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Autore: cartacciabianca    25/04/2010    2 recensioni
L’attivazione del Frutto dell’Eden durante e dopo lo scontro finale ha cosparso Masyaf di una maledizione. Avvenimenti insoliti turbano la quiete della sua gente. Altaїr e Malik, imbrigliato il governo della cittadina, si troveranno ad affrontare le stranezze di una città caduta nelle polveri del tempo e sprofondata nelle paludi della deficienza. Non sono concesse debolezze: il popolo ha bisogno di loro, ma ignorare i propri istinti diventa impossibile quando si ha più bisogno l’uno dell’altro. Un misterioso battaglione armato sta razziando le terre attorno alla roccaforte e minaccia di circondare la base dell’Ordine degli Assassini. Che siano nuovi Templari? Pronti a riaprire vecchie ferite e disposti a sgozzare innocenti pur di annientare una volta per tutte i loro epocali avversari? Oppure è qualcosa di molto più grande dei Templari stessi? Magari una forza sovrannaturale che ha cosparso germogli di guerra e si presenta come la reincarnazione della Potenza Divina...
Per scampare alla morsa della pazzia e risolvere questo mistero, i nostri assassini dovranno tenere a mente due cose soltanto: che niente è reale e che tutto è lecito.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Malik Al-Sayf
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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The Scream of the Hawk (Il Grido del Falco) è una long-fiction yaoi sulla coppia Malik/Altaїr post-game.
Nella narrazione delle vicende, che non comprenderanno più di 15-20 capitoli, saranno presenti scene di medio contenuto “lemon”, un alto tasso di spoiler e un finale a sorpresa che si ricollega ad Assassin’s Creed II.
Premetto che potrò non essere costante negli aggiornamenti.
Per il sostegno alla causa “Non dimentichiamoci AC, anche se è uscito AC II” ringrazio PotterWatch – Elisa, che come me ed altri ama molto questa coppia. La fan fiction è inoltre dedicata a lei e alla sua bellissima raccolta, View Points.
Detto questo, mi faccio silenziosamente da parte e vi lascio alla lettura. ^^
P.S. Recensioni gradite :3


I
Antefatto


[…] Il vecchio Maestro si era spento per la mia lama giusto quella mattina, e da allora, dopo la dissipa della verità, sulla gente di Masyaf aveva regnato un’oscura nube di pensiero che io, Malik e gli altri assassini ci eravamo adoperati a stemperare nell’arco delle poche ore che avevano preceduto il calare del sole. Il rito funerario si sarebbe tenuto l’indomani al tramonto, per volere della stessa gente alla quale, sia io che il mio compagno, eravamo stati costretti a mentire. […] Scegliere di non rivelare cosa realmente fosse successo, da una parte ci aveva privato del potere che ci spettava di diritto; avevamo scelto di liberare il popolo da un pensiero negativo di noi e di ciò che era stato prima di noi, ma di questo potevamo facilmente fare a meno. Dall’altra, aveva contribuito ad aumentare l’inquietudine e il sospetto nei nostri confronti, mettendo in forse per la nostra gente il proseguirsi di una vita normale. […] La bugia architettata da me e Malik ci aveva esortati verso un cammino diverso che la nostra gente aveva accettato di buon cuore, non c’erano dubbi su questo, ma ancora ci inquietava il fatto che molti sapessero ugualmente la verità. Gli uomini che Al-Sayf si era portato dietro da Gerusalemme per accorrere in mio aiuto alla cittadella, ovvero gli unici dentro la mente dei quali Al Mualim non era riuscito ad intrufolarsi, ora stentavano a mantenere un rigoroso controllo di sé, predicando tra loro una possibile opposizione che sia io che Malik ci eravamo prefissi di soffocare sul nascere.
I segreti custodi da un così portentoso oggetto sarebbero dovuti essere racchiusi altrove, in un luogo più sicuro di quanto poteva esserlo la nostra impenetrabile fortezza. Stolti, noi uomini col potere di Dio tra le mani, saremmo potuti cadere senza problemi due volte nella stessa buca. Era di questo che io e Malik ci occupammo nelle successive ventiquattro ore, ed era di questo che io e lui avremmo dovuto “serenamente” discutere quella sera, all’insegna di un segreto incontro notturno che, se saputo, avrebbe fatto correre voci.
[…] In tale circostanza, però, sapevamo di poterci fidare di quegli uomini che Malik ancora chiamava “miei fedeli”, “sicari” oppure “apprendisti”, come se il suo tenore di vita fosse una guida spirituale alla quale tutti i più giovani adepti aspiravano. Malik Al-Sayf non era celebre nella Confraternita solo per il braccio e il fratello persi, ( per mia colpa, ovviamente) ma il suo nome era stato e sarebbe continuato ad essere sulla bocca di tutti anche accanto alle parole “assassino” e “educatore”.
Prima della missione nel Tempio di Salomone, chiunque a Masyaf sarebbe stato in grado di raccontare delle sue nobili gesta di uomo acculturato, saggio e ponderante, oltremodo cauto, severo e intransigente al cospetto di regole, imposizioni, leggi o comandi. Malik lo ricordo ancora oggi sempre chino a studiare antichi testi polverosi, spesso accanto allo stesso Al Mualim che tradì la nostra, ma soprattutto la sua fiducia.
Un’altra cosa è certa: non sarò mai in grado di eguagliarlo in astuzia, di carattere, prontezza e forza di mente, tantomeno come uomo pieno di spirito e sentimento. […] In poche parole, se Masyaf avesse chiamato un nuovo Maestro, sarei stato il primo a spingere avanti il mio carissimo amico.
[…] Malik aveva tutte le qualità per diventare un ottimo Mualim, cento volte migliore di quello che era stato prima di lui. Dalla sua parte aveva l’ammirazione della gente e il rispetto dei suoi pari, me compreso. Soprattutto ora, dopo le ultime vicende, non potevo negare a me stesso di sentirmi tanto inferiore a lui quante erano state le volte che avevo osato alzargli contro la voce. […] Malik sapeva che rischi stava correndo, era pienamente consapevole di che mondo ci fosse là fuori ad attenderlo. Nonostante lo avessi implorato di non insistere su queste tematiche, obbligandolo a contraddire se stesso e ciò che il profondo del suo cuore gli sussurrava ogni notte di fare, non c’era stato verso di fermarlo. Ancora una volta la determinazione aveva brillato nei suoi occhi e il permaloso, avido spirito umano era emerso da lui, sovrastando ogni residuo di freddezza, obbiettività, relativismo. In lui rivedevo quella temibile parte di me venuta a galla nel Tempio di Salomone.
[…] Malik aveva smesso di combattermi tempo addietro ed io gliene ero stato grato ogni giorno, da allora, rispettandolo a mia volta. Cominciai a pregare che l’odio provato nei miei confronti non fosse stata la causa di tutto, e che la ripicca viaggiasse ormai lontana. Le mie preghiere furono accolte, ma presto sostituite da un temuto dolore. […] Già caduto in tentazione una volta, io non sarei stato capace di compiere nuovamente lo stesso errore. Ma siccome non ci sono limiti sui poteri d’infatuazione del Frutto verso una mente vergine e sana, temevo che il mio Malik sarebbe morto per sempre, consumandosi nel gesto apparentemente così banale di impugnare un oggetto tanto piccolo e potente allo stesso tempo.
[…] No, purtroppo il falco ferito non ero io, o sarei stato in grado di controllarmi.

{ 1-160, Pagina 31*, Codice di Altaїr }



L’oscurità della notte avvolgeva la sala del Maestro conferendo all’intero edificio un aspetto funereo e spettrale. Per la Fortezza di Masyaf non volava una mosca e fuori dalle mura, dove la gente riposava nelle proprie case, un cane solitario abbaiava alla luna. La cittadella si era assopita sotto un magnifico cielo limpido sgombro di nuvole e punteggiato di stelle, sereno così come aveva donato la morte di Al Mualim.
Gli stendardi degli assassini erano sospinti da una forza invisibile: la brezza autunnale veniva dalle grate senza vetri alle spalle di Malik. Questi sedeva sullo scrittoio nel centro della stanza con i piedi a penzoloni; su un ginocchio riposava il gomito dell’unico braccio piegato a sorreggere il peso del Frutto dell’Eden, prigioniero tra le dita del ragazzo.
Malik si rigirava la sfera nella mano, saggiando la lucentezza dell’acciaio dorato con il pollice e stupendosi di come quell’oggetto sapesse essere tanto freddo quanto scottante. L’assassino seguiva con l’indice una delle arabesche incisioni geometriche che ne traversavano il perimetro, carezzandolo col polpastrello del medesimo dito.
-A cosa stai pensando?- chiese una voce fuori campo, maschile e penetrante.
Dopo un silenzio che parve lungo un’eternità, Malik si assentò dalla sua contemplazione e alzò gli occhi in quelli del suo osservatore nascosto nell’ombra. Fu un contatto che durò giusto un istante.
-Dicono che i poteri del Frutto siano illimitati…- cominciò Al-Sayf per poi interrompersi, tornando a posare lo sguardo assorto sulla Mela.
-Dove vuoi arrivare?- eruppe l’altro con voce profonda.
Emergendo dall’ombra, la misteriosa figura si mostrò: addosso non aveva altro che una tenuta serale da riposo; era nudo delle sue armi, con un sottile strato di lino grezzo che copriva la muscolatura superiore, pantaloni e stivali leggeri. Era in piedi a pochi passi dall’amico, lo fissava con la stessa intensità con la quale lui scrutava il Tesoro dei Templari nella propria mano. Immobile come un chiodo fisso nel pavimento, Altaїr studiava ogni suo piccolo gesto o respiro. Le sue intenzioni erano più forti della luce della candela posata sulla scrivania dove lui stesso sedeva, Altaїr captava i suoi pensieri ancor prima che Malik riuscisse pronunciargli. Ma nonostante l’aquila sapesse già il motivo per il quale l’amico l’aveva convocato quella notte, inizialmente si limitò ad osservare senza agire.
-Il Potere di Dio sulla terra- rise Malik con una nota d’isterismo. –Che sciocchezze…- borbottò gettando la mela da parte sul tavolo.
Altaїr restò allungo interdetto di quell’improvviso cambio di stato, e tacque. Dalla contemplazione più assorta, Malik aveva respinto l’oggetto da sé con scetticismo, disprezzo.
-Eppure…- ma Malik indugiò ancora, lanciando un’altra occhiata alla Sfera scintillante che, tracciando piccole orbite concentriche, lentamente si stava assestando sopra il legno della scrivania. Quando raggiunse l’immobilità, Al-Sayf allungò l’unico braccio e strinse nuovamente la sfera tra le dita. Questa s’illuminò più intensamente nel momento in cui il calore di un palmo umano ne sfiorò la superficie.
Malik si portò l’oggetto in grembo e tornò ad ammirarlo col doppio dell’infatuazione.
-Eppure penso che, nonostante il numero sempre crescente di leggende che gli gravitano attorno, abbia la sua utilità- disse. –La vera domanda è… saremmo mai in grado di controllarlo?- si chiese guardando verso l’amico per attendere una risposta.
Altaїr ignorò del tutto la domanda. -Perché non sei a letto, Malik? Oggi è stata una giornata molto dura- tentò facendosi avanti.
-Oh, non lo metto in dubbio- pronunciò pensieroso aggrottando la fronte. –Ma la verità è che non riesco a dormire, amico mio- confessò scrollando le spalle.
-Come mai?- domandò cupo.
-Non dormo da tempo, in realtà- confessò Malik smontando dal tavolo con un balzo. –Tutto è successo così in fretta ed io ne soffro molto-.
-Di cosa parli?-.
-Di questo- disse sollevando il palmo con la Mela.
Altaїr continuava a non voler capire, ignorando il suo incubo peggiore anche adesso che lo avevo di fronte, a portata di mano. Avrebbe potuto alzare il braccio e toglierglielo da sotto il naso, fermandolo prima che fosse troppo tardi, ma Malik non si sarebbe mai permesso di violare la sua fiducia. Era con questo pensiero che pigramente andava giù nel baratro… e diventava sempre più cieco di fronte alla realtà.
-Quelle notti che i miei occhi stentavano a chiudersi ho studiato, studiato più di quanto non abbia mai fatto in tutta la mia vita, Altaїr. Al Mualim aveva riempito pagine, volumi scaffali dei suoi pensieri su questa… cosa, ed io ho letto e riletto i suoi appunti dal primo all’ultimo rigo. Ora che posseggo le conoscenze necessarie, anch’io, come lui, posso controllarlo-.
-Malik, stai vaneggiando, non…-.
-Taci!- gli urlò contro d’un tratto, azzittendolo. –Sei ancora così pieno di te stesso che dimentichi pigramente quello che hai imparato dai nostri conflitti?!- il suo tono si era fatto imponente all’improvviso. I residui di calma e compostezza erano scomparsi del tutto dal suo volto.
-Non puoi controllarlo, Malik. Nessuno può farlo- precisò l’aquila.
-Il lupo perde il pelo ma non il vizio, eh? L’arroganza, la presunzione, Altaїr! Ciò che pensi tu non sempre è legge per altri!- ringhiò cominciando a camminare avanti e indietro sul pavimento.
-Sentiamo, allora! Cosa avresti intenzione di fare?- domandò secco.
Malik arrestò i suoi passi nel centro della stanza, continuando a fissare il Frutto nella propria mano. Tacque allungo, fin quando non si accorse che Altaїr gli si era fatto troppo vicino per i suoi gusti. A quel punto si spostò indietro di un metro, senza acquietare quei suoi occhi fiammanti di una collera senza pari.
-Lo rivoglio, Altaїr- disse, freddo.
-A cosa ti riferisci, ora?- chiese l’assassino seriamente confuso.
Malik indugiò un istante. –A lui, Altaїr… a Kadar-.
Tutto si fece chiaro come il giorno.
Le sue parole avevano solo confermato le ipotesi di Altaїr, le stesse che pregava ogni giorno di non veder realizzate. Sarebbe stato un peso troppo grande da sopportare, una responsabilità enorme. Altaїr non poteva, si disse, non doveva permetterlo …
-Malik, sai bene che non potrà mai succedere-.
-Tu dici?- formulò ilare. –Pensi che Dio come toglie la vita non possa ridarla? È questo quello che pensi, Altaїr?-.
Il suo tono da saputello cominciava a dargli sui nervi, ma soprattutto a farsi molto pericoloso. L’aquila di Masyaf si tese sulle zampe e preparò a spiegare le ali.
-Sì. È questo quello che penso- annunciò freddamente, sperando che Malik gli desse retta e rinunciasse alle sue intenzioni di partenza.
-Allora non sei cambiato affatto in meglio…- mormorò Al-Sayf avviandosi dietro la scrivania e sedendo ad essa. –Sei sempre il solito testardo presuntuoso,- sottolineò -ed io ti dimostrerò che hai torto-.
Prima che Altaїr riuscisse ad avvicinarsi abbastanza da fermarlo, Malik sollevò la Sfera sopra la propria testa e, mentre le sue labbra si tendevano in un sorriso felice al ricordo del fratello, dal palmo chiuso si sprigionò una luce dorata e accecante.
Altaїr non indietreggiò, ma preferì pararsi dietro all’ombra del braccio. -No, Malik! NO!- gridò correndo e gettandosi su di lui.
A quel punto l’incantesimo si ruppe: mentre Malik e Altaїr cadevano, avvinghiati, ai piedi della scrivania, nella sala del Maestro ripiombò un oscuro silenzio, rotto solo dal tonfo metallico della Sfera che, per l’impatto, il falco si lasciò sfuggire di mano.
Il Frutto dell’Eden cozzò a terra tre volte, poi rotolò giù per le scale. Ogni suo saltello sui gradini diffondeva tra le pareti di rocca della Fortezza uno squillante scampanellio.
-Stupido! Non intralciarmi!- gridò Malik spingendo via l’amico, alzandosi e correndo dietro l’oggetto.
Ancora disteso sul tappeto, Altaїr strinse i denti e lo afferrò per la caviglia prima che potesse allontanarsi. A Malik sfuggì un urlo isterico quando ricadde al fianco dell’assassino, mentre velocemente quest’ultimo si alzava e correva a riprendere il Frutto dell’Eden.
Malik si gettò su di lui con tutto il suo peso e un grido euforico. Insieme ruzzolarono sulle scale e, tra un gemito e un altro, si riempirono di lividi, la maggior parte dei quali inferti a suon di pugni e morsi. Il tintinnio del metallo contro la pietra scandiva la loro come una lotta forsennata tra leoni che si contendono una vecchia carcassa.
Spiattellati sul pavimento del pian terreno, Altaїr e Malik si alzarono allo stesso tempo, si guardarono attorno ed individuarono assieme la Sfera.
Questa era rotolata ai piedi di un alto scaffale colmo di libri e li aspettava impaziente.
Entrambi col fiatone e i sudori freddi, si scambiarono una lunga occhiataccia.
La lotta a mani nude che ne nacque aveva buttato giù dal letto i primi spettatori, che a poco a poco si affacciarono dalla balaustra del piano superiore osservando sbigottiti lo spettacolo messo in scena dai due.
Una furia portentosa alimentava quell’uomo. Altaїr non aveva mai visto Malik così virilmente capace, persino senza un braccio e, nonostante fosse un scontro ad armi impari, era nettamente in svantaggio. L’aquila si ritrovò segni di morsi e calci nei punti più impensabili: era un duello senza regole, privo di tattica o stili d’improvvisazione, più comunemente chiamata “rissa”.
Nell’aria si sentivano già alcuni sussurri di voci estranee che commentavano quella follia. Due guardie dal cappuccio grigio entrarono nella sala con le armi alla mano, ma non mossero un solo passo oltre l’ombra dell’ingresso che la luna e le sue stelle proiettavano sul pavimento.
-Non ti lascerò tenerlo tutto per te!- ruggì Malik colpendolo con una medesima ginocchiata.
Altaїr indietreggiò piegandosi dal dolore. –Malik, per favore, fermati! Hai perduto il senno!-.
-No, fratello, tu hai perduto il senno!- strillò.
Il Frutto dell’Eden sembrò balenare alle spalle dell’assassino, e la sua luce si rifletté negli occhi neri di Malik. Questi tentò di sorpassare il suo avversario con uno scatto di gambe degno di un maestro, ma non prevenendo il più fulmineo spostamento di Altaїr, per quella volta toccò a lui trovarsi un suo ginocchio tra le costole. Altaїr approfittò della sua breve debolezza per farlo voltare e spingerlo via, di nuovo a parecchi metri dalla meta tanto ambita.
-Malik! Basta!- tentò ancora, disperato.
L’assassino senza un braccio sondò nuovamente il muro invalicabile che il corpo dell’amico forniva attorno al perimetro della Sfera. Sfortunatamente per Altaїr, fu solo una banale finta: Malik afferrò dal tavolo accanto un penna d’oca e gliela scagliò contro con violenza. Altaїr schivò l’oggetto torcendo la spina dorsale, ma non riuscì a sottrarsi alla trattoria di un secondo: la boccetta d’inchiostro lo colpì in faccia. I frammenti di vetro gli graffiarono la pelle del viso, l’inchiostro gli entrò in gola.
Momentaneamente cieco, Malik gli venne incontro, gli afferrò il polso e gli contorse dolorosamente il braccio dietro la schiena. Di fronte alla sua forza disumana, Altaїr non poté trattenere un gemito.
Successivamente, governandolo come una marionetta, Al-Sayf spinse l’aquila contro il tavolo più vicino e lo costrinse a premere la faccia su di esso. L’impatto causò il rovesciarsi di un calamaio per l’inchiostro e qualche volume impilato con ordine in verticale.
-Siamo un po’ arrugginiti, eh?- ridacchiò prendendosi gioco di lui.
Altaїr strinse i denti. –Malik, fermati, basta- sibilò.
L’assassino irrobustì la presa arrecandogli ulteriore dolore. –Non mi fermerò finché non sarà di nuovo insieme a noi-.
-Guarda cosa ti ha fatto, Malik. Guarda in cosa quel malefico oggetto ti ha trasformato. Il Frutto fa promesse che non può mantenere. Ti ha reso schiavo dei tuoi stessi desideri!-.
-Smettila di ciarlare su quello che non conosci. Tu non sai nulla del Frutto-.
-È qui che ti sbagli. Lo conosco sicuramente meglio di te!-.
Un colpo di reni e Altaїr riuscì a capovolgere la situazione, comprimendo Malik tra la sua schiena e la superficie del tavolo. Lo stordì con una capocciata, dopodiché lo fece voltare, sollevare dal tavolo e lo sbatté in fine sulla libreria accanto.
-Malik, guardami- s’impose.
Per un attimo gli sembrò di sentirlo esitare, tremare là dove stringeva con violenza l’unico polso che gli restava. Il suo sguardo smarrito, agitato, guizzava spesso tutt’altra parte pur di non assecondare quel semplice ordine. Approfittando della sua debolezza Altaїr permise maliziosamente al proprio corpo di adagiarsi meglio al suo, aderendo completamente ad esso, imprigionandolo tra sé e gli scaffali pieni di libri. Dimezzò la distanza dei loro visi così da poter finalmente incatenare i suoi occhi nei propri.
Malik serrò la mascella e portò indietro la testa, irrigidendosi. La presenza di Altaїr così vicina alla sua, in quel momento di grande furore e agitazione, lo metteva fortemente a disagio.
Trascorsero alcuni lunghi istanti di silenzio, spesi ad ascoltare i loro respiri accelerati e i cuori battere forsennati nel petto. Altaїr percepiva, fissandolo, l’odore della paura che Malik aveva di lui in quel momento, mai come prima di allora. L’aquila era riuscita a catturare il falco nella maniera che lo infastidiva.
-Parti dal presupposto che io non ne abbia sofferto. Ed è qui che ti sbagli-.
-Spiega meglio, se ne sei capace- ringhiò di tutta risposta.
Altaїr inarcò un sopracciglio, irritato dalla sua reazione almeno quanto Malik si sentiva impotente di fronte a lui in una circostanza così ovvia. D’altronde non era altro a tenerlo inchiodato con le spalle alla libreria se non l’incompetenza: se ne avesse avuta la forza, o anche solo l’opportunità, Malik avrebbe afferrato la prima cosa che gli fosse capitata a tiro scagliandola contro all’assassino con un grido di rabbia, esattamente come aveva fatto poco prima che quella scomoda conversazione avesse inizio.
Altaїr si permise un istante per pulirsi il viso dall’inchiostro, strusciandoci la manica della camicia di lino. –C’era bisogno di arrivare a questo?- chiese alludendo alla macchia viola comparsa sul tessuto, dovuta al mescolarsi di inchiostro e sangue.
Malik sembrò calmarsi un poco. Rilassò il collo e le spalle. Scosse la testa, e in fine guardò a terra.
-No- mormorò quasi piangendo.
Finché si era trattato di qualche innocuo pugnetto sullo stomaco, Malik aveva saputo confrontarsi con lui senza mai tirarsi indietro. Adesso che sotto al naso aveva il puzzo del sangue di un caro amico, si sentiva estremamente in colpa.
-Perdonami…- disse. –Ero fuori… di me-.
Altaїr sorrise. –Lo so-.
-È solo che…- singhiozzò Malik, sollevando il mento e guardandolo negli occhi, mentre i suoi s’inumidivano. –Lui era tutto per me, capisci?-.
L’altro annuì. –Anche per me. Gli volevo bene, Malik, sicuramente non quanto te, ma gli volevo bene anch’io-.
La loro zuffa notturna si concluse in un caloroso abbraccio.
Altaїr sentì le sue unghie graffiargli la carne della schiena e la sua fronte premere con forza sulla clavicola, quasi da far male. Strinse a sé Malik con altrettanta intensità, tenendolo per la nuca e baciandolo in testa. -È tutto finito- sussurrò Altaїr per compiacere l’amico, i singhiozzi del quale si facevano più intensi. A quel punto qualcosa di caldo ed umido prese a scorrergli sul petto, certo che non era inchiostro.
-Malik, è tutto finito- ripeté, capendo che si trattava, piuttosto, delle sue lacrime.









*La pagina 31° del Codice è una mia invenzione adattata alla trama di questa storia*




   
 
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