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Autore: Yuki Delleran    19/04/2010    3 recensioni
«Stanotte… tra queste braccia… la mia vita finirà… e rinascerà…»
Fay e Kurogane alla vigilia della battaglia finale.
Genere: Romantico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nihon - Birth of all hope Ed ecco la seconda songfic da affiancare a "Infinity" e scritta per lo stesso challenge. Buona lettura!


Titolo: Nihon - Birth of alla hope
Fandom: Tsubasa Reservoir Chronicle
Rating: giallo
Genere: un filo meno angst dell'altra, giusto un filo
Personaggi: Kurogane, Fay
Riassunto: Scena ambientata tra la scomparsa di Sakura e la partenza del gruppo per il regno di Clow.
Disclaimer: tutti i personaggi appartengono alle © CLAMP, la fic è stata scritta senza scopo di lucro, ma solo per puro divertimento. La canzone "End of all hope" è dei © Nightwish
Note: shonen-ai tendente allo yaoi. Ispirara solo al testo della canzone, tralasciando la musica. NON BETATA. Scritta esattamente sette mesi fa per il challege Singing a song di Neera Pendragon aka Reiko




Nihon
- Birth of all hope -

di
Yuki Delleran



It is the end of all hope
To lose the child, the faith
To end all the innocence
To be someone like me
This is the birth of all hope
To have what I once had
This life unforgiven
It will end with a birth

La grande stanza era buia e silenziosa, rischiarata appena dalle fiammelle tremolanti delle candele negli angoli. Era stata una giornata fisicamente ed emotivamente estenuante. Avevano perso la loro principessa, di nuovo, e l’indomani sarebbero partiti per tentare di mettere fine a quella follia una volta per tutte.
Fay sedeva nel vano della finestra, rimirando la luna. Troppo bianca, troppa luce per illuminare chi aveva perso tutto. Quella che li attendeva era una battaglia disperata. La speranza, la fede, l’innocenza perduta tanto tempo prima, tutto gli sembrava inutile. Non riusciva a capacitarsi di come, uno come lui, un essere maledetto, portatore di sventure, potesse anche solo immaginare di salvare qualcuno.
Il fruscio della porta scorrevole lo indusse a voltarsi leggermente.
Kurogane, un’ombra scura sulla soglia, mosse alcuni passi nella stanza.
«Il ragazzo sta riposando. Tomoyo-hime sostiene che per domani starà bene. La polpetta è con lui. »
Poche essenziali parole, come sempre. Fay annuì e accennò un sorriso. Shaoran era decisamente quello che aveva sofferto di più, quel giorno. Tornò a guardare la luna, ma il suo campo visivo venne occupato dall’ombra dell’altro.
«Hai sete? » chiese Kurogane, secco.
Fay spalancò l’occhio dorato per la sorpresa, poi lo socchiuse. Scosse piano la testa.
«Sto bene. »
Ma quella non era la risposta corretta.
«Sei pallido e domani avrai bisogno di energia. » brontolò Kurogane. «Sono stanco di pregarti. »
Senza aggiungere altro, recuperò la propria katana appoggiata in un angolo e si praticò l’ennesimo taglio sull’avambraccio. In un attimo la stanza venne invasa dall’ aroma irresistibile del suo sangue. Fay capì, dal brusco cambiamento delle sue percezioni, che la pupilla dell’occhio si era assottigliata e l’iride si era fatta felina. Continuò comunque a fissare il cielo.
«Quanto sei ostinato! » sbottò Kurogane avvicinando il braccio al suo viso e lasciando che alcune gocce scarlatte macchiassero il suo kimono bianco.
Fay abbassò lo sguardo. Chiazze rosse che imbrattavano un tessuto bianco: chiara simbologia di un’innocenza perduta. Fu solo un attimo, poi la sua bocca s’ impossessò della ferita che gli veniva offerta, preda di una brama che ogni volta non riusciva a controllare. Leccare, succhiare, sentire il liquido caldo e corroborante scivolargli giù per la gola era l’estasi. Preso dalla frenesia di nutrirsi, non si rese conto di aver affondato i denti nella carne, avvertì solo l’irrigidimento dei muscoli dovuto al dolore.
Quando finalmente fu sazio, il feroce istinto del predatore lasciò il posto ad un languore improvviso. Fu alzando la testa che si rese conto di due cose: le dita di Kurogane, quelle del braccio artificiale, erano affondate nei suoi capelli e attorno alla ferita spiccavano i segni bluastri del morso. Aveva di nuovo fatto del male a qualcuno.
«Mi… dispiace…» mormorò, ma le sue parole vennero soffocate dalla stoffa del kimono di Kurogane.
La mano metallica del ninja aveva infatti fatto pressione fino a farlo appoggiare al suo petto e ora scivolava tra le ciocche bionde, liberandole del nastro che le legava.
«Non voglio più sentirti scusare. » disse Kurogane.
Parole semplici, il cui significato però andava al di là delle sole scuse per il morso.
«Non voglio più sentirti scusare perché sei vivo. » interpretò Fay.
Troppe volte e troppo a caro prezzo quella sua misera vita era stata salvata, perché potesse permettersi ancora di disprezzarla.
Il calore che lo circondava lo faceva sentire al sicuro, lontano da ogni macchinazione e meschinità. Kurogane lo stava… abbracciando?
Sollevò la testa e quando le iridi scarlatte del ninja incontrarono il suo unico occhio color oro, lo socchiuse lentamente. Un attimo dopo il sapore di Kurogane si stava mescolando a quello del sangue ancora sulle sue labbra. Fu come se le sue vene venissero attraversate da una vampata di fuoco liquido e si ritrovò aggrappato alle spalle del compagno.
«Sa di sangue…» mormorò quando la necessità d’aria lo costrinse a staccarsi. «… come tutto quello che tocco. »
Ansimava leggermente e le sue dita continuavano a stringere la stoffa del kimono di Kurogane, nonostante ora il suo desiderio fosse quello di scappare. Allontanarsi il più velocemente possibile, prima di danneggiare ulteriormente quello che…
«Ti ho detto di farla finita! »
La voce irritata del ninja lo fece sobbalzare. Persino in quel frangente sapeva essere brusco.
L’aveva baciato.
Oh, ma perché non era successo prima, si ritrovò a pensare disperatamente. In un qualunque momento del “prima”, quando lo aveva tanto desiderato, quando poteva ancora fingere che andasse tutto bene. Ora che aveva perso tutto, che la sua stessa esistenza non aveva più significato, se non quello di portare disgrazie a chi gli era vicino, ancora e ancora, che senso aveva quel gesto?
«Oi, mago! »
La voce di Kurogane lo distrasse nuovamente. Sentì le sue dita percorrergli lentamente la guancia raccogliendo una lacrima solitaria. Quando aveva iniziato a piangere?
«Mi… dispiace…» ripeté.
Risposta sbagliata. Di nuovo.
Kurogane lo afferrò per le spalle, scostandolo da sé e fissandolo con occhi di fuoco.
«Non so cosa si stia agitando in quella tua testa matta, ma tieni bene a mente una cosa! » esclamò. «Che non ti sfiori l’idea che sia tutto finito. Finché ci siamo tu, io e il ragazzo, non è finito un bel niente! »
Fay lo fissò stupito: Kurogane pensava che fosse semplicemente in ansia per la principessa?
«E non azzardarti minimamente a fare qualche scemenza tipo morire, domani! » lo smentì immediatamente il ninja. «Io ti voglio qui quando torneremo. »
A quelle parole Fay provò l’impulso di gettargli le braccia al collo. E lo fece, semplicemente.
«Non m’importa un accidente di quello che pensi. » continuò Kurogane circondandolo con le braccia in un gesto dolce, in contrasto con le parole rudi. «Io ti voglio qui. »
Quel tocco gli trasmetteva forza e lo induceva quasi a credere che esistesse una possibilità si perdono, di riscatto. Una speranza.
«Se lo desideri così intensamente… allora farò di tutto per accontentarti. » mormorò.
Sollevò il viso e unì di nuovo le labbra a quelle di Kurogane, questa volta di sua iniziativa. Quel bacio non sapeva di sangue, non più. Aveva un retrogusto dolce, come se presagisse quello che sarebbe avvenuto di lì a poco.
Fay si sentì sollevare da due braccia forti e un attimo dopo depositare sul futon, sempre avvinghiato al corpo di Kurogane.
«Se non vuoi, dillo adesso. » lo udì mormorargli ad un orecchio.
Fay si discostò leggermente e gli pizzicò la guancia sorridendo, nella pallida imitazione del mago giocherellone di un tempo.
«Ogni desiderio ha un prezzo, Kuropon, quindi è ora che paghi. »
«Se il prezzo è questo, lo pago volentieri. »
Non era mai stato così arrendevole, in qualunque altra occasione avrebbe opposto una strenua resistenza almeno con sé stesso, ma ora che significato avrebbe avuto? La sua vita non gli apparteneva più, se mai gli era appartenuta. Ora era una proprietà di chi tante volte l’aveva salvata.
Fay sollevò una mano e l’affondò tra i folti capelli scuri del compagno, traendolo a sé in un altro bacio. Le mani di Kurogane scivolarono lungo il suo collo e le spalle, abbassando la stoffa leggera del kimono candido. La sua pelle scottava sotto quel tocco ma, inspiegabilmente, si trovò a tremare.
La fiamma di una delle candele, nell’angolo più remoto della stanza, tremolò e si spense.
Kurogane si sollevò e lo fissò.
«Non fare quello sicuro di sé se non è così. » disse accarezzandogli una guancia.
Fay afferrò quella mano e la strinse tentando di fermare quei tremiti immotivati.
«Tutto il mio essere ti appartiene. » mormorò. «Questo non mi fa paura. »
«Allora perché stai tremando? »
Non aveva una risposta per quella domanda. La sua non era paura del dolore, ne aveva già patito troppo, né del giudizio, non aveva più nulla da nascondere. Kurogane conosceva tutto di lui e se lo accettava per quello che era, poteva considerarlo una specie di miracolo.
Forse era timore del futuro, quella piccola scintilla che si accende inconsciamente quando sta nascendo una nuova speranza.
Un sussurro, appena accennato, uscì dalle sue labbra.
«Stanotte… tra queste braccia… la mia vita finirà… e rinascerà…»
Era giusto così. Era quello che aveva sempre cercato: calore, fiducia, speranza. Una nuova vita non più marchiata dall’infamia del tradimento e dell’omicidio. La possibilità di ricominciare davvero.
Posò l’ennesimo bacio sulle labbra di Kurogane e gli circondò il collo con le braccia.
«… perciò adesso stringimi. »
   
 
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