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Autore: Ernil    20/04/2010    6 recensioni
« Ti assolveranno di sicuro ».
Altro avanti e indietro di labbra.
« Lo so. La tua appassionata difesa ha stordito tutti i giudici. Saranno così desiderosi di non sentirti più parlare che decideranno certamente a mio favore... »
[Per il compleanno di Appletree! ♥]
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sommario: « Ti assolveranno di sicuro ».

Altro avanti e indietro di labbra.

« Lo so. La tua appassionata difesa ha stordito tutti i giudici. Saranno così desiderosi di non sentirti più parlare che decideranno certamente a mio favore... »

Pairing: Severus/Harry

Rating: Verde

Disclaimer: possiedo nulla, guadagno ancor meno.

Beta: Geilie.

Note dell’Autrice/1: per il compleanno di Appletree! Decisamente, glielo dovevo: mi hai indicato Nocturne Alley. Mi ha praticamente aperto i cancelli della conoscenza!

Grazie!

 

 

[That is the hand your hand will reach for,

To lead you along the corridor

To the court where you are a stranger!

 

Antologia di Spoon River, E. L. Masters (1)]

 

 

Il caldo stordiva i sensi. Nel calore di quel venerdì, i lineamenti di Snape risultavano tremolanti per Harry, come se fossero di cera – e Harry avrebbe voluto sporgersi, allungare la mano e toccare quella pelle, cancellando con un dito le rughe premature, alzando gli angoli della bocca, facendo scivolare via, con un colpo di mano, le linee che si accumulavano sulla fronte come onde di un mare racchiuso nella risacca.

Quando sembrava che dovessero scomparire, e la marea ritirarsi, tornavano; di nuovo le sopracciglia scivolavano verso il basso e le labbra – così sottili che avrebbero potuto essere un tratto di gessetto su quel viso – le labbra tornavano a contrarsi.

Harry abbassò il viso e respirò per quanto riuscisse, prendendo un respiro che sembrò pesare once e once sui suoi polmoni, come se l’aria calda fosse una colata di miele.

Gli occhiali scivolarono sul naso e con un dito li riportò al loro posto.

« Andrà tutto bene » disse, nonostante Snape non avesse aperto bocca.

Il sogghigno sul viso di Severus parve essere stato fatto col contagocce, o con un bisturi molto accurato. Solo uno scivolare delle labbra all’insù, e poi di nuovo all’ingiù, come una bizzarra altalena.

« Lo so » disse.

Harry sorrise, nervoso.

« Ti assolveranno di sicuro ».

Altro avanti e indietro di labbra.

« Lo so. La tua appassionata difesa ha stordito tutti i giudici. Saranno così desiderosi di non sentirti più parlare che decideranno certamente a mio favore... »

« L’ ho fatta col cuore ».

« Santo cielo, Potter. E in tutti questi anni nessuno si è mai accorto della tua aritmia cardiaca ».

Harry sorrise e non disse nulla.

Non era mai... non riusciva mai a capire propriamente cosa Snape apprezzasse di lui.

Forse niente. Forse era solo che Harry gli si era attaccato e Snape non riusciva a scrollarselo di dosso.

Guardò il sole fuori dalle vetrate del ministero. Era accecante. Enorme. Il tipo di sole bollente con cui Snape si sarebbe ritirato nella fredda oscurità dei suoi sotterranei, e Harry sarebbe uscito a prendersi un gelato.

Avevano così poco in comune.

Harry lo sapeva, guardando il sole che incendiava le strade e la sala d’attesa in cui si trovavano. Harry lo sapeva. Avevano così poco in comune – forse addirittura niente, a partire dal fatto che Harry si era seduto sulla sedia di plastica illuminata dal sole, mentre Snape su quella davanti a lui, nell’ombra fresca, e il suo viso appariva a Harry ora meno ora più illuminato, a seconda di quanto strizzasse gli occhi nel buio.

Le sue lunghe, sottili gambe erano sotto il tavolo, e se Harry avesse solo mosso in avanti il piede avrebbe potuto sfiorare, con la sua scarpa da ginnastica, gli stivali neri. La loro ombra era lunga e scivolosa sul pavimento di marmo.

Ricordava a Harry l’intera ombra di Severus nei corridoi della scuola. Il modo in cui camminava, affilato come un fuso.

Il fuso con cui Harry si era punto.

Il grande orologio rotondo sulla parete sembrava sul punto anch’esso di sciogliersi nel caldo della stanza, come nel quadro di Dalì di cui Harry non ricordava il nome.

Se solo fosse stato così, pensò Harry. Se solo le ore avessero potuto sciogliersi e scivolare via, cadere a terra e fuggire da sotto la porta, lasciandoci soli in questa stanza, con tutto il tempo del mondo per parlare ed avere paura.

Sospirò, un soffio rovente nell’aria immobile e statica.

Avere paura. Era qualcosa, avere paura, aveva scoperto Harry, di molto di più che tremare dietro l’angolo della strada mentre i cani del nemico cominciano ad annusare il tuo odore.

Era... sentire la sabbia che scivola dalle tue dita sapendo che non puoi fermarla, ogni granello bollente sulla tua pelle, e svegliarsi la mattina chiedendosi se tutto sarebbe andato bene, se Severus sarebbe ancora stato al suo fianco.

Avrebbe voluto che Severus parlasse. La sua voce fredda avrebbe asciugato il sudore sui suoi palmi, asciugato la paura nella sua testa – sembrava una fonte che non smettesse mai di sanguinare.

Il sole era decisamente troppo, quel giorno. Tagliente come una spada di Damocle sulle loro teste, ogni raggio appeso a un filo, pronto a staccarsi e precipitare sulla terra, tagliando a metà le loro ombre.

La plastica della sedia del Ministero bruciava come se dovesse sciogliersi.

Harry si alzò in piedi e fece qualche passo, nervoso e leggero, caldo dalla testa ai piedi. La febbre scendeva in rivoli lungo il suo collo.

« Merlino, Potter. Se sei così nervoso adesso, non immagino quando tenterai di baciarmi un’altra volta ».

Harry si ficcò le mani in tasca e tentò di tirarsi fuori una risata. Uscì più o meno come un ramo secco estratto dalla gola, non funzionò, ma almeno i suoi polmoni si liberarono di qualcosa di spigoloso e doloroso che gli sembrava essersi incastrato fra un respiro caldo e l’altro.

Si voltò verso Snape.

Lo guardava quieto. Harry conosceva il suo viso, sottile come una lama di rasoio, i capelli lunghi e ordinati – e gli occhi sembravano risucchiati nelle orbite per la magrezza del volto. Erano scuri, circondati da occhiaie ancor più scure, e tanto profondi da sembrare non avere fine.  

Era stato un attimo di distrazione da parte di Harry – distrazione. Così la chiamava. Quando si era teso verso Severus e aveva avuto la tentazione di far coincidere le loro labbra – come i bordi di una ferita che deve rimarginarsi, forse avrebbero dovuto stringersi insieme, e quando le dita di Severus si erano chiuse sul suo polso erano sembrate sottili e fredde catene d’argento, punti di sutura fra le loro anime.

Harry era così certo che ci fosse un modo per uscire da quel gorgo, in cui aveva la febbre e delirava – gli occhi di Snape lo perseguitavano, stelle che vedeva alzandosi la mattina e coricandosi la sera, attraverso la finestra.

Il cielo non era mai sembrato così vicino che quando era riuscito a baciarlo.

Sono malato di te, pensò. Sono malato di te, e, oh, non c’è cura.

« Quando ti bacerò ancora » disse, « dovrò essere ubriaco ».

Ubriaco dei movimenti delle sue dita, fu il suo pensiero, ma non lo disse. Ubriaco dell’altalena del suo sorriso, annegando lentamente nel petrolio dei suoi occhi, imprigionato come si sentiva in quel momento, in piedi mentre il sole, attraverso le finestre del Ministero, lo coceva lentamente come una formica sotto una lente.

Snape sorrise. Harry poteva dire con certezza che non era un sogghigno, perché le rughe sul suo viso erano troppo leggere, sottili come se lo scalpello del tempo non avesse mai intaccato nemmeno un pollice di quell’anima. 

« Come vuoi, Potter ».

« Come voglio » mormorò Harry, voltandosi verso la finestra, fissando il sole dritto negli occhi. Forse non sarebbe andata così.

Forse Snape lo avrebbe lasciato, abbandonandolo sul ciglio della strada senza più voltarsi indietro. O forse il sole avrebbe sciolto le ali del suo amore come fossero di cera. In quel caso Harry sarebbe stato felice di sprofondare nelle azzurre tenebre del mare, meno aggraziato di Icaro, ma più felice. 

« Come voglio » ripeté, vagamente consapevole che il sole avrebbe incendiato la città attorno a loro prima di poter sciogliere la struttura d’acciaio del suo amore, quella struttura che aveva artigliato il suo cuore e aveva stretto viti inossidabili nelle sue ossa, devastando a poco a poco la sua mente come i baobab su un pianeta troppo piccolo.

Sono malato di te e oh, non c’è cura.

La porta del tribunale che si aprì fece un rumore metallico e limpido nell’aria infuocata, e Harry si voltò per quanto i muscoli contratti glielo permettessero.

La donna che era comparsa sulla soglia li scrutò, gli occhi che andarono per un attimo da Harry a Severus, e poi di nuovo Harry e poi ancora Severus.

« Il Wizengamot ha raggiunto la sua decisione » disse poi, e le dita di Harry scattarono a chiudersi simili a tagliole, le unghie mangiate scivolarono sulla pelle sudata, cercando un appiglio sui suoi palmi.

La donna rimase a tenere aperta la porta e Harry vide Severus alzarsi lentamente, scivolando dall’ombra alla luce, e all’improvviso, camminando verso la porta in fondo al corridoio, Snape fu investito dalla vampata del sole che entrava dalle finestre quadrate. Harry lo vide nitidamente – i contorni stanchi delle sue spalle, dove la stanchezza si accumulava come polvere che Harry avrebbe voluto soffiar via; e le sue dita aspre e aguzze come artigli, o rocce logorate dal vento, e ancora, il profilo appuntito e bianco del suo viso mentre si voltava.

Harry si ritrovò a fissarlo negli occhi, in un attimo di silenzio, il respiro del cielo fra il fulmine e il tuono, prima che Snape dicesse: « Hai messo radici, Potter? » e si voltasse.

Harry rise, e lo seguì nella calda aula di tribunale, sistemandosi la cravatta attorno al collo.

Hai messo radici dentro di me.

 

 

 

(1) Questa è la mano a cui la tua si tenderà / Perché ti guidi lungo il corridoio / Fino al tribunale dove sei uno straniero!

 

 

Note dell’Autrice:

“La persistenza della memoria” è il titolo del quadro di Dalì a cui si accenna.

I baobab che distruggono il piccolo pianeta è ovviamente un riferimento a “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry”.

AUGURI! ^____^

 

   
 
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