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Autore: dublino    11/04/2010    12 recensioni
"Sembravano inseguirmi nei miei sotterranei verdi, i suoi colori...
erano accesi, erano forti, erano brillanti.
Non si attenuava mai dentro di lei, la scintilla variegata che le faceva risplendere gli occhi, la portava in modo libero e privo di ragione, ma colmo proprio per questo di felicità più pura in un universo a me precluso.
La mezzosangue possedeva la chiave, reggeva fra quelle sue delicate braccia babbane lo scrigno maledetto, il tesoro di arcobaleno.
Li vedevo rifulgere nel miele del suo sguardo, in un baluginare incompreso e primitivo, rivolgersi ovunque scavare a mille miglia sentieri brucianti nelle mie vene purosangue.
Che colore vuoi, Draco?
Voglio il colore della Granger... "
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ogni morso un groppo in gola - Draco ed Hermione.

 

 

 

 

 

 

" Certo ci fu qualche tempesta
anni d'amore alla follia.
Mille volte tu dicesti basta
mille volte io me ne andai via.
Ed ogni mobile ricorda
in questa stanza senza culla
i lampi dei vecchi contrasti
non c'era più una cosa giusta
avevi perso il tuo calore
ed io la febbre di conquista.
Mio amore mio dolce meraviglioso amore
dall'alba chiara finché il giorno muore
ti amo ancora sai ti amo..."

(F. Battiato)

 

- 29/04/89 -

 

La notte era appena nata, si spandeva pesante fra le coltri dell'universo, piegandomi insieme a lei, rendendomi pronto ai più cupi pensieri.
Mi sentivo così da poco tempo, ma nonostante tutto, credevo e a ragione che sentirsi di merda come mi sentivo io ora fosse troppo anche se in realtà poco. E' difficile riuscire ad imparare la vita quando non si è pronti per essa...
Un tempo ero stato sicuro, facevo tutto anche se in fin dei conti non era pronto a niente.
Le mie azioni, prologo storto della vite che avrei voluto possedere, mi si ritorcevano contro come corde troppo larghe intorno alle gambe; ne sorridevo non per farmi coraggio, è ovvio, ma per mettere in evidenza anche a me stesso il mio cinico disprezzo per la vita.
Cosa ti da la vita se tu niente sai offrirgli?
Un tempo avrei, forse avrei fatto finta di non sentire questa domanda, avrei scrollato le spalle dando per l'ennesima volta prova della mia codardia terminale.
Codardia terminale: un vocabolo nuovo, una parola vecchia, un ossimoro scontato e doloroso.

Il vento sulla pelle non aveva sapore.

Il battito tranquillo nel petto non aveva giustizia ne ragione.

Il respiro leggero e prezioso era solo spazzatura, cedeva man mano dopo l'ennesima sigaretta.

Il tempo scorre interminabile e assassino, il tempo non esiste per alcuni, troppo sfuggente per essere catturato: non esiste ora, è già fra poco.
Sarebbe stato meglio nascere in un altro corpo, meritevole e prodigo di affetto; dovere dimenticare il proprio è qualcosa di destabilizzante e traumatico quasi come sciogliere i nodi che ti tengono legato alla ragionevolezza.
Il limite fra follia e ragione? Esiste sul serio? Ne dubito.
Questo siamo, intrigo di passioni sconce e ragionevolezze amare, dubbi atroci e disprezzo senza ragione.
Mi limitavo a compiere le azioni fondamentali, quelle semplici e comprese fra le solite ore prestabilite: mangia senza assaporare, parla senza sentire, vivi senza respirare.
Il mio credo, la mia morte.
Come si fa a vivere senza esserne certi?
Spesso mi sono chiesto se si vive realmente... Che ne sappiamo noi, troppo piccoli e insignificanti della realtà dei fatti?
Tutto ci sfugge, presi come siamo dai nostri scambi senza sapore, dai passi senza rumore che compiamo ogni giorno.

 

Vivo così, di parole vuote, di certezze pigre e di paure spente.

 

Meglio una paura forte da spaccarti il cuore, che una perenne nebbia in cui affogare l'anima.
Passavano, le mie giornate, senza nessun cambiamento apparente... Mi guardavo allo specchio rallegrandomi che almeno la mia faccia non rispecchiasse il marciume che invece mi apparteneva. All'esterno, il mio aspetto fuorviava gli sguardi dalla consistenza nera e scontata della mia essenza interiore.
Si favoleggia, con evidente idiozia, che gli occhi siano lo specchio dell'anima. Scemenze babbane, frasi da cioccolatino, parole vane e futili simili nella loro inconsistenza a fragranze scadenti. Se qualcuno avesse osservato bene i miei occhi grigi, avrebbe navigato di certo nella spazzatura, sarebbe disceso nell'inferno dei codardi, precipitato in un cupo e irrimediabile pozzo di incertezza.
Annegare avrei voluto, molte volte, nelle coltri fatte di seta del mio letto. Mi sarebbe piaciuto, riflettevo spesso, addormentarmi dopo un po' di fumo e svegliarmi nella nebbia reale, finalmente, che mi avvolgeva da mesi senza tregua.
Inghiottito nel letto, ragazzo inghiottito dal letto assassino...
Mi sarei fatto una risata sciogliendo i miei muscoli facciali, a detta di molti irrigiditi in quella smorfia scoglionante di perenne noia.
Dopo tutto, che differenza ci sarebbe stata dall'essere inghiottito dal letto in un colpo solo, senza dolore ne grida, invece di macerarmi illeso esteriormente nell'ironia del mio non vivere?
Mio padre, Lucius Malfoy, ha sempre odiato gli sprechi. Perché demolire le sue aspettative nei miei confronti?
Non sarei di certo stato il primo Malfoy a fare una brutta fine. Solo al pensiero mi viene da ridere!  Un uomo come mio padre: illuminato e vivo nelle sue scelte sbagliate, si ritrovava con un figlio all'apparenza perfetta imitazione di se stesso, ma in realtà completamente incapace di seguire le sue orme. Non era spreco in questo caso, poiché vuota era la consistenza della mia somiglianza artificiosa; solo delusione.
Perciò caro padre, mio primo riferimento sbagliato ma non inutile, scudo e freccia con cui mi hai protetto ferocemente e trafitto consapevole e dolente, ti avrei deluso... Senza remore e debolezza.
Perché continuare a sprecare il tempo altrui rotolando elegantemente nelle mie rinunzie?

Meditavo in quel periodo sul suicidio.
Un inutile e primitiva forma di ribellione: la definiva mio padre, arricciando le labbra in una smorfia schifata e irreprensibile;
Un modo alquanto immaturo e terrificante di affrontare la vita: mi ammoniva Narcissa, mia madre.
Ed io, cosa ne pensavo io? Rinchiuso in quella gabbia d'oro trapuntata a sangue e ghiaccio.
Una liberazione, la fine di uno spreco.
Quando la vita diventa ombra opaca di noi stessi, quando il passato intreccia insieme al presente confuso una matassa di dolore inesplorato e sottile: marchia, scava, affligge...
Non c'e niente da fare, non si può sfuggire, rimane solo da soccombergli, chinando il capo come Damocle, lasciandosi scannare come un vitello sacrificale.

 

Martellava terribilmente vivo e doloroso, nel mio petto sbattendo le ali come un uccello in gabbia. Mi dava noia, sentirlo ardere di vita solo quando incrociavo lo sguardo di lei.
La piccola mezzosangue, l'essenza piena e invalidante di tutto quello che non ero io, e mai in nessun modo avrei potuto essere.
I suoi passi riecheggiavano come colpi di cannone nella mia mente, la sua voce irritante e sicura scavava buche profonde e invisibili nel mio petto.
La odiavo come si può odiare ciò che si teme, la temevo come si teme ciò di cui si può diventare succubi.
Il mio sguardo era catturato come il respiro che si infila fra le labbra. Non riuscivo a staccare lo sguardo da lei:
Era forte nei suoi sembianti delicati, appariva libera nonostante fosse sempre impegnata. Strane le differenze a cui siamo portati a renderci conto:
Lei era libera pure essendo piena di cose da fare e sopratutto di voglia di farle; io ero schiavo di me stesso e dell'inconsistenza delle mie azioni senza riflesso.
L'avevo osservata da sempre, da quando indegna e sorridente aveva messo piede per la prima volta in questa scuola; ne avevo parlato mettendo in evidenza il mio disprezzo certamente gradito al genitore perfetto; avevo scavato cumuli di tunnel senza luce per nasconderla, avevo fallito miseramente.
Desideravo con tutto l'animo malato, afflitto, privo di pudore, di possedere il cuore di quella sporca e indegna mezzosangue.
Durante la notte, che fosse limpida e primaverile o portatrice di nevischi e gelate mi rigiravo nel letto sempre freddo, passavo le mani fra i capelli, sulla nuca umida di sudore, gemevo il suo nome stringendo i pugni e conficcando le unghie nella carne tenera della mano. Mi alzavo sfatto, stropicciato, desideroso di oblio e lavavo il viso pallido.
Il desiderio per lei ha sempre rappresentato una sfida disgustosamente facile da oltrepassare.
Era impossibile non volere quella donna, era perfetta all'apparenza, sempre sorridente, dolce e pronta ad aiutare gli altri; gli altri ma non chi ne aveva veramente bisogno. Tremavo accendendomi una canna, respiravo l'aria gelida, mentre aprivo la finestra della mia camera da letto e salivo, a piedi nudi, sul tetto del maniero.
Mi piaceva farlo, mi regalava una sensazione di esposizione,  debolezza e forza in un solo respiro: l'emblema dell'essere umano.
Ridacchiavo senza allegria al pensiero, assaporando il fumo dolciastro fra le labbra, espandersi attorno a me in una nuvola leggera di calore denso. Trovavo in quel momento uno sprazzo di colore, proprio quando i colori riposavano nell'oscurità della notte.
Chi l'ha mai voluti i colori, poi? Meglio vivere con la cazzata sempre pronta del bianco e nero.
Sarebbe semplice decidere di vivere seguendo un illusoria scia perlacea, lasciarsi affogare nel più cupo e profondo nero esistente  eppure non è così. Siamo sempre pronti, nella nostra inutilità di merde rinsecchite a renderci padroni di uno stile decisivo, pronto all'uso, ben definito. Non conosciamo il dramma delle mille sfumature.
Si vive una volta e non si vive mai, lo si fa annegando nel mare dei colori liquidi e indecisi.
Me lo sono chiesto, probabilmente mentre ero così fatto da non capire che certi pensieri non erano adatti al mio essere così codardo, così uno scarto della congestione ipocrita del mondo da cui provengo:
Quale colore sceglieresti, Draco?
Non ne avevo idea e ridevo, solo e idiota, sul tetto del maniero, stringendo le braccia contro il petto nudo, decongestionando il mio spirito inquieto e stolto.

 

 

 

 

- 25/09/88 -

 

Mi ero alzato quella mattina, vestito con l'accuratezza di chi fa le cose in modo squisitamente meccanico e affettato. I miei passi risuonavano quieti mentre raggiungevo le lezioni, mi appartavo nel mio mondo pieno di colori senza scelta.

 

Quale colore sceglieresti, Draco?

E la vedevo anche quella mattina, parlare con i suoi molti amici, discutere garbatamente con loro, senza degnarmi di uno sguardo, senza pensare minimante al mondo che condividevamo da secoli ma che nessuno di noi aveva aperto:
codardia terminale e inconsapevolezza colpevole.
'Vi condanno!'  recitava la mia mente perversa e idiota, più del solito, all'eterno vuoto. Poi si correggeva: 'Ti condanno’ Era riferito solo a me... Il mostro fra le gemme, il codardo fra le serpi, il concentrato di ignavia pura e intensa.

 

Correvano senza potersi mai frenare attorno ad una bandiera, rincorrendo le scelte che non avevano mai preso, smorfie di dolore rendevano orribili i loro già dannati volti. Vermi grassi e pretenziosi scavavano le carni dei loro piedi scarni, rompendo la pelle, defraudandoli della loro integrità corporale; poiché l'anima l'avevano già venduta quel giorno che avevano ignorato il richiamo dei colori liquidi nella moltitudine del cielo.
Uno di loro, il più scarno, il più doloroso emblema della dannazione del loro peccato si girava verso di me: Ero io.
Risate echeggiavano colme di soddisfazione, grasse di derisione, nei miei confronti, mi coprivano e mi piegavano rendendomi ancora più piccolo e scheletrico fra i vermi pingui e avidi.

 

 

“...era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato...”

 

(Montale; Spesso il male di vivere ho incontrato)

 

Senza sapere vivere mi trascinavo inetto, pallido riflesso del me stesso di un tempo, chiuso in me, bloccato, schiavo di tutto, amico di nessuno, nemico degli altri, zoppo che cammina, ignavo per eccellenza.

Chi sei Draco Malfoy?

 

Un ignavo, non il principe delle serpi, idiota senza cervello, ma il principe a tutti gli effetti degli sporchi ignavi privi di talento e ragione.

 

A che serve vivere se non lo si sa fare, neanche minimamente?

Non ero capace di vivere per me stesso, consumato dagli sbagli vivi di mio padre, dai ricordi dolorosi di quello che avevo fatto per suo volere.
Non provavo dolore perché avevo fatto degli sbagli, no anzi se li avessi fatti io ne sarei stato felice. Quello che mi piegava e mi abatteva  ,che fiaccava le mie voglie e rammolliva il mio animo simile di più ad un coniglio che ad un serpente, beh era che avevo fatto gli sbagli degli altri... Non erano miei, non mi appartenevano, non avevano nessun senso.
E allora,forse, se avessi voluto avrei potuto convertire gli sbagli per cui continuavo a pagare in errori voluti da me stesso, dopo però, per salvarmi dal mio giudizio.
No, non avevo potuto, non ero tanto ipocrita neanche io, per fortuna o ancora per sbaglio.
Il mio cuore, muscolo quasi muto nel mio petto bianco, ardeva di desiderio di rinascere. Volevo vivere nonostante tutto; avevo voglia di riuscire a respirare senza sentire l'odore di putrefazione che io stesso, purosangue, Malfoy, mangiamorte, Draco, sentivo ogni volta che lasciavo scivolare i pensieri su di me.
Volevo annusare l'aria e comprendere perché tutti gli altri sorridevano come ebeti. Cosa avevano da sorridere tanto? Mi chiedevo seccato, incapace di capire il perché del loro ridere benigno di fronte al sole e al prato.
La verità era che nessuno può sentire l'odore di qualcosa se non vede, ma a questo non ci sarei mai arrivato da solo, purtroppo o per fortuna.

Chi poteva mostrarmi e insegnarmi come godere della vita, ora che potevo riaverne una:

Lei.

Mio perfetto opposto. Mio incubo e mio sogno. Mia ossessione indegna di esserlo.

 

La scansavo deciso a non degnarla della mia presenza, mi riappariva ancora di più marchiando i miei sguardi con il suo viso e il suo corpo.
Arrivai persino ad insultarla per spingerla ad accorgersi di me, pur di convincerla che esistevo anche io, io e la mia insulsa voglia di vivere.
Godevo e soffrivo nel rivolgerle insulti che non avevano più nessun sapore per me, i suoi occhi vividi si riempivano di lacrime, le sue labbra morbide da sporca mezzosangue si laceravano con l'aiuto dei suoi denti, nello sforzo di reprimere la rabbia, mentre rispondeva tono su tono, rendendomi quello che le avevo dato, accendendo dentro di me desiderio impavido e vergognoso. Ghignavo, alzavo le sopracciglia, rimpinzando il pubblico sguardo di spavalderia antica e di stronzaggine comune; forse troppo.
Mi aveva tolto tutto e non sapevo come riempirmi il vuoto, che scavava come una macchina babbana impazzita nel petto.
Scopavo qualcuna senza rendermene conto, invocavo il suo nome nella mia mente ingoiandolo nel momento dell'orgasmo artificioso.
Neanche il nome ricordavo, della ragazza di turno, sapevo solo che i loro corpi erano tutti uguali:
Gambe snelle, seni, capelli, occhi... Diventavano del medesimo colore che prima avevo agognato mettendoci l'anima: il vuoto.

 

Che colore vuoi, Draco?
Voglio il colore della mezzosangue.

 

 

 

 

“ Degli occhi, mi soffermo
All’eccesso beato dei colori;
qui non temo più fughe o fantasie
ma la penetrazione mi abolisce.
Amo i colori, tempi di un anelito
Inquieto, irrisolvibile, vitale,
spiegazione umilissima e sovrana
dei cosmici perché del mio respiro.
La luce mi sospinge ma il colore
M’attenua, predicando l'impotenza
Del corpo, bello, ma ancor troppo terrestre.
Ed è per il colore cui mi dono
S’io mi ricordo a tratti del mio aspetto
E quindi del mio limite.”

( A. Merini)

 

 

Sembravano inseguirmi nei miei sotterranei verdi, i suoi colori.
Erano accesi, erano forti, erano brillanti.
Non si attenuava mai dentro di lei, la scintilla variegata che le faceva risplendere gli occhi, la portava in modo libero e privo di ragione, ma colmo proprio per questo di felicità più pura in un universo a me precluso.
La mezzosangue possedeva la chiave, reggeva fra quelle sue delicate braccia babbane lo scrigno maledetto, il tesoro di arcobaleno.
Li vedevo rifulgere nel miele del suo sguardo, in un baluginare incompreso e primitivo, rivolgersi ovunque scavare a mille miglia sentieri brucianti nelle mie vene purosangue.
Lo avrei dato tutto, avrei perso, se solo avessi potuto fare a cambio, ogni goccia del mio sangue puro.
Venderlo, cederlo, sprecarlo, aspirarlo in qualche strano modo e schizzarlo su dal tetto del maniero di mio padre, mentre mi facevo di fumo.
Se solo avessi potuto...
Ribolliva, rendendomi schiavo dell'osservazione ossessiva e inquietante, me ne rendevo conto, del suo corpo e del suo viso.
Perché una piccola, sporca, mezzosangue doveva essere così libera?
Avrei avuto quella libertà di cui ostentava le ali in modo presuntuoso e saccente.
Mi rendeva partecipe, anche se non lo volevo, nonostante mi addolorasse il mio animo malato, della sua perfezione condivisa dagli altri, anche da me.

 

 

 

 

“Per quanto distolga lo sguardo
continuo a vederti.
Non posso spezzare
il legame che ci ha unito.
Per quanto non ascolti
continuo a sentire la tua voce.
La tua ombra discreta
mi accompagna dappertutto.
Il tuo morbo mi ha infettato
e per quanto abbia cura di me
non riesco a guarire.”
(Jim Morrison)

 

 

Era l'ombra delle mie notti insonni, il paradiso impossibile da sperimentare nel buio dell'inferno in cui vivevo.
Volevo i suoi colori, la sua libertà, l'avrei avuta.

 

 

 

 

- 1/10/88 -

Sedeva sotto un salice piangente, stesa a terra, come se niente potesse colpirla, come se non ci fosse niente da temere a questo mondo.
I lunghi capelli erano sparsi come un manto di morbida seta, sul prato, rendevano le mie mani prodighe di carezze, desiderose di toccarli.
I miei passi lenti e cadenzati, erano muti sul prato, sulla morbida erba. Mi avvicinai a lei.
Fu l'inizio e la fine di ogni cosa.
La mia voce, come un eco mal riposta nel vento la raggiunse nuova.
'Insegnami, Granger...' dissi in un sussurro, gli occhi non facevano che fissarla, in attesa di una risposta, attenti quasi in modo morboso nel cogliere le sue espressioni.
Si voltò, stranita, preoccupata. Era completamente fuori strada la mezzosangue. L'avevo stupita senza volerlo in realtà, l'avevo confusa.
Inarcò un sopracciglio, la bocca tesa e stranamente calma.
'Prego?' sussurrò sedendosi di scatto, come vergognandosi del suo libertino modo di rilassarsi sul prato, al sole, sotto quello strano albero dai lunghi rami.
'Ci senti Granger, voglio che tu mi insegni' insistetti portandomi accanto a lei, lasciandomi andare sul terreno.
Il suo sguardo si fece perplesso, evidentemente seccato, assottigliò gli occhi rendendoli ancora più luminosi, simili a due piccoli spiragli dorati.
Incrociò le braccia assumendo quella posa tipica di chi vuole studiare e comprendere l'altro.
Annuì sbattendole in faccia il mio desiderio viscerale.
'Non capisco, Malfoy' sussurrò chinando il capo, come vergognandosi di non avere capito per la prima volta in vita sua qualcosa di semplice e ben visibile.
'Voglio che mi spieghi, mezzosangue, come fai a usare i colori ' spiegai certo che in quel modo avrebbe capito subito.
Scosse il capo, invece, tristemente sicura che non comprendeva ancora quello che volevo dirle.
'Cosa vuoi da me, Malfoy?! Vieni qui di soppiatto e mi chiedi cose senza senso... Hai fatto uso di sostanza stupefacenti per caso?' chiese arrabbiata tutto ad un tratto.
Ricominciavo a scorgere i piccoli denti bianchi sulle labbra, a torturarle insaziabili. Scoppiai a ridere inaspettatamente, abbandonandomi alla follia del momento; poi la fissai.
'Certo che l'ho fatto, piccola mezzosangue, solo non adesso’
Mi guardò sbalordita, si alzò come un fulmine e scappò via.

 

Quella notte la passai a ridere stancamente del mio nuovo insuccesso, neanche la mezzosangue aveva saputo capire quello che cercavo, quello che bramavo da tempo ma ammettevo solo da poco
Come avrebbe potuto, lei così lontana dal mio mondo di tenebra, dai miei cupi e ostinati lampi di ricordi, calarsi nell'incubo perenne che era la mia vita senza neppure chiedersi perché?

 

 

 

 

 

 

- 4/10/88 -

 

'Cosa vuoi Malfoy?' chiedeva stringendosi le dita in una morsa forte, sbattendo le ciglia folte in modo nevrotico.
'I tuoi colori mezzosangue...' rispondevo senza remore, fissandola in modo indecente negli occhi.
La verità era che non mi interessava niente di provocarle supplizio, noia, spavento; io volevo solo cogliere da lei il vortice di colori che roteavano lontani dal mio mondo tenebroso. Volevo la sua luce a costo di spegnerla con il mio egoismo manifesto.
Ricercavo avido nei suoi occhi la miccia che accendeva il mito della mia vita.
Quel calore, il suo calore: il calore di una donna, di una mezzosangue, di una persona.
Mi sedevo accanto a lei sul prato, ignorando le lamentele del suo sguardo, la vedevo stringere le gambe snelle fra le braccia, avvicinarle al viso e affondarci dentro come per nascondersi alla mia vista.
Era tutto inutile, mi ricordavo mestamente, in qualunque modo si fosse nascosta l'avrei trovata sempre e comunque; perché oramai ero legato a lei, a mio discapito, da un lungo filo colorato che brillava verso la sua estremità, emetteva scintille verso la mia ancora buia.
In quei pomeriggio di lento avvicinarsi ci studiavamo quieti cogliendo i particolari dei nostro volti, dimenticando lo scorrere egoista del tempo, non lasciavamo spazio a niente che non fosse pura espressione visiva, mobilità di pensieri.
In un modo o nell'altro, mi convincevo, che quella donna, quella mezzosangue, doveva appartenermi. Dovevo possedere i suoi colori, vivere dei suoi respiri, alimentarmi delle sue labbra rosse.

'Cosa intendi quando dici che vuoi i miei colori?' chiedeva di continuo sforzandosi visibilmente per restare calma. lo vedevo, era uno sforzo ammirevole il suo, mentre stringeva le mani sul terreno fresco, strappando fili d'erba, arruffando la terra morbida.
Ghignavo, maschera impenetrabile saliva ancora sul mio volto togliendole il respiro.
Oh, adoravo pensare di avere un qualche potere su di lei. Dopotutto perché non avrei dovuto averlo...? Il mio fascino esteriore era innegabile, i miei occhi evidentemente falsi trasmettevano lampi di crudele gioia. Ero in attesa di un suo passo, di una sua constatazione..
Ogni giorno che passava la sentivo cedermi un po' della sua fiducia.
Sciocchi grifondoro, pensavo ridacchiando fra me e me, così ingenui nella loro consapevolezza di aiutare gli altri.
Voleva forse essere la crocerossina del mio cuore?
Non poteva esserlo, perché ancora non aveva capito come somministrarmi la cura, non conosceva quella cura che mi incendiava i sensi e affievoliva i miei pensieri, rendendomi pronto alla perversione, al desiderio e alla vergogna.

 

Che colore vuoi, Draco?
Voglio il colore della Granger.

 

‘Malfoy, vado via...’ balbettava appena sentiva la mia mano carezzare debolmente il suo dito mignolo, delicatamente risalire il dorso di quella mano morbida.
Annuivo rendendo il mio volto più simile al mostro che non a me, me ne rendevo conto dal suo sguardo mentre si alzava stupefatta lanciandomi un ultima occhiata di saluto.
'Spero di trovare Draco la prossima volta...' diceva piano, la sua voce era un sussurro che scavava nel mio petto, diventando un sibilo che si infilava fra i miei pensieri, quasi distruttivo, quasi mortale. Quasi vitale.

 

 

Tremava sotto di me, quella sgualdrina inutile, credendo che mi facesse piacere scopare con lei; figuriamoci, mi rendeva sempre più difficile continuare, con la sua voce stridula e noiosa, mentre cercavo di immaginare un'altro viso, altri capelli, una bocca, occhi e colori che non le appartenevano, che mai avrebbe potuto avere.
Perché continuavo?
Non lo sapevo neanche io,come sempre fare qualcosa di utile e decisivo, semplice e normale, per certi versi fuori dagli schemi, è molto difficile, ci vuole coraggio, c'è bisogno di pazienza e prodigalità verso se stessi. Io non ero così: non avevo di certo pazienza, non avevo coraggio, aspettavo che tutto mi cadesse fra le braccia come sempre era stato:
senza una parola, senza uno sguardo, così per inerzia.
Ogni cosa che fino a quel momento avevo avuto, era stato semplice e scontato, veloce, sporco, inutile.
Mi sentivo inutile mentre affondavo, mi odiavo e odiavo lei di riflesso.
Perché mi permetteva di sfruttarla così? Perché non si ribellava?
Una persona che non sa ribellarsi, che non ne trova il coraggio è da sbeffeggiare, esiliare alla propria vista, odiare. Bisogna provare repulsione per un essere così sporco e biasimevole.

 

Pansy era così:  'Sono qui Draco, sono qui...' sussurrava, inutile come i suoi colori
Io ero così: 'Si, padre. Sono pronto'

Ero come lei, incapace di ribellarmi nonostante ne avessi veramente bisogno; legato ad un immagine di me stesso che mi stava facendo affogare.
Dopotutto, non è tanto difficile da capire, l'uomo odia con tutto se stesso i suoi difetti e li odia negli altri allontanandoli da se con forza.
E allora, allora perché continuavo a scopare Pansy?
Perché volevo sfogarmi, distruggere una parte di me stesso che vedevo scolpita a chiare lettere dentro di lei: Sei inutile, non servi, sei un codardo ipocrita.

 

 

 

 

- 15/10/88 -

 

Un pomeriggio era al termine, il sole tramontava quieto immergendosi nel lago nero. Ero seduto accanto alla mezzosangue, tacevamo insieme, di comune accordo.
Il salice piangente risplendeva, quel pomeriggio quasi alla fine, illuminato dai stanchi raggi del sole gli donava un aurea magica, ultraterrena, mentre il vento tiepido scuoteva i rami penduli dal colore della palude.
Hermione Granger: la mia ossessione, il mio vortice di colori, la mia piccola mezzosangue taciturna leggeva ostinatamente da un vecchio libro rilegato in pelle marrone.
All'inizio mi aveva dato noia, che lei leggesse anche mentre ci scrutavamo in silenzio, poi con il passare delle settimane, sentivo che era diventato un diletto per me poterla guardare, con il suo consenso, mentre era impegnata in un attività che le piaceva. In quei momenti, più che in altri, il suo viso e i suoi occhi da impura mezzosangue risplendevano di colori inquieti. Sembravano non trovare mai pace riflettendosi in ogni cosa, tranne che in me.
'Ti piace leggere, mezzosangue... Perché?' chiesi in una strana imitazione della mia voce d'un tempo:  altera, sibillina, fredda.
Mi uscì invece, e me ne vergognai, come un sussurro fanciullesco, come una voce di un ragazzino curioso e incapace di farsi i cazzi suoi.
La mezzosangue alzò lo sguardo dal libro, lentamente e pigramente, i suoi occhi splendettero incontrando la luce del sole in tramonto, sul lago.
'Nessuno mi aveva mai domandato perché mi piace...' disse ammettendo come temevo di sentirsi incompresa e sola. Le lanciai uno sguardo di comprensione e la vidi sgranare gli occhioni, sorpresa.
Anche io lo ero, da me stesso, dalla mia incapacità di controllarmi quando ero con lei.
Salazar... Era solo una mezzosangue.
'Non vuoi dirmelo, Granger?' chiesi umettandomi le labbra, distogliendo lo sguardo dalle sue così rosate e morbide, lisce.
Scosse il capo quasi divertita, lasciandomi cogliere in quel momento una tenue immagine dell'abbandono giocoso che concedeva ai suoi amici.
'E' per rabbonirmi, il cognome?' chiese ridacchiando apertamente, osservandomi con i suoi occhi briosi, pieni di colori.
'No, Granger.. ma se preferisci che ti chiami mezzosangue non hai che da chiedere' risposi
Il sorriso si spense, il colore scivolò via in un baleno rilucendo un ultima volta nel suo sguardo ferito.
L'avevo addolorata di nuovo, come un idiota, dopo averle dato motivo di fidarsi se pur minimamente di me.
Sentì vividamente crescere il disprezzo per me stesso, riaccogliendo la melma e la putrefazione dopo averli abbandonati un intero pomeriggio.
Non si alzò, come avevo creduto, per fuggire da me. Era troppo coraggiosa per farlo, preferì guardarmi. Non c'erano lacrime in quegli occhi, solo consapevolezza dolorosa e certa delle mie parole.
L'inducevo a riflettere su qualcosa di cui non aveva colpa, che l'aveva resa diversa e inferiore ad un tempo.
'Non capirai mai i miei colori se non accetti quello che sono...' disse velocemente riaprendo il libro.
'Spiegami tu, Granger. Non trattenerti, tu lo sai...'
'Devi arrivarci da solo'
'Non posso!'
'Cosa dovrebbe importarmi?' esclamò lanciandomi il libro addosso, con furia, la scintilla si era riaccesa nei suoi occhi.
Sorrisi debolmente e notai che il suo sguardo era attirato sul mio viso, con più forza, ora che l'avevo fatto.
'E' colpa tua, Granger. Devi rimediare...' dissi mettendo voce ai miei pensieri, rendendo il tono della voce calmo, quasi sereno, nonostante la freddezza stentasse a sciogliersi.
'Sei malato, Malfoy. Ti consiglio di curarti, va via, richiuditi al San Mungo, fa un lungo viaggio... Decidi tu, ma non coinvolgere anche me' disse mordendosi le labbra. Era di nuovo arrabbiata.
'Lo senti anche tu Granger. La luce che ti prende, il lampo che ti scalda quando ti arrabbi per me, con me. Non capisci Granger?'
'Cosa dovrei capire, idiota?!'esclamò infervorata battendo le mani mentre in realtà avrebbe voluto schiaffeggiarmi
'Siamo l'uno la colpa dell'altro, mezzosangue...' dissi fissandola negli occhi.
Sgranò gli occhi, arricciò il naso e cominciò a scuotere il capo nervosa, la luce del sole stava svanendo completamente,si rifletteva nei suoi ultimi raggi nei capelli lunghi e morbidi della mezzosangue. Sembravano risplendere quei capelli, morbide onde setose di cioccolato.
Mi sporsi verso il suo corpo sottile... Era così semplice avvicinarsi ad un'altra persona, compiere quel passo in più che delimitava la sfera di intimità di una creatura umana.
Sentì uno strano brivido salirmi lungo la schiena mentre compivo quel passo in più e mi piacque in modo strano, quasi doloroso.
'Che fai?' chiese lei in un sussurro vedendo che mi avvicinavo sempre di più, facendosi indietro per allontanarsi da me.
Povera piccola mezzosangue, la stavo spaventando. Non potevo farci niente, in quel momento avevo bisogno di lei,dovevo prendermi qualcosa o probabilmente sarei impazzito.
Hermione alzò gli occhi fissi sulle mani e incrociò i miei occhi, sussultò notando la profondità che di sicuro riluceva nel mio sguardo.
Erano grandi gli occhi della mezzosangue, di un castano dorato, quasi completamente color miele, delicati e profondi.
Eppure erano gli occhi di una mezzosangue, di un essere inferiore.
Notai che stava leggendo facilmente il mio dibattito interiore, era terribile come ogni volta riuscissi a colpirla,a turbarla con lo stesso sguardo, lo stesso odio, lo stesso sentimento.
Fece un passo indietro spezzando quell'attimo di tranquillità in cui entrambi eravamo caduti.
Sbattei gli occhi sentendo che il momento di calma era finito.
Mi sentì tradito, chiusi gli occhi, li riaprì.
Hermione sussultò, il cambiamento nei miei occhi la colpiva profondamente.
Feci un passo avanti, un'altro ancora, ghignando, ignorando lo sguardo colmo di furia della mezzosangue; ignorando anche quello che sarebbe successo.
Il profumo di lei mi colpì come uno schiaffo, in pieno, completamente; mi penetrò nella carne purosangue, infettando il mio sangue.
Quel profumo, il suo profumo...
Mi dava alla testa!
Avevo perso la testa?
Misi le mani avanti come per reggermi a causa dell'impatto. Aprì ancora gli occhi, la gola ardeva di qualcosa che conoscevo bene ma che mai avevo sentito in maniera tanto amplificata:
Desiderio
Le mie mani, fresche e vogliose di soddisfazione si posarono sulla vita della piccola mezzosangue, carezzando affannose quel punto così delicato e snello del suo corpo.
Hermione sussultò e abbassò il capo.
Di certo non si aspettava che io volessi toccarla. Il suo cuore cominciò a battere furiosamente: voleva forse farsi sentire da me?
Vidi che si obbligava a darsi un contegno mentre le mie mani sfregavano decise sui suoi fianchi.
Alzò il capo guardandomi intensamente, i suoi occhi color miele rilucevano di qualcosa che non avevo mai visto, non avrei saputo spiegarlo e probabilmente non ne sarei capace neanche ora. Cercò di scostarsi, retrocedendo verso l'albero, glielo negai con fermezza, stringendo le mani sulla sua vita.
'Malfoy! Lasciami... Cosa ti prende?!'  disse espressamente spaventata, confusa, desiderosa di risposte, che io non potevo e non volevo darle. C'ero solo io e il mio desiderio impulsivo, che spaventava anche me. Non riuscivo a prendermi cura delle mie paure, non avrei potuto farmi carico anche delle sue.
Capì che avrebbe voluto parlare, dirmi qualcosa, magari esprimere il suo dissenso. Il respiro le era diventato frenetico.
Aveva aperto bocca, non era uscito che fiato silenzioso mentre cominciavo a carezzarle la schiena.
'Sta zitta, piccola mezzosangue.' sussurrai assorto carezzando le curve delicate, così sensuali di lei,perdendomi in quei gesti superficiali per me. Ignoravo cosa rappresentassero per lei: forse una prima esperienza forzata e traumatica;
un approccio che voleva evitare ad ogni costo? Forse tutto insieme.
Ma era o non era una grifondoro, doveva sopportare in silenzio,oppure mi avrebbe fatto vincere.
Boccheggiò sbattendo i pugni sul mio petto, non ci feci caso e l'avvicinai ancora di più a me, deciso a portare a termine la mia scoperta di lei. Ogni momento che passava ero pronto per averne di più, desiderarne di più, senza preoccuparmi di altro.
Era solo una mezzosangue, perché doveva essere così bella?Le mezzosangue erano esseri inferiori, allora perché quel corpo così sensuale mi eccitava tanto?
Il profumo di Hermione, di quel sole colorato, continuava ad avvolgermi, con la sua dolce carezza di vaniglia.
Era un profumo delicato adatto ad una fanciulla bella, elegante, purosangue?
Era vero che le purosangue erano diverse?
Questo sciocco dubbio mi fece momentaneamente vergognare di me stesso. La verità era che non me ne fregava più un cazzo, volevo lei, volevo i suoi colori, la sua vita.

Le mie mani erano saldamente poggiate sulla vita di Hermione.
Mi sentivo troppo bene in quella posizione, anche se ammetterlo mi costava uno sforzo, come ammettere che non mi importava di disonorare la mia famiglia.
Hermione continuava a battere le manine sul mio petto, senza capire che era tutto inutile fare così, che lei per quanto avesse potuto sforzarsi non si sarebbe mai liberata di me, in tutti i sensi. In quel momento, è ovvio, pensava solo a liberarsi dell'ingombro che costituiva il mio corpo, per la prima volta vicinissimo al suo.
'Malfoy, Malfoy... Lasciami andare.' cominciò a sussurrare
'Scordatelo, mezzosangue ' il mio tono era sembrato più duro del solito, me ne rendevo conto.
Le mie mani avevano abbandonato la vita sottile salendo lente, delicate, verso il viso di lei.
Hermione stava ferma, attenta a quello che facevo, come se volesse contare i suoi respiri, come se volesse misurare gli spazi fra una carezza e l'altra.
Raggiunsi presto il viso caldo di Hermione,carezzando attentamente la tenera pelle delicata. Con fermezza, lottando contro il desiderio contrario della mezzosangue lo alzai; i miei occhi fissavano avidamente le sue guance imporporate, gli occhi ambrati lucidi di rabbia e... Qualcos'altro?
Hermione scosse violentemente il capo guardandomi negli occhi. Ghignai osservandole avidamente le labbra.
Baciare una piccola, stupida, mezzosangue...
Uhm... Chissà come sarebbe stato. Volevo farlo.
Hermione abbassò il capo, non glielo impedì, i suoi capelli lunghi, morbide onde, attiravano la mia attenzione; il profumo di vaniglia era in parte dovuto ad essi. La sentì sospirare sconsolata.
Si stava forse chiedendo se volevo farle del male?
Piccola ingenua.
Respirai a fondo l'odore della mezzosangue, le presi dolcemente il viso fra le mani e avvicinai il capo della ragazza ancora di più verso di me. Con lentezza, deciso a godere a fondo di quel momento, avvicinai le labbra al capo di lei.
Il calore dei capelli di Hermione Granger mi aveva colpito più del previsto, sentivo le mie labbra muoversi senza il mio completo benestare sul suo capo, riempire di baci i suoi boccoli.
Mugugnai contro i suoi capelli e cominciai ad accarezzarli con un mano, l'altra veloce scese a imprigionare in una morsa di ferro i suoi polsi sottili.
Hermione gemette di dolore a causa della stretta di ghiaccio e la allentai desiderando che stesse bene, di certo non ambivo a farle del male.
Leggere lacrime cominciarono a scendere sul viso ascoltando i miei baci carezzare i suoi capelli morbidi.
Mi colpirono quelle lacrime, come la vista di qualcosa di puro e delicato che si spezza, come una stella che smette di brillare.
'Malfoy, perché mi stai torturando?' mi chiese, chiudendo gli occhi, respirando affannosamente, alla ricerca di aria.
La liberai da quell'abbraccio dandole un ultimo bacio sulla fronte. Mi sentivo meglio.
I suoi colori per un momento avevano navigato dentro di me, ero riuscito a respirare.

 

Passavano i giorni e le settimane, continuavo a vivere di riflesso, grazie ai colori della mia mezzosangue. Certo mia, quando lo sarebbe stata veramente? Forse mai, di sicuro non ero certo di meritarla. Non me ne importava, l'egoismo è il sale della vita.
Mi limitavo ad ignorare le lamentele che sgorgavano spesso dalle sue labbra quando dicevo qualcosa di particolarmente stronzo nei confronti dei suoi amici, sorridevo quando mi dimostrava con ardore che sbagliavo completamente e che la mia visione delle vita faceva talmente schifo da rasentare l'immagine di una discarica babbana.
Non me ne vergognavo, parlare con lei mi piaceva e sopratutto mi piaceva osservarla leggere.
Stava diventando fondamentale, come un rito quotidiano senza il quale è impossibile andare avanti. Le mie giornate cominciavano solo dopo il nostro rito giornaliero, ero malato lo sapevo, mi drogavo ne ero certo, solo che la mia droga era anche la mia cura, la mia cura mi faceva respirare, mi faceva sentire i colori vorticare dentro di me instancabili e simili a quelli che vivevano dentro di lei.
La sua voce riecheggiava nella mia mente, le parole scolpivano e rimodellavano i miei pensieri storti.

 

 

'...Ci vogliono i riti. '
'Che cos'è un rito?' disse il piccolo principe.
'Anche questa è una cosa da tempo dimenticata', disse la volpe. ' E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore...'
(Il Piccolo principe; Antoine de Saint Exupery )

 

'Granger, come mai ti piace sedere qui? Intendo in questo punto del parco...' dissi carezzandole pigramente i capelli, notando con crescente meraviglia che lasciava che io lo facessi.
Sorrise, in un modo accondiscendente, come una persona adulta che capisce appieno le lacune del bambino ed è pronta a colmarle.
'Vedi, Malfoy... Questo è il mio posto.'  disse con una semplicità disarmante e parecchio strana, a mio avviso. Chinò il capo verso di me, muovendo leggermente i lunghi capelli cioccolato. La mia mano fra i suoi capelli scivolò lentamente sul suo viso, carezzando il collo liscio, ritirandosi quando cominciò a parlare di nuovo.
Mi sedetti in maniera composta, piegando le gambe e stendendole. Hermione le incrociò carezzandosi con una mano una delle sue scarpe vecchie, vissute, come le piaceva ricordarmi spesso.
'Non sai cosa significa?' chiese assottigliando gli occhi, come per studiarmi.
Era la verità, non avevo mai sentito parlare di un posto in particolare che rivestisse un importanza soggettiva.
Scossi il capo, fissandola negli occhi, in evidente attesa di una sua spiegazione.
Sorrise ancora, i colori vorticavano in quel momento, non era arrabbiata, non era malinconica ma era tranquilla.
'Il mio posto è un luogo speciale, Malfoy. Può trovarsi ovunque e non trovarsi in nessun luogo... E’ la mia casa e non lo è di nessuno. Mi aiuta a ricordare i miei momenti felici, dimenticare e assimilare le cose che mi rendono triste. E’ come un tempio dell'anima' mi spiegò sorridendo, fissando la luce di fronte a se, assorta.
Si girò verso di me illuminandomi con il suo sguardo, sembrava in quel momento più luminoso del solito.
'Perché il tuo posto è un salice piangente?' chiesi velocemente fissandola con i miei occhi.
Sentivo come se il grigio del mio sguardo si schiarisse fino a diventare bianco cielo quando entrava a contatto con i suoi occhi colorati, allegri ed espressivi.
'Malfoy, non credi di fare troppe domande?' chiese senza scomporsi, guardandomi e sorridendomi con normalità, come se fosse un gesto che condividevamo da sempre.
Quel pensiero, lo ricordo bene, mi fece scoppiare un piccolo fuoco nel petto. Lo attribuì ai colori, che secondo me si espandevano nel corpo grazie alla sua presenza:era vero.
'Faccio le domande che mi interessano, Granger. Non credere che ti chiederei cose che non mi servono.' dissi carezzando distrattamente un filo d'erba.
'Bisogna pure che ti insegni il mio stile interessato, così potresti imparare a smascherarmi un giorno.' dissi addolcendo impercettibilmente il tono della voce, rimodellandola come a volere rimediare senza colpa alle mie parole fredde.
'Perché sei così criptico, Malfoy?' chiese leggermente annoiata, le sue mani si stringevano l'un l'altra. Si stava innervosendo.
'Mi piace metterti in difficoltà...' sputai senza remore, ghignando tranquillamente
La vidi sgranare gli occhi e scuotere il capo mentre fissava gli occhi colorati nei miei, grigi.
'Fantastico, almeno lo ammetti. Comunque sappi che non ne ho mai dubitato.' disse fieramente alzando il mento.
Annuì e le rivolsi un occhiata compiaciuta, priva di ironia.
'Sai se lo avessi fatto probabilmente avresti deluso le mie aspettative, Granger... Sei o no una degna grifondoro?' chiesi piegando le labbra in un ghigno impertinente, passandomi una mano fra i capelli
'Non sono qui per compiacere le tue aspettative'
'Ottima risposta'
Sbruffò incrociando le braccia al petto morbido. Con lei era sempre una sfida continua, un rincorrersi infermabile per evitare di cadere nel fuoco.
Tacque per un lungo momento in cui desiderai a tratti, vergognandomene in ogni momento, di abbracciarla e dirle che le mie parole non era altro che cazzate sparate a raffica per distogliere l'attenzione dal vero me.
La vidi alzarsi facendo forza sulle ginocchia e darmi le spalle. Il vento tiepido di aprile le muoveva i capelli, facendoli danzare come piccole creature fatate intorno al suo volto.
La sua silhouette slanciata attirava la mia attenzione: sentivo lo sguardo calamitato dalle sue gambe snelle, avvolte da semplici jeans da quattro soldi, eppure così fortunati da coprirle; la schiena flessuosa nascosta da una camicia a quadri, delicatamente poggiata su una t-shirt blu notte.
Era molto bella, nella sua semplicità.
Mi alzai, lentamente e mi avvicinai a lei, cercando di impegnare la mia mente affinché mi evitasse di pensare ad un modo per non farlo.
I miei passi erano silenziosi sull'erba tiepida, sui fiori bianchi e piccoli che coprivano a chiazze il parco di Hogwarts.
Mi avvicinai velocemente, in pochi passi fui dietro di lei, pronto a ricominciare; sfiorai leggermente i suoi fianchi sottili con le dita, sorrisi sentendola sussultare al mio tocco delicato, quasi inesistente. Decisi in un battito di ciglia di poggiare il mio viso sul suo collo, di stringerle le braccia attorno alla vita.
Non dissi niente mentre il suo profumo vanigliato mi accoglieva, mi confondeva e faceva esplodere in me la perfezione colorata che avevo incontrato fino ad allora solo nei miei sogni.
Le soffiai sul collo, carezzandole con la punta del naso la pelle delicata, sensibile alle mie mosse avventate, eppure talmente difficili da provocarmi un crampo allo stomaco.
Non credevo di avere uno stomaco fino a poche settimane prima.
Risi come un idiota, interiormente, per le mie riflessioni fuori luogo. Ero completamente malato e lo sapevo, lo sapeva anche lei.
Sentivo le mie labbra bruciare dal desiderio di sperimentare un contatto più approfondito con la sua pelle. Non le feci attendere per niente.
Le avvicinai al suo collo e cominciai a carezzarlo con le labbra godendo internamente ad ogni sussulto di lei, ad ogni ansito leggero che mi provocava brividi veloci lungo la colonna vertebrale.
'Cosa stai facendo?' chiese debolmente. Sentì le mani, delicate, raggiungere le mie, egoiste, e poggiarsi su di esse. Un calore partecipe e particolarmente strano, quasi imbarazzante mi percorse sfiorandomi gli zigomi, facendomi deglutire rumorosamente. Presi la sua mano,come guidato da un idea superiore e irrinunciabile, la strinsi nella mia e le afferrai l'anulare, cominciai a scorrerlo insieme al mio sul suo ventre piatto.
Sentì che respirava, come in attesa.
La nostra mano guidata dalla mia cominciò a salire in verticale creando una striscia immaginaria. Disegnai velocemente una stanghetta sopra di essa, poi veloce scivolai accanto alla lettera tracciando una linea semplice e leggermente più piccola.
'Ti...' sussurrò lei comprendendo grazie all'unione delle nostre mani la parola che avevo scritto. Annuì sul suo collo, muovendo delicatamente il viso. Proseguì tracciando con lentezza esasperante una B. Rise del solletico che le feci mentre scorrevo le linee inventate per dare forma ad una A.
Il suo viso delicato a contatto con il mio, mi inebriava per il suo profumo e la sua consistenza setosa. Strofinai pigramente il naso al suo collo, vicino all'attaccatura del volto e continuai la mia stramba scrittura immaginaria.
Un semicerchio attorno all'ombelico sottile le fece sussurrare una C flebile e sorridente.
Sorrisi anche io nascosto sul suo collo e continuai.
'Bacio...' finì di dire lei piegando il collo verso di me. Accolsi il suo bel volto guardandola negli occhi; le mie mani corsero a imprigionarlo, avviluppandolo con morboso desiderio.
Ricordo che feci leva molto sul mio autocontrollo, per essere il più paziente possibile.
Le aprì le labbra con una lieve carezza.
I colori rotearono, inquieti e fulgidi come lampi liquidi, mentre sentivo il mio sapore unirsi al suo, la mia lingua scontrarsi e intrecciarsi alla sua in un gioco sconvolgente, consapevole e folle insieme.
Probabilmente persi gli ultimi sprazzi di lucidità mentre ci scambiavamo il nostro primo bacio sotto il salice piangente, al tramonto, nel nostro posto.

Più tardi sdraiati languidamente sotto l'albero, con il suo capo poggiato sull'incavo del mio collo continuai la nostra conversazione.
'Non mi hai ancora detto perché è il salice piangente il tuo posto, Granger.'
Lei annuì piano, aveva gli occhi chiusi.
'E' una lunga storia...’
'Sono un tipo paziente, Granger.'
Rise gioiosamente alzando il capo per guardarmi 'Certo, Malfoy, non ne avevo dubbi.'
Sorrisi anche io e le feci cenno di parlare, volevo sapere tutto della mia piccola mezzosangue.
'C'è una leggenda riguardo a questo salice piangente, Malfoy...'
'Raccontami tutto, Granger' le sussurrai con gli occhi chiusi, pronto.
Le passai un braccio intorno alla vita stringendola maggiormente a me, sentivo che non avrebbe detto niente perché sapevo che in quella posizione stava bene, come stavo io.
Il tramonto era al suo apice mentre Hermione cominciò a raccontare, i nostri piedi toccavano quasi i sassolini sulla sponda del lago nero; i rami penduli del salice piangente ombreggiavano il nostro posto, riparandolo.
'I rami del salice piangente, Malfoy, pendono sempre nell'acqua. Ti dirò perché.'
La sua voce mi appariva come gravida di qualcosa di importante, probabilmente aveva rielaborato bene le idee per raccontarmi la storia al meglio, decisamente voleva darsi un tono maestoso. Sorrisi al pensiero e continuai a tacere, aspettando.
'Molto tempo fa, in una notte buia, i nani giganti della montagna cambiarono la loro figlia appena nata con la figlia di una ricco contadino, approfittando per rapirla che tutti dormissero. Il giorno dopo, i poveri genitori non riuscivano a capire perché la pelle della loro figlia fosse diventata improvvisamente così scura e perché i suoi occhi fossero neri come il carbone. Ma nel cuore della foresta, i nani giganti esultavano davanti agli occhi azzurri, ai capelli biondi e alla pelle fine della piccola rapita. La bambina dei nani giganti, quella che loro avevano portato dai contadini, cresceva di indole cattiva, faceva del male e nessuno le voleva bene. Un giorno scomparve e non la si vide più. Nella foresta la figlia del contadino cresceva sempre più bella e dolce nonostante le brutture a cui assistesse. Quando ebbe diciassette anni, fu scoperta da Olav, un giovane che lavorava alla fattoria. Aveva portato il bestiame alla fattoria dalla montagna quando vide la figlia del contadino. Stava spazzando davanti la porta della caverna, sotto lo sguardo vigile della vecchia nana cattiva'
Hermione fece una smorfia di orrore mentre si riferiva a quel mostro e ridacchiai lisciandole i capelli.
'Quindi, Olav, vide la fanciulla nonostante fosse buio e se ne innamorò. Cercò di avvicinarsi ma la nana trascinò la giovane nella caverna e chiuse la porta.
Olav era disperato, doveva liberare la ragazza. Decise quindi di chiedere aiuto ad uno gnomo, che lui sperava l'avrebbe aiutato nella sua impresa. Lo gnomo, grazie alle sue abilità magiche raggiunse la caverna dei nani giganti e aspettò che uscissero. Rimasto solo con la ragazza la liberò, le spiegò in modo convincente che lei non apparteneva a quel sudicio mondo e la portò fuori dalla caverna. Quando vide il ragazzo biondo, Olav, la ragazza se ne innamorò subito. Corsero tutti e tre via, cercando di uscire presto dalla foresta ma i nani giganti li raggiunsero e picchiarono Olav, è inutile dire che si ripresero la ragazza.'
Un sospiro triste fuoriuscì dalle belle labbra di Hermione, sembrava che stesse raccontando qualcosa di tremendamente importante per lei.
'Olav decise di ritentare e questa volta portò anche un cavallo con se; lo gnomo raggiunse ancora la caverna e notò che i nani avevano lasciato di guardia la vecchia madre. Quando questa si distrasse dalla pappa che stava preparando lo gnomo vi versò del sonnifero e fece cenno alla giovane di non mangiarla. Dieci minuti dopo la nana dormiva profondamente. Di nuovo corsero attraverso la foresta, erano più veloci visto che avevano un cavallo. Ma i nani li raggiunsero mentre ne erano quasi usciti, di nuovo picchiarono Olav fino a tramortirlo, si ripresero la ragazza e anche il cavallo questa volta.
Tre settimane dopo nevicava e lo gnomo fece in modo che li aiutassero due renne. Quella notte l'attesa per lo gnomo fu più lunga nella caverna perché a guardia c'era anche il padre nano, oltre che la madre. Alla fine riuscì a versare il sonnifero nella pappa e portò fuori la ragazza dopo che cominciarono a russare. Le renne li portavano veloci su una piccola slitta e nonostante i nani li inseguissero riuscirono a raggiungere le sponde del lago'
Hermione si mise seduta fissando il lago nero, la imitai passandole le braccia attorno alla vita e posando il viso sulle sue spalle.
'Raggiunsero la riva del lago, dove era ormeggiata una barca da pesce. Olav e la ragazza salirono sulla barca e cominciarono a remare velocemente. L'alba era vicina, e tu sai che i nani giganti si tramutano in pietra alla luce del giorno. All'improvviso il più grande di tutti afferrò un masso enorme e lo scagliò verso la barca, non riuscì a capovolgerla, ma ahimè, la ragazza cadde dalla barca e annegò. Per ore ed ore Olav la cercò sott'acqua, ma invano. Infine raggiunse la sponda del lago.'
Hermione si fermò un attimo come per riprendere fiato. Le baciai il collo sentendomi stranamente impacciato.
'Dopo l'accaduto, Olav fu inconsolabile. Ogni giorno si recava sulle rive del lago e fissava l'acqua. Non guardò più un'altra ragazza. E quando divenne troppo vecchio per potere lavorare continuò a tornare ogni giorno nello stesso punto. Alla fine rimase là per tutto il tempo. Cominciarono a crescergli i rami dalla testa,e le radici dai piedi. E allora vi restò per sempre. Ed io, credo, cioè penso che quel salice piangente sia lui. Anche adesso i suoi rami frugano nell'acqua, nel tentativo di trovare la ragazza annegata.'
Hermione lasciò andare un piccolo ramo pendulo e poggiò il collo contro di me, abbandonandosi.
Sentì che era turbata dal suo stesso racconto e non dissi niente continuando a stringerla.
Da quel giorno quello divenne il nostro posto a tutti gli effetti.

 

 

 

Una mattina la sentì litigare aspramente con i suoi amici,a causa mia,a causa di quello che avevamo.
Mi appiattì in modo perfetto contro il muro, ascoltando le loro voci che si alzavano di tono cercando di sovrastarsi a vicenda. Hermione tentava di fare loro abbassare la voce, voleva parlare in modo cortese, calmo, razionale.
Non capiva di certo che era inutile tentare di essere gentili con loro.
La voce insopportabile di Potter era molto più bassa rispetto a quella della donnola che sembrava rasentare l'isterismo.
'Hermione, non ci posso credere. Pensi forse che comportandoti così risolverai qualcosa?!'
Chiese Wesley, sbattendo un pugno contro il muro, accanto al punto in cui Hermione era poggiata. La sentì sbruffare irritata. Ne capivo il motivo, era amareggiata.
'Non so di cosa stai parlando, Ronald' ribatté cercando di sembrare il più calma possibile
Wesley scoppiò in una risata aspra e priva di allegria.
'Miseriaccia Hermione, ti vedi con lui da quando? Settimane, mesi, forse un anno intero!! E non dici niente? Aspetti che lo veniamo a sapere da soli, in questa maniera...!' Si sfogava quell'idiota con la faccia di un ameba.
'Si secoli, Ron...' Tacque un momento, pensosa, di certo assottigliando gli occhi e mordicchiandosi le labbra dando dimostrazione del suo nervosismo.
'Io non vi ho nascosto niente.' disse con decisione guardando negli occhi quell'odioso babbanofilo da quattro soldi.
'Mi sento ferito, Hermione. Insomma, tu sei la mia migliore amica. Non mi aspettavo certo che tu...' cominciò Potter intromettendosi a sua volta in quel patetico discorso
Hermione roteò gli occhi al cielo
'Che io cosa?! Che mi andassi a mettere con l'unica persona sulla faccia della terra per cui non mi posso aspettare la vostra benedizione?!' esclamò furiosa, gesticolando affannosamente.
Dritta al punto.
'Hermione...' sussurrò Potter addolcendo quella sua voce indisponente e vomitevole, vidi che le si avvicinava mettendole le mani sulle spalle.
'Hermione, tu sei la mia migliore amica, non posso nemmeno pensare che passi del tempo con Malfoy, non riesco a credere che tu lo accetti.' cominciò a dire con tono che voleva essere, secondo lui, suppongo molto persuasivo e affettuoso al contempo.
Hermione scosse leggermente il capo, le mani penzolavano attorno ai fianchi.
'Rifletti, Hermione. Pensa a come si è sempre comportato nei tuoi confronti, nei confronti di chi non gli ha mai fatto niente. E' solo una marionetta, senza nessun motivo di esistere' scandì lentamente.
Hermione tacque. In quel momento temetti che non avrebbe detto niente, che avrebbe accettato passivamente quello che Potter le stava dicendo.
'Harry, io sono capace di comprendere le persone come lo sei tu, credo di essere abbastanza adulta da scegliere le mie frequentazioni' disse lentamente.
Le mani di Potter scivolarono come se fossero prive di vita dalle sue spalle, ritornarono al loro posto.
'Scusaci Hermione se ti vogliamo bene, perdonaci se vogliamo evitarti una sofferenza inutile...!' Cominciò la donnola con tono melodrammatico.
'E tu credi che io non sia capace di difendermi da sola?' chiese lei alzando il viso nella sua direzione e fulminandolo con lo sguardo colorato.
'Non sto dicendo questo, Hermione...' disse per niente convinto, fissandosi i piedi con insistenza..
Che coglione.
'Invece stai dicendo proprio questo. Grazie per la fiducia'
'Hermione, sei solo un gioco per lui. E' possibile che non capisci che appena ottenuto quello che vuole ti lascerà? Non ti rivolgerà più la parola e tu soffrirai!' disse prendendola per le spalle e scuotendola un po' troppo forte.
Veloce scivolai fuori dal mio nascondiglio e mi mostrai alla loro vista.
Mi ero decisamente stancato di nascondermi, in tutti i sensi.
'Metti giù le mani,Wesley' dissi con tono fermo, fissandolo negli occhi.
Hermione mi guardò stralunata, vidi i suoi occhi saettare alla velocità della luce dal mio volto a quello di lenticchia.
Avevo una voglia terribile di spaccargli quella stupida faccia.
'Bene, perfetto. Cosa cazzo vuoi Malfoy?!' esclamò quel coglione patentato lasciando andare Hermione e mettendosi di fronte a me.
Ghignai.
'Vieni Hermione.' sussurrai tendendole la mano, osservandola in modo eloquente.
'Cosa?..' Wesley sbuffò torcendosi le mani, lanciò uno sguardo a Potter che taceva poggiato al muro del corridoio in pietra.
Hermione fece un passo verso di me, gli occhi erano fissi sul mio viso.
'Hermione! Non gli darai ascolto,vero?!' gridò Wesley. Il suo volto era incredibilmente rosso di rabbia; non mi sarei stupito più di tanto se fosse esploso in quell'esatto momento.
Quelle parole mi fecero girare le palle alla velocità della luce, mi girai verso di lui, perdendo lo sguardo calmo.
'Stanne fuori Wesley,sono qui per lei.' ringhiai cominciando a tremare dalla rabbia.
Hermione se ne accorse e si avvicinò a me passandomi velocemente un braccio attorno alla vita.
'Draco...' sussurrò leggermente spaventata,probabilmente sentiva quello che sarebbe accaduto di lì a poco.
La guardai velocemente, sorridendole incoraggiante. Era la prima volta che mi chiamava per nome.
'Per lei, eh? Che schifo Malfoy, non credevo potessi cadere più in basso di così. Dopo quello che è successo speravamo avresti lavorato per tenere un profilo basso, invece questo. Che farai dopo che l'avrai avuta eh Malfoy?! La lascerai per una delle tue sgualdrine? E' questo il tuo obbiettivo vero, stronzo? Scopartela...'
Mi girai velocemente e lo colpì con il pugno destro.  Non vedevo niente se non la faccia di quello stronzo, non sentivo altro che le parole di lui rimbombarmi nella mente, affligermi con la loro bugia.
Sentì a stento Hermione che mi urlava di smetterla e imprecava contro Potter affinché ci dividesse. Mi avventai su di lui, abbassandomi in tempo perché non mi colpisse con un pugno diretto al naso e lo sbattei contro il muro di pietra con forza.
Sentivo il cuore battere normalmente, la consapevolezza del mio corpo pulsava decisa in un unico movimento: il mio pugno destro che lo colpiva di nuovo, questa volta allo stomaco.
La voce di Hermione mi raggiunse ovattata, Potter cercava di tenere ferma lei che si dibatteva fra le sue braccia mentre urlava il mio nome.
Una scena patetica: lui che picchia un'altro per lei.
Se ci avessi pensato prima avrei riso cinicamente. Dopotutto cosa spinge una persona a riversare la sua rabbia quasi animalesca su qualcun'altro?
Non avrei mai potuto capirlo se i suoi colori non mi avessero posseduto completamente.
Fissai un momento il viso di Hermione: disperazione mista a rabbia si amalgamavano sul viso che...
Quando si fa a pugni – e tutti lo sanno anche quelli come me che non avevano mai compreso che gusto ci fosse nello sporcarsi le mani di sangue altrui – bisogna tenere a mente diverse cose... La più importante di tutte é:
Concentrazione!
E' il punto più importante, l'architrave su cui poggia la propria tesi.
Il viso di Hermione mi aveva distratto e per un istante, tanto breve quanto necessario, non ricordai che desideravo più di tutto ammazzare Wesley di botte in modo da istruirlo a dovere sul suo linguaggio.
Quando sentì le sue mani impossessarsi della mia camicia bianca, era troppo tardi, la fredda e dura consistenza del muro di pietra entrò in contatto con la mia faccia piuttosto violentemente.
Mi aveva appena sbattuto al muro.
Sentì la testa girare ma non ci feci molto caso, troppo impegnato a incassare un pugno di Wesley che mi spaccò il labbro.
L'arrivo del professor Piton, fu... Piuttosto provvidenziale.

Allineati contro il muro come quattro sudici ricercati, stavamo in silenzio.
Hermione accanto a me teneva gli occhi testardamente bassi evitando con accuratezza i miei occhi. Abbandonai il capo contro il muro, ammettendo a me stesso che non era il caso di insistere in quel momento.
Piton camminava avanti e indietro, facendo scivolare il mantello sul pavimento scuro. Mi sentivo pronto per un interrogatorio che non tardò ad arrivare.
'Sono costretto, vista la situazione, ha fare luce sugli avvenimenti appena perpetuatisi' disse con la sua solita voce strascicata e questa volta anche piuttosto arrabbiata.
Il suo sguardo si fermò più volte sul mio volto, probabilmente in quel momento, inguardabile.
Ghignai a quel pensiero, ammettendo che non me ne fregava niente di come ero ridotto: avevo difeso ciò che era mio, avevo colpito quel bastardo straccione, l'avrei fatto a pezzi se non mi fossi...
Il mio sguardo si abbasso ancora su Hermione che mi fissava a disagio.
Il professor Piton roteò gli occhi al cielo, seccato in modo evidente, quando Potter e Wesley cominciarono a parlare senza che lui avesse chiesto niente.
Fece un veloce cenno, affinché chiudessero quella fogna che avevano al posto della bocca.
'Credo sia il caso che a parlare sia la signorina Granger...  Prego, vorrei conoscere i particolari di quello che è successo.' disse con un espressione di mortale calma sul viso.
Hermione alzò il viso fissando gli occhi in quelli di Piton, era particolarmente agitata, come non era mai successo. Io almeno non ricordavo di averla vista un altra volta in quelle condizioni.
'Ho dato semplicemente a Wesley quello che si meritava ' dissi accennando ad un ghigno strafottente .
'Non l'ho chiesto a lei, signor Malfoy' ribatté Piton intimandomi con gli occhi di tacere, si rivolse ad Hermione.
'Crede che avrà bisogno di un permesso scritto, per riferirmi quello che è successo, signorina Granger?' chiese evidentemente sarcastico, fissandola con i suoi occhi neri come pietre d'onice.
Hermione scosse il capo.
'No signore... Hanno avuto delle incomprensioni.' disse cercando di modulare la sua voce in modo che non sembrasse troppo nervosa.
Piton annuì, un sorrisino quasi invisibile comparve sulle labbra sottili. Credo fosse abbastanza felice di trovarsi in quella situazione, che avrebbe potuto evolversi in una serie di guai a carico di Potter.
'Di che genere?' chiese velocemente facendo scorrere lo sguardo freddo su di me e sul coglione.
'Non crede che questo dovrebbe chiederlo a loro?' disse Hermione con fermezza, stringendo le mani in due pugni.
Ghignai compiaciuto da quella risposta e le lanciai uno sguardo eloquente,facendole capire che se avesse continuato ad inveire avrebbe avuto tutta la mia stima.
'Ottimo suggerimento, signorina Granger..Purtroppo il professore sono io'
'Non ne sono a conoscenza...' ribatté lei mordicchiandosi il labbro inferiore con violenza, pestando il piede a terra ritmicamente.
Wesley sbruffò alla risposta di Hermione, come per mettere in evidenza che fosse una balla.
Io, il capo piegato leggermente, ghignavo.
'Cosa c'è da ridere, signor Malfoy... Vuole gentilmente mettercene a parte? Magari riesce a metterci di buon umore..' propose Piton decisamente contrariato dal mio comportamento.
Non me ne fregava niente di quello che pensava lui in quel momento, non sentivo neanche il sangue rappreso tirare sulla faccia, ne i lividi dolere profondamente.
Quello che sentivo?
Il respiro un po' affannoso di Hermione mentre le toccavo la mano, il suo profumo di vaniglia entrarmi dentro.
Stavo bene.
'Pensavo semplicemente che la faccia di lenticchia... Pardon, Wesley, è quasi presentabile ora.' dissi ghignando leggermente
'Stronzo...' sibilò la donnola in modo che potessi sentirlo solo io
'Dovresti ringraziarmi' frecciai maligno osservando compiaciuto l'occhio nero e il naso che stava raggiungendo proporzioni anormali.
'Ha finito signor Malfoy?' chiese Piton squadrandomi da capo a piedi.
'Non voleva ridere?'
'Le consiglio di andare in infermeria e di comunicare, poi, che trenta punti sono stati tolti a serpeverde. In quanto a lei Wesley, sono sicuro che 60 punti siano d'obbligo per renderle questa lezione completa.'sibilò Piton, evidentemente soddisfatto della sua decisione.

 

Il lago nero era sorprendentemente calmo, sembrava quasi una distesa immobile di seta scura. Avanzai lentamente verso il nostro posto, chiedendomi come avrei dovuto cominciare il discorso.
'Cosa pensi di fare adesso, Granger?' chiese avvicinandomi a lei
'Cosa dovrei fare?' rispose lei senza guardarmi,  le labbra erano strette in una smorfia che non conoscevo, i suoi occhi erano stranamente fermi, quasi spenti.
Chinai il capo, comprendendo che l'avevo ferita, mi dispiaceva senza dubbio... Ma cosa avrei dovuto fare? Lasciare che Wesley dicesse cazzate?
'Non vuoi guardarmi, Granger?' chiesi probabilmente risultando più duro del solito.
Volevo che mi guardasse e mi dicesse che credeva in me, che ero io che voleva sopra ogni cosa.
Mi stavo rammollendo sul serio.
Hermione alzò il capo lentamente, si umettò le labbra morbide e immerse i suoi occhi nei miei. Il suo sguardo non era mai stato tanto profondo.
Ebbi lo strano impulso di dirglielo ma mi trattenni. Le sue mani si infilarono nelle tasche della giacca che indossava, in un gesto di protezione di se stessa.
Il suo sguardo scese sul terreno, fissò le scarpe grigie che indossava, quelle vissute e babbane.
'Non ho intenzione di chiedere scusa per avere picchiato Wesley. Se lo meritava dopo quello che ha detto...' sussurrai. Le alzai il viso con una mano, chiara a confronto con la pelle già diafana del suo collo.
Annuì lentamente, respirando a fondo
'Non volevo chiedertelo...' rispose, la sua voce era flebile, delicata. Infilai l'altra mano fra i suoi capelli così morbidi. Era perfetto quel gesto nella sua semplicità.
La sentì sospirare mentre mi avvicinavo respirandole vicino. Avevo voglia di baciarla, di prendere ciò che volevo da troppo tempo.
'Prima, mentre cercavi di distrarmi... Hai usato il mio nome.' cominciai sentendomi infinitamente idiota per quello che stavo per chiederle.
Mi guardò incuriosita; il vento soffiava pigramente infilandosi fra i nostri capelli.
'Ti va di rifarlo?' chiesi fissandole le labbra
Sentì che quella richiesta l'aveva colpita al centro del petto, quando un sorriso delicato nacque sulle sue labbra espandendosi fino agli occhi che ricominciarono a brillare.
Mi congratulai con me stesso per il risultato ottenuto.
'Vuoi che ti chiami per nome, Malfoy?' sussurrò, alzandosi leggermente sulle punte, sporgendosi verso di me.
Le sorrisi; i muscoli della faccia tiravano dolorosamente. Sentì le sue braccia sottili intrecciarsi attorno al mio collo.
Annuì carezzando il suo naso piccolo con il mio.
'Ok, Draco...' una scarica febbricitante si estese in un battito di ciglia in tutto il mio corpo, raggiungendo le mie terminazioni nervose, facendo brillare di vita propria i miei organi, di sicuro riempiendo di colori i miei occhi.
Ghignai osservando meravigliato il suo sorriso malizioso. Sapeva come condurmi verso il punto di non ritorno, lo faceva con una grazia e una forza che mi rendevano folle e cieco, capace di qualunque cosa.
Avvicinai le mie labbra alle sue. Non fece una piega quando sentì la graffetta entrare in contatto con la sua bocca morbida.
Probabilmente le avrebbe fatto ribrezzo baciarmi così, ma ne avevo troppo bisogno.
Sentì che i brividi elettrici ricominciavano carezzandomi il viso, rendendo partecipe anche la mia faccia annerita. Credetti di impazzire quando il suo fiato dolce e caldo carezzò le mie labbra schiuse.
Aprì completamente la bocca incontrando la sua lingua. Che sapore che aveva... Come la vaniglia mischiata al fuoco, come la vita miscelata insieme a miliardi di colori. Annegai dentro di lei, chiudendo gli occhi.
Mi resi conto in quel momento di avere perso la testa.
Quando ci staccammo entrambi senza fiato, la presi per mano e la feci sedere accanto a me, sotto il salice piangente.
Era veramente troppo.
'Non hai creduto alle parole di Wesley, vero Granger?'  le chiesi. Aprì le gambe facendole capire che volevo si sedesse fra di esse e si poggiasse sul mio petto.
Lo fece senza esitare neanche un momento. Chissà perché avevo sempre il timore che mi rifiutasse, odiavo pensare che avrebbe potuto guardarmi con disprezzo o con orrore.
Feci scivolare lentamente le mani fra le sue, che teneva abbandonate sul grembo e le strinsi. Spinsi le mie dita sulle sue, intrecciandole come desideravo sentirle e mi sedetti, alzandomi dalla posizione comoda che avevo trovato appoggiato al salice.
Sentì Hermione sospirare felice mentre carezzavo la sua schiena snella con il mio petto; appoggiai il petto alla sua schiena con delicatezza e chiusi leggermente le gambe imprigionando le sue all'interno.
'Ti ho già detto di no, Malfoy...' sussurrò senza perdersi un movimento di quello che facevo, sembrava sempre che misurasse i miei gesti per non dimenticarli. O ero io che me lo immaginavo?
'Perché?'
'Dovrei credergli?'
'No!' esclami facendola sobbalzare. Ridacchiai subito dopo stringendo la presa sulle sue dita. Hermione scosse il capo e si girò verso di me, piegando la testa riccia.
'E allora...' disse con estrema naturalezza. La cosa mi diede stranamente fastidio.. Come potevo essere certo che lei si fidasse completamente di me, quando nemmeno io l'avrei fatto al suo posto?.
'Come puoi esserne certa?' chiesi infatti. Ho sempre amato infilarmi da solo nella merda..
'Non ne sono certa, mi fido di te...' mi spiegò cominciando a giocare con la mia mano.
Bene, fantastico, ottimo.
Lei si fidava di me, ma io no.
'Malfoy, credi che io non possa fidarmi di te?' chiese con un tono di voce che mi sembrò incuriosito e scettico. Mosse i capelli facendomi sentire il suo profumo invitante.
Perché cazzo riusciva a capirmi così bene?
Mi sembrava una condanna e un dono tutto insieme. Feci finta di riflettere mentre in realtà conoscevo bene la risposta.
'Io non mi fiderei di me stesso, Granger...' le sussurrai in un orecchio baciandoglielo.
'Stai cercando di convincermi a non fidarmi di te, Malfoy?' disse alzando la voce in modo evidente. Si stava irritando.
'No, come potrei volerlo Granger!' sbottai. Non avevo comunque intenzione di lasciarla andare.
'E allora? Mi vuoi spiegare, si o no?' urlò esasperata
'Calmati, Granger. Non vogliamo andare di nuovo in infermeria,vero?' chiesi bastardamente.
Sbruffò contrariata dalla mia stupida battuta e si dondolò fra le mie gambe sbattendo contro il mio petto: voleva liberarsi.
'Sei sempre il solito, Malfoy' sussurrò comprendendo che non l'avrei lasciata andare per nulla al mondo.
'Credi davvero che preferirei mentirti e raccontarti le solite cazzate del tipo: io non sapevo quello che facevo, era mio padre che mi costringeva a odiare i babbani, non ho fatto del male a nessuno, sono un povero diavolo, le donne mi saltavano addosso ed io le accontentavo?'
Rimase in silenzio e decisi che fosse il momento di continuare il mio monologo, perché se mi fossi fermato qui non avrei più potuto continuare.
'Granger, io volevo fare degli sbagli come tutti gli adolescenti idioti di questo mondo. Solo che ho scelto gli sbagli di qualcun'altro. Era vero: io odiavo i babbani, mi facevano schifo, provavo repulsione nel pensare che i babbanofili volessero renderli degni dei nostri stessi diritti. Mi sentivo superiore e probabilmente anche adesso, nonostante tutto, vorrei che qualcuno ammettesse la mia superiorità! Ho fatto sesso con diverse ragazze e per lo più mi è anche piaciuto... Mio padre ha rappresentato per me quella scelta illuminata che avrei voluto prendere, lo ammiro anche ora  e non per le sue idee sbagliate, esasperate, ma perché ha saputo prenderle e seguirle, sacrificarsi per esse. Non lo odio per quello che ha fatto, lo capisco in un certo senso.'  Finì di parlare e avevo la consapevolezza che lei avrebbe provato ribrezzo, che mi avrebbe lasciato.
'Capirò se non vorrai più parlarmi' dissi piano, sciogliendo delicatamente l'intrecciò delle nostre mani 'ma dovevo dirtelo, Granger'
Hermione si girò verso di me, il suo volto non era mai stato tanto serio; poi fece una cosa che non dimenticherò mai: mi sorrise sinceramente, con affetto, o almeno credo che fosse quello che lessi nel suo sguardo.
'Draco Malfoy, non credevo fossi un idealista' disse scoppiando a ridere due secondi dopo
Sorrisi, lasciandomi andare alla sua allegria all'apparenza priva di ragioni.
Scivolai su di lei e le presi il volto fra le mani.
'Sei strana, lo sapevi?' chiesi ghignando
'Uhm... ne avevo qualche dubbio, perché avrei dovuto interessarmi a te, se no?' Il suo volto brillava di ironia
'Macché!...' le sue labbra mi raggiunsero cogliendomi alla sprovvista.
Era la perfezione al centro esatto della moltitudine inquieta dei colori.

 

 

 

 

 

 

- 24/11/88 -

 

'Ti piace quando ti tocco?...' chiesi curioso carezzandole una guancia liscia. Il suo volto si colorì di un delicato rossore
'Indovina...' sussurrò intrecciando le gambe, i capelli erano sparpagliati sul terreno.
'Dimmelo tu' alzò lo sguardo e annuì, i suoi occhi colmi di colori si soffermarono sulle mie labbra; le piegai in un ghigno.
Sfiorai delicatamente la sua guancia destra. Il suo respiro poco tranquillo le faceva alzare il petto delicato.
Era una tentazione troppo forte starle vicino e la mia mente perversa non trovava pace guardandola, pensando al paradiso che era lei.
'Cosa provi?' chiesi privo di tatto. Volevo che mi dicesse cosa sentiva quando le mie mani scorrevano su di lei, quando le nostre effusioni si avvicinavano a qualcosa di più.
Speravo che mi raccontasse dello stesso sconvolgimento che coglieva me quando potevo baciarla e toccarla.
Hermione socchiuse gli occhi briosi, le cuffie del suo piccolo aggeggio babbano era scivolate sul terreno.
'Oggi ti va di parlare?' chiese allungando una mano per carezzarmi il viso. Lasciai che lo facesse con sommo compiacimento.
'Non cambiare discorso,Granger' la ammonì cercando di essere serio.
'Beh, non è facile da spiegare...' cominciò mettendo a posto una ciocca ribelle di capelli dietro l'orecchio. Si stava imbarazzando?
Questa ragazza era impossibile. Ci baciavamo da molto tempo e spesso non ci bastava neanche e lei faceva la timida.
La sua timidezza mischiata alla sensualità naturale che possedeva era un mix esageratamente eccitante per i miei gusti.
'Fallo, Granger' dissi con tono sbrigativo.
Mi rivolse un occhiata esasperata e si morse il labbro inferiore, catturandone una parte fra i piccoli denti bianchi.
'Sento dei brividi, come delle scariche elettriche percorrermi e una sensazione di calore...'
Sorrisi soddisfatto delle sue parole e mi misi sopra di lei, carezzandola nel toccarla.
Il calore del suo corpo mi comunicava il bisogno di entrambi, desideravo di averla completamente.
L'avrei fatta completamente mia sotto quel salice piangente se avessi capito che lo voleva anche lei.
'Uhm, uhm...' sussurrai chinandomi verso il suo collo delicato. La baciai dolcemente.
'Continua a parlare.' le dissi sentendola sospirare e infilare le dita fra i miei capelli.
'Le mie ginocchia diventano deboli e sento che potrebbero cedere da un momento all'altro; il mio...' deglutì visibilmente mentre parlava 'Il mio battito cardiaco aumenta e sento che arrossisco, non perché io sia in imbarazzo bensì per la sensazione di piacevolezza...'
Annuì complimentandomi con lei con lo sguardo.
'Sai descrivere bene, Hermione' sussurrai il suo nome lentamente come a volerne gustare ogni lettera. Il mio respiro si affievolì sul suo collo mentre le lasciavo una scia di caldi baci pretenziosi.
Aprì le labbra accogliendo le mie particolarmente bisognose e sospirò incapace di trattenersi mentre la mia lingua scivolava sulla sua.
Dio.
'Le tue labbra sono così morbide.' le sussurrai appena riuscì a riprendere fiato.
Erano delicate, carnose, rosee in modo invitante fino all'inverosimile.
'La tua pelle è perfetta... Vorrei vedere come è sul tuo ventre, posso Hermione?'chiesi, rendendomi conto del mio tono strano, roco.
Annuì senza dire niente. Aspettavo solo questo: un semplice gesto.
Scesi con le mani sul petto morbido, coperto dal cotone e scivolai sul ventre piatto, tonico e così seducente.
L'avevo già carezzato, diverse volte, mentre ci baciavamo negli sgabuzzini fra una lezione e l'altra oppure nel nostro posto; ma ora volevo baciarlo,volevo sentirne il sapore sulle labbra, penetrare i miei sensi e farmi tremare.
Solo il pensiero mi faceva seccare la gola e scintillare gli occhi.
Le mie mani carezzarono il ventre coperto, alzarono la magliettina. Salazar. Il suo ventre era privo di imperfezioni, delicato. I muscoli si contraevano sotto il mio tocco esperto, il respiro accelerato rendeva i movimenti della sua vita sottile ben visibili.
Alitai sull'ombelico sottile, godendo della pelle d'oca che crebbe su di lei.
Era magnifica ed era mia.
Posai le labbra su quel piccolo cerchio rotondo, lo baciai estasiato e intenerito da tanta bellezza e chiusi gli occhi.
Sarei rimasto lì per l'eternità se fosse stato possibile.
Le sue mani raggiunsero i miei capelli: era impaziente la piccola mezzosangue?
Ghignai piano e cominciai a baciare quella perfezione sconcertante, facendole il solletico con i capelli biondi.
La sentivo stringere un po' la presa sui miei capelli e sorrisi. Le piaceva.
Sospirava mentre le mie carezza si facevano più audaci; con la lingua sondavo la sua pelle calda, respiravo il suo profumo.
Come un bambino che vede per la prima volta il suo sogno realizzarsi, i miei occhi brillavano attraverso i suoi che non potevo smettere di fissare un attimo.
'Cosa provi adesso? Dimmelo, Hermione'
Non rispose, chiudendo gli occhi, vidi che muoveva la testa da un lato all'altro come se volesse scacciare pensieri inopportuni, oppure, desiderasse di muoversi per esprimere la sua impazienza. Desiderai che si trattasse di questo.
Con lentezza iniziai a sfiorare di nuovo il suo ventre caldo, liscio come una distesa di seta pregiata, con la punta della lingua. Era come stare in paradiso, assaggiare la sua pelle era estasi pura e tormentosa.
Sentivo ribollire il sangue nelle vene, mentre mi auto imponevo di essere cauto con lei, di non metterle fretta, di non spaventarla.
Il desiderio è una brutta bestia, non si tiene a bada facilmente, specialmente se non ci si è abituati, ed io non sono mica Potter. L'astinenza non era mai stato il mio forte.
'Draco...' Il mio nome sussurrato dalle sue morbide labbra schiuse, il tono della sua voce: languido, dolce, flebile; sentivo che se non avessi smesso subito sarei morto lì, ed io non desideravo morire giovane, almeno non prima di avere fatto l'amore con Hermione.
Si lo ammetto, era da molto che ci fantasticavo sopra... Almeno da un anno.
Fa impressione se detto così, vero?
'Va tutto bene?' chiesi alzando lo sguardo su di lei
Annuì decisamente stralunata, bellissima, eccitata, fuori controllo.
Volevo averla subito, possederla fino allo sfinimento, farle piacevolmente male tutto il giorno e tutta la notte, sentirla gemere il mio nome, confonderla e riempirla così tanto di me che poi non avrebbe ricordato niente se non il mio viso, se non i miei occhi che bevevano i suoi.
Era una creatura perfetta: una donna delicata, una persona forte, un essere incredibile che mi insegnava a vivere ogni giorno di più, ogni giorno meglio; eppure se da un lato il suo essere fragile mi ispirava tenerezza, mi veniva voglia di proteggerla e mi faceva vergognare di me stesso perché mi rendevo conto che mi aveva mandato il cervello in pappa.
Dall'altro beh...
Mi ispirava sesso violento, notti insonni fatte di possessione e gemiti rochi. Dopo avere fatto l'amore in modo irrefrenabile, voluttuoso, forte, quasi brutale, l'avremmo fatto piano, pronti a goderci lentamente l'un l'altro, finalmente calmi.
Ero fuori di testa e lei non faceva niente o quasi per trattenermi.
Gemeva quando le mie carezze si facevano impertinente, mi baciava come se ne andasse di mezzo la vita, mi carezzava, mi parlava. Stavamo insieme.
Era la vita migliore che potessi desiderare.
'Cosa c'è, Draco?' mi chiese quando mi tirai su, puntellandomi sui gomiti per evitare di farle male. Hermione mi scrutava profondamente attenta, gli occhi da cerbiatta ancora lucidi e colmi di languore. Quella visione mi colpì dritto al cuore, i brividi si propagarono in tutto il corpo raggiungendo la parte più sensibile di me.
Non risposi, sentivo la gola secca ardere profondamente, il mio pomo d'Adamo faceva su e giù in modo frenetico.
Hermione si inarcò contro di me e mi baciò la fronte.
Pensava ingenuamente che avrei potuto calmarmi in quel modo?
'Cosa c'è Malfoy, me lo vuoi dire?' chiese dolcemente ma con fermezza.
'Non resisto più Granger, desidero averti, voglio fare l'amore con te ' dissi tutto d'un fiato guardandola intensamente negli occhi.
I suoi occhi brillavano, le labbra non erano mai state così morbide. Perché era così bella?
'Ti sconvolge che io ti desideri?'chiesi baciandole la fronte
'N..no, no... Solo...' vidi che le sue guance tenere si coloravano delicatamente di rosa, rendendola ancora più attraente e sensuale, ancora più invitante.
'Solo?' Le sussurrai fissandole le labbra. Le schiudeva lentamente per respirare, chiudendole subito dopo, mordicchiandole. Mi faceva impazzire se si comportava così e non credevo lo sapesse.
Non rispose e le sorrisi.
'Vorrei sentirti completamente contro di me, vorrei respirare la tua pelle morbida e prenderti in braccio...'le sussurrai baciandole il collo
'Cosa sono per te, Draco?'
'Il mio groviglio di colori..'risposi senza indugio.
Sorrise e passò un dito sulle mie labbra. Le sue braccia si aprirono accogliendomi sul suo corpo delicato. Non riuscivo più a pensare ad altro che quella fosse una resa, mi stava forse dicendo che voleva essere mia, desiderava appartenermi? La sentivo fremere impercettibilmente sotto il mio corpo, osservare assorta i miei movimenti decisamente impulsivi, colmi di desiderio ormai evidente. I miei occhi scorrevano su di lei, dappertutto.
' Mi vuoi, Hermione?' le chiesi con la voce bassa, chiedendomi se sarebbe riuscita a sentirmi, visto il volume flebile che aveva. Hermione non parlava. Forse ero riuscito a spaventarla con la mia impulsività.
Aveva gli occhi chiusi, lasciava che le baciassi sensualmente il collo, che carezzassi il suo bel corpo dove volevo, fin dove le mie mani avide riuscivano a giungere.
Non mi bastava però, per quanto fossi felice ed eccitato, volevo con tutto me stesso che lei mi dicesse che desiderava fare l'amore con me, bramavo sentire le sue morbide labbra pronunciare quelle parole, svelarmi con arrendevolezza che mi voleva, che ero la cosa che più desiderava al mondo.
L'arroganza, la presunzione, l'egoismo sono dei difetti capitali, dei vizi inscindibili in un anima nefasta e nera come la mia. Non riuscivo perciò a frenarmi, non sarei mai riuscito a farlo.
'Dimmelo, Granger, voglio sentirti dire che mi vuoi...' le dissi in un sibilo veloce, chinandomi a lambire rapace quelle morbide labbra prive di malizia, così dolci e delicate.
'Io... ' sentivo che mi voleva accontentare, che pretendeva a causa del suo orgoglio grifondoro di superare la sua parte deliziosamente ritrosa e dirmi la verità, rendermi partecipe di quello che provava profondamente e completamente.
'Si, Granger?' la incoraggiavo malizioso, infido e allo stesso tempo intenerito da lei. Era questo quello che più mi spaventava: il suo provocare in me comportamenti diametralmente opposti eppure figli della stessa sensazione.
Una mano raggiunse la sua, abbandonando momentaneamente il suo ventre di seta, le intrecciai lentamente spingendo fra le sue dita in modo equivoco, mordicchiando il tenero e piccolo lobo del suo orecchio destro. Non riuscivo più a mentire, era inutile, tutto perfettamente inutile: non potevo più aspettare.
'Devi dirmelo, Granger, perché io voglio saperlo, devo sentirlo. Non c'è niente di male. Lo sai questo vero?' chiesi inarcando un sopracciglio in modo ironico, assumendo il ghigno scherzoso che sapevo piacerle particolarmente.
Hermione annuì chinando il capo, fissando lo sguardo sul mio collo.
Forse era l'unica donna che non mi desiderava? Uno stupido dubbio si fece spazio lentamente nella mia testa, come un tarlo noioso e antipatico.
Dopotutto, lei era diversa. Una donna libera,una persona solare,forte e dolce al contempo; Hermione era un gioiello raro, una gemma unica.
Come poteva un essere del genere abbandonare la sua perfezione e condividere i suoi colori proprio con me, Draco Malfoy?
Respirò a fondo sotto di me, fissando ancora il mio collo chiaro, di un pallore, come amava ricordare mia madre, aristocratico e pregiato. Avrei dato anche quello a chiunque mi avesse giurato che le Granger mi voleva.
Un tremito sembrò prenderla quando incontrò i miei occhi. Ero così terrificante?
Non potevo darle torto, in quel momento mi sentivo completamente trasfigurato.
'Si' concesse in fine, in modo debole, quasi stentato. La fissai perplesso.
'Si, cosa?' chiesi cattivo, rendendole il compito più difficile, portando il traguardo lontano dalla sua portata.
'Si, ti voglio Malfoy' disse con una luce tutta nuova negli occhi: era consapevole di quello che mi aveva detto, non ne era spaventata. Lo stupore mi fece sussultare quasi, era una scoperta continua e incredibile la mia piccola mezzosangue.
Bevvi le parole di lei iniettandomele nel sangue, facendo stranamente fatica ad assimilarle bene. Le avevo aspettate talmente tanto che di sicuro in quel momento stentavo a credere che le avesse veramente pronunciate.
'Ripetilo' dissi fondendo i nostri sguardi in un solo, chiudendo le mie mani impazienti a coppa sul suo bel viso, come a volere cogliere il suo animo in un solo gesto.
Ero completamente impazzito, quella mezzosangue mi aveva stregato.
'Desidero averti, Malfoy...' disse sempre più sicura di se; stava prendendo gusto nel parlarmi apertamente, come era giusto che fosse.
Sarebbe stato sciocco, persino umiliante nascondere quello che volevamo l'uno all'altra.
Un sorriso folle nacque sul mio viso, sentivo i muscoli tendersi in modo spasmodico. Tutto me stesso stava sorridendo in quel momento di perfetta combinazione dei nostri desideri.
'Ripetilo, di nuovo...' le ordinai. Volevo sentirlo ancora, e ancora, e ancora, fino a quando non mi avrebbe pregato di farla smettere, finché non mi avrebbe stretto per zittirmi.
Scoppiò a ridere,scuotendo il capo come se non credesse a quello che stava succedendo; alla fine stavo riuscendo a spaventarla. Il mio viso assunse quell'espressione seccata e lamentosa che si faceva spazio in me quando non avevo quello che desideravo.
Cominciò a ridere ancora più forte, incredula.
'Scusa' sussurrò quando capì che stava esagerando. Non gradivo di certo che mi si ridesse in faccia. Mi sorrise in modo dolce, decisamente era un modo per abbindolarmi.
Bastò questo per fare sorridere anche me come un ebete. Probabilmente le sciocche emozioni che avevo disdegnato per tanti anni avevano una presa particolarmente forte su di me.
Ero finito, caput, stadio terminale annunciato.

'Allora, Granger... Mi vuoi dire quello che ti ho chiesto?' dissi tiranneggiandola. Il mio sguardo dispotico e possessivo la scrutava senza lasciarla un attimo alle sue riflessioni.
'Merlino, Malfoy!  Ti voglio, ti voglio, ti voglio, ti voglio,ti voglio...' cominciò a ripetere veloce, ridacchiando spensierata.
La bloccai affondando fra le sue labbra con le mie.

 

 

 

 

 

- 25/12/88 -

 

“Il tuo amore e la tua pietà cancellano quel marchio
che la volgare calunnia stampò sulla mia fronte,
perché cosa m'importa di chi dice bene o male di me,
se tu ricopri il mio male e il mio bene riconosci?
Tu sei tutto il mio mondo ed io devo sforzarmi
di conoscere dalla tua lingua i miei pregi e le mie vergogne;
nessun altro esiste per me (ne io per nessun altro son vivo)
che nel bene e nel male possa volgere la mia indurita coscienza.
Getto ogni cura delle altrui voci in un abisso
così profondo che il mio udito da aspide
si chiude a chi mi critica come a chi mi lusinga.
E nota come giustifico la mia noncuranza:
Così fortemente ti sei radicato nel mio pensiero
che tutto il resto del mondo mi pare morto”
(W. Shakespeare; Sonetto n°112)

 

 

 

Il Natale ci aveva sorpresi intrecciati in unico individuo, chiusi dentro di noi e decisi a non scioglierci in nessun momento. La mezzosangue occupava ogni parte della mia mente, aveva trovato una parte del mio essere di cui avevo sospettato il giusto funzionamento per lungo tempo. Con lei, tutto funzionava alla perfezione, sentivo dentro la consapevolezza che finalmente anche per me si era dischiusa la porta, non del paradiso, ma di un mondo tutto mio, mio e della mezzosangue. Non dormivo molto, anzi probabilmente avevo perso le mie abitudini signorili; ora mi addormentavo molto tardi a causa della mia bella mezzosangue e mi svegliavo presto tiranneggiato dal suo desiderio di non perdere mai una lezione.
Nonostante tutto mi sentivo vivo, forse per la prima volta da 18 anni, sentivo di avere trovato il mio posto su questa terra. I colori che tanto avevo invidiato, desiderato, studiato, nei suoi occhi pieni di brio ora scorrevano dentro di me.
Ad ogni ora del giorno, durante le nostre nottate insonni passate a fare l'amore in modo infuocato e completo, senza freni, senza pensieri.
Esistevamo solo noi, sempre noi. Spesso la mezzosangue mi sgridava accusandomi di averla resa egoista, peccatrice e pronta alla bugia. Io le rispondevo, avendo evidentemente ragione, che l'egoismo è sempre stato un tratto caratteristico di me, ma che condiviso in due era ancora meglio, molto più appagante.
Rideva allora e scuoteva graziosamente il capo.

 

Ero disteso sul mio letto, che era diventato il nostro, da un po' di tempo a quella parte; me ne stavo quieto con gli occhi chiusi,teso nell'ascolto del battito del cuore della Granger. La guardavo, ascoltavo il suo respiro, il battito del cuore che l'animava con furia sempre maggiore e mi meravigliavo della sua perfezione. Era una creatura perfetta, minuta, quasi fragile nella delicata consistenza del suo corpo, eppure il suo animo era quanto di più forte avessi mai avuto il piacere di incontrare. Mi sforzavo sempre con maggiore cura, di cogliere tutti i particolari del suo essere, non solo quelli fisici è ovvio. Ne avevo crudelmente bisogno e lo ammettevo, lo accettavo con una serenità di molto estranea alla cupa insofferenza che un tempo mi aveva posseduto. Mi alzai leggermente dal suo seno, dove ero accovacciato dolcemente, e la guardai negli occhi in cerca di pensieri che ancora non ero riuscito a percepire. Un dito flessuoso e delicato di Hermione cominciò a scorrere sul mio collo, tracciando con perizia un percorso fino al mio naso. Mi guardava curiosa, cercando di capire cosa stessi pensando, di sicuro.

'Avresti voluto essere lì, con loro?' chiesi tenendomi sulle mani, sperando di restare in equilibrio per non caderle addosso. Hermione storse il naso, inarcò le sopracciglia sottili, piegò le labbra in una smorfia di incomprensione. Avevo bisogno che mi rispondesse, di certo non avrei sopportato uno dei suoi silenzi delusi e misteriosi. Mi chinai con calma sul suo viso, carezzando il naso di lei con il mio.

Sorrise. Sapevo che amava quel gesto, lo amavo anche io.

'Malfoy, ne avevamo già parlato, mi sembra di ricordare...' disse con calma. Al dito esploratore se ne erano aggiunti altri due che si divertivano ad infilarsi fra i miei capelli e carezzarli, aggrovigliarli, stringerli attorno ad essi con dolcezza infinita. Annuì. Mi rendevo conto, senza dubbio, di essere insopportabilmente ripetitivo a volte ma non riuscivo a fare a meno di indagarla.

'Certo, Granger... Ma desideravo sentirmelo dire di nuovo ' dissi fissandole le labbra.

Perfette. Quelle labbra erano perfette: morbide quando si aprivano per accogliere le mie; delicate e sensuali mentre si muovevano in sincrono con le mie; dolci; lisce, calde, rosee. Rimasi immobile, senza distogliere lo sguardo dalla sua bocca. Volevo osservarle muoversi mentre mi ripeteva quello che già sapevo, ma ahimè non credevo veramente.

Hermione sbuffò leggermente, le sue dita dispettose scivolarono sul mio collo, stimolandomi un ondata di brividi non indifferente. Sorrise accorgendosi di quello che era successo. Era una strega sadica a volte, si rendeva conto del potere che aveva su di me e ne approfittava senza riguardo.

'Mi spieghi perché mi costringi a ripeterti alcune cose migliaia di volte? Non mi credi, Malfoy? Forse pensi ad altro mentre io parlo con te ore ed ore? Davvero vorrei capire cosa ti prende. Sei... strano.' disse tutto d'un fiato fissandomi insistentemente negli occhi. Deglutì evidentemente nervoso e una smorfia di noia crebbe sul mio volto. Io odiavo quando faceva finta di non capire. Scivolai sul lato destro del materasso,senza smetterla di fissare i suoi occhi briosi e decisamente desiderosi di risposte,in quel momento.

'Lo sai bene, Granger, che io ti ascolto sempre quando parli.' dissi cercando la sua mano sul letto e trovandola.

'Draco, spiegati per favore.' disse coprendosi con il lenzuolo di seta color avorio; si diede una piccola spinta sedendo compostamente con la schiena flessuosa poggiata alla testiera del letto. Mi fissava ora con impazienza tale che i suoi occhi sembrava volessero parlare, fulminarmi.

'E' semplice, Granger. Ho solo voglia che tu me lo ripeta, ne ho bisogno... Punto. Non credo sia così strano come dici tu' dissi tentando di tranquillizzarla

'Tu non mi credi' disse incupendosi visibilmente. Incrociò le braccia sotto il seno, alcune ciocche di capelli le caddero sul viso rosato.

Mi avvicinai con slancio e la tirai fra le braccia, volevo stringerla. Non sopportavo quando non voleva capirmi, quando non riuscivo a farmi capire da lei. Mi sentivo un inetto quando vedevo i suoi occhi attraversarmi perplessi e tristi, arrabbiati oppure semplicemente imbronciati. La sentì fare una leggera pressione per liberarsi dal mio assalto e scivolammo entrambi sul materasso, l'uno sull'altra. Le mie labbra trovarono le sue, le aprirono inquiete. Hermione spinse contro il mio petto con le mani, le gambe nude e vellutate fremevano per liberarsi dalle mie. Un lampo di dolore mi inondò il petto quando lessi nei suoi occhi il desiderio di allontanarsi. Mi scostai incapace di negarle nulla che potevo darle, in quel caso la mia lontananza forzata. Vidi che notava il mio sguardo e deluso e si avvicinò a me, di nuovo, prendendomi il viso fra le mani.

'Draco, aspetta, parliamo prima. Non possiamo finire sempre così... Non tutto può essere messo da parte, d’accordo?' chiese con la voce addolcita, forse dal mio sguardo triste, forse dal suo stesso desiderio.

Annuì e ritornai a sedermi composto accanto a lei.

'Io ti credo Hermione, certo che ti credo. Ma ho bisogno di sentirtelo dire' dissi con tono di voce volutamente basso, lento, quasi anestetizzato da quello che provavo e che ora mi sconvolgeva. Dovevo fare leva, in quel momento in cui mi sentivo stordito, sulla mia antica calma fredda. In verità, non ci riuscivo più ad usarla con lei, era diventato maledettamente difficile e se ci provavo era anche doloroso.

'E allora? Cosa dovrei pensare io? Ho scelto di restare con te, perché voglio stare con te. Se avessi voluto andare con Ron a casa sua io l'avrei fatto, Draco. Sto bene dove sto,mettitelo in testa. Quante volte ne abbiamo parlato, prima delle vacanze?'

'Infinite...'

'Infinite...' mi fece eco lei con forza 'E allora? Pensi forse che io sia volubile e priva di tatto? Credi che sarei rimasta con te per gioco?! Io non sono un ipocrita, Malfoy. So scegliere e comprendere come comportarmi'
Il suo tono ferito mi fece improvvisamente capire che la conversazione stava degenerando in modo inutile. Dopotutto perché non dovevo crederle? Era rimasta, era con me in quel momento. Doveva bastarmi. Nonostante queste riflessioni fluttuassero nella mia mente con forza, non riuscivo veramente a convincermene. Decisi che dovevamo smetterla se non volevo passare la notte di Natale a litigare.

'Non lo credo, Hermione.' abbassai lo sguardo 'Scusa.' sussurrai guardandola di nuovo negli occhi

Hermione restò in silenzio fissandomi negli occhi intensamente, come se cercasse qualcosa che sapeva sfuggirle ma che non riusciva a prendere. Il tarlo dell'insicurezza, della gelosia, mi rodeva dall'interno, sfibrando le mie corde interiori. Abbassò gli occhi, improvvisamente crucciata più di prima. Avrei dato qualsiasi cosa per poter sapere cosa pensava, per comprendere le sue paure. Non sapevo che erano le mie inutili fobie a prostrala. Le sue braccia si strinsero sulle mie spalle, il suo volto si nascose sul mio collo. Sentì che era dispiaciuta e la abbracciai, avvolgendola con le mie braccia. Non riuscivo a combinarne una giusta, maledizione. Inspirai a fondo il profumo dei suoi capelli e strinsi maggiormente le braccia sulla sua vita, le mie labbra raggiunsero il suo collo percorrendolo con desiderio. Era così semplice perdere la testa quando c'era lei vicino a me. Sentì che respirava pesantemente, singhiozzava sulla mia spalla mentre faceva scorrere le mani delicate fra i miei capelli. Spaventato da quei suoni che somigliavano a lacrime trattenute, la scostai un po' dal mio viso per guardarla negli occhi. Non me lo permise rintanandosi sul mio collo con furia, stringendosi a me.

'Granger...'sussurrai carezzandole i capelli. Feci pressione sui suoi fianchi affinché si allontanasse un po'. Niente non voleva farlo.

'Granger, guardami ' le dissi carezzandole la nuca. Scosse il capo aggrappandosi a me ancora più forte e mi sentì pervadere da una sensazione di calore primordiale e forte. La tirai con me sul letto,facendola stendere sul mio corpo.
Hermione non fare così ' implorai ignorando la sensazione di ridicolo che sentivo prendermi,a causa delle mie parole, del mio tono sottomesso. Sentivo il mostro dentro di me schernirmi e ridere, ghignare malvagio. Lo scacciai con prontezza. Feci scorrere le mani fra i suoi capelli, raggiunsi il viso stretto sull'incavo del mio collo.

'Perché ti comporti così, Draco?' chiese con la voce bassa, roca, triste. Mi sentì particolarmente male ascoltandola dirmi quelle parole. Il senso di colpa cominciava a farsi strada dentro di me, pungendo il mio petto con lame roventi, rendendo il battito esasperante del mio cuore doloroso. Feci pressione sul suo collo, e riuscì ad alzarlo. I suoi occhi erano leggermente lucidi di pianto, le sue labbra tremavano. Si rannicchiò contro il mio petto e di nuovo io mi ritrovai senza parole. Mi diedi una leggera spinta verso di lei e invertì le posizioni, mettendomi sopra il suo delicato corpo. Mi guardava, fissandomi intensamente, in attesa. I suoi occhi erano spenti, i colori che vibravano in lei quando era felice, arrabbiata, tranquilla ,allegra.... Ora tacevano. Un tempo, neanche troppo lontano avevo affermato che non mi interessava di spegnere i suoi colori, volevo solo prenderne una parte. In quel momento, invece, comprendevo appieno che senza i suoi colori a vivermi dentro, anche i miei, riflesso spaurito dei suoi, sarebbero morti con violenza. Ero stato io a spegnerle i colori negli occhi, in quel momento. Un dolore lancinante mi attraversò lo stomaco, penetrò nel petto e si slanciò con determinazione nella mia testa urlando in milioni di insulti il mio odio verso me stesso.

'Perdonami. Giuro che mi fido di te. Ti prego non piangere' pregai prendendole le mani nelle mie e stringendole convulsivamente.

Annuì e aprì le braccia delicate.

'Non farlo più...' disse in un sussurro guardandomi negli occhi.

'Te lo giuro, su cosa vuoi che giuri?' chiesi seriamente, dondolandomi sopra di lei. Hermione sorrise inaspettatamente e la cosa mi fece bene al cuore. Avrei escogitato qualunque cosa purché tornasse a sorridere.

'Non giurare. Non c'è ne bisogno ’ disse sfiorando il mio collo con il suo nasino

'E se giurassi sulla luna, mio sole?' chiesi ghignando. Piano stavo ritornando ad essere spavaldo. Hermione rise della mia scarsa imitazione di Romeo e si accomodò meglio sotto di me. Le sue labbra sfiorarono ancora il mio collo stuzzicando i miei desideri impuri.

'Non ti consiglio di giurare su una cosa così incostante' disse ridacchiando divertita. Era ovvio che il gioco le piaceva. Ghignai leggermente e chiusi gli occhi quando sentì i suoi denti affondare dolcemente sul mio collo. Voleva farmi morire di autocombustione, quella piccola mezzosangue intrepida.

Nei meravigliosi istanti che seguirono non sentì altro che il suo corpo tendersi sotto il mio, assecondare le mie spinte frenetiche; le sue labbra dolci schiudersi e scostarsi dalle mie in cerca di aria. Non le lasciavo tempo di respirare normalmente baciandola con violenza, affondando con desiderio inumano e sacro. I suoi meravigliosi occhi si socchiudevano nella piacevolezza dell'oblio in cui ci addentravamo ogni volta. Non c'era niente che non fosse lei dentro di me.

 

 

 

Il nostro rapporto mi sembrava perfetto sotto ogni punto di vista, solo una cosa mi rendeva difficile la nostra ampia condivisione di noi stessi:

La mia mancanza di fiducia nei suoi confronti. Stentavo ancora a credere alle sue promesse sussurrare sulle mie labbra, alle parole che mi diceva per convincermi. Ero innamorato di lei, in modo ossessivo e completo. Temevo che tutto ciò che avevo mi potesse essere tolto in virtù degli sbagli passati. La mia paura più grande era quella di vedere sparire la realtà che finalmente mi dava soddisfazione e mi procurava gioia.

Se l'avessi persa il colore che avevo faticosamente guadagnato, grazie a lei, si sarebbe disperso, scivolando fuori da me come uno spirito leggiadro da un fantoccio ignobile. L'ostacolo più grande non consisteva nel dissenso di chi circondava, nemmeno nei fantasmi del mio passato, ma nella mia insicurezza spaventosamente nascosta dentro di me, terribilmente visibile quando eravamo soli, durante la notte.

E' un controsenso, un modo di sprecare volenti o no il tempo che ci è stato donato, comportarsi come facevo io.

Non riuscivo a vivere completamente la follia che mi possedeva quando incontravo i suoi occhi perché temevo di scorgere dentro di essi il disprezzo che ancora provavo verso me stesso. E mi ripetevo, come un mantra, durante le veglie attente del suo sonno,  che se lei mi amava, se stava con me, allora non ero così meritevole di disprezzo come mi sentivo. Probabilmente, pensavo, esageravo solamente, Hermione mi conosceva e amava quello che avevo: non mi idealizzava in nessun modo, non badava solo al mio aspetto esteriore, sopportava e diceva di adorare i miei difetti innumerevoli e, a dire degli altri, insopportabili. Cosa avevo veramente? Perché non riuscivo ad accettare che Hermione Granger, la luce del sole più splendente e naturale, potesse amare me, rappresentazione scontata dell'ombra rarefatta?

Non avrei sopportato che lei venisse ingannata dalle apparenze che potevo erroneamente fornirle. La sottoponevo ogni giorno, a prove spossanti e inutili mettendo in mostra i miei difetti terribili, le mie decisioni sbagliate, i miei pensieri contorti. Così se avesse saputo tutto di me avrebbe capito chi accettava, chi giaceva con lei, l'uomo che baciava con trasporto e che rendeva immeritatamente felice.

Molte volte questa pecca che si ergeva sul nostro rapporto mi sembrava un ostacolo insormontabile, disastroso, triste; altre volte solo una piccola e passeggera nebbia che svaniva fra i nostri sorrisi, evaporava grazie ai baci, soffocava sotto la passione che smuoveva il mio animo e ingarbugliava il suo di beatitudine. Tutte le volte, però, mi rendevo conto che era dipesa da me e da me soltanto. Ero certo che la mia incapacità di lasciarmi andare le provocasse dolore, lo capivo dall'espressione malinconica che aveva a volte e che scavava un baratro di disperazione dentro di me.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- 1/04/89 -

 

'Come è possibile, Malfoy! Ti proibisco di comportarti così... Non ti sopporto più, sei odioso' urlava Hermione frapponendo quanta più camera da letto poteva fra i nostri corpi tremanti di rabbia. Io ghignai in modo freddo, ero pervaso di furente ira e mi sentivo come se qualcuno con grosse e pesanti mani mi avesse legato al muro; non potevo fare a meno di esasperarla, l'amavo troppo per ignorare i miei sospetti.

'Ora sono odioso eh, Granger? Non mi sembrava che la pensassi così fino a pochi minuti fa...' frecciai maligno, riferendomi con evidente soddisfazione ai momenti di passione appena vissuti. La guardavo avido, non osavo mai distogliere lo sguardo, preoccupato di potere perdere qualcosa che mi apparteneva e che adoravo indiscutibilmente. Le gambe della Granger tremavano di rabbia, nude e vellutate, esposte alla mia vista, mentre camminava avanti e indietro lanciandomi degli sguardi carichi di rabbia.

'Si, anzi sei anche ripetitivo e pesante, Malfoy! Non credi che dovresti smetterla con questo atteggiamento infantile?' chiese mettendosi le mani sui fianchi snelli. Si mordeva le labbra morbide stregando il mio sguardo, catturando la mia anima e il mio corpo con un solo battito di ciglia. Annuì continuando a stamparmi in faccia quel ghigno strafottente e perverso che odiava e amava, come odiava e amava me in quel momento.

'Ripetitivo, certo... E tu, Granger, come sei tu? Non ti fermi mai a pensare alle tue parole, ai tuoi comportamenti?' dissi riferendomi a qualcosa di preciso. La vidi pestare il pavimento con forza, stringere i pugni spasmodicamente. Mi fulminò con lo sguardo mentre osavo avvicinarmi a lei, entrando in contatto con il suo spazio.

'Non provare ad avvicinarti, Malfoy! Di cosa mi accusi, eh? Vorrei saperlo proprio, sai?Potresti anche dirmelo, come fa la gente normale, invece di lanciarmi questi segnali criptici e inutili. Avanti, Malfoy... Sto aspettando!' urlò con crescente furia. Era strano ma vederla così arrabbiata, così coinvolta, mi eccitava. Era bellissima, sembrava una divinità furiosa, pronta alla distruzione totale quando litigavamo.

'Granger, se fossi in te la smetterei di nascondere l'evidenza' dissi con calma, godendomi la sua espressione di rabbia che cresceva ogni secondo che passava. Sapevo bene che la mia indifferenza artificiosa l'accendeva più della mia ira, perciò ne approfittavo con cinismo. Era una goduria vederla accendersi così solo per me. Probabilmente in quei momenti ero certo che provasse qualcosa per me; non si sarebbe alterata così se no! A quelle parole il suo volto sbiancò celermente, i suoi occhi si colorirono di un ira evidente. Avevo toccato il fondo, non poteva arrabbiarsi di più. Cominciai ad avvicinarmi di più a lei, divorandola con gli occhi, studiando attentamente le sua guance ritornate rosse di rabbia, le sue mani strette in forti pugni, le sue gambe tremare quasi completamente scoperte. Mi fulminò con lo sguardo notando che mi avvicinavo intrepido a lei..

'Non fare un'altro passo, Malfoy. Ti uccido se ti avvicini ancora' disse con gli occhioni che lampeggiavano pericolosamente. Si morse le labbra osservandomi sulla difensiva mentre la prendevo in giro alzando le braccia in segno di resa. Non so cosa mi spingeva a farla arrabbiare in quel modo, ma più lo facevo più desideravo farlo. Ho capito ormai che amavo provocarle sensazioni forti, non per forza solo positive.
' Cosa vuoi da me? Perché mi affliggi in questo modo insinuando cose che non esistono? Non avvicinarti!!' mi fermai ancora ghignando.

'Mi odi, Granger?  Mi detesti in questo momento? Vorresti picchiarmi, schiaffeggiarmi?' chiesi impudente, carezzandomi la rada barba che mi copriva il volto chiaro.
Sgranò gli occhi.
Mi stavo spingendo oltre il limite.

'Sei un bastardo... Giuro Malfoy, se ti permetti un'altra volta di insinuare cose del genere io ti uccido sul serio, hai capito?' chiese con una voce trasfigurata dalla rabbia, quasi ringhiava la piccola mezzosangue.

'Certo, magari mi uccidete insieme, tu e Weasleiuccio' dissi compiendo un'altro passo verso di lei. Senza smettere di guardarla infilai una mano nella tasca anteriore dei pantaloni.
Mi ci voleva una sigaretta. Quella sarebbe stata la fatidica goccia...
Tirai fuori dalla tasca la scatolina d'argento e l'apri con uno scatto, le mie dita trassero fuori una sigaretta sottile. Evocai veloce una fiammella e l'accesi, ghignando della mia prodezza. Gli occhi di Hermione lampeggiarono ancora. Si avvicinò ignorando di indossare solo la mia camicia e allungò la mano prendendo la scatolina con le miei iniziali in argento cesellato. La gettò a terra con una furia e una soddisfazione che non dimenticherò mai, guardandomi negli occhi con un odio disperato e colmo di incomprensione. Il mio ghignò si accentuò.

'Uh uh mezzosangue, allora sei proprio arrabbiata. Beh tanto meglio...' mi piegai sul suo collo, sfiorandolo con le labbra e sussurrai piano ' Mi eccita, sai...' Hermione lanciò un urlo di disperazione, individuò il mio prezioso scatolino per terra e ci saltò sopra cominciando a ridere come impazzita. Si avvicinò di nuovo a me e prese la sigaretta dalle mie labbra con violenza, la spezzo in mille frammenti, sfregandolo velocemente fra le mani.

'Si, Malfoy e dopo che ti avremo ucciso vivremo insieme soddisfatti, avremo liberato il mondo da una carogna' disse con calma. Il mio giochino mi si era ritorto contro in modo miserevole.

Afferrai la mezzosangue e la strinsi con forza fra le braccia. Hermione si dibatteva violentemente fra le mie braccia desiderando di liberarsi. La presi in braccio stringendole le gambe attorno ai fianchi. Volevo averla, volevo sentirla in quel momento. Camminai veloce con lei in braccio verso il muro della mia camera da letto, schiacciandocela contro con furia. Un gemito di dolore mi costrinse ad allentare la presa sui suoi fianchi. Lasciai che facesse scivolare le gambe per terra, mentre cercavo la sua bocca che mi si negava risoluta. Desideravo come mai possederla: era mia, doveva continuare ad esserlo. Le mani della Granger si aggrapparono alle mie spalle, risalirono furiose sul collo e si infilarono nei miei capelli lisci tirandoli rabbiosa. Continuò a negarmi le sue labbra scuotendo il capo da destra a sinistra, maledicendomi con lo sguardo lucido. Le sue mani corsero sul mio petto, mentre le mie attiravano i suoi fianchi sensuali verso i miei, spinsero, sfregarono, picchiarono, graffiarono. Non la lasciai andare. Le sue gambe spingevano contro le mie, attirate dalla follia delle mie mani; cercava di farmi male pestandomi i piedi, ma i suoi piedi piccoli erano nudi, i miei pure. Non poteva farmi male.

'Ti odio, Malfoy, più di tutto!! ' urlò mentre le baciavo furiosamente il collo liscio, morbido, delicato. Ghignai ben attento a farmi vedere da lei e continuai la mia esplorazione usando la mia lingua calda, stuzzicando i punti deboli della mezzosangue con i denti.

'Più di tutto...' sussurrai io intendendo ben altro. La presi di nuovo in braccio sbattendola ancora sul muro. Hermione gemette di rabbia mista a flebile dolore mentre spingevo il viso sul suo, affondavo con forza fra le sue labbra calde e dolci. Un mugugno disperato fuoriuscì dalla sua bocca mentre la baciavo con follia, con passione, con gli occhi chiusi. Sentivo il suo calore inondarmi e incendiarmi, rendendomi desideroso di lei in maniera impudica, folle, assoluta.

'Ti odio, ti odio, ti odio, odio, odio...' sussurrava contro le mie labbra, in una litania triste, colma di amara verità e grande bugia. Affondai ancora fra le sue labbra, la mia lingua carezzava la sua. Hermione mugugnava dolcemente cominciando ad abbandonarsi a me. Sentivo il suo corpo delicato contro il mio, tendersi alla mia ricerca. Una gioia totale e impossibile da esprimere mi prese facendomi brillare gli occhi.

'Più di tutto, più di tutto...' cominciai a sussurrare contro il suo collo mentre la prendevo, lì, contro il muro. I suoi occhi brillavano, si chiudevano, si riaprivano, lucidi e languidi.

Ci accasciammo per terra, stringendoci in un groviglio consapevole di noi soltanto. Sentire il suo respiro affannoso contro il mio collo, le sue belle gambe tremare a causa dello sforzo, il suo cuore battere forte, le sue mani stringersi sulle mie spalle. Mi sentivo felice, di nuovo. Lasciò che la abbracciassi e la portassi sul letto. Volli amarla ancora, instancabile e colmo di follia. Mi lasciò fare rispondendo passionale. Si strinse a me completandomi con dolce e sensuale perfezione. Sembrava fosse l'ultima volta mentre mi baciava sussurrandomi che mi amava, che ero la ragione della sua vita, che senza di me non avrebbe vissuto realmente. Non capivo. Mi addormentai abbracciandola, senza sapere che l'avrei persa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- 2/04/89 -

 

Alle 9.56 minuti del mattino la professoressa McGranitt spiegava con evidente compiacimento la lezione del giorno. Trasfigurazione assistita: l'argomento nuovo, quello che Hermione, la mia Granger, aspettava da mesi; diceva che era uno degli ultimi tasselli mancanti alla sua formazione riguardo alla materia della professoressa, uno dei pochi argomenti che non aveva neanche preso in considerazione di affrontare da sola, vista l'indubbia complessità che aveva. E allora perché non sembrava prestare attenzione alla spiegazione? Aveva lo sguardo assorto nel vuoto, di chi è completamente preso dalle proprie elucubrazioni mentali, gli occhi totalmente privi di altro che non fosse misteriosa attenzione per i propri pensieri; le sue mani, di solito impegnate a prendere appunti in modo febbrile e insaziabile, sembravano ora prive di vita, adagiate mollemente sul banco, carezzavano la pergamena e la piuma. Osservavo curioso quello strano comportamento, lambiccandomi il cervello su cosa potesse significare la sua mancata attenzione, la sua assenza spirituale dall'aula che aveva intensamente abitato per sette lunghi anni. Alzai gli occhi, lasciando un attimo la figura distratta di Hermione, e li fissai sulla professoressa che parlava fissando il vuoto, rendendo molto difficile restare attenti.
Ma la Granger? Avrebbe dovuto fare salti di gioia, scrivere come se non lo facesse da una vita, intervenire per chiedere ulteriori chiarimenti, sorridere soddisfatta alla sua professoressa prediletta. Eh invece? Invece se ne stava zitta in uno stato di completo smarrimento! Mi voltai ancora verso di lei. Dovevo capire cosa aveva prima che la preside ci notasse. Feci scivolare la mano sulla sua carezzandola delicatamente. Niente. Persino quello sporco spione idiota di Wesley l'aveva notato corrugando la fronte come se quel gesto gli desse un grande fastidio e sopratutto il diritto di esserlo; Hermione però, di solito pronta a sorridermi, se ne stava immobile, quasi l'avessero pietrificata.

'Granger, tutto bene?' chiesi carezzandole una spalla. Il mio tono di voce calmo sembrò riportarla sul mondo dei vivi. Sorrise senza guardarmi e annuì.

Era molto strano. La professoressa McGranitt si avvicinava con passo lento verso il nostro banco in seconda fila, aveva uno sguardo particolarmente severo. Vidi che fissava Hermione insistentemente e le bisbigliai di fare attenzione se non voleva rovinare la sua carriera scolastica perfetta con la prima nota della sua vita. Alzò gli occhi e vide che la donna la guardava ancora.

'Tutto bene, signorina Granger?' sussurrò rendendo la sua voce tranquilla più leggera e colorandola di una nota ben visibile di apprensione. Hermione alzò gli occhi verso di lei, il suo sguardo trasmetteva tutto il suo rammarico.

'Scusate, professoressa McGranitt...'

'Non ti senti bene?' chiesi intromettendomi. Hermione non mi guardò ma scosse il capo.

'Credo sia meglio che oggi si prenda una giornata di riposo, signorina Granger' disse la professoressa con tono gentile

Hermione sgranò gli occhi. Fece per ribattere...

'Non si preoccupi, può capitare. Vada. Signor Malfoy, mi faccia sapere se sta meglio' disse dandomi libera uscita. La ringraziai con lo sguardo e mi alzai seguendo Hermione fuori dalla vecchia aula di trasfigurazione.

 

 

 

 

Hermione mi aveva preso per mano e portato al nostro posto: il salice piangente.

L'aria fresca ma piacevole di aprile, l'aria primaverile mi rendeva euforico, nonostante quella mattina Hermione si comportasse in modo molto strano. Strinsi la mia mano con la sua, osservandola guardarsi intorno, respirare profondamente. Sentivo che voleva dirmi qualcosa.. Il suo volto era un libro aperto per me, oramai, la capivo con semplicità, come lei riusciva a fare con me, che ero, come mi ripeteva spesso e volentieri terribilmente difficile da risolvere :un cubo di Rubik ,diceva ridacchiando. Chi era questo Rubik, poi? Quando glielo chiedevo rideva ancora più forte rendendo i suoi occhi lucidi di divertimento. Risi leggermente al pensiero di lei che mi prendeva in giro, oddio, probabilmente fra i miei progetti futuri fino a qualche mese prima non avevo segnato farmi prendere in giro da lei. Hermione fece scivolare la sua mano dalla mia portandosela fra i capelli con lentezza, fissava insistentemente il lago nero, come se cercasse una risposta da quelle acque profonde e misteriose. Mi avvicinai passandole le braccia intorno alla vita, poggiai il collo sulla sua spalla, come mi piaceva particolarmente fare, e chiusi gli occhi.

'Hermione, stai poco bene? Come mai non ascoltavi la lezione della McGranitt?' chiesi fissando un piccolo neo sul suo collo. Il profumo di lei, dei suoi capelli alla vaniglia mi entrava dentro stordendomi completamente. Hermione si liberò dal mio abbraccio e fece qualche passo, allontanandosi da me. Inarcai le sopracciglia. Non riuscivo a capire cosa le passasse per la testa.

'Draco, ho bisogno di parlarti...' disse seria, gli occhi erano spenti, in loro non c'era traccia dei colori che amavo tanto, che tanto mi intrigavano. Storsi la bocca in una smorfia preoccupata. Feci un passo verso di lei calpestando un piccolo fiore bianco. L'erba e i fiori erano cresciuti in quei primi giorni primaverili rendendo il nostro posto quasi simile al tempo di cui Hermione mi aveva parlato un giorno, all'inizio della nostra storia.
'E' una cosa seria' la sentì sussurrare più a se stessa che a me. Annuì e incrociai le braccia al petto, stringendole nervosamente, non sapevo cosa voleva dire ma ne avevo inconsapevolmente timore.

'Non può continuare così, Draco. Io non posso continuare così... ' cominciò con il viso pallido, i suoi occhi erano fissi nei miei, cercavano un appiglio che non avrebbero mai trovato nella sua decisione.

Mi irrigidì, persino gli occhi smisero di muoversi, le palpebre rimasero immobili per un momento infinito, lungo, interminabile. Cosa aveva detto?

Non può continuare così.

Non... Può... Continuare... Così...

Le parole rimbombavano nella mia testa, strisciando fra i miei pensieri, scavano laghi di dolore incolmabile. No aspetta, pensai, ancora non aveva finito. Sbattei le palpebre fissando gli occhi nei suoi con fermezza cupa e decisa. Volevo capire dove desiderava arrivare!

'E' meglio per entrambi se la smettiamo di farci male, se ci mettiamo l'anima in pace e andiamo ognuno per la sua strada' disse con voce ferma, lo sguardo era basso. Sembrava volere eguagliare la sabbia con la sua opaca consistenza.
'Draco, non cercarmi più... Fai finta che non esista, ritorna alla tua vita e lasciami alla mia. Credimi se continuassimo a stare insieme ci distruggeremmo. Non siamo fatti per stare insieme.'

Avevo seguito il suo discorso, come una persona in fin di vita ascolta l'assoluzione, come un uomo aspetta le parole che gli eviteranno la morte uscire dalle labbra del messo del Re. Le sue parole come colpi avevano penetrato nella mia pelle, scavato a fondo un baratro da cui non potevo trovare una via d'uscita. Scossi il capo negando a me stesso quello che avevo appena sentito e che la mia mente confusa, arrabbiata e preoccupata non voleva credere; non potevo crederci. La guardai per la prima volta dopo avere assimilato in modo più o meno ottimale le sue parole, per quanto ottimale potesse essere in un modo o nell'altro. Hermione era lì, a due passi da me, ma lontana come non lo era mai stata. Nemmeno quando ci chiamavano con dei sciocchi nomignoli dal mattino alla sera. Feci un passo verso di lei, la vidi retrocedere. Mi spaventai seriamente.

'Cosa stai dicendo? Sei impazzita per caso?' esclamai infervorato. Le mani stringevano le tasche con forza, avrei finito per strapparle.

Hermione scosse il capo lentamente, i suoi occhi, le sue labbra, persino il suo muoversi delicatamente, tutto di lei in quel momento mi suggeriva che facesse sul serio... Eccome.

'Se è per quello che è successo ieri sera, pensavo avessimo risolto...' dissi con rabbia

Hermione scosse ancora il capo, gravemente..Vidi che le sue labbra erano intatte, non se le mordeva come quando era nervosa o arrabbiata, ora era solo triste? Non c'è ne era il bisogno.

Speravo che scherzasse mentre osservavo il suo viso serio ed eccessivamente pallido, provato, negare le mie parole.

'Non puoi lasciarmi, Granger! Io non te lo lascerò fare... Non puoi, non devi. Perché Hermione? Cosa ti ho fatto?' cominciai a dire senza osare fare un movimento. Sentivo il cuore battere forte, dolorosamente. Un venticello fresco scuoteva i rami del salice piangente, faceva volare i capelli di Hermione attorno al suo bel viso così pallido.

'Non mi vuoi più?' chiesi in un filo di voce.

Lei annuì.

No, cazzo...

'Non ti interessa niente di me?'

Il suo viso fece un cenno affermativo.

Una coltellata profonda, un desiderio di morire.

'Non mi ami, Granger?' chiesi

Non rispose, si avvicinò a me.

'Non possiamo stare insieme, Malfoy' disse con il tono di voce più freddo che le avessi mai sentito addosso. Non era lei, non era la mia Granger.

'Allora i miei dubbi erano fondati.' dissi annuendo a me stesso. Hermione non rispose, lenta e bellissima scivolò via tornando verso la scuola.

Ero rimasto solo, senza di lei, senza i nostri colori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- 3/04/89 - 29/04/89 -

 

 

Non possiamo stare insieme, Malfoy

Non possiamo stare insieme, Malfoy

Non possiamo stare insieme, Malfoy

 

Trillavano, strisciavano, ronzavano, scavavano, urlavano...

Le frasi che mi stavano portando alla morte, che avevano ucciso ed eliminato ogni particella di colore presente nel mio corpo dipendente da lei.

Lei, di cui non riuscivo a pronunciare più il nome, di cui non volevo sentire parlare e che evitavo come la peste a lezione.

Da quel giorno ero ritornato ad essere il vile codardo terminale solo, dopo la pausa breve ma intensa di vile codardo terminale felice.

Lo sapevo io, lo avevo sempre saputo che prima o poi si sarebbe stancata di me, che avrebbe desiderato non avermi mai avuto, che avrebbe preferito stare sola che con me.

L'avevo supplicata con lo sguardo, quel mattino in cui la mia vita era finita, avevo pregato qualunque divinità esistente di concedermi di non sentire quelle parole orribili, avevo promesso, giurato, che avrei cambiato tutto, che sarei stato calmo e avrei smesso di lamentarmi con lei. Non era servito a niente. Ero stato lasciato dall'unica persona esistente di cui mi importasse qualcosa, da cui dipendeva la mia vita, che ne era la ragione.

E infine era successo, mi ricordava il mostro, le mie paure si erano avverate, erano passate attraverso lo specchio, si erano tramutate in visioni da toccare e annusare, si erano evolute facilmente evadendo dai sogni a cui erano appartenute per molto tempo.

Perché era successo?

Perché non avevo saputo salvaguardare la tranquillità della nostra relazione?

Ero io il problema: Ero il cancro della nostra storia storta, la stampella spezzata, l'incubo senza fine, la paura mai repressa.

Come avevo potuto credere che per me ci sarebbe stata una via d'uscita, una possibilità come per tutti gli altri?

Ero un Malfoy, l'ultimo discendente di due grandi famiglie, di due potenze distrutte.
Ero l'emblema della loro fine: La decadenza dello spirito, la viltà dell'animo, la morte del cuore.

Mi sembravano, i pensieri che avevo covato prima di avere lei, sciocchi ma non privi di fondamento. Erano esattamente l'inizio della fine, il grande tunnel di marciume in cu ero vissuto per molto. Le parole che mi aveva ripetuto, sia prima che dopo, navigavano nella mia mente priva di lucidità lasciando dietro solo desolazione. Questo aveva fatto lei, mi aveva costruito e poi distrutto con uno sguardo e una parola, con un battito di quelle sue folte ciglia brune.

Più si crede in una cosa, più questa accade. Sembra quasi che la paura primordiale che coglie un individuo, quando ha terrore di qualcosa, sia spronata come un cavallo con un frustino, e si avveri davanti a gli occhi che la temono più di ogni altro avvenimento.

E' un circolo vizioso, un gatto che si morde la coda ed una fine senza inizio.

Io odiavo quel pensiero, mi terrorizzava, mi aggrediva la notte, viveva con me il giorno, rendeva i miei occhi avidi di scoprire pensieri che in lei non esistevano ma che io continuavo a cercare.
Scavavo, scavavo, scavavo... Non trovavo niente e mai avrei avuto successo, perché l'unica cosa vera, quella reale e colma di perfezione era il suo sentimento genuino e forte, l'unica cosa per cui valesse la pena non dormire, l'unica cosa che non potevo vedere nella sua completezza.

La sua voce mi tormentava di notte quando sudavo nel nostro letto diventato tomba della mia inutile vita, inutile prima di lei, pesante ora nella sua grave insopportabilità. Tutto mi era difficile da osservare, niente vedevo veramente se non il riverbero afflitto delle grigie sfumature che mi assediavano. Come un fantasma mi trascinavo, come un uomo senza anima cominciavo a morire goccia a goccia.

 

 

“ Destino dove tristezza?insondabile sotterranei

m'ha relegato e in cui mai può penetrare raggio rosa e

gaio;in cui,tutto solo con la Notte, scontrosa ospite,

 

sto come un pittore che un Dio ironico condanna a dipingere,

ahimè nelle tenebre; e dove cuoco dei funebri appetiti

faccio bollire e mangio il mio cuore,

 

a momenti brilla allungandosi, e distentendosi, un fantasma

di grazia e di splendore. Alla sua sognante andatura,

quando raggiunge la sua totale estensione,riconosco

la mia bella visitatrice: è Lei nera e  tuttavia luminosa.

Un tempo, sciocco più che mai e incapace di comprendere”

( Baudelaire )

 

 

 

Meditavo in modo scarno e poco lucido, come lo può essere un sogno misto a urla e morti accese, sul mio suicidio.

Mi veniva quasi da ridere se pensavo a quando mesi prima ci avevo pensato tante volte. Non capivo allora che non è altro che un bisogno di farla finita. Non c'è niente di poetico, niente di elevato e spirituale in questo. Ora capivo in modo completo e privo di dubbi che il suicidio era il solo modo che avevo per smettere di pensare, di sprecare la mia vita, di origliare i desideri altrui con le mie orecchie stanche e inutili. Ero inutile come può esserlo solo un individuo che non è più una creatura con uno scopo, come può esserlo solo uno scarto, un rifiuto, una desolazione che viene chiamata da coloro che non la vedono, tutti gli altri, uomo.

Mi sarei tolto la vita in modo eclatante. Avrei smesso di pensare, di sentire il cupo martellare dei pensieri. Avrei finito di essere un uomo - scarto totalmente perso nella sua idiota condizione di rifiuto innamorato e scadente.

Nella mente non più lucida, senza tranquillità, priva di ragione, colma solo di progetti a corto raggio, vorticavano quelle parole, quegli sguardi, quei colori che ahimè non riuscivo più a ricordare perché non mi appartenevano più.

Avrei smesso di essere tutto ciò che odiavo:

L'uomo folle e innamorato, l'uomo perso e irrecuperabile, l'uomo sbagliato e disastrato, l'uomo imperfetto e mai comprensibile, l'uomo che mai avrebbe funzionato bene.

Avrei smesso di pensare e forse solo all'inferno dove meditavo di dovere finire sarei stato bene: fra i miei pari.

Ignavi, codardi, bugiardi, corrotti, presuntuosi, senza anima, senza vita, senza respiro...

Lo sentivo sfuggirmi alito dopo alito come un bacio lanciato nel vento e accompagnato dalla mano. Non avevo più respiro, sarei morto.

 

 

 

 

 

 

 - 29/04/89 -

Ed eccomi qui in questa notte stellata, lucente, spaventosamente bella. Sono pronto. Ho salito le scale della torre di Astronomia lentamente assaporando ogni scalino che mi portava verso la fine, verso il mio palcoscenico, verso l'ultima scena del mio unico atto.

La notte mi ha accolto, su questo luogo di ricordi terribili, come una madre accoglie il proprio figlio disobbediente, frustandomi con un venticello fresco, delicato. Mi ha rapito rendendomi pronto al momento culminante dello spettacolo: la mia morte.

Perché se ci pensiamo, cosa è mai la vita se non un attesa estenuante, una corsa senza fine verso qualcosa che ci farà indiscutibilmente male?

La morte: sorella che agogno da giorni e settimane, che bramo da notti insonni e da giorni annebbiati e scontenti; voglio essere tuo, voglio appartenerti come il respiro appartiene ai polmoni; voglio raggiungerti in modo veloce, rapido, indolore.

 

 

“In una terra grassa, piena di lumache, voglio scavarmi
una fossa profonda in cui adagiare le mie vecchie
ossa e addormentarmi nell'oblio come un pescecane
nell'ombra.

 

Odio i testamenti e le tombe; piuttosto che mendicare
dagli uomini, una lagrima; preferirei, vivo, invitare i corvi a
dissanguare ogni punto della mia immonda carcassa.

 

Vermi! Neri compagni senza orecchie e senza occhi,
accogliete un morto che viene a voi libero e allegro;
filosofi gaudenti, figli della putrefazione,

 

passate attraverso la mia rovina senza rimorso e ditemi se
resta ancora qualche tortura per questo vecchio corpo
senz'anima, morto fra i morti.”

( C.Baudelaire)

 

 

 

Piccole nuvole vedo addensarsi sopra la coltre stellata, non riconosco neppure la costellazione del Drago, la mia; non vedo neppure una folla di inutili spettatori colmare il piazzale sotto la torre di Astronomia. Ironia della vita: ho sempre vissuto la mia esistenza senza senso sotto i riflettori voluti e ammirati di coloro che stavano attorno, al di sotto, all'oscuro. Ora nel momento in cui vorrei solo un paio di occhi a guardarmi, noto con orrore che le centinaia di faccia,di volti, di maschere, non hanno nemmeno le labbra: le urla si espandono come rivoli di acqua sporca dalle loro teste, ovali e quadrate, piatte e rotonde. Mi additano con gli arti estranei, piccoli, desolati. Che mi guardino pure, mai capiranno quello che solo io conosco.

Mi avvicino tremando alla balaustra, al balcone grande e pesante della torre di Astronomia, mi sporgo. I miei occhi ingranditi, luminosi, lucidi, si soffermano sulla pozza informe che è diventato il panorama. Un lago di colori spenti: grigio, nero, bianco.

Cosa vuoi, Draco?

Voglio finirla qui.

Il mio corpo, come non lo sentivo da giorni, da settimane, sembra ritornare risvegliato dall'anestesia totale a cui era stato sottoposto: si sveglia e urla il dissenso per il gesto insano e perfetto che voglio compiere. 

Almeno nella morte, nella distruzione, nell'oblio terminale sarò deciso. Non tornerò indietro, la smetterò di tremare come un poppante, come un povero diavolo spaventato e addolorato. Lo faccio per lei, per me, per noi. Non sono stato capace di starle vicino come dovevo, di darle fiducia, di abbandonarmi al suono dolce delle sue sincere parole. Perdonami Hermione, ora penso in ritardo, di sicuro la luce dei tuoi occhi colorati e briosi mi salverà poco prima dell'impatto.

Un anima dannata, futile, decisa, morta, decaduta.

Passi veloci non mi fanno voltare: riconosco la voce che mi chiama colma di spavento.

'Draco, cosa stai facendo? Non avrai intenzione di fare qualcosa di insensato?' dice la voce lontana di Blaise.

La voce di un amico?

La voce di un uomo, di una persona, di un serpeverde purosangue, di un ragazzo libero.

Mi volto verso di lui, gli mostro il mio sguardo spezzato, il mio stato di ignavo terminale: ho scelto, l’ho già fatto.

'Ho già scelto Blaise, vattene. Non tormentarmi. Non preoccuparti. Addio' dico in una sequenza di parole senza enfasi, spente come lo sono io.

Sparisce come un fantasma leggero, i suoi occhi blu hanno deciso di lasciarmi al mio destino, finalmente.

Mi tolgo la giacca, piano, sorrido ai miei ultimi momenti di vita folle. Le mani corrono sui piccoli bottoni neri, scivolano i bottoni fra le asole perfette. La giacca cade per terra, ricopre un perimetro piccolo e inutile di pavimento freddo, freddo e inutile come lo sono io. Sento il vento: freddo, pungente, dovuto all'ora tarda, infilarsi con forza nella camicia nera, fare rabbrividire la mia pelle bianca. I capelli biondi mi volano sul viso, nascondono i miei occhi immersi in visioni passate e pesanti:

 

Sguardi disperati, moniti precisi, conforto azzurro,barba argentea.

'Sono io che voglio aiutarti, Draco...'

'Potrei sconvolgerla!'

Lacrime leggere, mani tremanti, sussurri spietati. Poi il colpo, la distruzione, il dolore, il senso di colpa, la punizione.

Rinascita lieve, felicità immensa, possessione completa del mio cuore.

'Qualche volta sai cosa penso, Malfoy?...  Che tu somigli allo stregone dal cuore peloso, somigliavi... E’ ovvio’  aveva detto. ridacchiano del mio solletico

'Ah si?'

'Secondo te finiremo in quel modo, nello stesso dei due protagonisti della storia?' chiedeva stranamente assorta

'Non insinuerai che possa farti del male' dicevo io irritato

'Ma no, Malfoy... Mi riferivo alla storia del salice piangente!'

Sgranavo gli occhi, sorpresa muta era dipinta sul mio viso.

'Noi siamo reali, Granger. Le favole non ci appartengono.. ' dicevo tranquillizzandola.

E invece, era andata a finire proprio così. Uno di noi l'avrebbe fatta finita, l'altro l'avrebbe seguito?

No, non devo pensare a questo. Hermione non lo farebbe mai, lei è intelligente e poi - cupo dolore sento nel petto - lei non mi ama.

 

Le sbarre di ferro gelido entrano in contatto con la pelle delle mie mani. Afferro con forza quelle scure trafile e alzò una gamba, poi l'altra.

Incredibilmente strano, decisamente poco reale mi appare ora il pendio scivoloso da cui sto per lasciarmi andare. Sembra quasi irreale, difficile da racchiudere nello spazio di uno sguardo. Osservo le mie mani che si tengono ferme all'unico appiglio che mi è rimasto: le sbarre nere dietro la mia schiena fresca. Chiudo gli occhi, voglio vedere solo un volto mentre mi lancio nel vuoto, voglio sentire solo una voce, anche se questa non mi apparirà più vivida e tranquilla come un tempo era stata.

Respiro affondo, i piedi sono fermi in una posizione difficile, appena dentro il parapetto del balcone, appena al sicuro, ancora dentro il mio inferno personale e insondabile ad occhi estranei.

Un urlo, un profumo, una voce mi scuote e mi blocca.

Ho già fatto? Tutto è terminato? Sento la voce di un angelo? Sono morto?

Un barlume di felicità esplode nel petto al pensiero che niente ho sentito oltre quella voce melodiosa, niente se non il suo profumo di vaniglia che avevo creduto di dimenticare.

Sento due piccole braccia circondarmi il collo, stringere forte come se volessero soffocarmi. Apro gli occhi, mi volto:

Hermione mi tiene fortemente abbracciato a lei, cerca di tirarmi oltre le sbarre di ferro.

'Sto sognando, o sono morto?' chiedo all'angelo che somiglia ad Hermione e che mi tiene sopra il parapetto.

'Draco, Draco... Ti prego, ti scongiuro torna dentro! Draco mi senti?!' urla sconvolta

'E' stato così facile' dico piano

'Draco! Cosa dici? Sei qui con me, non sei morto. Draco mi senti?' dice con disperazione ben udibile nella voce perfetta. Sgrano gli occhi, lascio che mi tiri verso di se. Con un balzo scavalco le sbarre, la abbraccio.

'Cosa ci fai qui?' sussurro piegando il viso sui suoi capelli, stringendo le braccia intorno alla vita sottile. Il mio respiro si perde fra i suoi capelli morbidi, sento il mio cuore ricominciare a battere normalmente, poi aumentare, scalpitare frenetico contro di lei.

'Cosa ci fai, qui?' chiedo ancora stringendomi a lei, contro il suo viso bagnato di lacrime

'Cosa facevi, Draco?' chiede, mentre calde lacrime bagnano il suo volto. La vedo tremare forte, come un fuscello fra le querce di una vallata. Trema così forte che ho paura possa cadere.

'Cosa facevi?!!' urla preda di una crisi isterica.

'Quello che dovevo...' rispondo dolcemente, prendendole il viso fra le mani, guardandolo finalmente dopo giorni che mi sono sembrati secoli bui e interminabili. Comincia a scuotere il capo mentre piange, piange, singhiozza e trema instancabilmente.

'Quello che ... D..dovevi?' dice balbettando. ' Cosa speravi di ottenere? Volevi uccidere anche me, Malfoy?' chiede con un filo di voce

'Hermione, Hermione, Hermione... Tu non mi vuoi, tu mi odi, tu non mi amerai mai. Perché dovrei uccidere anche te? Hermione... E' già finita... Tu sei un riflesso, un raggio di sole che mi accompagna dove merito di andare. Sei solo il rifugio momentaneo del mio spirito distrutto. Non mentirmi.' le sussurro all'angolo della bocca. Sembra cominciare a tremare di più mentre le dico queste parole.

Le sue mani salgono sul mio viso, lo raccolgono dolcemente.

'Non sono morto? Sono ancora qui?' chiedo soltanto.

Lei è lì. Con me, vicino a me. E' corsa qui per impedirmi di togliermi la vita.

'Certo che sei qui... Dimmi che non l'avresti fatto, Draco..'

Alzo gli occhi,le sorrido dolcemente.

'Si l'avrei fatto, era l'unico modo per guarire, per smettere di pensare, per smetterla di sprecare la mia vita senza di te, Granger' dico e sento la sincerità delle mie parole incendiare il suo sguardo, trascendere la sua anima, illuminare il suo cuore di dolore.

Osserva il mio viso con un espressione densa, anormale, rapita. Sono io l'oggetto dei suoi tormenti? Mi sembra molto difficile crederlo, dopotutto il fatto che mi ha evitato il suicidio può considerarsi anche solo un gesto umanitario nei confronti di un povero diavolo.
Draco Malfoy, il povero diavolo, il disastroso portatore di conflitto ed ora anche pazzo suicida. I suoi occhi scorrono sul mio volto come a volersi assicurare che tutto è al suo posto, che sono tutto intero. Scruta attenta i miei occhi acquosi, pieni di follia, desiderosi di accaparrarsi avidi ogni momento che mi resta con lei.

Faccio alcuni passi verso di lei, le sorrido incapace di cambiare espressione. Lei è qui. Non mi interessa minimamente se è qui per poco o per sempre, la vedo ora, dopo averla cercata attraverso mille disparati modi.

'Perdonami... E' solo colpa mia se hai cercato di, di...' sussurra piano, comincia a tremare leggermente fra le mie braccia.

'No, Hermione. Non è colpa tua. Tu non c’entri, sta calma, ora va tutto bene.' le dico abbracciandola forte. Sento che si stringe a me con violenza, respirando affannosamente contro il mio collo.

'Ho temuto che fosse troppo tardi, che ti avrei perso, che non ti avrei più saputo su questa maledetta terra, Draco'dice senza guardarmi negli occhi.

Sorrido.

'Non è successo, Hermione.. Ora siamo qui, dimentichiamo tutto, non ci pensiamo più. Solo a ricominciare..' le dico baciandole i capelli. Alza il capo.

'Dovrei essere io a dirti queste cose, Malfoy.' dice malinconica 'Temevo che saremmo finiti come i protagonisti della storia...' sussurra contro la mia pelle.

'Non succederà Hermione. Non siamo la storia, ricordi? Siamo noi, solo noi.'

'Maledizione, Malfoy, maledizione! Come hai potuto?' si stacca da me improvvisamente e si porta le mani fra i capelli luminosi. Comincia a camminare avanti e indietro fissandomi a tratti arrabbiata e a momenti sembra che nei suoi occhi navighi sollievo.

E' un comportamento comprensibile, dopotutto. Ha appena evitato che la facessi finita! Se pochi minuti prima mi sentivo morire, ora che lei è di nuovo con me, mi sento vivo, risanato, quasi felice, anche se ben lontano dall'essere tranquillo.

'Hermione...' Mi avvicino a lei, con lentezza. Voglio solo poterla abbracciare. Non penso ad altro in questo momento

'NO! Tu non sai, tu non sai... Sentire Blaise dirmi che tu... Che tu volevi... Maledizione!' dice cominciando a piangere disperata. Si porta indietro i capelli morbidi, tira su col naso, sbatte un pugno contro il muro. Sembra disperata.

'Cosa avrei dovuto fare dopo, Malfoy?! Io non avrei avuto più niente, niente... Non ti rendi conto?!! Maledizione, maledizione... Perché devo amarti così?' dice immobile e tremante accanto alla parete più interna e scura della torre di Astronomia.

Cosa ha detto? Delira? Povera piccola. Ho messo a dura prova la sua salute mentale, probabilmente.

'Lascia che ti abbracci, Granger.' le sussurro dolcemente. Sento i miei piedi muoversi da soli, verso di lei. Non voglio altro che abbracciarla.

Le sfioro un braccio con delicatezza, la guardo. Ha paura di me?

'Vieni, Granger..' le dico aprendo le braccia

'Malfoy, per l'amore del cielo, per l'amore del cielo...' sussurra in una lenta nenia mentre la tiro fra le mie braccia. Non si oppone, mi stringe a se con passione, sento il suo profumo delicato entrarmi dentro come avevo sognato potesse succedere nei precedenti 22 giorni di non - vita. Faccio scivolare le braccia attorno alla sua vita, la tiro verso di me, sollevandola leggermente. Sembra così fragile, ancora di più di prima, di quando stavamo insieme. Sento il cuore battere finalmente vivo, ho l'impressione che il dolore profondo si sia risanato, che il mio respiro sia ritornato normale e perfetto. Riesco quasi a sentire ancora i colori vorticare dentro di me, dentro di noi, mentre continuiamo a stringerci.

Le mie mani fredde, scivolavo verso il suo viso delicato, sento che tremo mentre lo faccio. Le osservo le labbra, vedo che tremano veloci, quasi senza fermarsi mai, sbattendo l'una sull'altra. Ho paura di me stesso mentre avvicino le mie labbra alle sue labbra.

'Draco, aspetta...  No...' sussurra continuando a tremare fra le mie braccia. Alza gli occhi verso di me: sono lucidi, colmi di lacrime.

'Non vuoi baciarmi, Hermione?' le chiedo carezzando la sua fronte con le dita, scivolando verso di lei e intensificando l'abbraccio.

'Voglio riavere i miei colori indietro' dice lentamente fissandomi con serietà

Non rispondo, il significato di quella frase mi terrorizza, trafigge le deboli speranze che avevo creato in quell'ultima mezzora di ritorno. Faccio scorrere le mani sulla sua vita, le stringo forte, il mio viso finisce sul suo collo.

'Per ridarteli ancora...' dice infine dopo avermi fatto temere il peggio.

Il mio cuore stanco, gonfio, deciso, spaventato, batte forte, ancora di più ora che ha detto queste parole. E' come se il cielo scuro si trasfigurasse. Le stelle si aprono, i loro acuminati steli si sciolgono e si distendono, il buio scivola via e viene risucchiato non so dove, in un posto lontano. Il cielo torna a splendere perfetto e luminoso come lo ricordavo, solo che ora posso sentirne il sapore bagnarmi le labbra e farmi chiudere gli occhi in un istante di profonda estasi.

'Ho bisogno di te, come dell'aria, Granger ' dico lentamente, come se volessi accertarmi che ogni parola che esce dalle mie labbra possa raggiungere le sue orecchie, possa librarsi contro di lei senza paura, senza sbagli.

Le sue mani delicate scivolando dietro la mia schiena. Rabbrividisco piacevolmente, il corpo non risponde più ai comandi del cervello ma solo ai tocchi dolci delle mani di lei. Salgono percorrendo la colonna vertebrale, facendomi sperare che non smettano mai, giungono alla mia nuca, stringono forte. Il mio viso nascosto sul suo collo credo stia diventando ancora più pallido a causa dell'attesa a cui mi sta sottoponendo.

'Sono egoista, Granger, profondamente. Ne sono consapevole e non posso fare a meno, perciò, di volerti. Mi dispiace, io non posso continuare se tu non ci sei. Dimmi cosa devo fare , lo farò’  dico di nuovo lentamente ancora contro il suo splendido collo. Sento che sospira violentemente, i singhiozzi non sono ancora cessati.

'Dimmi cosa devo fare, Granger ' la prego ancora. Mi sento ora come se il mio destino non mi appartenesse più, non voglio che mi appartenga, voglio che sia lei a disporre completamente di me; desidero che mi ordini cosa fare, che mi sproni a fare ciò che rientra solo nei suoi voleri.

'Se non mi vuoi, ti capisco...  Ma non lo accetterò mai, perché non posso, perché no ci riesco, perché è contro natura' dico questa volta velocemente, vomitando le parole l'una dietro l'altra con bisogno crescente. Sento che annuisce, il respiro non accenna a regolarizzarsi.  Il suo alito caldo soffia sulla mia nuca, le sue braccia sono strette attorno alla mia vita.

'Scusami per averti mentito, Draco. La verità è che io non riuscivo a sopportare le tue paure, le tue ossessioni. Io ho bisogno che tu le metta da parte, dimmi che lo farai.'

'Tutto ciò che vuoi, Granger. Lo giuro.'

Continua ad abbracciarmi forte, i mille pezzetti che costituivano me stesso sono uniti ora grazie alla sua presenza.

'Mi ami?'

'Moltissimo'

Il mio cuore batte, il sangue scorre, i colori vorticano come mai hanno fatto. Sono vivo.

 

 

 

 

 

 

 

Fine primo e unico atto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piccolo spazio per me:

A Mollicadipane, la cara Annalisa. Con affetto... G.

Un saluto a tutti voi che siete arrivati alla fine di questo grosso delirio partorito dalla mia mente strana e malata. Vi ringrazio molto di avere letto e spero dal profondo che abbiate apprezzato, almeno un poco.

Devo fare delle precisazioni:

- La favola che è nella mia storia fa parte di un libro che si intitola: 'Gnomi' di due autori stranieri Poortvliet/Huygen;

- La strofa che è all'inizio della storia fa parte de'La canzone dei vecchi amanti' che Franco Battiato ha tradotto dall'originale francese di Jacques Brel: 'La chansons des vieux amants'

Vi metto il link per sentirla, fatelo perché è bellissima *.* Magari mentre leggete!

http://www.youtube.com/watch?v=H1DpjXQUDsI

http://www.youtube.com/watch?v=p8iN260Z-SE

la prima in Francese, la seconda in Italiano.

- Sono consapevole di avere usato le date originali e avere inserito lo stesso il professor Piton, nonostante lui in quell'anno doveva essere morto, perché la storia si svolge dopo la fine della guerra, in un ipotetico settimo anno ad Hogwarts.

Spero mi vorrete fare sapere cosa pensate di questa mia storia.

Grazie e bacioni.

 

 

 

 

 

 

Dublino

   
 
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