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Autore: E u r eka    19/04/2010    2 recensioni
La follia corre di pari passo con l’amore.. Mai letta frase più veritiera.
Non che fosse un’esperta in materia, d’altronde aveva solo diciotto anni, ma da due anni a quella parte poteva affermare con assoluta certezza e sincerità di essere venuta a stretto contatto con entrambe, se non di averle provate sulla propria pelle.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Amantes

Amantes amentes

La follia corre di pari passo con l’amore

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La follia corre di pari passo con l’amore..Mai letta frase più veritiera.
Non che fosse un’esperta in materia, d’altronde aveva solo diciotto anni, ma da due anni a quella parte poteva affermare con assoluta certezza e sincerità di essere venuta a stretto contatto con entrambe, se non di averle provate sulla propria pelle.
Non puoi dare giudizi o esprimere opinioni su qualunque argomento senza prima conoscerne la traccia e le linee generali, questo Akane l’aveva sempre saputo.
Sarebbe stato un comportamento superficiale, per non dire scorretto e lei da ragazza schietta e senza peli sulla lingua qual era e quale sempre era stata, detestava ogni qualsivoglia forma di bugia e menzogna, che queste avessero gambe corte o fossero del tipo del naso lungo da Pinocchio.
A tal guisa e conseguentemente a rigor di logica l’odio era ampliamente indirizzato anche  a coloro che di tal crimine si macchiavano.
Arrivare alla constatazione di essere diventata lei stessa oggetto del proprio disprezzo, non poteva certo essere fonte di gioia o letizia alcuna né il sapere che tutto ciò fosse accaduto a causa del suo infatua mento, si rifiutava categoricamente di dare altra definizione a quel passeggero malessere che la coglieva ogniqualvolta incrociasse lo sguardo di Ranma, esserle di consolazione.
Ciò di cui davvero non riusciva a capacitarsi in tutta quella situazione, oltre l’essere costretta a convivere con l’oggetto di quel suo strano amore-odio, era il dover costantemente fare i conti con uno stato di malsana follia collettiva, una vena di squilibrio e pazzia furiosa di cui sembravano cadere preda le persone intorno a lei quando era insieme al soggetto sopraindicato.
Stare insieme a Ranma ero uno stillicidio, niente di più né di meno, un gesto di insensato autolesionismo che a conti fatti però si era ritrovata a compiere sempre più spesso.
Nonostante sapesse che fosse qualcosa di sciocco, fondamentalmente stupido, un desiderio masochistico, sentiva infatti crescente il bisogno di averlo vicino.
Ascoltare la sua voce profonda, vederne il profilo, incontrarne lo sguardo e ritrarsene falsamente infastidita, litigare e urlargli contro indispettita rinfacciandogli il suo essere un idiota senza speranze quando lì l’unica ad esserne a corto era proprio lei.
Sì, si ritrovò ad ammettere, averlo accanto a sé in ogni momento della giornata, a portata d’orecchio e d’occhio, di cuore, era diventato qualcosa di necessario, un’esigenza fisica e impellente quanto l’atto meccanico ed esistenziale del respirare.
Ora a riempire i polmoni non era più semplice ossigeno, ma aria, aria rarefatta forse per conservarne labile traccia, ma che sapeva remotamente di lui, del suo profumo muschiato e del suono della sua risata.
Ogni volta che aveva cercato di spezzare quel legame che sapeva, credeva, non essere corrisposto, quella mancanza era stata insopportabile.
Aveva provato procedendo per tentativi, deboli quanto il desiderio stesso di porvi rimedio, ma aveva fallito e si era arresa all’evidenza.
Cioè che privarsi di quella pseudo relazione non era solo teoricamente impossibile, ma anche concretamente irrealizzabile.
L’innegabilità e chiarezza di quella verità l’aveva annientata.
Scoprire di dipendere completamente da una persona che sia diversa da te stessa, qualcuno che non nutre alcun particolare sentimento nei tuoi riguardi se non affetto, ma che è impegnato con te per obbligo e dovere nei confronti di una promessa, la parola data da due padri troppo sbrigativi per capire appieno la portata dell’azione che stanno compiendo, non rappresenta nulla di consigliabile.
Stare forzatamente insieme a una persona quando sai benissimo che lui o lei non vorrebbe e probabilmente desidererebbe essere altrove, in qualunque altro posto e con qualcun altro ogni singolo istante in cui è con te, non è piacevole.
La cosa più orribile e disgustosa era appunto la finzione.
Lei che disprezzava meschinità e secondi fini, il perbenismo e l’ipocrisia, era tenuta a quella costante messa inscena, costretta ad indossare la maschera di fidanzata antipatica e discostante per diventare  attrice di quella commedia che vedeva giorno dopo giorno prender vita sotto i suoi occhi.
Era stanca di quei giochi, stanca di sembrare matta e comportarsi come tale, ma sopra tutto stanca di Ranma e della sua eterna ed amletica indecisione.
Sapeva di non essere la fortunata prescelta del cuore del fidanzato, sebbene avesse avuto nel corso del tempo indizi di natura discordante a tal proposito e ad esser sinceri non gliene importava più neanche molto.
Benché ci fosse sempre chi avesse messo in dubbio questo fattore, lei era una ragazza e come ogni ragazza non poteva evitarsi di fantasticare su un immaginario futuro, fare sogni ad occhi aperti su un ipotetico principe azzurro.
Sapeva bene di non essere in una fiaba, eppure nel suo cammino aveva incontrato una sorta di Baba Yaga, streghe e stregoni, animali capaci di trasformarsi in uomini e donne e viceversa, un Brucaliffo e una mummia anche se ancora in ossa e un po’ di carne, demoni, fantasmi, fenici e dragoni.
Insomma il principe davvero se l’era meritato e anche se Ranma non rispecchiava l’archetipo classico, in fin dei conti anche lei in qualità di principessa lasciava parecchio a desiderare, Akane non avrebbe peccato d’ingratitudine, accettando al contrario la lauta ricompensa e facendosela piacere.
Ma, ed ecco il nocciolo della questione, se il principe non si decideva a fare il primo passo e si rivelava essere un irrimediabile citrullo e imbranato negli affari di cuore, cosa poteva fare la donzella in questione per togliersi da ogni impiccio ed ottenere il tanto desiderato lietofine?
Aveva già appurato che usare a suo favore lo strumento della gelosia non fosse esattamente la migliore delle soluzioni, ma potesse giocare a suo svantaggio, tentare di rendersi più carina dava miseri e infruttuosi risultati, cucinare e riversare i propri sentimenti in un piatto o qualcosa di preparato da lei, particolarmente indigesto. Poiché non aveva alcuna intenzione di dichiararsi a un Ranma in preda a gastrite acuta o nel bel mezzo di una lavanda gastrica, non restava che un’ultima possibilità, quella che non aveva nemmeno pensato di prendere in considerazione vista la sua semplicità.
A star con gente complicata dopotutto si finisce col diventare complicati, si disse.
Ma sì, poteva funzionare. Dirgli la verità senza giri di parole o mezzi termini, attendere in silenzio e coll’ansia in gola una risposta, sperando e pregando perché non fosse un diniego o che non gli venisse un soffio al cuore.
Preda di tali ingarbugliati pensieri, Akane non prestava minimamente attenzione a ciò che la circondava, ignorando bellamente che nel frattempo, nel salotto al piano di sotto, il resto della famiglia in compagnia di qualche simpatico membro esterno ad essa fosse impegnato in una lotta per l’ultima fetta di dolce rimasto.
Chiusa in camera sua poteva dirsi al sicuro, sana e salva dalla propagante sindrome di schizofrenia che dilagava come un’influenza o una malattia particolarmente contagiosa.
Quella stanza rappresentava il suo rifugio, baluardo di se stessa e fortezza che la rinchiudeva e proteggeva al contempo e tutti, perfino i più imprevedibili tra i pazzi, erano a conoscenza del suo attaccamento per quell’esiguo spazio e ne rispettavano i sentimenti.
Perché dietro ogni gelosia, invidia o tentativo di rivalsa, c’era il rispetto e chi ne varcava la soglia ne era pienamente consapevole. Lì, tra quelle quattro mura c’era il compromesso e un silente patto di armistizio, quella era la zona neutra in cui tregua e pace regnavano sovrane sotto la potestà della padrona di casa.
Un lieve bussare alla porta la distolse da ogni pensiero consecutivo ai precedenti e scuotendo leggermente la testa – sì, nell’ultimo periodo stava decisamente pensando troppo anche per i suoi gusti- con voce appena arrochita e udibile, disse avanti al visitatore. Eccolo là l’oggetto costante dei suoi pensieri.
Con un fare sommesso e discreto davvero inusuale, Ranma varcò l’insigne porta, tenendo tra le mani in segno di pace un piattino con una fetta di torta al cioccolato.

«Kasumi mi ha chiesto di portartelo prima che quegli ingordi lo finissero.» spiegò subito, sottolineando come quella premura non provenisse da lui, ma ne fosse solo portatore.
Akane si sforzò di sorridere e ringraziarlo, socchiudendo appena gli occhi come a distoglierli da tutti gli oggetti appuntiti e contundenti che li circondavano e allontanare il desiderio impellente di sfracellarglieli in fronte.
Prese il dolce che lui le porgeva posandolo sulla scrivania e tornò a puntare lo sguardo su Ranma, ancora in piedi, le mani dietro la nuca, stranamente impacciato. Sembrava a disagio, incerto sul da farsi e occhieggiava ora lei ora la porta, come non sapendo bene quale fosse la scelta migliore.
Fuggire o affrontarla, andando incontro a tutte le spiacevoli conseguenze?
Akane lo fissava con la testa inclinata e un’espressione perplessa, ma lui non si fece ingannare dal suo aspetto aggraziato, ben sapendo quanto il maschiaccio fosse propenso alle mani e alla violenza e che bastasse anche la minima sciocchezza ad infiammarne l’animo irruente e caparbio. Perché tutto appariva così strano maledizione?Doveva essere per forza così imbarazzante?Si trattava solo di..
«Ti serve qualcosa Ranma?» chiese lei cortese, voltando completamente la poltroncina per affrontarlo. 
Bene, ora o mai più.
«Ecco..io..» balbettò incerto.
Forza Ranma, coraggio!Carpe diem, cogli l’attimo prima che arrivi qualcuno a disturbarvi come al solito.
«Quello che sto tentando di dire è che.. insomma..» incespicò ancora sulle ultime parole fissando intensamente il muro, senza sapere come continuare. Sentì Akane alzarsi e avvicinarsi a lui, ma non si volse a guardarla finché non sentì la mano di lei sulla propria fronte.
Puntò gli occhi grigi su quelli abbassati della ragazza, tutti presi dal contemplare un laccio della sua maglietta, sentendo le guance imporporarsi, sopraffatto dalla sua presenza e dal tenue profumo che emanava.
«No, non hai la febbre.» gli disse poco dopo e sembrava sollevata mentre si scostava da lui, continuando a sorridere senza prestargli particolare interesse.
Quell’improvviso allontanamento fu doloroso e Ranma capì di desiderarne la vicinanza, ancora e per sempre. Formulare un pensiero di quel tipo lo spaventò, ma al tempo stesso sembrò rincuorarlo a tal punto da fargli riconquistare fiducia, permettendogli di proseguire il discorso precedentemente interrotto.
«Akane..» la chiamò gentile e lei alzò lo sguardo stupita.
Fu lui stavolta ad avvicinarsi e lei ad arrossire, senza riuscire però a distogliere lo sguardo dal suo.
Era strano, pensò ancora, ma familiare, in definitiva una sensazione piacevole.   
«So di non essere un fidanzato modello a volte..» la vide inarcare le sopracciglia e sorrise tra sé proseguendo, «non faccio altro che farti arrabbiare e mi ritrovo sempre circondato da altre ragazze pur non volendo..» lei abbassò la testa, nascondendo una smorfia sulle labbra sottili.
Akane provava lo stesso sentimento di insicurezza e rabbia quando nelle vicinanze comparivano Ukyo, Shampoo o Kodachi ad infastidirlo, la stessa gelosia risentita che percepiva invece lui vedendola insieme a Ryoga?
«Ma.. » tentennò prendendo un bel respiro prima di concludere, «ti amo e se tu mi accetti, prometto di diventare migliore.»
La sentì trattenere il fiato, mentre ancora si rifiutava di sollevare il capo. Non potendone vedere il volto, cercò allora la mano e non trovando resistenza, la intrecciò alla sua tentando disperatamente di non arrossire, il cuore in gola.
«Non ti dico certo che sarà semplice, né che la nostra vita sarà normale..» ammise, ben sapendo quanto ciò che stava dicendo corrispondesse alla realtà. «I nostri genitori cercheranno sempre di mettersi in mezzo e gli altri daranno i numeri probabilmente. Potresti scocciarti di avere un ragazzo a metà e stare insieme a me ti porterà solo problemi, ma..» inghiottì a vuoto, «se tu mi vorrai, risolveremo ogni cosa.»
Ancora silenzio. Sentì il cuore sprofondare e prendere il sopravvento il terrore di essere rifiutato.
Akane..non lo voleva più come fidanzato forse?
Se, se, se, quanti se dannazione!Eppure se lei avesse detto qualcosa, se solo anche lei gli avesse risposto di amarlo, sentiva sarebbe stato capace di fare qualsiasi cosa pur di restarle accanto.    
Strinse maggiormente la presa, aspettando paziente, non aveva fatto lei lo stesso fino ad ora d’altronde? Che cosa strana l’amore, davvero bizzarra e unica. Capace di acquietare e provocare gli animi in egual misura.
«Baka!» replicò finalmente lei, dopo un attimo di interminabile ed angosciante attesa.
Di certo non era così che aveva immaginato il tutto, pensò Ranma incontrando il volto piangente di Akane, né che lei in risposta gli urlasse contro o lo offendesse.
Insolitamente però, quella volta non ne fu risentito mentre lei gli buttava le braccia al collo. Immerse il viso nel collo scoperto respirandone l’aroma delicato, i capelli morbidi a sfiorargli la guancia, carezzandogliela. Non gliene importava nulla, rettificò.
«Anch’io..anch’io..» sussurrò lei nel suo petto, la voce rotta dai singhiozzi.
Davvero davvero gradevole.
Poco interessava ad entrambi che il silenzio che avvolgeva la casa fosse surreale, nulla che molesti ascoltatori stessero spiando la scena dietro la porta, armati di bicchieri sotto lo sguardo indulgente nella commozione di Kasumi. Loro erano dentro, troppo impegnati nel contemplare la propria felicità, duramente conquistata per interessarsi a quella degli altri. Fuori c’erano i genitori che due anni prima li avevano gettati in quel pasticcio, c’erano gli amici, i rivali, le spasimanti, la famiglia e che di gioia o rimpianto fossero, quelle lacrime sarebbero rimaste impresse e care nei ricordi di ognuno dei presenti.
Ranma e Akane finalmente stavano insieme e non per mera apparenza o pura convenienza paterna e..
«Ed era anche ora..» commentò in un soffio Nabiki, comodamente appoggiata al muro, gambe incrociate e sguardo vagamente annoiato. Insomma erano già tutti lì, avevano assistito alla scena da sé e perciò non avrebbe ricavato nessun guadagno. Pensando all’allettante sommetta di denaro sfumata, sospirò leggermente.
«Oh Nabiki, non sei contenta per Akane?» Kasumi sorrideva dolcemente, un fazzoletto ad asciugarle gli occhi lucidi.
«Penso solo che Ranma avrebbe potuto evitare di gridarlo ai quattro venti» replicò lei indicando la folla appostata nel corridoio poco distante da loro.
Genma in versione panda e Soun si abbracciavano piagnucolando e tirando su col naso in modo rumoroso, Ryoga cercava di non dare a vedere la propria delusione stringendo appena i pugni, Ukyo sorrideva triste, senza rabbia, ma solo comprensione, Shampoo a testa alta e lo sguardo acceso, pronta a dar battaglia alla prima occasione, Mousse fedele e silente al suo fianco. Gli altri stavano in disparte, chi piangendo mesto come Kuno, chi saltellando qua e là sul proprio bastone, chi danzando con Betty lo scheletro intorno a Kodachi e Happosai legati e imbavagliati come salami.
«Credo andrò a preparare la cena. Ukyo, Shampoo, verreste ad aiutarmi per piacere?Papà, Signor Genma perché non scendete anche voi nel frattempo?»
Ritornando in sala, tutti erano a conoscenza che qualcosa si fosse rotto irrimediabilmente tra loro, ma qualcos’altro poteva essere creato o ricucito. L’importante in fondo era stare insieme, non il come.
Ranma era Ranma e Akane Akane, il fatto che ora fossero anche Ranma e Akane ufficialmente, non cambiava proprio nulla davvero e anche di questo in fondo erano a conoscenza. Avrebbero continuato ad essere il ragazzo e la ragazza di cui ognuno dei presenti era innamorato.
Punzecchiarli e vederli litigare tra loro come al solito sarebbe stato altrettanto divertente, dopotutto l’amore non è bello se non è litigarello.

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N/A:

Stamattina non avevo nulla di meglio da fare e mi sono messa a spulciare le cartelle sul desktop. Facendo pulizia sono incappata in questa e ho deciso di completarla. Non avevo mai scritto nulla su Ranma e Akane, ma ricordo che rimasi colpita dalla locuzione Amantes amentes (amanti pazzi) e subito la ricollegai a loro, perché se il loro non è un amore pazzo non so davvero quale lo sia..
Immagino e temo di non essere riuscita a rappresentare al meglio ogni personaggio e che forse sarebbe stato più IC fare in modo che lamentele e interruzioni varie da parte di alcuni ci fossero, ma incorrendo in tutti i rischi e pericoli di questa scelta, ho deciso di renderla in quest’altro modo e il motivo è semplice.
Se lo meritano Ranma e Akane un momento d’intimità, tutto loro, una dichiarazione in piena regola e che sia lui a farla a lei era il sogno di una vita, perciò vi prego lasciatemi sognare e fatemela godere.
Ho aspettato così tanto questo momento, che puntualmente non è mai giunto, se non in modo parziale, beh effettivamente un ti amo urlato è la migliore delle dichiarazioni, ma se poi viene tutto lasciato lì senza spiegazione, ma con finale aperto..Ok immaginare è bello, ma..ç____ç
Non voglio dire altre scempiaggini perciò chiudo qui, sperando la lettura sia di vostro gradimento.
Un saluto a tutti!

  
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