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Autore: Geneviev    02/04/2010    3 recensioni
"Toccò la sua guancia con il dorso delle dita, in una carezza. Sapeva che avrebbe potuto ucciderla con un semplice e vile gesto, ma era così bella, ingenuamente sensuale nel torpore indifeso del sonno, e sentiva nel cuore pulsare il bene che provava per lei."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Carezza

La stanza era fredda. Le pareti di nuda pietra scura, trasudavano il buio della notte che regnava. Una grande finestra, i vetri spessi e ingialliti incastonati in un cupo scheletro di rombi in ferro, filtrava la debole luce della luna piena, che giocava a nascondersi fra le nubi spostate dal vento.

Il caminetto si era spento. Le pietre che lo costruivano erano annerite, ma non soffocate di cenere. Solo i pochi residui delle braci testimoniavano, con il loro effimero tepore e odore di fumo, che c’era vita in quel posto.

Poca la mobilia, essenziale, di pregiata fattura. In legno scuro, un grande armadio e una cassettiera, che avrebbero potuto essere vuoti, e un letto a baldacchino, le cui colonne salivano in spirali flessuose ambendo al soffitto troppo alto. Nessun arazzo, tappeto o oggetto ingentilivano l’ambiente spoglio e umido.

La coperta color porpora e la giovane fanciulla che dormiva sotto di essa erano prova che quello non era un luogo dimenticato, che c’era qualcosa di bello.

L’uomo richiuse la porta dietro di sé, senza il benché minimo rumore. Si avvicinò lentamente, con portamento fiero e sicuro, silenzioso. Fissò per un interminabile istante il delicato profilo della ragazza, che coricata su un fianco gli dava le spalle. Prudentemente si sedette sul letto, allungandosi verso di lei per poggiare una mano oltre il suo corpo e poterla mirare.

L’ovale del viso catturava la luce lunare irradiandosi di candore. Incorniciato dei morbidi capelli scuri, dolci boccoli adagiati scompostamente sul cuscino, pareva perfettamente dipinto, come le sottili sopracciglia che si adagiavano sulla fronte, liscia tanto quanto le guance. Gli occhi erano imprigionati dal volere del sonno, e le palpebre celavano gelose la bellezza dei suoi occhi con l’arcuato lucchetto delle lunghe sopracciglia. La rosea bocca era chiusa, le labbra carnose sigillate come i petali di un bocciolo, sembravano chiamarlo. Era bella, infinitamente bella.

L’uomo alzò una mano e la avvicinò al suo volto. Si fermò prima di toccare la sua pelle morbida, timoroso di poterla rompere con le sue dita ossute e callose. Tutto era immobilizzato nel silenzio totale, perfino il loro respiro sembrava essere irreale. Gli parve di avvertire il freddo pungente di quella notte, così spietata e intrisa di crudeltà da far tremare perfino lui. Credette di sentire il sibilo del vento portare l’eco straziante del decadimento e della disfatta, l’odore di sangue macchiare le sue certezze spezzate, e il fragile corpo di lei contro il suo petto.

"Non riuscite a dormire?" le aveva chiesto nella grotta, mentre la neve in tempesta turbinava nella notte.

"Ho troppo freddo" aveva mormorato lei. Era seguito il silenzio.

"Anche fra le mie braccia?" aveva domandato allora lui. Lei aveva alzato la testa e si era voltata per fissare i suoi occhi. Senza dire nulla aveva posato quelle morbide labbra sulle sue.

Toccò la sua guancia con il dorso delle dita, in una carezza. Sapeva che avrebbe potuto ucciderla con un semplice e vile gesto, ma era così bella, ingenuamente sensuale nel torpore indifeso del sonno, e sentiva nel cuore pulsare il bene che provava per lei.

Lei si mosse nel sogno, liberando l’aria dai polmoni in un sospiro sommesso. Si volse appena e socchiuse gli occhi, trovandosi a osservare, attraverso l’opaco velo dell’incoscienza, il viso dell’uomo. Imperscrutabile volto dagli affilati lineamenti, fronte alta e guance scavate. Era contornato dai lunghi e lisci capelli scuri, e il mento ornato da un accenno di barba, come la parte soprastante delle labbra. Incontrò i suoi occhi chiari, come le acque dei ruscelli nelle foreste.

Lui si trovò a fissare quelli azzurri della ragazza, impassibilmente sorpreso. Dopo tutto il tempo passato a osservarla mentre dormiva, desiderando che si destasse e sperando che non lo facesse, carpiva la bellezza del suo sguardo languido, universo luminoso di stelle in un firmamento sereno, prima che il sipario delle palpebre calasse di nuovo a tacere lo spettacolo.

L’uomo allungò una mano per carezzarle delicatamente la fronte e silenzioso com’era venuto, se ne andò dalla stanza, lasciandola alle attenzioni di Morfeo.

   
 
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