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Autore: Myrtle Y    12/04/2010    2 recensioni
Pare che la storia stai per ripetersi, nessuno stenta a crederci ma toccherà alla nuova generazione scoprire cosa succede.. la palla passa a loro.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano le 10.55 del 1 settembre a Londra. Il tempo non era dei migliori, come suo solito pioveva, eppure era ancora estate. Le strade erano quasi vuote, le persone preferivano stare chiuse in casa al calduccio piuttosto che mettere il naso fuori dalla porta, e poi era domenica e la domenica si riposa in tutto il mondo. Beh, di certo nel mondo dei Babbani perché, al contrario di questo, quella domenica, per la maggior parte delle persone appartenenti al mondo magico, non era un giorno di riposo.

 

“Dai ragazzi siamo in ritardo! Correte!”

“Uf io non voglio correre..! questa è tutta colpa di QUALCUNO che non si muove a prepararsi la mattina!”

“Hugo hai poco da incolparmi..! Se mi serve quel tempo per prepararmi non è colpa mia!”

“Si invece! Potresti svegliarti prima la matt—“

“Smettetela voi due e camminate! E state attenti a non scivolare! Questa pioggia non fa vedere un tubo..!”

 

Un gruppetto di quattro persone si muoveva veloci nella stazione di King’s Cross, quasi deserta. La pioggia non permetteva di vedere bene da quanto era fitta, sembrava quasi si stesse sfogando contro i cittadini che inquinano, inquinano, senza pensare che causano problemi all’ambiente e al cielo, ma da quella oscurità mattutina spiccavano due chiome rosse e due castane. Nessuno sapeva dove la famiglia Wealsley era diretta, nessuno la vide fermarsi davanti a una colonna tra il binario 9 e 10, nessuno la vide sparire oltre quella barriera segreta conosciuta solo dai maghi.

 

Erano passati cinque anni dalla prima volta che Rose Weasley si era trovata tra i due binari, con il carrello dei bagagli in mano. Aveva tutto con sé nel baule:  penne d’oca, pergamene e tutti i libri della lista riportata nella lettera ricevuta. Sopra il baule si trovava una gabbia dove Rose teneva la sua bella civetta regalatale dallo zio Harry. Era ancora piccola, sarà stata alta circa 30 centimetri, era nera come la pece ma aveva qualche macchia bianca soprattutto nelle ali, l’aveva chiamata Wing.

Ricordava perfettamente le emozioni provate quei primi giorni, l’eccitazione durante il viaggio nel treno nello scompartimento con Josh, Albus e Claire passato a ridere, a fare supposizioni, a fantasticare, quanto era rimasta affascinata alla vista del castello nero con le mille finestre illuminate, la pioggia insieme al freddo che l’accompagnava durante il passaggio in barca, l’ ansia quando si era trovata davanti a quella porta altissima di legno che era l’ingresso alla sala grande.

Erano entrati in quella stanza che le sembrava immensa, guardò il soffitto: la madre le aveva detto che non era vero, era un incantesimo, infatti non potè non notare quanto fosse splendidamente magico. Con il naso per aria, il gruppetto dei primini era arrivato davanti a uno sgabello sulla quale si trovava un cappello parecchio vecchio, malandato, insignificante. Fece il suo canto d’inizio anno, Rose sapeva tutto a riguardo, per ogni corso di studi il cappello parlante inventava una canzone che poi il giorno dello smistamento avrebbe dovuto presentare. Quell’anno fu così:

 

“Allora, salve giovane maghetto

in barca hai superato il laghetto

ma non credere fosse una sfida

quella la incontrerai presto

così sentirò le tue grida

ma non essere mesto

 

Non spetta a me farti la lezione

non è di questo che parla la canzone

con la vita capirai,

chissà da che parte starai

io ti devo giudicare

o forse è meglio dire studiare

decido qual è la casa che ti spetta

prima te le presento, aspetta.

 

Tassorosso è lì tranquillo

Serpeverde è sempre brillo

Corvonero con la sua intelligenza

Grifondoro con la sua imprudenza

 

Tu davvero sai dove andare?

Io non credo lo sappia dire

Solo io ti saprò interpretare

E dove smistarti capire

 

Ma ora basta con i canti

Chi sono i demoni e chi i santi?

Siete curiosi di sapere

E porre fine alle vostre pene

Non vi lascio più sulle spine

Diamo a questa canzone una fine!”

 

 

E accompagnati dalle urla, dagli applausi della scuola il cappello era tornato immobile su quello sgabello. Rose pensò quanto dovesse essere triste essere lui, non poteva inchinarsi, dire grazie alla folla che l’aveva acclamato, ma in fondo era questo che contava? Il suo compito era un altro e nel farlo insegnava e cercava di aprirti gli occhi, lo faceva bene.

Ecco che ad uno ad uno i giovani maghi e le giovani streghe erano stati chiamati. E tutti accolti dai festeggiamenti si erano seduti nelle tavolate delle rispettiva case.

 

“Ethan Allow”

“Corvonero!!”

 

“Trevor Allow”

“Corvonero!!”

 

“Vernon Dusley”

Qui il cappello aveva esitato. Si era trovato a dover analizzare una mente difficile, sentiva tristezza, coraggio, voglia di emergere, timidezza, paura, ansia, eccitazione, speranza, intelletto, furbizia, ostilità, intolleranza. Si chiedeva perché c’erano sempre più persone così complesse, la scelta la vedeva difficile. Ma alla fine decise, dopo aver pensato a tutto quello che quel ragazzo possedeva aveva gridato la casa che sarebbe stata la sua potenziale famiglia per i prossimi sette anni.

 

 

  
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