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Autore: Ernil    13/04/2010    15 recensioni
« Quando mia madre morì » cominciò Neville, « credo che sia stato allora che cominciai a ribaltare le cose ».
[Per Chouette, e tutti quelli che volevano il Blaise di Eldorado :D]
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Blaise Zabini, Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sommario: « Quando mia madre morì » cominciò Neville, « credo che sia stato allora che cominciai a ribaltare le cose ».

[Per Chouette, e tutti quelli che volevano il Blaise di Eldorado :D]

Pairing: Blaise/Neville

Rating: Verde

Disclaimer: eh, ad avere tutti quei soldi personaggi!

Beta: Geilie, ovviamente!

Note dell’Autrice/1: chiedo umilmente scusa per aver approfittato di Walt Whitman per il titolo di questa fic (letteralmente “Foglie d’erba”, dalla celebre raccolta di poesie).

Beh, eccola qui la Blaise/Neville che i lettori di Eldorado volevano per poter ficcare i loro orrendamente lunghi nasi in faccende che dovrebbero restare private! Pervertiti! Voyeur! *schiocco di frusta* È soprattutto per Chouette, che mi ha chiesto di scriverla :D (In allegato le mie scuse per aver saltato il capitolo *love!smile*)

Naturalmente, si legge perfettamente come one-shot a sé stante :)

[Tu dormi sul petto della madre, io veglio nel deserto. I tuoi sogni sono di fanciulle, i miei di ragazzi.

Narciso e Boccadoro, Hermann Hesse]

« Quando mia madre morì » cominciò Neville, « credo che sia stato allora che cominciai a ribaltare le cose ».

Blaise Zabini strappò un filo d’erba – il più lungo e verde e resistente. L’aveva accuratamente selezionato fra i fili d’erba davanti a sé. Strappò questo filo d’erba, e se lo mise in bocca.

Anche Neville strappò un filo d’erba, ma con forza e senza dolcezza, e tutto ciò che fece fu arrotolarselo attorno al dito e stringere appena.

« Non hai niente da dire? » disse dopo qualche attimo. Zabini spostò il filo d’erba all’altro angolo della bocca.

« Quando mio padre morì, non me ne accorsi neanche ».

« Questo è diverso ».

« Oh, lo è sicuramente ». Zabini fece rollare il filo sulle labbra. « Mio padre è morto davvero. Se ne ho voglia, posso andare a portare fiori sulla sua tomba ». Si tolse il filo di bocca ed espirò, proprio come se avesse fumato una sigaretta. « Fiori, o fili d’erba ».

Neville guardò frustrato l’erba fra le sue gambe.

« Ti manca? »

« No ».

« Merda ».

Reclinò la testa all’indietro finché non si appoggiò alla corteccia ruvida e spezzata dell’albero. Chiuse gli occhi e tremò appena quando il vento notturno gli sfiorò le braccia.

La notte sembrava respirare piano su di loro, e Neville respirò piano con lei, sollevando e abbassando il petto sotto la maglietta stinta e sporca di sangue.

Se fosse stata un’altra epoca, Neville avrebbe mandato a casa da sua nonna la maglietta, chiedendole per favore di lavare le macchie.

Ma quelle macchie non erano di pozioni che gli erano esplose addosso, e sua nonna non era a casa, e il tempo dei per favore era da lungo passato.

La macchia di sangue si allargava poco sotto il collo della maglietta; Neville se l’era fatta quando aveva piegato la testa in avanti per sputare il sangue e un incisivo.

L’incisivo nuovo che Blaise gli aveva fatto ricrescere sembrava freddo e insensibile nella sua bocca.

« Davvero » disse Neville, toccando con la punta della lingua l’incisivo. « Davvero, io... non so più cosa dovrei fare ». La sua voce suonò piccola e incerta nella notte, come l’ultima nota di un flauto.

« Cosa c’è che non va in quello che hai fatto fino adesso? » disse Zabini, masticando fra i suoi denti bianchi il filo d’erba. Indossava un maglione verde, e sopra il maglione era ricamato il logo del serpente. Nelle ombre della notte, sembrava quasi vivo.

« C’è » disse Neville « che non è abbastanza ».

La bocca di Blaise si piegò, lunghe labbra inarcate come la corda tesa di un arco, prima che si scocchi la freccia.

« E questo è affar mio perché...? »

Neville sollevò lo sguardo di scatto, occhi allargati e un incisivo freddo in bocca. Che strana sensazione contro il calore del sangue. Che strana sensazione contro il sudore che gli aveva incollato la maglietta alla schiena.

Per un attimo, prima di rispondere, fissò il viso scuro di Blaise, i suoi capelli neri così corti.

« Stavamo parlando » disse infine, ora non più tanto certo.

« Sì, beh » disse Blaise, e ora un angolo di quelle labbra si alzò più dell’altro, e il sorriso divenne sghembo, e la direzione della freccia divenne più acuta – puntata proprio contro Neville. « Stavamo parlando. Ma un conto, Longbottom, è quando si dice la verità. Un altro quando si cominciano a dire le bugie. Non ho tempo per quelle » disse, e raccolse le sue lunghe gambe ad alzarsi. I suoi mocassini affondarono nell’erba come serpenti pronti a scattare, e poi Blaise fu in piedi e Neville rimase seduto a guardare il filo d’erba che dalla bocca di Blaise cadeva lentamente.

Blaise fece qualche passo verso la porta secondaria che prima avevano usato per uscire e che ora avrebbe usato per entrare al castello e dirigere i suoi passi lontano da Neville.

Neville non si alzò, guardando la sua schiena, le pieghe perfette del maglione verde sulle spalle esili di Blaise.

Fu Blaise a fermarsi, e quando si voltò la luna illuminò un volto non poco accigliato.

« Beh » disse, la voce asciutta, « non mi fermi? »

Neville batté le palpebre.

« Come? » chiese timidamente. Incerto su come dovesse giocare. Mai nessuno gli aveva insegnato.

E se anche suo padre gli avesse insegnato, sicuramente avrebbe parlato di ragazze. Non di ragazzi.

Blaise era un ragazzo.

Era un problema.

Blaise era accigliato e in attesa, e anche quello era un problema.

« Dovrei... dovrei fermarti? »

« Sai » disse Blaise, irritato. « Questa è una delle poche occasioni in cui sarei anche disposto a passar sopra l’etichetta. Perché l’etichetta è molto vaga, in questo caso. Cerca di non sprecarla ».

Neville aprì bocca e poi la richiuse. Ripetere la domanda non sembrava una buona idea.

Per quanto tempo Blaise avrebbe aspettato?

« Allora, cosa hai intenzione di fare? » disse Blaise, freddo. « Non ho tutta la notte. Ho altri impegni ».

« Con chi? » disse Neville d’istinto.

Blaise sorrise. Neville si chiese se gli piacesse vedere la gente che agiva di istinto e di stupidità, o se semplicemente fosse un passatempo – o quel sorriso era u riflesso condizionato all’avventatezza Grifondoro?

Neville desiderava spesso aver imparato a controllare le parole.

« Non sei l’unico coll’amaro in bocca, Longbottom ».

« Malfoy » disse Neville, senza una particolare intonazione, solo guardando la reazione di Blaise a quel nome. « Draco Malfoy, vero? » ripeté, un po’ più forte.

La lunga mano scura di Blaise tracciò una giravolta annoiata nella notte.

« Non ho tempo fino all’alba » disse. « Snape è di ronda. Sarebbe una tale scocciatura incrociarlo ».

« Allora rimani » disse Neville, e inciampò nelle parole perché la lingua era all’improvviso così asciutta. Blaise arricciò le labbra e volse la testa verso il castello. Il suo profilo si confondeva così facilmente con la notte.

« Sull’erba, forse? »

« Non ti piace? » chiese Neville, guardando accanto a sé. I fili d’erba si agitavano leggermente, avanti e indietro, docili sotto il tocco del suo corpo.

« Forse non vale la pena di sporcarmi i pantaloni » disse Zabini, e Neville non ci pensò davvero – la maglietta era troppo stretta perché quando aveva provato a lavarla da solo aveva sbagliato qualcosa con i dosaggi, e lo stava soffocando, stringendo sui polmoni e sui fianchi, stringendo dappertutto e soprattutto sul cuore.

Troppo stretta. C’era quella sbavatura di sangue sul colletto e c’era l’odore della paura su di essa.

Ma se anche fosse stata nuova, se la sarebbe comunque tolta, l’avrebbe comunque messa sull’erba, scoprendosi a rabbrividire nella notte, guardando Blaise, con la mano sull’orlo della maglietta dispiegata sulle punte dei fili d’erba come un aquilone di cartapesta. In attesa che si sedesse.

Se si fosse seduto.

« Non ti piace? » ripeté.

Blaise continuò a guardare la maglietta per un qualche lungo istante. Neville strinse l’erba fra le dita per non far vedere quanto freddo aveva – non che Blaise glielo avrebbe chiesto.

« Organizzati meglio, per la prossima volta » disse Zabini, e con un passo leggero fu di nuovo vicino a Neville, non accucciato sui talloni, questa volta, ma seduto sulla sua maglietta.

Neville lo guardò con un nodo rosso stretto in gola, ma Blaise non fece ulteriori commenti.

« Cosa stavamo dicendo? » disse, con aria indifferente. Aveva ripreso a guardare i fili d’erba, probabilmente, pensò Neville, per selezionare il più verde e bello di tutti. Faceva così anche con le persone? si chiese. Com’era finito lui fra le sue lunghe dita?

Si voltò di scatto verso la collina che scendeva buia sotto di loro, odiando l’idea di essersi tolto la maglietta.

Forse Blaise lo stava scrutando nascostamente, in quel momento, cercando di decidere se faceva per lui; forse in quel momento stava guardando a labbra strette i lividi violacei sulle sue spalle, o la sua pelle, così pallida e imbarazzante, e il suo corpo, troppo morbido per la sua età. Era andato bene quando aveva avuto tre o quattro anni, e sua nonna gli pizzicava le guance.

Ora era di troppo - sua nonna aveva smesso di pizzicargli le guance per dirgli che sembrava una pallida aragosta sgusciata, ed era sempre stato oggetto di scherno, e ora lui si era tolto la maglietta volontariamente. Cristo.

« Cosa c’è che non va in quello che ho fatto fino ad adesso » disse, deglutendo mentre non aveva la forza di voltarsi a guardare Blaise. « Ecco quello che mi avevi chiesto ».

Blaise schioccò le dita, un suono chiaro come se si fosse accesa un’altra stella nel cielo.

« Certo » disse, e l’ironia era così sottile che Neville dovette tendere le orecchie per sentirla. « È un piacere vedere che il mio fiato non è stato del tutto sprecato. Mi stavi ascoltando ».

Ti ascolto sempre.

« Dunque. Cosa c’è che non va in quello che hai fatto fino ad adesso? »

« Non lo so ».

« Detesto insistere » disse Blaise, una nota di irritazione come un graffio su ogni parola. « Significa che il messaggio non è penetrato la prima volta. È terribilmente irritante ».

« Non ho mentito » disse Neville, e i polpastrelli delle sue mani aperte sprofondarono un po’ di più nella terra, e l’erba non fece rumore venendo schiacciata. « Non so cosa sto sbagliando. È che... accidenti, non sembra far effetto, e... » prese fiato, improvvisamente felice che non ci fosse nulla fra la sua pelle e l’aria « e c’è Snape ».

Blaise non disse nulla. Neville si chiese se lo stesse davvero ascoltando, e comunque non importava. C’era qualcuno a sentirlo mentre lo diceva, e non sapeva se lo spaventava oppure no.

Forza Neville. Buttala giù tutta. È buona la medicina.

« Mi fa paura » disse, ingoiando, e strinse gli occhi aspettandosi la risata, e il rossore e la vergogna che si inerpicavano sulle sue guance simile all’edera sulle serre.

« Fa paura a tutti » disse Blaise.

Neville si voltò verso di lui.

« No, non è vero » disse, con la voce un poco tremante. Ma almeno non stava per piangere, e Blaise non poteva vedere le sue guance rosse nell’oscurità. Poteva?

« Non è vero » ripeté. « Tu non ne hai. I Grifondoro non ne hanno ». E ancora, finalmente: « Harry non ne ha. Non hai sentito? » chiese, e per quale motivo stava ansimando e le sue unghie stavano sprofondando nella terra? « Non lo sai? Lo ha inseguito dopo che aveva ucciso Dumbledore, e l’ ha insultato e... »

« Di insultarlo sono capaci tutti ».

« Io no » disse Neville, con un piccolo sorrisino di scuse. Ma Blaise non gli sorrise di rimando. Lo guardò incolore, con un nuovo filo d’erba che pendeva dalle labbra e sembrava puntare dritto verso Neville, come un dito accusatore.

L’accusa delle masse. Harry non era lì e di certo lui non sarebbe riuscito a proteggerli tutti.

« Che c’è? » chiese, nervoso, quando Blaise non smise di guardarlo freddamente, come si esaminano le stelle.

Sul viso di Blaise si formò una smorfia. Prese il filo d’erba dalle labbra e lo gettò, mandandolo a confondersi nella notte.

« Immagino » disse, « che penserai spesso a come mai sei finito nei Grifondoro ».

« Beh... »

« Mai sentito parlare di domande retoriche? » interruppe Blaise, con disinteresse. « Potter non è qui ».

« Lo so » disse Neville, chiedendosi quale passo falso avesse fatto quella volta, e perché le labbra di Blaise fossero così strette mentre sceglieva il prossimo filo d’erba.

« Dumbledore è morto ».

« Lo... lo so ».

« E tu perché sei ancora qui? »

Neville lo guardò qualche istante a bocca aperta.

« Cosa? »

« Tu. Perché. Sei. Ancora. Qui » disse Blaise, scandendo ogni parola con un sorrisetto impietoso. « Ce ne sono parecchi che sono scappati, no? Che ci fai qui, Longbottom? A perdere denti e farti ridicolo davanti all’intera scuola... »

Neville sbatté le palpebre, all’improvviso con molta difficoltà a mettere a fuoco il viso di Blaise – simile a una macchia scura nel buio, a malapena distinguibile dalle altre ombre.

« Perché... devo esserci. No? » aggiunse, quando Blaise non disse nulla. « Perché qualcuno deve esserci... a sistemare le cose. Credo. Non c’è nessun altro. Qualcuno deve mettere a posto le cose ».

L’arco delle labbra di Blaise si storse all’insù.

« Cosa? » fece Neville.

Blaise si sollevò.

« Mai sentito parlare di domande retoriche? » disse, prendendo la maglietta di Neville fra due dita. « A questa ci penso io » aggiunse. La teneva per il colletto. La macchia di sangue ormai secco faceva una strana impressione sulle sue dita scure e sulle unghie curate.

Neville lo guardò per un istante senza sapere cosa dire.

« Grazie? » balbettò infine.

« Detesto le cose sporche » disse Blaise. E sogghignò. « Quasi quanto quelle rotte. Le ossa rotte, per esempio. I denti rotti. Che seccatura. Te la riporto domani sera » aggiunse, agitandola un poco, e a Neville suonò come una promessa. Un appuntamento.

Qualcosa.

« Ma non aspettarti che ci pensi io per tutto l’anno scolastico. Dovrai imparare a sistemarti da te, Longbottom. Non sono sempre in giro a fare la fatina dei denti. Buonanotte » disse, e se ne andò senza che Neville avesse tempo di dirgli nulla – non che sapesse cosa dirgli.

L’etichetta era così scarna e inutile certe volte.

Rimase lì, sull’erba, a torso nudo, guardando l’alta e sottile figura di Blaise che si allontanava. Quando fu sparito si lasciò crollare contro la corteccia dell’albero con un sospiro. Era felice del pizzicare dell’erba sulla sua schiena, e nella notte non si vedeva neanche che era troppo pallido.

Avrebbe potuto piacergli, la notte.

« Sì » mormorò. « Buonanotte a te, Blaise ».

***

Quando ho conosciuto te, pensò Neville. Penso sia stato allora che ho cominciato ad aggiustare le cose che ribaltavo.

Ti avrebbe dato troppo fastidio vederle rotte.

Note dell’Autrice:

Vi aspettavate sesso selvaggio, vero? XD Commenti, critiche e astensionismo sono egualmente ben accetti.

   
 
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