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Autore: Akane    22/08/2005    1 recensioni
‘Cerco un posto per me, per la mia testa, per la mia anima’.
Una ragazzina orfana cresciuta sola, selvatica e indomabile arriva in una famiglia fuori dal comune che l'aiuterà. La sua vita, il suo buio e come ne esce. La sorpresa di un nuovo arrivo nella sua vita e scoperte che sconvolgerebbero chiunque ma non lei che la rafforzano.
(la sto rimettendo rivisitata e sistemata un po'...)
Genere: Drammatico, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AUTORE: Akane
TITOLO: A PLACE FOR ME
SERIE: original
TIPO: etero, Long story
GENERE: sentimentale, comica, un po' drammatico
RATING: arancio alcuni cap, ma non tutti.
NOTE: è ispirata al mio gatto, alla sua vita e a quello che ha passato. La protagonista è proprio la mia gatta Kyo solo che nella storia è umana ovviamente, ma è lei di carattere e di storia. Ha toni drammatici inizialmente, ma poi arriva anche il lato comico e sentimentale.
DEDICHE: ai miei due gatti: Kyo e Akane.

UN POSTO PER ME

“Cerco un posto per me,
per la mia testa,
per la mia anima.”

PROLOGO:
FUOCO NEL CIELO

La prima cosa che si udì fu l’odore di fumo. Non di sigarette, quell’odore lo si poteva sentire uscendo in giardino negli orari proibiti quando gli assistenti facevano la loro pausa e fumavano. Quell’odore era di bruciato. Di ‘cose’ bruciate.
Lo distinsero tutti nettamente.
Pur essendo bambini lo sentirono come se qualcuno avesse detto loro cosa succedeva.
Veloci e curiosi si affacciarono alle porte delle loro camerette per vedere cosa succedesse e guardarono verso le scale, dove l’odore, o la puzza, era più forte.
Bagliori arancioni e gialli provenivano da laggiù. Come i capelli mossi di Nike, ora sciolti e ricadenti lungo la schiena. Sembrava riflettessero quei colori. Oltre alle luci sempre più evidenti, si vide del fumo scuro salire, presto arrivò al corridoio dove i bambini più grandi gridarono spalancando le porte:
- AIUTO! È IL FUOCO. L’EDIFICIO BRUCIA! -
E la consapevolezza di essere intrappolati. Le fiamme ora visibili erano grandi, sempre più prepotenti avanzavano dopo essersi nutrite del piano terra. Dopo l’avviso anche i più piccoli si unirono alle urla di spavento.
Pochi non urlarono, anzi. Solo una. Colei che fra i capelli le fiamme le aveva già. Il fuoco non è rosso vivo. Quando si dice ‘capelli rosso fuoco’ si è in errore immaginandoli rosso acceso, poiché contiene mille colori dal giallo al rosso, ma non scuro, non sangue. Se qualcuno ha i capelli color fuoco significa che ci sono una gamma molto vasta di pennellate naturali.
I grandi occhi verde-dorati ora apparivano arancio, ma sempre da gatto. Le pupille si restrinsero in due puntini impercettibili per la sorpresa di ciò che vedevano.
La compagna di stanza, una bambina più piccola di lei, si raggomitolò sulla sua camicia da notte carminio che le sfiorava le caviglie sottili.
Era notte e stavano per addormentarsi quando il fiuto sviluppato di Nike aveva allarmato la piccola Marlene. I biondi e corti capelli arruffati si immersero in quelli ramati dalle mille sfumature dell’amica.
- Nike, cosa succede? -
La calma della ragazzina l’aiutava a non avere una crisi di panico.
- Dobbiamo uscire Lene … di qua … -
Giudicò al volo molto male gli altri che erano corsi per il corridoio senza criterio né logica pieni di terrore per le fiamme. Che fine avessero fatto le assistenti non voleva saperlo, come nemmeno l’origine di quel fuoco. L’undicenne Nike era acuta e silenziosa, preferiva agire per i fatti suoi piuttosto che perdere tempo.
Con grande destrezza e freddezza, si diresse verso la finestra richiudendo la porta. Aprì i vetri facendo entrare l’aria pulita.
- Ma gli altri? -
Chiese la piccola.
Lei evitò il suo sguardo impaurito dove lacrime premevano per uscire.
- Si arrangeranno, non posso salvare tutti … riuscirò appena a salvare noi due … non sono un pompiere! Come ci ho pensato io ci possono pensare loro ad uscire dalla finestra! -
Lei continuò a stringersi alla compagna osservandola. Non ribatté vedendola concentrata e laconica. Non capiva se avesse ragione o meno, certo era che le dispiaceva perdere le altre amichette, ma non voleva venire immersa in quelle fiamme roventi.
Con impressionante agilità Nike saltò sul balcone guardandosi intorno. Era un salto non indifferente e tutto quello a cui potevano appoggiarsi era il cornicione, un metro sotto la finestra, e la grondaia.
Poche storie, non si poteva certo costruire una fune con le lenzuola come nei film!
Tese la mano a Marlene e le intimò di salire con lei.
- Ho paura, Nike … -
La voce le tremava senza trovare il coraggio di imitarla e prendere la sua mano.
- Vuoi bruciare? -
Dura e sicura. Anzi. Molto brusca.
Un po’ seccata di dover fare il giochetto psicologico con il fondo di ricatto. Marlene era l’unica amica che si era fatta in quel maledetto istituto per orfani, non ci avrebbe rinunciato. La piccola scosse la testa mentre le lacrime uscivano, prese la sua mano e la strinse incerta, decisa a non lasciarla mai.
- Vai prima. Guarda, ti calo sul cornicione, ma stai attenta … siamo sul retro e prima che i pompieri vengano a salvarci moriamo. Dobbiamo fare attenzione. Sotto ci sono cespugli e alberi. Stai immobile finché non ti dico cos’altro fare. -
Annuì con le lacrime che scendevano calde e copiose. Si mordeva le labbra e le guance piene. Persino in quel buio si vedevano le iridi azzurre della bambina.
Con una forza non indifferente per una della sua età, l’aiutò a calarla sul pezzo di cemento sporgente sotto di loro. Si immobilizzò terrorizzata dall’altezza.
- Spostati Lene, altrimenti non posso scendere anche io! -
Perse molto tempo a farla spostare di lato, tempo prezioso durante il quale la porta finì di bruciarsi. Un lampo. Il pensiero volò veloce su due cose:
“Chissà se gli altri ce l’hanno fatta …” e poi: “Se non mi sbrigo sarò io a non farcela, cavolo!”
Poi saltò abile come un piccolo gatto. Non passava inosservata nella notte buia, come nemmeno Marlene.
- Ascolta, ora dovremo calarci per la grondaia. Reggerà, l’hanno sostituita la settimana scorsa. Sta tranquilla. È facile … -
- Ho paura … -
- Forza che il fuoco è in camera! -
- S … i … -
Non riusciva a sorridere, non era nel suo carattere ma nemmeno per chi amava ce la faceva.
- Allora, vedi quegli spunzoni? Fungeranno da scaletta. Sono ogni mezzo metro, è facile. Le mani salde al tubo e i piedini su quelle specie di chiodi. -
Una spiegazione sbrigativa ma coincisa. La biondina tremava ma eseguì lentamente, facendo attenzione a non scivolare. Ora grazie al fuoco si vedeva abbastanza bene, ma il tubo era caldo. Nike vide la camera invasa dalle fiamme, ma non si fidava a scendere in contemporanea alla bambina. La grondaia era stata cambiata un anno fa, altro che settimana!
Aveva dovuto tranquillizzarla in qualche modo.
Sospirò lasciando che il vento rinfrescasse il viso dove goccioline di sudore colavano, si passò una mano fra i lunghi capelli e quando la vide a terra salva le disse di iniziare a correre lontano dall’edificio e aspettarla fuori.
Marlene non voleva andarsene senza di lei, sarebbe stato più brutto che morire là dentro, stare sola nella notte, ma con un urlo furioso dell’amica lo fece.
Non la vide.
Le dava le spalle correndo veloce.
Quando fu al cancello dell’enorme giardino udì un forte boato. Un esplosione. Si voltò di scatto e un urlo uscì dalla sua gola. L’urlo più forte della sua vita.
L’edificio era esploso … gridava il nome di Nike e continuava a piangere copiosamente, accasciandosi al suolo, un gomitolo che non vedeva più niente se non fiamme e fumo.

Erano le mani che le bruciavano per il calore insopportabile della grondaia invasa dalle fiamme, la sensazione che sentì al tatto l’ultima volta prima di sentire solo fuoco.
La bocca piccola e chiara chiusa e serrata, i grandi occhioni espressivi risoluti a farcela, la pelle lentigginosa accaldata e sudata, le manine affusolate annerite e bruciate. Era tardi ma sapeva che ce l’avrebbe fatta. A metà strada successe che un forte rumore proveniente dall’interno dell’edificio, dalla cucina al piano terra, la fece sbalzare nel cielo.
Volava.
E nel calore soffocante ed insopportabile del fuoco sui vestiti e su qualche filo di capello, che si spense nel volo con l’aria che l’accoglieva nelle sue braccia trasparenti, ebbe la sensazione di avere le ali e volare lontano anni luce da quel posto che le aveva suscitato solo sofferenza.
Vedeva il fuoco levarsi in cielo, sulla notte buia che sembrava diventato giorno, tramonto. Il fumo nel cielo accompagnato dalle fiamme alte, alte, sempre di più.
Il fuoco nel cielo fu l’ultima cosa che vide dopo il tonfo sordo che non le fece capire altro se non che poteva essere finita.
Poi l’oblio e la dimenticanza.
   
 
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