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Autore: Iamthelizardqueen    14/08/2005    15 recensioni
Ah! i benefici di una buona discussione; Usagi e Mamoru reagiscono stranamente alla loro costante diatriba - traduzione a cura di ^Sophie^
Genere: Romantico, Commedia, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Sweet Loving Hate

di IamtheLizardQueen

Okay, ecco la seconda e ultima parte. Credo… Comunque, grazie mille a tutti quelli che hanno commentato la prima parte. Ero così commossa! Ho cercato davvero strenuamente in questa parte di essere all’altezza delle aspettative, quindi per favore fatemi sapere se ho fallito o se ci sono riuscita. Il rating è ancora R, e non NC-17, perché non penso di essere stata molto esplicita, ma sì, è vero questa storia è principalmente basata sul sesso. Usagi e Mamoru hanno l’età che voi preferite, non è realmente importante per la storia. Io non ho diritti su Sailor Moon, sfortunatamente. Buona lettura!

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Usagi non riusciva a credere quanto tempo ci volesse perché venerdì arrivasse. Certamente venerdì sembrò sempre impiegarci il tempo necessario, ma quella settimana fu particolarmente frustrante. Era sciocco, lo sapeva, essere così impaziente di un confronto con il cosiddetto nemico, ma una parte di lei era ottimista: se le cose continuavano a procedere in quel modo, non sarebbero stati nemici ancora per molto. E benché negasse che lo voleva, le piaceva l’idea di avere Mamoru nella sua vita in pianta stabile.

Tali deliziosi pensieri fluttuavano nella sua testa, mentre Usagi ficcava i libri più o meno con successo dentro quel caos che era il suo armadietto.

“Hey, Usagi. Pronta per andare o hai una punizione?” domandò Makoto, avvicinandosi a Usagi.

“Nessuna punizione. Miss H odia darle quando la scuola finisce prima. Dov’è Amy?”

“Probabilmente ci starà aspettando fuori. Andiamo tutte quante alla sala giochi allora?”

“Sì. E poi da Rei.”

Il trio se ne andò con il morale alto, quello di Usagi era il migliore di tutti. Stava per vedere Mamoru e per il momento era sufficiente avere una buona discussione.

* * *

Mamoru pensò che venerdì non sarebbe più arrivato. Avrebbe potuto giurare che c’erano stati tre martedì e almeno due mercoledì. (NdA: mai avuto una di quelle settimane?) Ma finalmente il venerdì arrivò. E, quando l’ultima lezione del giorno terminò, si lasciò sfuggire un atipico applauso, saltò fuori della sedia e fu il primo ad uscire dalla porta. Corse al suo appartamento, gettò i suoi libri sul tavolo e fece una doccia. Poco dopo, stava di nuovo uscendo per sorvegliare la sala giochi. E anche se pensò che fosse strano essere in trepidante attesa di una discussione, in quel momento non si lasciò preoccupare. Si sarebbe divertito (particolarmente) più avanti, era intenzionato a lasciare che la natura continuasse il suo corso. Si sedette e si preparò ad aspettare.

La porta della sala giochi tintinnò e la testa di Mamoru si alzò di scatto come se fosse una marionetta. Non aveva neppure bisogno di vederla per sapere che Usagi era nella stanza - gli altri suoi sensi lo avevano avvertito delle sua presenza, come se lei fosse stata uno sbalzo di elettricità. La sua faccia assunse l’abituale sorriso sardonico ed era già pronto per accusarla di un numero di cose orribili, quando vide la faccia di lei. Era triste, le lacrime erano sgorgate dai suoi occhi e camminava come se si stesse trascinando dietro un pianoforte. Lui era già quasi in piedi, pronto a prenderla tra le braccia e consolarla per qualsiasi problema lei avesse, prima di ricordarsi che erano ‘nemici’. Non poteva fare niente di tutto ciò, almeno non di fronte a degli spettatori.

“Cosa è successo a Usagi?” domandò Motoki a Makoto.

“Oh, un tizio ha cominciato a importunarla e lei è rimasta turbata. Solo ieri questo tizio le aveva chiesto un appuntamento e lei gli aveva detto no, perché si vedeva già con qualcun altro. Poi lui ha scoperto che lei non stava vedendo nessun altro ed è diventato cattivo. Avrei voluto colpirlo, ma lui stava gridando dal finestrino di una macchina ed è andato via sgommando quando mi sono avvicinata.”

“Che balordo, Usagi. Ma non capisco perché è sconvolta. Voglio dire… tu sai quel tipo è un idiota, perché ti infastidisce sentirlo?” disse Motoki.

“Dunque, lui l’ha definita una orribile, bugiarda… uh… ‘femmina di cane’? E poi ha quasi cominciato a… uh… parlare rabbiosamente” spiegò Amy. Mamoru era in fermento. Ok, forse lui non era migliore riguardo all’infastidirla prima, ma almeno lui non si sarebbe spostato per ricevere il meglio di quello che dava. Poi gli venne una idea.

“Questo spiega tutto allora. Sei sconvolta perché quel tipo ti ha detto la verità. Vorrei averci pensato di farlo anni fa” disse Mamoru, sperando di attirare l’attenzione di Usagi.

“Hey, dalle una tregua, Mamoru.”

“Sì, non ho veramente voglia di trattare con te ora” disse lei, recuperando abbastanza coraggio per urlare contro Mamoru.

“Sei sicura? Forse è ora che tu senta quello che realmente penso di te” gridò Mamoru, cercando per tutto il tempo di comunicarle con gli occhi il vero messaggio.

Usagi guardò Mamoru. Sicuro, avrebbero discusso, ma colpirla mentre lei era giù di morale sembrava un po’ duro. Lo fissò duramente in quei suoi occhi blu scuro e notò il gentile, implorante sguardo che era celato in quelle profondità. Improvvisamente, tutto ebbe un senso. Era così allarmata che le era difficile continuare con quella sciarada.

“Uh… sì, forse dovrei ascoltare quello che hai da dirmi. È tempo che io impari la lezione, e altre cose. Magari, dovremmo andare fuori per urlarci contro?” domandò Usagi, gridando ancora, nonostante le sue parole quasi da conversazione.

“Penso che sia proprio un’ottima idea!” esclamò Mamoru. Il suo tono di voce sottolineava una certa rabbia, ma era completamente incongruente con la sua affermazione. Mamoru prese Usagi per mano e i due lasciarono la sala giochi in una forma indistinta in movimento. Gli sbalorditi testimoni li osservarono attraverso i vetri fino a quando non scomparvero alla vista.

Makoto guardò Amy, Amy fissò Motoki, Motoki si girò alla ricerca di qualcuno che potesse spiegare, ma, siccome erano solo loro tre, fu costretto a concludere che erano tutti ugualmente disorientati.

“C’è qualcun altro che pensa che sia strano?” domandò Motoki alla fine.

“Strano? Era veramente bizzarro. Stavano discutendo o andando d’accordo?” chiese Amy.

“Non lo so, ma per l’interesse della mia salute mentale, farò finta che non sia successo niente” disse Makoto e prese un lungo sorso del suo frullato. Amy e Motoki annuirono concordi con il saggio consiglio di Makoto.

Mamoru stava ancora tenendo la mano di Usagi mentre la trascinava lungo la strada. Avevano già raggiunto il parco quando Usagi parlò.

“Mamoru, dove stiamo andando?” Mamoru si fermò così bruscamente che Usagi si schiantò contro la sua schiena. Lui la tenne in equilibrio, mentre la faceva girare in modo che fossero faccia a faccia.

“Lo sai, non ne ho idea? Volevo solo tirarti su di morale e non potevo farlo con i tuoi amici intorno” disse Mamoru, un sorriso languido sul volto. Usagi rise. Anche Mamoru si mise a ridere prima di chiedere cosa c’era di così divertente. “Cosa?”

“È solo che il mio nemico, il ragazzo che mi importuna spietatamente, si è accanito per farmi stare meglio perché un altro tizio si è preso gioco di me.”

“Oh, sì, capisco il tuo punto di vista. È ipocrita da parte mia essere con te ora, forse non avrei dovuto cercare di prendermi cura di te?”

“No, sono contenta tu l’abbia fatto. Mi sento già meglio” disse Usagi, avvicinandosi.

“Non dirlo. Stavo pianificando di baciarti meglio” la stuzzicò Mamoru, circondandola con le braccia.

“In questo caso, mi sento proprio male” affermò Usagi, sorridendo teneramente. Mamoru stese la mano e la appoggiò delicatamente sulla guancia di lei, inclinandole verso l’alto la testa. Lui abbassò la testa con deliberata lentezza e le loro labbra si incontrarono molto teneramente, come il vento attraverso un sogno. Era il primo bacio delicato che avessero mai condiviso. Si fece più profondo naturalmente e leggiadramente e fu colmo della stessa passione e desiderio degli altri loro baci, solo che questa volta c’era un significato dietro questo. Cercarono di stare il più vicino possibile. Braccia che sostenevano, sollevavano e li univano insieme.

Usagi non riuscì a capire quanto fosse buono il suo profumo. Doveva aver fatto una doccia perché l’odore del sapone indugiava ancora sul suo corpo, accentuando il suo naturale profumo. Lui era così solido e coi piedi per terra; si sentiva completamente protetta tra le sue braccia. Era una sensazione così forte che si sentiva sul punto di annegare, solo che era l’impressione più fantastica che avesse mai provato. Era così sconvolgente e bella che credeva quasi di essere sul punto di piangere.

Caldo e morbido, delicato e invitante, queste e molti altri pensieri ancora circolavano nella testa di Mamoru, mentre stringeva Usagi al suo corpo. Lei si adattava perfettamente tra le sue braccia, nella sua vita, come se lui l’avesse aspettata perché lo completasse. Non riusciva a ricordare come aveva vissuto prima di incontrarla. Non voleva neanche. Voleva solo continuare a stringerla rinchiudere se stesso in quel soffice calore che la seguiva in ogni suo movimento.

La mano di Mamoru sfiorò il suo collo e Usagi ridacchiò. Il bacio terminò e gli occhi di Usagi si aprirono. “Scusami. Soffro il solletico, soprattutto intorno al collo.”

“Solletico? Davvero…” disse Mamoru, un diabolico sorriso sulle labbra.

“Oh no, per favore no” esclamò Usagi ritraendosi dal suo abbraccio con simulata paura. Mamoru fece un passo verso di lei e prima che lei potesse scappare la stava solleticando dappertutto. Usagi fece una risata stridula e tentò frettolosamente e senza successo di allontanarsi dalle erranti mani di Mamoru. Si raggomitolò sull’erba per sottrarvisi, ma il solletico continuò, fino a che Usagi non riuscì più a resistere. Era sicura che presto avrebbe finito l’aria.

“Per favore, non riesco a respirare!” ansimò Usagi tra uno scoppio di risa e l’altro.

“Bene, lo riprenderemo più tardi” disse Mamoru. Restarono distesi fianco a fianco sull’erba facendo respiri profondi. Mamoru si mise a sedere per primo e accostò Usagi a sé. Il sole si trovava proprio sopra il lago - una luccicante sfera arancione. Gli occhi di Usagi si crogiolarono di fronte a quel fantastico scenario e Mamoru si crogiolò alla vista di lei. Il leggero sollevarsi e abbassarsi del suo petto, il lungo arco del suo collo, la brillante frangia dorata che minacciava di rovesciarsi dentro i suoi occhi blu mare. Cominciò a sfiorare gentilmente col naso il suo collo, appena sotto l’orecchio.

Usagi sospirò pensando che niente poteva essere perfetto come quel momento. Quelle carezze sul collo la eccitarono, specialmente quando sentì la lingua di Mamoru che toccava la sua pelle sensibile di tanto in tanto.

“Mamoru, che stai facendo?” domandò Usagi dopo diversi minuti. Stava cominciando a preoccuparsi dei gusti di Mamoru - che avesse una predilezione per il collo o qualcosa di simile?

“Oggi mi è venuto in mente, quando hai detto che quell’altro ragazzo ti aveva chiesto di uscire, che altri uomini probabilmente ti guarderanno e ti desidereranno, perché… ehi… chi non lo farebbe? E ho pensato che sarebbe fare qualcosa per far sapere agli altri che tu sei già prenotata.” Usagi si beò del complimento per un istante, prima di realizzare quello che Mamoru aveva fatto. Si voltò e fissò lo sguardo su di lui.

“Mamoru Chiba… per caso mi hai appena fatto un succhiotto?” chiese lei con disapprovazione.

Infatti Mamoru arrossì. Non era quel tipo di ragazzo da essere così allegro, ma qualcosa che la riguardava lo faceva sentire completamente a proprio agio. E lui aveva sempre voluto lasciare un succhiotto ad una ragazza, quindi era quasi orgoglioso quando lo ammise. “Sì.”

“Come hai potuto? Come farò a nasconderlo ai ragazzi a scuola, alle mie amiche, a… oh Dio… alla mia famiglia” disse Usagi, gli occhi si spalancarono al pensiero di suo padre che riconosceva quel livido.

“Digli che sei inciampata in un aspirapolvere” affermò Mamoru.

“Sai qual è la peggior cosa di questa scusa? Tutti crederanno che sono abbastanza goffa da tenere un aspirapolvere appoggiato al collo e poi si domanderanno cosa stavo facendo con un aspirapolvere. Non sono esattamente famosa per le mie abilità domestiche” ammise Usagi.

“Scusami se cerco di apparire sorpreso” esclamò Mamoru.

“Idiota” borbottò Usagi. Allora le venne in mente una cosa. “Ti rendi conto che questa volta non abbiamo lottato come prima cosa? Cosa pensi che significhi?”

Mamoru si fermò a pensare, non sicuro di essere pronto ad ammettere che era felice in sua compagnia, con o senza discussioni.

“Io… non lo so. Potrebbe solo essere stato un caso fortuito, noi che ci baciamo senza litigare. Voglio dire… io non ti piaccio, vero?”

“Oh no” disse Usagi, un po’ troppo affrettatamente per essere convincente. “Tu mi disprezzi ancora. Giusto?”

“Certo” replicò Mamoru, in maniera non convincente.

“Bene allora. Resterò qui” disse Usagi, alzandosi in piedi. “Tu resterai là e ci diremo qualcosa di offensivo e tutto tornerà alla normalità. Se si può ancora definire normale tutto questo…”

Mamoru guardò Usagi e non riuscì a pensare a niente da dirle che fosse odioso. Fortunatamente furono interrotti da una voce che chiamava Usagi.

“È Rei” spiegò Usagi. Dovevo incontrarmi con lei e le altre ragazze dopo essere stata alla sala giochi. Avrei dovuto tenerne conto.” Usagi cominciò ad andare incontro alle amiche, quando pensò a qualcosa da dire. “Solo a titolo informativo. La prossima volta, ho deciso di discutere sul fatto che io non sono una tua proprietà, quindi tu non mi puoi marchiare quando ti pare. Davvero, che comportamento tipicamente maschile!”

Usagi se ne andò velocemente, mentre Mamoru borbottava: “Quando cerchi di fare qualcosa di carino…” Era contento che lei se ne fosse andata perché si sarebbe arrabbiato con lei e avrebbero scampato appena per un pelo la minaccia di avere una vera relazione altruista. Certamente, lui era comicamente felice che lei avesse stabilito che si sarebbero incontrati un’altra volta.

* * *

La sera seguente, Usagi era di nuovo nel parco, solo che questa volta era lì per una ragione diversissima. Una mostruosa creatura simile ad un tostapane estremamente ben dotata e malamente vestita stava attaccando un gruppo di passanti. Sailor Mars, Sailor Mercury e Sailor Jupiter le si muovevano intorno velocemente schivando giganteschi pezzi di toast fumanti. Sailor Moon era a terra, fumante di rabbia. Odio veramente quando queste cose sprecano il cibo.

Alzandosi in piedi, attivò la sua tiara e la scagliò contro il mostro. Riuscì a tagliarle un braccio, ma il mostro non si polverizzò. Emise un altro grido oltraggiato e lanciò un altro giro di toast, o meglio bagel, nella loro direzione.

“Questo è troppo! Sono Sailor Moon, la paladina dell’amore e della giustizia e non ti permetterò di sprecare del cibo in questo modo” disse Usagi rabbiosamente. Aveva di nuovo la tiara in mano, ma il suo discorso aveva dato abbastanza tempo al mostro di sparare direttamente a lei. Prima ancora di avere il tempo di pensare a muoversi, un paio di braccia la spinsero rapidamente a terra. Era Tuxedo Kamen e sebbene Usagi ne fu sollevata, non riuscì a capire perché non si eccitò come le altre volte in cui il suo focoso salvatore faceva la sua comparsa. Poteva essere possibile che lei fosse più interessata al suo scocciatore Mamoru che al suo ‘perfetto’ rivale Tuxedo Kamen? All’inizio, il pensiero fu così assurdo che lei lo accantonò, ma poi ci pensò un po’ di più e realizzò che Tuxedo Kamen era sempre stato più un ragazzo da sogno che uno reale. Lei non riusciva a immaginarsi di stare con lui in momenti diversi da quello che stavano vivendo ora. Lei aveva bisogno di qualcuno che avesse bisogno di lei. Qualcuno reale, come Mamoru.

“Finiscilo! Il mostro ti ha voltato le spalle” esclamò Tuxedo Kamen, mettendola giù. Mamoru si meravigliò che la ragazza dei suoi sogni, Sailor Moon, sembrava improvvisamente aver assunto meno importanza ai suoi occhi. Un piacevole sogno. Gli piaceva essere in grado di salvarla e ammirava la sua determinazione e la sua passione, ma non riusciva a vedersi con lei in modo permanente. È proprio impensabile chiedere ad un supereroe un appuntamento e non poteva neanche figurarsi di mettere su famiglia con una persona irreale come Sailor Moon. Lui voleva qualcuno che non trovasse necessario fare ooh e ahh ad ogni sua mossa, qualcuno che esprimesse la propria opinione e lo facesse stare sulle spine. Qualcuno come Usagi.

E fu proprio in quel momento che lo vide. Il collarino di Sailor Moon era scivolato leggermente rivelando un livido ovale di media misura proprio sotto l’orecchio sinistro. Mamoru era così sorpreso che dimenticò come si faceva a sbattere le ciglia. Non poteva essere una coincidenza.

“Ah! Moon Tiara stardust!” gridò Usagi trionfalmente, inconsapevole del fatto che la sua identità segreta era appena stata scoperta. Si affrettò a controllare le sue amiche.

Una volta affievolito lo shock iniziale, Mamoru cominciò a sorridere e poi a ridere. Era troppo perfetto: non solo aveva parecchie ragioni per stare con Usagi, ma aveva anche Sailor Moon come bonus aggiuntivo. Infatti, se avesse creduto a quelle cose, avrebbe pensato fosse opera del fato. Pensò anche che i loro litigi fossero solo un ultimo espediente di chiunque fosse incaricato di farli stare insieme. Ben fatto, Fato, ben fatto.

Usagi salutò le sue compagne e si diresse verso casa. Una figura in nero uscì fuori dall’oscurità così improvvisamente che lei sussultò leggermente per la sorpresa. Era Tuxedo Kamen, ma sembrava diverso. Aveva un sorriso soddisfatto sul volto come se avesse saputo qualcosa.

“Sailor Moon, sei stupenda come sempre” disse Mamoru con voce strascicata. Usagi era nervosa. Di solito Tuxedo Kamen non si intratteneva mai in giro dopo una battaglia. Cosa voleva? “O forse, dovrei dire Usagi.”

“Prego?”

“So chi sei, Sailor Moon. Tu sei Usagi Tsukino, frequenti la Juuban High e la sala giochi.”

La bocca di Usagi si aprì e Mamoru non riuscì a trarsi d’impaccio. Lei era così adorabilmente confusa che lui fosse a conoscenza della verità e fu davvero un’opportunità di tutta una vita. La fece indietreggiare fino a un albero, piazzò le braccia su entrambe i lati, bloccandole così ogni via di fuga, e la baciò avidamente. Non era veramente sicuro di quello che sarebbe accaduto, ma sicuramente si stupì quando lei lo colpì in faccia. Duramente.

Preoccupandosi di non essersi rotto il naso, reclinò il viso tra le mani. La maschera e il cappello erano caduti a terra per la forza del colpo.

“Ber guale bannato botivo hai faddo guesdo?”

“Cosa?” chiese Usagi. Mamoru alzò il volto e la guardò.

“Ho detto: per quale dannato motivo hai fatto questo?”

Gli occhi di Usagi si spalancarono. Brillanti occhi blu mezzanotte su un volto che lei conosceva così bene. Perché non aveva mai notato la somiglianza prima? Mamoru era Tuxedo Kamen. Poteva avere il suo posato, stupendo e stimolante Mamoru, e ora poteva anche condividere con lui tutte le cose che le accadevano nei panni di Sailor Moon. Era una situazione perfetta. Allora notò che Mamoru stava ancora sanguinando.

“Oh, mi dispiace tanto! Pensavo che tu fossi… beh, tu sei… ma pensavo che tu non eri tu e non volevo che accadesse.”

“Usagi, non ha alcun senso” disse Mamoru, ancora un po’ di malumore. Non riusciva a credere che lei l’avesse colpito abbastanza forte da farlo sanguinare.

“Non volevo che nessun altro tranne Mamoru Chiba mi baciasse e questo includeva anche Tuxedo Kamen. Non sapevo proprio che tu fossi Tuxedo Kamen.” Mamoru si rianimò un po’. Come era lusinghiero il fatto che lei arrivasse a questo punto per conservarsi per lui solamente. “Mi viene da pensare… da quanto tempo sai che sono Sailor Moon? Come hai potuto non dirmi che tu eri Tuxedo Kamen?” disse Usagi, la voce che si faceva più alta. Sciolse la trasformazione e ritornò ad indossare la lunga gonna e la camicetta che indossava prima dello scontro.

“Ho visto il segno sul tuo collo. E perché tu non mi hai detto che eri Sailor Moon?” chiese Mamoru, seguendo il suo esempio e tornando al suo precedente abbigliamento, pantaloni kaki e camicia bianca.

“Non posso proprio andare in giro a dire alla gente chi sono. Non è questa una delle caratteristiche dell’identità segreta? Che deve rimanere segreta? Duh” esclamò Usagi bruscamente.

“Bene e perché per me deve essere diverso? Non mi aggrada l’idea che i mostri si presentino alla porta del mio appartamento. Sei totalmente irrazionale” disse Mamoru ad alta voce. Cominciò a camminare in direzione di casa sua. Usagi lo raggiunse.

“Io? Irrazionale? D’accordo, accusa la donna isterica. Tu sei davvero impegnativo, lo sai?”

“Sei tu quella che sta discutendo senza alcuna ragione apparente. Cos’è che ti dà fastidio?”

“Non lo so!” strillò Usagi. Veramente non lo sapeva. Era quasi fastidioso che per tutto il tempo in cui erano stati insieme, non erano stati in grado di parlare riguardo alle tensioni di una vita da supereroe, ma inoltre che lei effettivamente era davvero felice.

“Sei incredibile. Solo qualcuno con un cervello eccezionalmente piccolo poteva dimenticare il motivo delle sue urla contro qualcun altro” affermò Mamoru, alzando gli occhi al cielo. In quel momento si trovavano davanti all’entrata del complesso residenziale di Mamoru. Lo spazio tra loro era drammaticamente poco, i loro occhi erano più avvinti tra loro che su dove stavano andando.

“Non so neanche dove diavolo mi stai portando” disse Usagi, mentre Mamoru si faceva strada fino all’ascensore.

“Non ti sto portando da nessuna parte, sei tu che mi stai seguendo perché non sopporti l’idea di lasciarmi concludere vittorioso una discussione!” urlò Mamoru.

“No, mi rifiuto solo di farmi dare della stupida da te e fartela passare liscia.”

“Allora ci vorrà molto più di questa camminata per convincermi della tua intelligenza. Quindi suppongo che ti debba invitare nel mio appartamento, visto che sei qui?”

“Non devi fare niente, dimmi solo che non pensi che io sia una stupida!”

“Bene, tu non sei una stupida, solo non ti concentri mai su una cosa per volta. Ora vuoi salire?” disse Mamoru rabbiosamente, mentre le porte dell’ascensore si aprivano. Usagi non disse nulla, entrò solamente e incrociò le braccia al petto. Quando le porte si chiusero di nuovo, gli si avvicinò.

“Quindi fammi capire, Mamoru, adoro ancora discutere con te, ma qualche volta andiamo troppo oltre” disse. La sua faccia era rossa, respirava affannosamente e i suoi occhi erano accesi da un fuoco interiore. Mamoru la guardò con uno sguardo da predatore, apprezzando l’intensità del momento.

“Sono d’accordo. Non dovrei dire cose che non penso veramente” replicò Mamoru, scostandole alcune ciocche dietro la schiena. “Ora pensi che abbiamo avuto abbastanza preliminari per stasera?”

“Assolutamente” confermò Usagi, lasciandosi stringere nel suo forte abbraccio. Le labbra erano incatenate da un’energia forte e innegabile. Lottarono per uscire dall’ascensore al piano giusto, dato che non riuscivano a staccarsi neanche per una frazione di secondo. Mamoru spinse Usagi fin contro la porta del suo appartamento dove cercò goffamente le chiavi. Un vicino uscì dall’appartamento dall’altra parte del corridoio e fissò a bocca aperta la coppia di innamorati, prima che Mamoru riuscisse a notare lo spettatore. Fissò il suo penetrante sguardo sull’uomo per non permettergli di guardare la sua Usagi con niente di meno del completo rispetto e l’uomo prontamente si rifugiò nella sicurezza del proprio appartamento. Finalmente la porta si aprì e la coppia passandoci attraverso incespicò.

Mamoru la trasportò con facilità al centro del soggiorno. Le fece appoggiare i piedi sul pavimento e piazzò le mani sulle reni di lei. Le mani di Usagi erano unite intorno al suo collo, tenendo delicatamente la sua testa a posto sopra la sua. Lei fece scivolare le mani lungo il suo petto timidamente, prima di osare togliere uno dei bottoni. Una mano di Mamoru salì a coprire le sue e farle capire che era d’accordo a continuare. Slacciò un altro bottone, seguito da un altro fino a che il petto di lui non fu scoperto. La prima cosa che lei fece fu mettere il suo palmo sopra il suo cuore. Poteva sentire le forti mani di Mamoru attraverso il leggero tessuto della sua gonna, che sprigionavano il loro calore lungo tutta la spina dorsale quando lui l’accarezzò gentilmente.

Il telefono suonò insistentemente, facendoli trasalire. Mamoru brontolò sulla sua bocca prima di staccarsi per andare a rispondere. “Probabilmente è il lavoro, devo rispondere” mormorò a mo’ di scusa. Rispose al telefono in cucina e Usagi poté capire dal suo tono che sarebbe stata probabilmente una lunga conversazione.

L’interruzione le diede il tempo di analizzare la situazione. Che amasse Mamoru non c’erano dubbi, ma doveva ancora scoprire se lui ricambiava questo sentimento. Che gli piacesse era evidente, poteva essere sufficiente? Magari lei doveva solo fare quello che il suo corpo voleva così chiaramente e sperare che Mamoru si decidesse alla fine. Ooh, era tutto così confuso. Niente in tutta la sua vita era mai stato normale, quindi come faceva a sapere qual’era la cosa giusta da fare?

Usagi cominciò a prendere nota dell’ambiente che la circondava. C’era veramente poco da vedere e nulla le poteva dire niente riguardo alla personalità di Mamoru. Tutto era pulito, ordinato e... poco. C’erano solo un paio di immagini sulla parete, ma erano solo stampe di vari famosi quadri impressionisti, nessuna fotografia. I libri sugli scaffali erano tutti manuali con titoli che lei non riusciva a capire. La voce di Mamoru proveniva ancora dalla cucina, così arrischiò una veloce occhiata dentro la sua camera, ma scoprì che era fredda proprio come il soggiorno. Solo il fatto che il letto non era stato rifatto, dava l’impressione che qualcuno abitasse in quella casa.

Quello e un vaso di rose sul cassettone. Ancora nessuna foto, niente libri molto consunti e spiegazzati o nessun maglione preferito. Il bagno era in disordine, grazie a Dio, almeno questo ragazzo non era completamente un patito del pulito, ma in conclusione, l’appartamento mancava di calore.

Ritornò in soggiorno contemporaneamente a Mamoru. Si guardarono l’un l’altra quasi con circospezione, prima che a Mamoru sfuggisse un sospiro come se fosse stanco e cadde sul pavimento. Incrociò con noncuranza le braccia dietro la testa, la camicia aperta, e posò il suo sguardo su Usagi attraverso gli occhi parzialmente socchiusi.

“Il tuo appartamento è particolare. Dimmi, escludi deliberatamente la vita da questo posto?”

“Cosa intendi dire?”

“Cosa voglio dire? Significa che questo posto è così impersonale. Come puoi vivere in questo modo, dove sono tutte le tue cose?”

“Oh sì, posso proprio immaginare come deve essere la tua stanza. Coperta dal soffitto al pavimento di rosa, pieno di trine, cianfrusaglie e un assoluto disordine. Si dà il caso che a me piace mantenere un po’ di autocontrollo.”

“L’autocontrollo è un grande problema per te, non è vero?” domandò Usagi.

“Lo considero una virtù, sì” rispose lui.

“Quindi non c’è mai stato niente che tu volevi davvero e di cui non potevi privarti?”

“Credo di essere abbastanza forte da resistere alla maggior parte delle tentazioni. Perché tutte queste domande?”

“Solo curiosità” rispose Usagi, con uno sguardo eccessivamente innocente sul volto. Mentre Mamoru guardava, lei si tolse con calma i sandali e li mise da una parte. Lentamente, raggiunse la chiusura lampo su retro della gonna. Mostrando solo un fianco a un Mamoru con gli occhi fuori dalle orbite, fece scivolare giù la zip. Esitando solo per un momento lasciò cadere la gonna che si raggruppò intorno alle sue caviglie. Spinse via l’indumento col piede e notò con soddisfazione che Mamoru si era fatto decisamente molto quieto. All’incirca da metà coscia in su era coperta dalla sua camicetta, ma questo non gli impedì di fissare le sue belle e lunghe gambe.

Usagi posizionò i piedi accanto ai fianchi di Mamoru e lentamente si abbassò. La pelle morbida dell’interno coscia di lei sfiorò la pelle nuda di Mamoru, proprio sopra la cintura dei pantaloni, facendogli emettere un sospiro piuttosto strozzato.

Mentre Mamoru guardava, lei raggiunse i codini e li disfece, lasciando cadere i suoi capelli in una cascata dorata che solleticò il suo stomaco e gli fece desiderare di poterci far scorrere le dita. Effettivamente, era impossibile resistere e arrotolò alcune delicate ciocche attorno alle dita.

Usagi stava cominciando ad avere dei dubbi, ma non pensò minimamente alla possibilità di fermarsi in quel momento. Se solo fosse riuscita a fargli ammettere che lui teneva a lei… le sue mani raggiunsero il primo bottoncino della camicetta, immensamente grata del fatto di indossare il suo nuovo reggiseno bianco piuttosto che uno di quelli pieni di buchi. Lo slacciò e passò a quello poco più sotto. Ancora quattro bottoni. Mamoru rischiava di avere un infarto o come minimo i suoi occhi sarebbero schizzati fuori dalle orbite.

Usagi saltò deliberatamente i due bottoni nel mezzo, con sommo disappunto di Mamoru, e sbottonò quello più in basso. Mamoru serrò i pugni lungo i fianchi; non voleva rispondere, non voleva cedere… lui SAREBBE impazzito se lei non fosse andata più veloce con quei dannati bottoncini. E anche il quarto venne slacciato. La vista di Mamoru cominciò a vacillare: non sbatteva le palpebre da quando lei aveva cominciato. Con il quinto bottoncino Usagi ebbe dei problemi perché le tremavano molto le mani. E quello era l’ultimo. Lui poteva già praticamente vedere tutto di lei, ma non era quello il punto ed entrambi lo sapevano. Lei si chinò in avanti lentamente e mormorò: “Penso che lascerò quest’ultimo, a meno che tu non voglia fare qualcosa a riguardo.”

“Dannazione” borbottò mentre tutto il suo autocontrollo andava in fumo. Raggiunse e slacciò il bottoncino con forza, poi fece scivolare le sue mani lungo la pelle esposta. Le sue mani girarono intorno al petto di lei, le sue dita accarezzarono il suo ventre e lui sollevò la testa per baciarla con tutte le emozioni che aveva tenuto celate dentro di sé.

“Dillo” disse Usagi, staccandosi dal bacio per un momento. Lei doveva sapere cosa lui provava. Quel bacio sembrava voler dire che non solo lui teneva a lei ma che l’amava. Lei però aveva bisogno di udirlo. Altrimenti tutto quello era un errore.

Mamoru non stava pensando lucidamente, mai in tutta la sua vita era stato così confuso. Che amasse Usagi, non c’erano dubbi, ma non voleva che quella fosse solo una cosa temporanea. Ma se avesse confessato e lei non ricambiava? L’avrebbe mai rivista? Non avrebbero più neanche avuto le loro litigate che li faceva stare insieme, quando lei avrebbe saputo che nessuno dei suoi insulti aveva un qualche fondamento.

“Bene, lo dirò. Non ho autocontrollo quando si tratta del tuo corpo, testolina buffa” disse Mamoru dispettosamente. Era un modo sicuro per rispondere, non è vero? Apparentemente no. Usagi si allontanò da lui come se fosse stata picchiata. Silenziosamente si alzò in piedi e trovò la sua gonna indossandola con facilità. Con dita tremanti cercò di riallacciare i bottoni della camicia ma non li poteva vedere, perché le lacrime le offuscavano la vista. Mamoru si alzò, incerto su quello che stava accadendo e turbato allo stesso tempo. Le scostò le mani e le riallacciò i bottoni. Appoggiò le mani sulle spalle di lei quando finì, ma Usagi non volle guardarlo negli occhi.

“Mi dispiace” disse lei. “Ho appena scoperto di essere una sgualdrina.”

A Mamoru la parola ‘sgualdrina’ non era mai piaciuta e sentirla pronunciare dall’amore della sua vita e in riferimento a lei era orribile.

“Non dirlo… non dirlo MAI più! Mi hai sentito?”

“Come altro definiresti una ragazza che sta per fare… con un ragazzo che mai una volta l’ha chiamata con il suo nome?” domandò Usagi con rimpianto, sollevando finalmente il volto rigato dalle lacrime a incontrare lo sguardo di Mamoru. Lui asciugò una lacrima dal suo viso, ma non sapeva cosa rispondere. Aveva mandato tutto all’aria. Se adesso le avesse detto che l’amava, sarebbe suonato come se lui lo stesse facendo solo per portarla a letto. Ma se lui non glielo diceva…

“Non è così tra noi, giusto?”

“Vorrei saperlo” rispose Usagi, staccandosi dal suo vigoroso abbraccio. “Devo proprio andare.”

“No” esclamò Mamoru risolutamente. Lei, più di qualunque, non lo poteva abbandonare. “Non lasciarmi.”

“Non so…”

“Guardami, non faremo nulla stanotte. Noi… uh… stringeremo una tregua per stanotte. Tu puoi rimanere e noi ci comporteremo proprio come se io fossi una delle tue amiche” supplicò Mamoru.

“Tu vuoi guardare ‘Dirty Dancing’, parlare di ragazzi e mangiare schifezze?” domandò Usagi scettica, pensando a tutti i pigiama party che aveva fatto con le amiche. In realtà, il pensiero di Mamoru che si comportava proprio come una delle ‘ragazze’ la fece sorridere. Mamoru lo vide e ciò gli diede speranza.

“Beh… di sicuro possiamo fare l’ultima cosa. Deve esserci del cibo qui intorno, da qualche parte. Allora resterai, Usagi?” chiese lui, assicurandosi di pronunciare il nome di lei in maniera chiara.

“Ehi, chi sono io per rifiutare del cibo gratis?” disse lei capitolando.

Seguì Mamoru in cucina e per un istante un silenzio teso scese tra i due.

“Ok, lo confesso” esclamò Mamoru, quando il silenzio si fece insopportabile. “Ho veramente pochi amici e nessuno di loro è mai stato qui. Non ho idea di quello che si debba fare.”

“Ben detto, noi siamo amici o avrei già fatto qualche simpatico commento sul perché tu non abbia amici.”

“Usagi” disse Mamoru minacciosamente, un sorriso aleggiava sul suo volto.

“Va bene. Scusa. Le vecchie abitudini sono dure a morire. Ma sei fortunato, sono un’esperta riguardo tutte le cose divertenti e sciocche, che non puoi trovare in un libro. Sarò la tua mentore stasera e tu imparerai come fare le cose che la maggior parte delle persone ‘normali’ fanno.”

“Non mi sembra uno scambio equo, cosa ne ricaverai?”

“Ti dirò una cosa, tu puoi aiutarmi per il compito di matematica della prossima settimana. Non stasera però” disse Usagi velocemente, temendo un sabato sera all’insegna dello studio.

“Ok, affare fatto. Allora cosa facciamo per prima cosa?”

Usagi aprì tutti gli sportelli della cucina di Mamoru e ne ricavò un vasto assortimento di cioccolato. Mamoru prese delle ciotole che Usagi riempì con gelato al cioccolato. Poi ci versarono sopra sciroppo al cioccolato, polvere di cacao, scaglie di cioccolato e Usagi vietò l’uso dei cucchiai. Avrebbero usato i biscotti con gocce di cioccolato al posto dei cucchiai.

“Vedi, se tu li sgranocchi in questo modo, puoi far diventare i biscotti dei grandi cucchiai” esclamò Usagi, concentrandosi fortemente.

“Non ci ammaleremo con tutto questo zucchero?”

“Uno, tu non puoi mai assumere troppo zucchero. Due, questo non è neanche molto zucchero secondo i miei standard” replicò Usagi, ammiccando. Mamoru rise e finì per mangiarsi cinque biscotti perché non riusciva a comprendere a fondo la tecnica di fabbricazione del cucchiaio.

Misero le ciotole nel lavello e Usagi ammonì Mamoru quando lui si apprestò a lavarle. Quello poteva aspettare fino al mattino dopo. Tornarono nel soggiorno dove Mamoru si sedette pesantemente sul divano.

“Non riesco a credere che tu riesca a mangiare regolarmente così tanto” affermò Mamoru, strofinandosi la pancia.

“Essere Sailor Moon è un gran spreco di energie. Adesso abbiamo bisogno della musica, hai niente oltre a questi tre cd?” domandò Usagi, prendendo un cd di Bach, uno di Mozart e uno di Enya. Non che ci fosse niente di sbagliato in quei tre cd, ma era difficile creare un’adeguata atmosfera festosa con quelli. E inoltre… chi possiede solo tre cd, quando si ha un sistema così all’avanguardia?

“Non penso. No, aspetta! Il precedente inquilino ha lasciato una scatola di ciarpame. Penso ci fosse anche della musica” disse Mamoru, andando a cercare la scatola. Tornò coperto di polvere e starnutendo, ma trionfante. Usagi ridacchiò e cercò di togliergli la polvere dai capelli.

“ABBA. Questo andrà bene” disse Usagi, rovistando dentro la scatola e venendone fuori con una musicassetta. L’allegra musica pop riempì l’appartamento. “Hmm… ora non sono sicura sul da farsi. Di solito con le mie amiche o guardiamo un film o giochiamo a ‘verità o penitenza’ che si trasforma sempre in una chiacchierata su chi piace a chi.”

“Interessante. Nessuna lotta con solletico in biancheria intima?”

“Mi dispiace deluderti” disse lei, roteando gli occhi. “Sebbene, qualche volta ci acconciamo i capelli e ci trucchiamo. Vuoi che renda i tuoi occhi misteriosi e le tue labbra carnose?”

“No, per carità” disse Mamoru ridendo.

“Guastafeste” borbottò Usagi, ridacchiando a sua volta. Poi tremò e si massaggiò le braccia per sbarazzarsi della pelle d’oca. Mamoru lo notò e le andò a prendere una maglia.

“Tieni” disse, lasciando cadere un pesante maglione sul suo grembo. Lei lo indossò e poi fece delle smorfie quando i suoi capelli si attorcigliarono.

“Ora capisci il motivo delle ‘polpette’” disse lei, cercando di dare un po’ di ordine ai suoi capelli.

“Ecco, se vuoi ci provo io” propose Mamoru, tentando di non sembrare troppo entusiasta. Usagi si sedette sul pavimento ai piedi del divano, con Mamoru alle spalle. “Ok, cibo-spazzatura, fatto. Musica, fatto. Incasinarmi con i tuoi capelli, fatto. Cosa c’è ora, o mia mentore?”

Usagi stava proprio apprezzando la sensazione delle dita di lui sulla sua cute, che sollevavano il peso dei suoi capelli rendendo la sua testa meravigliosamente leggera. Ma si sforzò di non pensarci, dopotutto erano solo amici, giusto?

“Parliamo. Colore, animale, cibo e celebrità che preferisci?” domandò Usagi.

“Umm, probabilmente nero o rosso, in realtà non ho un animale preferito, cioccolata ovviamente e Sailor Moon.”

“Bah! Io non sono una celebrità” esclamò lei, sorridendo tuttavia compiaciuta.

“Okay, ora è il mio turno. Tutta la tua famiglia ha i capelli biondi e gli occhi azzurri?” Usagi cominciò a ridere. “Cosa c’è di così divertente?”

“Solo che non assomiglio per niente alla mia famiglia. I miei genitori sono alti, mio padre ha capelli castano chiari e mia madre viola e tutti e due hanno gli occhi marroni. E ho un fastidioso fratellino che assomiglia un sacco a mio padre. Una volta pensavo di essere stata adottata.”

“Una volta?”

“Beh… dopo aver scoperto di essere Sailor Moon, ho riflettuto che i miei tratti probabilmente hanno a che fare con quello.”

“Ha senso. Ecco, ti ho risistemato i capelli. Abbastanza disordinatamente, temo, ma dopotutto sono un principiante” disse Mamoru, rilassandosi di nuovo contro il divano. Usagi fece scorrere le mani tra i capelli e fu soddisfatta. Esitò nel porre la domanda successiva, ma voleva che Mamoru avesse fiducia in lei.

“Cos’è successo alla tua famiglia, Mamoru?” domandò con gentilezza. All’inizio pensò che lui non le avrebbe risposto ma poi lui rispose dolcemente: “Sono rimasti uccisi in un incidente stradale quando ero piccolo. C’ero anch’io nell’auto, ma persi solamente la memoria. Non ricordo niente di loro.”

“Mi dispiace, deve essere stato veramente difficile. Dovresti parlare con Makoto ogni tanto. I suoi genitori sono morti in un incidente aereo un paio di anni fa.” Mamoru rimase un po’ stupito dal fatto che lei non gli avesse offerto le solite insincere condoglianze, o peggio, la sua compassione. In realtà, fu molto sensibile - lei aveva ovviamente sperimentato moltissimo nell’interazione con le sue amiche.

“Non è poi così male, ma a volte mi sento solo. Specialmente durante le feste” disse Mamoru.

“Sì, come il giorno di San Valentino” disse Usagi con simulato orrore, visto che quel giorno si stava avvicinando in fretta.

“Oh per favore, tu probabilmente avrai avuto centinaia di ragazzi che ti hanno chiesto di uscire” la prese in giro Mamoru.

“No. Non sono mai stata… solo perché non sono normale e la gente continua per la sua strada. Forse è per questo che mi piace molto discutere con te. Tu mi tratti come una persona normale.”

“Cosa intendi per ‘non normale’?”

“Da un lato sono un supereroe che corre in giro ad ogni ora della notte. Ma mi sono sempre contraddistinta, anche dalle altre guerriere. Non so certa del perché, ma ci sono sempre io e poi ci sono le guerriere. E non sono brava in niente, come se non avessi uno specifico talento e non sono intelligente. Anche quando mi impegno veramente, non riesco a prendere buoni voti. Anche questa cosa con te è strana. Tu sei qualcuno che io… ecco io sono qui che ti racconto cose che non ho mai detto a nessuno, anche quando prima ti ho urlato contro. La vita… qualche volta dispero di fare mai bene.” Se Mamoru non fosse già stato innamorato di lei, si sarebbe innamorato in quel momento.

“Ci credevo prima quando ho detto che non sei stupida. E se ti può aiutare, non credo che esista una vita normale. Tu sei chi sei e io ammiro ciò” disse Mamoru.

“Grazie. Mi dispiace averti detto che non hai personalità. Ce l’hai, ma cerchi disperatamente di tenerla nascosta. Posso capire perché, ma sono una tua amica e non avrei mai voluto ferirti in quel modo.”

Mamoru la sollevò e la strinse in un forte abbraccio. Si adagiarono sul divano, avvolti nell’abbraccio dell’altro. Usagi adagiò la testa sulla spalla di lui.

“Odio deluderti, ma questa è una cosa che non faccio con le mie amiche” scherzò Usagi.

“Dannazione. Ecco svanita un’altra delle mie fantasie” disse Mamoru. Usagi lo colpì scherzosamente sulla spalla. “Sto solo scherzando. Adesso Usagi dimmi qual è il tuo secondo nome?”

E il botta e risposta continuò per tutta la notte, mentre la coppia scopriva tutto quello che c’era da sapere riguardo all’altro. Alcune cose erano serie e altre meno, ma ogni momento fu prezioso. Loro avevano affrontato questa relazione in modo totalmente sbagliato, praticamente all’inverso, ma il risultato finale fu lo stesso. Finché finalmente poterono ammettere quel fastidioso sentimento d’amore…

Usagi si svegliò a un’ora imprecisata della mattina successiva, ancora accoccolata nell’abbraccio di Mamoru. Si mosse leggermente e le sue braccia si strinsero attorno a lei, tenendola al suo posto. Sospirò contenta e il rumore strappò Mamoru al suo sonno. La sua schiena protestò per essere stata nella stessa posizione tutta la notte, ma fu piacevole sentire il rassicurante peso di Usagi premere contro di lui. Per la prima volta. da quando poteva ricordare, si era svegliato senza la familiare sensazione di solitudine. Abbassò lo sguardo e vide gli occhi di Usagi fissare i suoi. Un timido sorriso sulle labbra, lei era così adorabilmente in disordine che la baciò delicatamente. Il sorriso di Usagi si allargò.

“Lo sai che è mattina e che la nostra tregua è finita?” disse lei.

“Ne abbiamo ancora bisogno?”

“Non lo so, dovremmo?”

“Ma devi sempre rispondere a tutte le mie domande con altre domande?”

“Dici? Vuoi la colazione?”

“Sì” disse Usagi allegramente, prima di realizzare che si era dimenticata di rispondere con una domanda e quindi aveva perso quella mini-lotta. “Usi il cibo per ingannarmi, che crudele!” disse, prima di sghignazzare. Condivisero una semplice colazione e tennero una conservazione leggera, ma per tutto il tempo si preoccuparono che il tempo per dirsi l’un l’altra quello che realmente sentivano si stava esaurendo.

“I tuoi genitori si chiederanno dove sei?”

“Nah… ho ideato un sistema con le altre guerriere per coprirci quando una di noi è fuori per un certo tempo. È necessario quando stiamo combattendo in qualche altra dimensione. Ciò nonostante, probabilmente dovrei andare” disse esitando.

“Immagino di sì, se devi” disse Mamoru, non proprio in modo convincente. La accompagnò alla porta e rimase a guardarla mentre aspettava davanti alle porte dell’ascensore. Si guardarono a lungo e Mamoru raccolse il suo coraggio.

“Usagi, io…”

“Sì?” chiese lei speranzosa.

“Io… mi piacciono davvero le tue scarpe” disse incapace di affrontare l’argomento. Lui si maledì.

“Oh. Mamoru? Amo…”

“Sì?” disse lui, gli occhi aperti per l’anticipazione.

“… che tu mi abbia preparato la colazione” affermò lei e poi batté il piede seccata per non avergli detto quello che realmente voleva. Le porte dell’ascensore si aprirono e Usagi gettò un ultimo sguardo verso Mamoru prima di entrarvi dentro.

“Ciao Usagi” esclamò Mamoru e l’ascensore si mosse. “Ti amo” disse al corridoio vuoto. Lo stesso uomo del giorno prima uscì dal suo appartamento nello stesso momento e fu colpito dalle parole di Mamoru. Mamoru arrossì per essere stato sorpreso e fissò l’uomo prima di rientrare nel suo appartamento e chiudere sbattendo la porta. Il vicino decise che si sarebbe fatto installare uno spioncino così che non avrebbe più dovuto incontrare quel matto di un ragazzo.

Perché non sono riuscita a dirglielo? Tre piccole parole - tu pensavi che ce l’avresti fatta. E ora che tipo di scusa mi inventerò per vederlo di nuovo? Oh, mi manca già. Usagi stava borbottando a se stessa lungo la via di casa. Attraversò il portone d’ingresso e fu sollevata nel constatare che la sua famiglia era ancora addormentata - era domenica dopotutto. Chiamò le sue amiche e scoprì che Makoto l’aveva coperta.

“Sì, tua mamma ha chiamato e ha chiesto se eri qui. Le ho detto che c’eri, ma che stavi già dormendo. Non mi è sembrata molto sorpresa…”

“Grazie Makoto, ti devo un favore” disse Usagi. Era ancora nei guai per non aver chiamato lei stessa la madre, ma non sarebbe stato troppo brutto.

“Puoi ripagarmi dicendomi dov’eri” domandò Makoto timidamente.

“Non mi crederesti neanche se te lo dicessi. Ma seriamente, possiamo parlare di questo più tardi?”

“Sicuro. Ci vediamo a scuola domani?”

“Sfortunatamente sì” affermò Usagi, già irritata al pensiero della scuola. “A presto.”

“Sì. Ciao” disse Makoto e riagganciò.

Usagi salì al piano di sopra e si fece una lunga doccia. Rifece i codini e indossò degli abiti casual, un paio di jeans e una t-shirt. Realizzò di aver preso la maglia di Mamoru inavvertitamente, quindi indossò anche quella. Aveva il suo profumo e le ricordò ogni estatico istante della notte appena trascorsa. Doveva ridargli il suo maglione… e allora prese la sua decisione. Gliela avrebbe riportata subito e gli avrebbe detto che lo amava più di qualsiasi altra cosa. Non avrebbe aspettato un altro secondo senza sapere cosa lui provava e se non avesse funzionato avrebbe dovuto conviverci. In quel momento lei voleva solo stare con lui.

Mamoru non riusciva a capire cosa c’era che non andava nel suo appartamento dopo che Usagi se n’era andata. Gli sembrava freddo e vuoto. È perché lei non è qui, deficiente. Avresti potuto dirle quello che sentivi ma… no… tu dovevi diventare timido così all’improvviso. Puoi gridarle insulti, ma non riesci a dirle tre semplici parole? Io ti amo. Non è così difficile, vero? I pensieri di Mamoru continuarono ad insultarlo per averla lasciata andare via e in quel momento decise. Lui doveva vederla subito. Le avrebbe detto nei minimi dettagli quanto l’amava e non l’avrebbe fatta andare via fino a che lei non gli avesse dato una risposta. Mamoru afferrò la giacca e uscì fuori dalla porta.

Per andare da Mamoru, Usagi prese la scorciatoia attraverso il parco. Stava ancora pensando a come si sarebbe dichiarata quando fu fermata dalla comparsa di una creatura del Dark Kingdom.

“Oh sicuro… doveva succedere ora” disse Usagi. Si trasformò dietro un albero e ne uscì per fronteggiare un disgustante mostro verde a forma di palla. Era alto tre volte più di lei e largo tre metri e più, ma lei notò che ad ogni palla gelatinosa che lanciava diventava più piccolo. Le poche persone sfortunate a sufficienza da essere coperte dalla melma perdevano energia. Sailor Moon girò attorno al mostro costringendolo a fargli lanciare più gelatina possibile, così che potesse raggiungere una misura accettabile.

Mamoru stava camminando attraverso il parco per andare da Usagi quando udì il putiferio e si precipitò sul luogo. Quando vide Sailor Moon, si trasformò in Tuxedo Kamen e si chiese come poteva aiutarla. Sembrava, comunque, che lei avesse tutto sotto controllo. Era però così concentrato sui progressi di lei che non vide la sostanza appiccicosa dirigersi verso di lui. Improvvisamente fu ricoperto da una melma fredda e verdognola. La vita di un supereroe non era sempre affascinante.

“Come osi!” gridò Usagi al mostro. Sapeva che se lei avesse distrutto il mostro, quella bava appiccicosa avrebbe smesso di risucchiare energie alla gente, incluso Mamoru. La rabbia riempì il suo attacco (NdA: scegliete il vostro attacco preferito) e distrusse il nemico in un colpo, ma sfortunatamente il mostro non si disintegrò come al solito. Esplose e gettò melma verde dappertutto. Usagi ne fu ricoperta dalla testa alla punta dei piedi, ma riuscì comunque a farsi strada attraverso il campo di battaglia verso Mamoru. Scivolò sull’erba ricoperta di bava. Mamoru si alzò in piedi, passandosi una mano sul volto con disgusto. Vide Sailor Moon camminare verso di lui e le andò incontro. Anche lui instabile sui piedi a causa del terreno scivoloso.

“Stravagante incontrarti qui” disse Usagi. Lei era proprio accanto a lui, ma in quel momento scivolò e cominciò a cadere. Mamoru la raggiunse, ma anche lui scivolò ed entrambi si accasciarono facendo un forte sguish. Usagi si mise a ridere e poi sciolse la trasformazione, solo per scoprire che era ancora sporca. Tuxedo Kamen riprese le sembianze di Mamoru e rise a lungo con Usagi per la loro ridicola posizione.

“Sai, ho avuto centinaia di possibilità per dirtelo e tutte quante in luoghi più suggestivi di questo e non ero neanche ricoperto di bava, ma io ti amo, Usagi. Non perché tu sei perfetta, ma perché sei tu.”

“Ti amo anch’io, stavo appunto venendo da te per dirtelo. Ti amo.”

“Voglio baciarti, ma sono ricoperto di…” cominciò a dire Mamoru. Non riuscì a finire perché Usagi premette le sue labbra contro quelle di lui, ignorando tutto tranne il fatto che lui amava lei.

“Stavo anche riportandoti la tua maglia, ma è un po’ in disordine ora. Stupido mostro” disse Usagi.

“Sì, stupida cosa a sfera. Ma sai una cosa? Penso che mi piace lottare più contro di quello che contro di te.”

“Mi sento rinvigorita, come di solito mi sento dopo una discussione con te” affermò Usagi spudoratamente. Il cuore di Mamoru si mise a correre all’impazzata.

“Da te o da me?”

“Da te. A meno che tu non voglia che il mio gatto ci guardi” rispose Usagi. Tornarono all’appartamento di Mamoru e, dopo essersi fatti entrambi una doccia e liberati dalla gelatina, fecero buon uso dell’adrenalina provocata dalla battaglia.

Mamoru guardò l’altro lato del letto dove si trovava Usagi. Lei era supina con gli occhi chiusi e lui si domandò a cosa stesse pensando.

“Usagi? Tutto ok?… voglio dire… non vorrei averti fatto del male, te ne ho fatto?” chiese nervosamente. Usagi lo lasciò preoccuparsi per un instante prima di rispondere e aprire gli occhi.

“Mamoru, proprio questo pomeriggio ho combattuto un mostro che era tre volte me. Credimi, posso sopportare le attenzioni di un misero mortale” lo stuzzicò lei. Mamoru sorrise e l’abbracciò di nuovo. Le sussurrò all’orecchio: “Dovrò fare qualcosa riguardo quel commento sul ‘misero mortale’, mi capisci? Posso discuterne con te o magari dovrei provarti che sono un supereroe?”

“E in che modo me lo dimostreresti?”

Mamoru la baciò e poi si inclinò su di lei fino a che lei non si ritrovò schiacciata tra lui e il materasso. “Noi supereroi abbiamo una straordinaria resistenza.”

“Questo dovrebbe essere interessante” disse Usagi. “Non posso aspettare a raccontare questa ghiotta notizia alle ragazze.”

“Non lo farai” esclamò lui.

“Sì che lo farò.”

“Non sarò mai più in grado di guardarle negli occhi di nuovo.”

“Sicuro che lo farai.”

“Vuoi davvero discutere ora?”

“Veramente no.”

“Bene. Ti amo, Usagi” disse Mamoru dolcemente. “Non voglio amare nessun altra tranne che te, ti sei intrufolata nel mio cuore attraverso la porta secondaria. Pensavo di odiarti così non ti ho visto entrare.”

“Ti amo, Mamoru” mormorò Usagi. “Pensavo che se mi fossi comportata come mio solito nessuno mi avrebbe voluto più bene, ma con te sapevo che non era importante. E neanche adesso, mi ami per quello che sono.”

Alcune cose fanno ancora discutere Usagi e Mamoru e qualche volta si prendono in giro senza alcuna ragione. Ma non importa quante opinioni differenti possono avere o quante volte rifiutino di vedere con attenzione un argomento, loro sanno cosa significano per loro. L’amore era qualcosa per cui loro non avrebbero mai discusso.

= = = = = = =

Spero leggerete altre mie cose; non sono tutte così ‘lemon’. Per favore recensite!

  
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