzò il Martini come approvazione, poi Zafina e il suo tè verde si diressero verso gli invitati, probabilmente a caccia di un’extra per fare shopping in giro per Nassau.

Qualcuno le aveva sfiorato delicatamente la spalla, così Nina si voltò. Riconoscendo chi le si era avvicinato, bevve un ulteriore sorso di liquore, prima di appoggiare il bicchiere triangolare e sussurrare un “Ciao” nervoso.

Nel suo completo grigio, sprovvisto di cravatta, Steve Fox le domandò se il posto vicino era occupato. Ad un suo cenno negativo, il ragazzo si sedette, ordinando una birra.

Restarono in silenzio per qualche minuto, senza riuscire a guardarsi.

Il ragazzo sembrava nervoso ed imbarazzato. Incredibilmente, fu proprio Nina a rompere il ghiaccio: “Come mai sei qui? Anna ha saputo di essere tua zia?”

“Oh, no. Cioè, gliel’ho detto ieri, quando siamo arrivati. Sono venuto con Julia Chang, lei e Lee sono molto amici – non so quanto siano stati amici, ho evitato di fare certe domande.- L’ha presa bene, era molto sorpresa … beh, in questi giorni era abbastanza allegra…” Steve bevve un sorso di birra direttamente dalla bottiglietta, prima di continuare a parlare. “Io e Julia stiamo insieme da qualche mese.”

“Oh.” Nina puntò lo sguardo al bicchiere vuoto. Chissà per quale motivo, ma l’essere circondata da coppie le stava iniziando a dare sui nervi. “E ad Halloween da cosa vi vestite, Pocahontas e John Smith?”

La battuta era velatamente acida, ma Steve non sembrava essersene per niente accorto. Scoppiò in una fragorosa risata e batté la mano sul tavolo. “Questa è davvero buona. Hey, Lars! La vuoi sentire questa?”

Ecco, ci mancava il Mishima Scandinavo… sospirò Nina, domandando al barman un altro Martini.

Lars, incredibilmente senza l’androide rosa al suo fianco, si era avvicinato al bancone un po’ barcollando. “Ditemi che qua posso trovare dell’acqua… se bevo ancora un altro bicchiere di vino finisco come Murdock, addormentato su di un albero per paura dei koala.”

“Io e Julia siamo Pocahontas e John Smith!”

“Guarda che Pocahontas alla fine si fa un altro…

“Ma che dici!”

“Si, nel secondo film…

Due sguardi perplessi si puntarono su di lui.

Il suono del cellulare riuscì a salvarlo da quella imbarazzante situazione. E bofonchiando un ‘scusate’ molto sollevato si allontanò velocemente in un angolo del parco.

Non così velocemente da evitare che Nina riuscisse a leggere ciò che era comparso sul display del telefonino:

Numero Privato.

E un presentimento.  “Scusa, Steve,devo andare un attimo alla toilette.”

 

DANNAZIONE!” aveva sibilato in svedese, chiudendo la conversazione. La notizia che Raven in persona gli aveva comunicato era a dir poco sconvolgente. Rimase un attimo interdetto, cellulare in mano, indeciso sul da farsi. Poi se lo infilò nuovamente in tasca. Doveva parlarne con Lee.

 

L’avevano trovato.

LUI era tornato.

JIN KAZAMA ERA VIVO.

Da tanto che era sorpresa Nina per poco non si faceva scoprire. Si appiattì dietro un gigantesco vaso di fiori colorati, mentre Lars, scuro in volto e tornato improvvisamente sobrio, si dirigeva verso la festa.

E adesso?

Doveva andare da Jin? Tornare da lui, essere di nuovo il suo braccio destro, la sua fida alleata?

Oppure fingere indifferenza – di nuovo- per la sua sorte? Forse doveva aspettare un suo passo. Vedere in quale direzione si sarebbe mosso.

Jin era tornato e con lui, sicuramente, una montagna di problemi. Kazuya, forse Heihachi stesso.

Lo sguardo azzurro scivolò involontariamente verso la festa. Sotto i gazebi bianchi gli invitati si godevano il ricevimento, l’orchestra che suonava musica caraibica invitava a ballare. Non vedeva più Lars né Lee, probabilmente stavano parlando in privato.

Anna riceveva i complimenti da qualcuno, rideva di una battuta di un altro.

E adesso?

Forse doveva avvisarla. In fondo i Mishima erano anche un problema suo.

Ma Anna stava sorridendo a Steve, che la invitava a ballare. Non era di certo il momento opportuno.

Forse c’era qualcun altro da avvisare.

Frugò nella sua pochette verde. Si ricordava vagamente che lui le aveva lasciato il suo numero di cellulare, una sera, scritto sul tovagliolo di carta che fungeva da sottobicchiere del suo cocktail. Non aveva mai avuto bisogno di usarlo, ma quel quadratino di carta piegata le era capitato in mano più volte, senza essere mai gettato.

Mentre trovava con le dita quel pezzetto di carta, Nina Williams si rese conto di non saper bene cosa dirgli, né del perché stesse per fare quella telefonata.

 

“Lee, ascolta, devo parlarti. Scusami se ti ho trascinato via, ma è urgente.”

Lo sposo fece una smorfia delusa. “Speravo che tu mi avessi preparato qualche scherzo divertente! Sei il mio testimone d’altronde! Uhh… lo sapevo che dovevo far organizzare l’intrattenimento ad Eddy Gordo, come il mio addio al celibato a Rio…

“Lee! È una cosa seria questa!”

“Davvero?”

“Si, si tratta di Jin: lui è…

Sssht. Non dire nulla. Ne parliamo domani.”

Ma…

Il volto di Lee era serio. “Oggi no. E’ il MIO matrimonio e che tu ci creda o no, non ci saranno repliche di questa giornata.” Girò la testa verso la pista da ballo. Gli tornò il sorriso nel vedere Anna con suo nipote guidata in una salsa caraibica. “Niente brutte notizie oggi, per favore.”

“Come vuoi.”

“Grazie.”

 

IN CIRILLICO! Ma si poteva essere tanto imbecilli da scrivere il proprio numero di telefono in cirillico? Troppa polvere da sparo inalata dovevano avergli fatto bruciare quei pochi neuroni a disposizione!

E adesso chi cazzo glielo traduceva? Nina alzò al cielo lo sguardo furioso ed esasperato. Io lo ammazzo quel cretino. 

Un momento… forse…Hey, Hello Kitty, vieni un attimo qua. Sei Made in Russia, vero?”

 

Pronto?”

“Ciao. Sono io, Nina.”

“…!”

“Dovrei parlarti. Disturbo?”

“Un secondo.” Il rumore sordo di uno sparo e poi di nuovo la sua voce. “Dimmi.”

“Se stai lavorando richiamo dopo…

“Ho finito.”

“Hanno trovato Jin Kazama. Raven ha chiamato Lars per dirglielo.”

“…!”

“…?”

“Avviso immediatamente la base. Grazie per la soffiata.”

“Di nulla.”

Quindi forse sarò di nuovo in Giappone.”

“Ma non so ancora da che parte sarò io.”

“…”

“In ogni caso, credo che ci vedremo in giro, no?”

“Si. Sai che fumo.”

 

Aveva cliccato sul tasto rosso, fissando lo schermo del cellulare per un istante, infilando la pistola nella fondina, senza dimenticare di controllare con un colpo del piede la reale morte dell’avversario.

Quindi ripose il telefono nella tasca interna della giacca. Nello stesso luogo in cui era nascosto un sottile foulard di seta, ancora pregno del suo morbido profumo. Sfiorandolo con i polpastrelli guantati, gli tornò alla mente di nuovo il momento in cui glielo aveva sfilato da suo collo di cigno. Con le difese così abbassate, avrebbe potuto ucciderla in quel preciso istante, soffocandola. Invece…

Era inutile ucciderla, non gli era stato ordinato.

Quell’idea non lo convinceva neppure con lei dall’altra parte del mondo. Figurarsi trovandosela davanti.

 

Era notte fonda quando il bouquet di Anna volò dall’alto della balconata sulle teste delle invitate non ancora sposate.

Passò molto lontano da Nina Williams e da Zafina.

Sfiorò le dita di Christie Montero.

Sarebbe finito in mano a Julia Chang, se Steve non fosse intervenuto in tempo per toglierla dalla traiettoria, trascinandola via tra le risate.

Atterrò tra le braccia tese di Alisa tra gli applausi generali. Rise e se avesse potuto sarebbe arrossita a trovarsi al centro dell’attenzione. Si voltò verso Lars, sperando di riceverne il plauso, il sorriso.

Ma non era stato così.

 

La camera era buia, non un filo di luce poteva ferire i suoi occhi. Ormai lui era talmente abituato alle tenebre da non farci più caso, ma anzi, da trovare riparo e conforto dall’oscurità.

Si mosse verso l’unico oggetto della stanza ancora intatto. Uno specchio.

Il resto del mobilio l’aveva distrutto ore prima.

Nel buio, indovinò la sua sagoma riflessa, e gli occhi gli brillarono dalla disperazione.

C’era ancora. Nonostante il dolore, il sacrificio, le sue pene, il buio, quel marchio era ancora li.

E il demone era ancora in lui.

 

 

BON!

FATTA!!

FINITA!!!

E anche questa è andata! Come al solito, riesco nell’intento di iniziare la storia in un modo e… stravolgerla completamente nel finale. Sono una persona ESTREMAMENTE coerente, nevvero?

Allora: grazie alle lettrici e alle mie recensitrici: POCHE MA BUONE, anzi, ottime!!!!

DOMANDA CHE TANTE DI VOI (NON) SI STANNO PONENDO: Perché gira che ti rigira, Anna e Lee si sposano praticamente sempre? Non lo so, ma ce la vedo ‘bene’ Anna, per una volta nella sua vita, a fare qualcosa di normale, e a pensare ad altro rispetto a tentare di fare il culo a sua sorella. (Approfondirò questa cosa, prima o poi)

Milioni di stragrazie ad Angel e a Miss Trent, ma anche a Nefari, Krisalia, Lili Rochefort89, Lotti e Gothgirl!

Credo che tornerò presto… ho già una nuova idea…

Ma vedremo, vedremo!!!

Nel frattempo besitos…

EC

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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