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Autore: __Evelyn__    21/04/2010    4 recensioni
È facile pensare che una festa non sia niente di male, solo dopo ti rendi conto che oltre ad essere il luogo perfetto per un attacco di Akuma, potrebbe essere una zona trafficata anche di Noah.
Genere: Romantico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Coppie: Kanda/Allen, Tyki/Rabi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un ringraziamento speciale a Mohran, che mi aiuta nel caricare le ff, perché io sono proprio una fallita con i computer. Insomma, odio reciproco!

 * * *

CHAPTER ONE

Ero ad un ricevimento, non esattamente di mia spontanea volontà. Allen mi aveva convinto non so con quale trabocchetto a parteciparvi.

C’era molta gente, la musica dell’orchestra alta e alcuni coristi che si preparavano per la parte culminante di tutta la serata. Se quella era una festa di fidanzamento tra due nobili non osavo nemmeno immaginare come potesse essere un matrimonio.

Ebbene sì, non ero un tipo da party. Insomma, non disprezzavo il divertimento, ma preferivo la tranquillità di una biblioteca ad un salone straripante di gente sconosciuta.

Sbuffai, restando in piedi, appoggiato goffamente con una spalla ad uno dei molti pilastri in marmo bianco .

Era tutto dannatamente colorato e luminoso e il mio unico occhio iniziava a risentirne.

Che noia, tutte quelle persone che ballavano. Forse ero a disagio perché non ero un gran ballerino, anzi, una vera e propria schiappa.

«Lavi, sembra che tu voglia socializzare solo con quella colonna. Fatti un giro in pista e goditi la serata! Il buffet è fantastico, garantito!»

Sorrisi all’albino che roteava con Linalee tra la folla.

Ballare, non se ne parlava neanche.

Bere, il buffet era irraggiungibile.

L’unica soluzione per avere un po’ di tranquillità sembrava essere il giardino esterno.

Iniziai un difficile slalom per raggiungere la grande porta a vetri che dava sul buio frammento di paradiso terrestre della villa.

Quando riuscii a mettere fuori il naso dallo stanzone affollato, rimasi colpito dalla sfarzosità che si presentava anche lì.

Dalla porta si scendevano degli scalini, che conducevano ad un vasto spiazzo ghiaioso con una pomposa fontana al centro. Una vasca rotonda di circa cinque metri circondava una statua brillante che rappresentava un angelo che sorreggeva un cuore umano.

Il significato? Sperai non ce ne fosse uno.

Attorno allo spiazzo il giardino si allargava a dismisura: era un intricato labirinto di alte siepi, sotto le quali fiori di ogni genere cresceva senza alcuna deformazione. Tutto era perfetto e colorato. Qua e là si scorgevano delle panchine di pietra, forse in altro marmo.

Più mi allontanavo dalla musica, più le tenebre mi avvolgevano.

Mi appoggiai al bordo della fontana, mentre lei continuava imperterrita a spruzzare i suoi freschi getti attorno alla minacciosa scultura.

Mi sedetti. Da lì potevo ammirare le stelle. La luce non disturbava la mia visuale, così potevo guardare il cielo con comodo. Per un attimo mi immaginai intento a danzare con una bella dama, ma la rovinai pensando che probabilmente mi scaricherebbe dopo pochi minuti, ritrovandosi con i piedi sanguinanti.

Sogghignai tra me. Che dovevo farci! Quando uno è negato, è negato.

L’occhio si stava abituando al buio, il resto del corpo alla frescura dell’aria e in generale mi stavo rilassando parecchio. Avrei atteso lì fino alla conclusione dei festeggiamenti, dopo di che me ne sarei andato anche prima di Allen. In verità non capivo nemmeno perché ero rimasto. Anche se me la fossi svignata non se ne sarebbe accorto nessuno, tanto meno Allen, troppo intento a far danzare la sua bella.

Impegnato nei miei intricati piani di fuga non mi resi nemmeno conto delle altre presenze nel giardino.

C’erano alcuni gruppetti di ragazzi che chiacchieravano, dei signori che discutevano ad alta voce di politica e una coppia che si baciava appassionatamente nascosta tra le prime siepi. Notai che il ragazzo era il giovane che si era appena fidanzato. L’avevo memorizzato all’inizio, appena entrati ci aveva accolto lui stesso.

La ragazza tra le sue braccia però non somigliava minimamente alla futura sposa, anzi, era proprio l’opposto.

Alla faccia dell’onestà, pensai disgustato.

Sulle scale, erano fermi tre uomini a fumarsi una sigaretta indisturbati.

Ne notai uno in particolare. Memorizzai i suoi lineamenti e i suoi modi di muoversi. Era involontario ormai. Aveva attirato la mia attenzione perché aveva delle rassomiglianze con qualcuno che avevo già visto.

Sbarrai l’occhio. Non poteva essere lui.

L’uomo mi sorrise. Per poco non finii in acqua.

Cominciò ad avvicinarsi ed io indietreggiai. Non era il posto adatto per uno scontro così presi a camminare nel labirinto di cespugli, sicuro che mi stesse seguendo. Mi voltai solo quando ero arrivato ad un piccolo stagno al centro di uno spiazzo: la fine della mia corsa e il luogo di un incontro fatale.

Lui era già lì appollaiato su un masso un po’ più grande degli altri. Come immaginavo. A che gli serviva farsi tutta quella strada quando poteva attraversare tutto ciò che voleva con facilità.

«Buona sera, guercio. Che onore rincontrarti.»

Lo guardai in cagnesco. Non era proprio necessario appesantire ulteriormente l’atmosfera. Notai che gli erano cresciuti parecchio i capelli, perché li teneva raccolti in una ordinata coda di cavallo.

«Lo so che sono bello, però puoi anche non fissarmi con quegli occhi da stralunato!»

Distolsi lo sguardo imbarazzato. Accidenti a lui e le sue cavolate.

«Ti metto a disagio, piccolo?» La voce calda e tranquilla.

Per un attimo mi sentii come attratto da una forza strana. Non avevo più voglia di combattere.

«No, va tutto bene.»

«Lo dici adesso.»

«Allora diciamo che andrà tutto bene.»

Simulai un mezzo sorriso a cui lui rispose. Non intravvedevo nessun residuo della furia omicida che si era scatenata sull’Arca.

Mi tranquillizzai un poco e decisi di chiedergli se era lì per uccidermi.

«No, ovviamente. Io sono qui solo per divertirmi! In oltre vedere che la coppia di festeggiati è fallita in precedenza, è spassoso. Comunque mi fa piacere rivedere un po’ di vecchi amici.»

Amici. Percepii il cambiamento di espressione sul mio viso.

«Non siamo amici, io e te.»

«Suvvia, potrei esserti d’aiuto.»

«Non ti aspettare che ti supplichi come quell’altro!»

«Tranquillo, io pensavo ad una situazione di stallo. In fondo tu sei un bookman e in parte un esorcista, giusto?»

Non capivo dove volesse andare a parare quindi gli diedi corda. Saperne qualcosa di più non mi avrebbe certo rovinato.

«Cosa si fa tra amici allora?» Chiesi innocentemente.

«Si chiacchiera, si gioca, si ride … fammi pensare un po’. Secondo te?» Mi fece segno di sedermi accanto a lui. Peggio di così non poteva andare, quindi tanto valeva rischiare fino all’ultimo.

Mi avvicinai un po’ titubante, come un cagnolino affamato, ma pauroso di ciò a cui va incontro.

Picchiettò ancora la mano sulla superficie fredda della roccia, il solito sorriso stampato in faccia. Per un attimo ebbi l’impulso di tirargli un pugno, ma poi mi tranquillizzai, fingendo indifferenza.

«Come sta il piccolo?» Mi domandò spostandosi leggermente per lasciarmi più spazio.

Feci spallucce. Il piccolo! Sbuffai all’idea che lo chiamasse ancora così.

«Ti ho visto dentro, prima. Per la verità ti stavo seguendo. Non mi stavo divertendo lì. Troppe persone. La musica poi, la sento da qui e non c’era nessuna dama con cui valeva danzare!»

«Fantastico, eccone un altro.»

 Lui scoppiò a ridere.

«Un altro cosa, scusa?!»

«Tutti sanno ballare, stare al ritmo! Che noia ragazzi, non è così importante saperlo fare, no?»

Di nuovo quella familiare risata.

Eravamo seduti uno accanto all’altro, quando lui si alzò e mi si mise di fronte. Mi porse la mano come si fa alle signore per chiedere la concessione di una danza. Rimasi in silenzio. Tyki mi guardava con fare speranzoso. Poi, non vedendo nessuna reazione mi afferrò la mano e ci depositò un leggero bacio. Mi sentii avvampare, sia per l’imbarazzo che per l’irrefrenabile voglia di piantargli un calcio in mezzo alle gambe semiaperte.

«Se è uno scherzo, non è divertente.»

Sbuffò impaziente.

«Moccioso, rovini l’atmosfera. Adesso sposta il culo da quel grande sasso e metti una mano qui.» Lo guardai sempre più rosso in volto. Dove dovevo mettere la mano? Che dovevo fare? Porca miseriaccia!

«Ehi, riprenditi!»

Mi alzai e mi misi davanti a lui. Gli lasciai condurre il gioco, dopotutto io ero un ignorante totale in quella materia. Mi prese per un polso e guidò la mia mano al suo fianco, l’altra stretta nella sua calda. Per un attimo, quando mi appoggiò la sua sulla spalla, temetti mi trapassasse e strappasse il cuore, ma riflettendoci su, non aveva motivo di sporcarsi i raffinati guanti bianchi.

Mi fece muovere i primi passi, ma praticamente camminai su i suoi piedi. «Accidenti, sei peggio di quanto immaginassi!» Sorrise ironico.

Continuai a guardare i miei piedi troppo impacciati nei movimenti e goffi a confronto di quelli di Tyki, agili e pronti a schivarmi.

Con una mano continuava ad alzarmi il mento, trasformando poi quel tocco in una carezza piacevole. Finii per abbassare lo sguardo solo per ricevere la sua attenzione, mentre lo ammiravo inosservato.

Non mi era mai passato per la testa che Tyki Mikk, il quasi assassino del mio migliore amico, potesse apparirmi attraente! Mi riscossi da quei pensieri inutili.

Ora eravamo un po’ più vicini. Seguivo il ritmo che lui mi dettava, in base alla musica che proveniva dalla villa, poco più lontana. Era un pulsare lento, quindi anche noi rallentammo, rendendomi la cosa un po’ più semplice. L’atmosfera attorno a noi era … romantica?!

Mi allontanai di scatto, ma le sue mani non si separarono da me e nemmeno le mie.

«Qualcosa non va, guercio?»

Mugugnai qualcosa, ma in tono poco convinto.

«Senti, stai andando bene. Avvicinati, non ti farò mangiare da Tease, promesso!»

Mi veniva da ridere, non so se per la battutina, o per la situazione assolutamente improbabile, ma alla fine scoppiai. Tyki mi fissava tra lo sconcerto e l’imbarazzo, io ero piegato in due come un cretino, la stretta salda con la sua mano, pronto ad impedirgli ogni tentativo di fuga.

«Adesso mi spaventi, però. Io fumo, ma qui c’è qualcuno che prende altre sostanze, mi sa.»

«No, giuro. Non ci capisco niente nemmeno io.»

«Tu di cosa parli?»

Mi interrompo bruscamente, ancora appoggiato con le mani sulle ginocchia. Di cosa stavo parlando? Non stavo mica facendo cadere le mie difese proprio davanti ad un Noah, vero? O santo cielo! Eppure non riuscivo a trattenermi, avevo bisogno di sfogarmi e lui, in qualche modo mi sembrava la persona adatta.

«Non ci capisco niente, di tutto,di questa storia, dell’arca, del quattordicesimo, poi tu! Mi porti solo problemi, accidenti.»

Ghignò, questa volta quasi malevolo.

«Bene, bene, bene! È una novità che qualcuno mi riveli le sue faccende personali. Non sperarci troppo, con me non caverai un ragno dal buco. Sono chiuso ermeticamente, in quel senso. Però se ti fa piacere va avanti, ma nel frattempo, balliamo.»

Con uno strattone violento mi riavvicinò a sé. Mi ritrovai faccia a faccia con il suo petto. Questa volta lui mi posò la mano sul fianco, costringendomi ad afferrargli la spalla.

Strinse la presa sul mio fianco, obbligandomi ad avvicinarmi.

«Guarda in alto.» Il suo tono non era più così morbido e allegro, quindi cominciai a temere seriamente.

Nel roteare un po’ più forte mi sfuggì un fremito. Iniziava a girarmi la testa. C’era qualcosa nell’aria, uno strano profumo, poco diverso da quello di Tyki, ma al contempo distante mille miglia come fragranza. Iniziai a sentirmi le gambe molli. Dove avevo già sentito quell’aroma?

Sbarrai l’occhio, ma era troppo tardi.

«Questo è … giocare sporco!» Mi afferrò la testa e se la premette contro il petto.

«Non esattamente, diciamo che anche gli amici si tradiscono. Sta tranquillo, dopo starai meglio.»

Percepii le labbra di Tyki contro la mia fronte imperlata di sudore, mentre la nausea mi colpiva, rischiaindo di vomitargli sul completo scuro. Le sue braccia mi sorreggevano, mentre perdevo il controllo del mio corpo.

Poi buio.

 

Spero vi sia piaciuto il primo capitolo, se recensirete non potrete che farmi felice! Grazie in anticipo e ciao!

  
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