Storie originali > Avventura
Segui la storia  |       
Autore: dedalo1987    01/04/2010    1 recensioni
E' la storia di un giovane studente universitario piuttosto chiuso che all'improvviso trova una curiosa cabina telefonica in una strada di periferia: entrandoci ci si trova catapultati nella natura più selvaggia.
Genere: Avventura, Mistero, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
forestatelefonica

 

E da un branco una tribù che va 

da un villaggio una città 

gente che respira a tempo 

uomini rinchiusi dentro scatole di pietra 

dove non si sente il vento

Ma la voglia di fuggire che mi porto dentro 

non mi salverà
[Banco del Mutuo Soccorso, Cento Mani e Cento Occhi]

 

 

 

Rincorsa di piccoli passi sulle punte, busto leggermente inclinato in avanti, piede d’appoggio parallelo alla direzione voluta, ginocchio e caviglia completamente estesi. Sarebbe stato un perfetto sinistro di collo pieno in uno stadio, invece la punta del piede sfiora appena il pacchetto di sigarette cui sta mirando,  un bersaglio troppo piccolo ed insignificante per quella rincorsa perfetta. Un pacchetto vuoto in un paesaggio desolato e deserto come una pianura lunare, su un marciapiede troppo largo, come se si fosse espanso fino ad inglobare la strada rimasta piccina piccina, come un torrente nella siccità. E visto il caldo, può benissimo essere stato il sole ad asciugare la strada fino a ridurla ad un rivolo nero.

Cosa sta facendo lì? Perché, voi che leggete cosa state facendo? Semplicemente non ha di meglio da fare, proprio come voi ora. Capita, alle volte. In verità, qualcosa da fare l’avrebbe anche avuto, ma davvero gliene hanno fatto passare la voglia. Ce li abbiamo tutti questi giorni, quando il telefono squilla sempre e qualsiasi problema esiste perché sei tu che non lo sai risolvere, e non perché qualcuno lo ha creato. Ecco, questo per lui è uno di quei giorni. E non vede l’ora che passi, anche se è ancora mattina. E l’unico modo per farlo passare in fretta è cercare un po’ di compagnia, anche se lui detesta l’idea. Fa sempre così, lui. Tende alla malinconia ed alla solitudine, e quando sta male per un po’ non chiama nessuno. Ma alla fine cerca una cabina telefonica (mai posseduto un cellulare, per scelta) e, come un paziente prende una medicina controvoglia, chiama l’amico di turno. Major Tom, lo chiamano, e non sa se sia un complimento o un modo per descrivere quanto sia alienato, ma a lui piace pensare che siano valide tutt’e due le versioni.

La cabina è appoggiata contro la parete di cinta al lato della strada, cento metri più avanti. Deve essere una specie di porta magica per un altro mondo, visto che non esistono altre cabine così strane. Sembra vecchia qualche decina d’anni, ed è letteralmente appoggiata contro il muro, nel senso che se non ci fosse il muro accanto cui sorreggersi, probabilmente rovinerebbe nell’arida polvere del marciapiede. E’ ricoperta di edera, all’apparenza anche all’interno, solo il telefono è misteriosamente libero dalle foglie, forse tagliate di recente da un altro utente della cabina. Il telefono è vecchio e coperto di graffi, alcuni sembrano unghiate, magari lasciate da un amante deluso litigando con chissà quale donna che adesso dopo tanti strepiti ha già dimenticato, o semplicemente da qualche teppista. Dall’interno proviene un odore che stona con la periferia urbana, un aroma di sottobosco, foresta e muschio.

Ancor di più stona con quella desolazione. Il nostro uomo è decisamente incuriosito da quel corpo estraneo. Un lussureggiante angolo di foresta condensata. Chissà quante specie mai osservate da un biologo si formano dentro una cabina telefonica rinselvatichita, si domanda. Sogna per un attimo che magari, infilandoci la testa dentro, si sentano i richiami delle civette e gli ululati dei lupi, e si ritrovi in un posto dove non esista alcun altro essere umano che lui. La libertà dagli obblighi sociali, e la sottomissione alle sole leggi di natura, dentro una cabina telefonica di periferia.

Rimane a fissarla, non ha voglia di entrarci e sfatare il mito trovandosi solo un telefono pubblico e niente di più tra le mani, ha bisogno di indulgere un altro po’ nelle sue cullanti fantasie di richiami della foresta e porte verso mondi sconosciuti. Chissà di quali misteriose entità è possibile comporre il numero, servendosi dell’enigmatico vecchio apparecchio consunto dentro la cabina-foresta, si chiede. E’ difficile immaginare chi sia stato chiamato da lì l’ultima volta, e come sia iniziata la lenta e inesorabile ricrescita del verde e dei rami, tali ormai da avvolgere interamente la plastica e il vetro come un lottatore in un abbraccio mortale. Sola opera umana interamente distinguibile in quel ammasso di materiali mal assortiti è il telefono, del resto graffiato dagli artigli di una volpe, o forse di qualche bestia ancora più strana. La cornetta, più che un semplice attrezzo per parlare, sembra lei stessa avere molte storie da raccontare.

Basta, adesso si torna alla realtà. Cerca il portafoglio nelle tasche del jeans e vi estrae con fatica un paio di monete, sperando che l’apparecchio annidato all’interno sappia cosa sono le monete, vista la sua apparenza primitiva, e soprattutto sperando che sotto tutto quel verde ci siano ancora abbastanza cavi telefonici per garantirne il funzionamento. Finalmente muove un passo dentro e allunga una mano verso la cornetta. Sfiora appena il metallo, prima di compiere immediatamente un balzo indietro, come se fosse stato colpito da una scossa ad alta tensione. In un istante la monotona e noiosa routine della telefonata dal telefono pubblico viene rimpiazzato dallo stupore e da una di quelle scariche di adrenalina che rincula il cuore dentro la gola in un sol colpo. Il fatto è che dentro la foresta c’è davvero. Una foresta telefonica.

Una foresta telefonica. Una foresta telefonica? Ma che roba è una foresta telefonica? Impreca tra i denti. Lì dentro c’è un bosco. Un bosco vero, con gli alberi, gli animali, i suoni e gli odori del bosco. E un telefono. C’è anche un telefono. Un telefono inchiodato contro il tronco di un albero enorme. Ma certamente lo ha solo sognato, pensa appoggiato contro la porta della cabina, con la mano destra appoggiata sul cuore nel tentativo di impedirgli di schizzare via come uno yo-yo. Lo ha sognato. Cerca di razionalizzare. Una foresta telefonica è una cosa senza senso, semplicemente è impossibile. Pertanto è lui che ha visto una cosa che non c’è. Semplicemente, lui ha bisogno di un medico, possibilmente uno bravo. Ma è appoggiato su una normale cabina telefonica, non una foresta telefonica. Perché le foreste telefoniche esistono solo nella testa dei malati di mente, ma nella realtà proprio non ci possono essere. Non esiste, sta impazzendo. Magari è il caldo afoso dell’estate italiana, magari è qualcosa che ha mangiato. O peggio, il cervello non gli funziona più come deve, ipotesi terribile. Ma mai terribile come ritenere possibile che esista davvero quello che ha intravisto dentro quella maledetta cabina.

Quando il cuore inizia a rallentare e il respiro si fa meno affannoso, si accorge del formicolio alla mano sinistra. Sicuramente, ne avrebbe fatto a meno. Sul palmo della mano, proprio sotto i suoi occhi basiti, si è posata una grossa farfalla marrone, con l’aria di chi sia stata appena svegliata da un ospite sgradito e vorrebbe chiedergli se quello sia modo di fare. Sicuramente un esemplare del genere si può ammirare facilmente tra le fronde di una quercia o di un pino, ma molto difficilmente in un centro urbano. E l’esemplare in questione lo sa bene, infatti dopo aver timidamente sbattuto le ali, come in segno di saluto, si avvia con volo incerto verso la porta della cabina, e sparisce al suo interno.

Lo avrete detto anche voi qualche volta: ci sono casi in cui basta il peso di una farfalla per far crollare un castello di illusioni. Ma difficilmente – a me come a voi – viene in mente un caso del genere senza pensarci almeno per qualche minuto. Il nostro uomo da questo momento in poi non solo avrebbe una memoria più pronta in proposito, ma molto probabilmente non penserà ad altro per molto tempo. Adesso ha davvero bisogno di chiamare qualcuno, deve allontanarsi da quella cabina maledetta e non pensarci mai più. Non c’è altra scelta per conservare un barlume di sanità mentale.

D’altro canto, sente veramente il bisogno di conservarlo, questo barlume? La tentazione di girarsi e tuffarsi di nuovo dentro è forte. Anche solo per vedere se la foresta c’è ancora. Magari entrarci di nuovo potrebbe fugare ogni dubbio, e lui potrebbe tornare a casa sereno e tranquillo. Niente foresta, solo il telefono. E tutto viene archiviato come un brutto sogno, farfalla compresa. Fa per entrare, quasi convinto, ma dopo un istante si ferma di nuovo. Non è per niente sicuro di voler sapere se ha sognato oppure no, di quell’oggetto così impossibile e fuori dagli schemi non gliene importa nulla, meglio non averci più a che fare. Meglio lasciarlo nel regno degli interrogativi irrisolti piuttosto che avere qualche tipo di conferma.

Si gira, inizia prima a camminare verso casa, poi a trottare, quindi a correre, sempre più in fretta, come se i branchi di lupi della foresta telefonica lo inseguissero, e rallenta solo quando raggiunge una zona più familiare e affollata, quando è sicuro di esser tornato alla rassicurante società e di esser fuggito alla spaventosa incertezza della misteriosa visione selvatica, lasciata indietro a gran velocità, ma per nulla dimenticata. In cuor suo, non vuole ammettere di non aver riprovato a prendere la cornetta inchiodata al tronco solo perché ha più paura di smentire la sua visione che di precipitarci di nuovo dentro: insomma vuole lasciarsi, per qualsiasi evenienza, uno spiraglio verso la foresta.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: dedalo1987