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Autore: MrEvilside    29/04/2010    4 recensioni
Aveva voluto bene a Germania sin dal primo momento. Lui era alto, robusto e tanto, tanto paziente: gli spiegava le cose che non riusciva a comprendere, lo aiutava ad imbracciare il fucile – e a capire che era la canna a dover essere rivolta in avanti –, a fare il nodo ai lacci degli stivali e a scagliare la parte giusta di una bomba a mano in territorio nemico.
E, sebbene qualche volta Ludwig lo picchiasse, gli urlasse contro e lo costringesse ad indossare quegli elementi stretti e brutti che lo facevano sembrare più basso di quanto già non fosse, in confronto al tedesco, sapeva che lo faceva solo perché si preoccupava che non fosse abbastanza forte per poter combattere contro gli Stati cattivi come Inghilterra, che quando lo incontravano lo prendevano in giro, lo inseguivano con i carri armati e gli sparavano dietro.

A Rota.
[Prima e dopo l'armistizio con gli Alleati, circa]
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A Rota.
Era un pezzo che dovevo dedicarle qualcosa, ma i nostri gusti quanto a coppie non combaciano in praticamente nessun fandom ò_o, tant'è che proprio non sapevo come fare. Ma poi, è nata questa qui e ho pensato che, dal momento che mi piace e che a lei piacciono Germania e Italia, magari le poteva piacere anche questa. E poi io le voglio bene e lei mi deve scrivere quella lì che non si può dire altrimenti non la scrive più, perciò che si accontenti <3. Inoltre, vuole farmi fuori a forza di coccole e allearsi con la mia cara Sebastian - una delle tante XD - per farlo, dunque, di nuovo, si accontenti <3.

Per un pezzo di carta

Inizialmente, quell’uomo gli aveva fatto un po’ paura. Per quanto fosse gentile con lui e gli parlasse di felicità e benessere per il suo popolo con quella sua voce ferma eppure, in un certo qual modo, quasi carezzevole, v’era qualcosa nel suo sguardo che lo spaventava – qualcosa di freddo, duro, tagliente.
Tuttavia era stato contento che avesse firmato quel pezzo di carta. Era totalmente ricoperto di frasi strane che non aveva capito – non aveva compreso nemmeno quel che quell’uomo ed il suo amico si erano detti, in realtà –, ma in seguito il signor Mussolini gli aveva spiegato che quelle scritte significavano che era diventato amico di Germania e lui ne aveva gioito.
Non aveva mai avuto un amico, prima: quando viveva a casa del signor Austria doveva appellarsi a lui sempre come al signor Austria – e gli amici non si chiamano signor tra di loro, ne era sicuro – e, nel corso dei secoli, le altre Nazioni che l’avevano ospitato erano state accusate dal suo popolo d’essere invasori, non amici.
Sacro Romano Impero era sempre stato tanto gentile con lui, ma se n’era andato via e l’aveva lasciato solo come nonno Roma.
Aveva voluto bene a Germania sin dal primo momento. Lui era alto, robusto e tanto, tanto paziente: gli spiegava le cose che non riusciva a comprendere, lo aiutava ad imbracciare il fucile – e a capire che era la canna a dover essere rivolta in avanti –, a fare il nodo ai lacci degli stivali e a scagliare la parte giusta di una bomba a mano in territorio nemico.
E, sebbene qualche volta Ludwig lo picchiasse, gli urlasse contro e lo costringesse ad indossare quegli elementi stretti e brutti che lo facevano sembrare più basso di quanto già non fosse, in confronto al tedesco, sapeva che lo faceva solo perché si preoccupava che non fosse abbastanza forte per poter combattere contro gli Stati cattivi come Inghilterra, che quando lo incontravano lo prendevano in giro, lo inseguivano con i carri armati e gli sparavano dietro.
Suo fratello, al contrario, non aveva mai apprezzato la compagnia di Germania: a lui, a dir la verità, non era mai piaciuto nemmeno il signor Mussolini, tantomeno quando era diventato amico del signor – com’è che si chiamava? Ah, sì – Hitler ed aveva firmato il pezzo di carta. E tuttavia si era rifiutato di spiegargliene il motivo, limitandosi a mugugnare che Ludwig era una parola che non conosceva – e che non gli sembrava molto educata.
Sebbene non avesse mai apprezzato tanto come il fratellone Francia allungasse le mani su chiunque avesse una qualsiasi parte del corpo apprezzabile, Lovino preferiva la compagnia sua e di Inghilterra a quella del tedesco: lo borbottava ogni volta che credeva che lui non lo sentisse e poi, un giorno, aveva accolto Alfred ed Arthur a casa sua e aveva dichiarato di non voler più essere amico di Ludwig.
Feliciano aveva pianto, perché se suo fratello non voleva più essere amico di Germania significava che non voleva più stare con lui.
« Germania, Germania! » aveva singhiozzato. « Il mio fratellone mi odia? »
« No ». Ludwig l’aveva guardato con quei suoi occhi che una volta erano stati così chiari che Italia del Nord vi si poteva specchiare, mentre adesso erano torbidi di tristezza; inoltre, da qualche tempo, il tedesco aveva smesso di raccontargli dell’amicizia tra il signor Hitler ed il signor Mussolini e della pace che avrebbero portato nel mondo come faceva ogni sera per placare il terrore che gli suscitavano gli spari e le esplosioni provenienti da fuori. « Non ti odia, Italia ».
Italia era stupido, ma non così tanto da non accorgersi che sembrava voler dire: non è te che odia.
E poi il signor Mussolini era stato arrestato, il re ed il signor Badoglio erano fuggiti a casa di suo fratello insieme ad America ed Inghilterra, Germania gli aveva ordinato di stare chiuso in quella stanza buia finché non fosse tornato a prenderlo e Feliciano non sapeva che cosa fare, non capiva che cosa stesse accadendo e questa volta non c’era nessuno che volesse spiegarglielo.
Aveva potuto soltanto attendere nell’oscurità e, quando infine la porta era stata aperta ed il signor Mussolini era entrato, era scoppiato a piangere ed aveva detto che voleva della pasta, che aveva paura del buio, che gli mancavano Germania, Lovino ed il fratellone Francia e che voleva sapere che cosa significassero tutte quelle cose difficili: sapeva che il signor Mussolini avrebbe avuto le risposte che desiderava, perché lui era tanto intelligente e buono e lo aveva sempre aiutato.
L’uomo l’aveva rassicurato che presto tutto sarebbe tornato a posto, che si sarebbe ricongiunto con suo fratello e che avrebbero cacciato Arthur ed Alfred: loro erano i nemici e contro di loro Italia del Nord doveva combattere.
Feliciano aveva paura del rumore che facevano i fucili e le bombe, ma aveva più paura di non poter rivedere mai più suo fratello e che America ed Inghilterra gli facessero del male, per questo si era asciugato le lacrime ed aveva detto che sì, avrebbe combattuto, ed aveva seguito il signor Mussolini, che l’aveva accompagnato da Ludwig.
« Germania, Germania! » Aveva sorriso per la prima volta dopo tanto tempo nel pronunciare il nome del suo caro amico mentre, a braccia aperte, gli correva incontro.
Ludwig, al contrario, non sorrideva. Aveva teso una mano nella sua direzione e premuto il palmo contro il suo petto, interrompendo la sua avanzata quando si trovavano ad un passo di distanza.
Italia aveva percepito il sorriso attenuarsi e poi spegnersi. Si era reso conto che il signor Hitler ed il signor Mussolini non erano più amici come prima e che i soldati tedeschi canzonavano e disprezzavano i suoi, ed aveva lasciato ricadere gli arti lungo i fianchi. Germania lo aveva portato al campo di addestramento, ma questa volta non gli aveva dato un fucile e nemmeno una bomba a mano: faceva lunghi discorsi noiosi sul loro funzionamento e gliene dava delle dimostrazioni, tuttavia non gli era più permesso toccarli.
« Non siamo più amici, Germania? » aveva chiesto mestamente Feliciano, sfregandosi gli occhi per impedire alle lacrime d’offuscarli, inginocchiato a terra dopo essere inciampato su un sasso durante la corsa delle cinque e mezzo.
Ludwig, adesso, appariva ancora più distante. Le sue iridi erano divenute blu notte e le sue pupille incrociavano quelle di Italia senza vederle davvero.
« Certo che siamo… ahm… amici ». Feliciano aveva un po’ sorriso: il vecchio Germania al quale voleva tanto bene continuava ad esistere, con il suo imbarazzo per quel genere di cose e l’incapacità di esprimere i propri sentimenti. « Ora alzati ».
E poi, una mattina, Ludwig gli aveva messo in mano un fucile e aveva detto che avrebbe dovuto uccidere dei traditori scoperti in un villaggio poche ore prima. Italia era spaventato, tuttavia si imponeva di stare calmo, perché finalmente avrebbe potuto fare del male ad Arthur e ad Alfred, che avevano fatto tanto male a lui.
Ma v’era una cosa che non comprendeva. « Che cos’è un traditore, Germania? »
Egli non lo guardò nel replicare: « Un traditore è una persona molto cattiva, Italia ».
« Come America ed Inghilterra? » Italia si strinse nelle spalle. « Loro mi fanno paura e sono cattivi con me: mi hanno portato via mio fratello ».
Ludwig esitò. « Sì… come America ed Inghilterra ».
E tuttavia, quando Feliciano vide chi fossero i traditori che erano stati condannati alla fucilazione e gli abitanti del villaggio che li aveva tenuti nascosti che assistevano all’esecuzione affiancati da soldati tedeschi, pensò che non somigliavano nemmeno un po’ ad America e ad Inghilterra. Al contrario, i loro tratti gli ricordavano i propri e quelli di Lovino. E non conoscevano nemmeno quella strana lingua della quale Arthur si vantava tanto.
« Germania, Germania! » chiamò, tirandolo per la manica per attirarne l’attenzione. « Ma queste persone sono italiane! »
« Sono traditori » lo corresse Ludwig. « Stavano aiutando America ed Inghilterra ».
« Ma… ma… »
« Fa’ silenzio e mettiti in fila » l’interruppe Germania, indicandogli il gruppo di soldati della Repubblica Sociale che si preparavano a giustiziare i loro compatrioti.
Italia obbedì, seppur confuso, ed imbracciò il fucile, sfiorandone il grilletto con l’indice tremante. Levò la canna in direzione del traditore che aveva innanzi e sussultò: a pochi metri di distanza, Lovino ricambiò il suo sguardo incredulo con un misto di collera e tristezza. « F-fratello…? » farfugliò ed avrebbe abbassato l’arma, se Ludwig non avesse fatto cenno di prendere la mira. « Germania, Germania, aspe… »
« Fuoco! » ordinò imperiosamente il tedesco.
Germania gli aveva insegnato che doveva sempre obbedirgli per poter essere un bravo soldato – e Feliciano ci teneva tanto, ad essere bravo, perché l’amico fosse contento di lui.
Non ci si poteva opporre ai comandi. Italia chiuse gli occhi e si aggrappò al fucile: era convinto che, se l’avesse lasciato andare, sarebbe caduto a terra.
Era necessario uccidere i traditori. Ma non voleva uccidere suo fratello: voleva che America ed Inghilterra soffrissero, perché il signor Mussolini gli aveva detto che loro facevano soffrire Lovino – allora perché suo fratello li aveva aiutati e perché avrebbe dovuto essere lui a fargli del male?
E poi sparò e si accasciò sulle ginocchia, perché le gambe non lo sostenevano più. Affondò la testa tra le mani, pianse e gridò, mentre il paese veniva dato alle fiamme e, insieme ai condannati, uno dopo l’altro morivano bruciati tutti coloro che li avevano protetti. Gridò per ognuno di loro, perché l’incendio aveva spento le loro voci e non avrebbero potuto manifestare da soli il proprio straziante dolore, e vomitò la disperazione sulla terra che puzzava di sangue e cenere.
« Andiamo via, Italia » mormorò Ludwig – una, due ore dopo, forse un’eternità, forse mai.
Feliciano sollevò il capo e Germania arretrò istintivamente d’un passo.
Sovrappose Italia a colui che aveva dinanzi. Italia che sorrideva e rideva. Italia che mangiava la pasta. Italia che considerava mollicce le sue patate. Italia che piagnucolava perché non era capace di allacciarsi le scarpe. Italia che stringeva fra le labbra la parte sbagliata di un esplosivo.
Italia che gli diceva ti voglio tanto bene, Ludwig! e l’uomo disperato che, adesso, ricambiava il suo sguardo con il sangue del fratello sulle mani ed il dolore del proiettile che l’aveva trapassato – come se avesse colpito lui anziché Lovino – negli occhi.
« A-avanti ». La sua voce veniva a mancare innanzi quella straziante tragedia, più ancora di quando si vedeva costretto ad ammettere che loro due erano amici. « Andiamo via ».
Feliciano gli permise di passargli un braccio attorno alle spalle e di sostenerlo nell’alzarsi in piedi.
Germania fece per chinarsi nuovamente a raccogliere il fucile, tuttavia Italia lo scalciò lontano, nel fango, accanto al cadavere di suo fratello.
Non v’era mai stato silenzio prima d’allora, fra loro – ed era quanto di più lacerante il tedesco avesse udito, quella viscida assenza di suoni che s’intervallava ai loro passi strascicati sul terriccio imbevuto di sangue.
D’improvviso, Italia inciampò sulla stringa d’uno degli stivali e rovinò a terra una seconda volta.
E di nuovo tremava, pur imponendosi di non piangere, e si limitava ad impercettibili singhiozzi che gli scuotevano con violenza le gracili spalle.
Germania distolse l’attenzione da quello spettacolo pietoso e, anziché il villaggio divorato dalle fiamme, rivide gli occhi di Israele che incrociavano i suoi, senza rancore – lui lo sapeva, che Ludwig era un soldato e doveva obbedire a qualsiasi ordine –, seppur privi di luce come mai gli occhi di nessuno dovrebbero essere. La pelle della Nazione era grigia e sembrava tessuta con le molteplici cicatrici, nonché ferite ancora fresche e sanguinanti, che la sfregiavano; il suo corpo – un tempo così robusto ed imponente – era come accartocciato ai suoi piedi, piccolo e fragile.
L’unica nota di colore differente dal grigio era il numero inciso sul suo braccio. Nero.
Feliciano non portava sulla carne un simile simbolo dello scempio che si stava compiendo nell’intero mondo: ne aveva uno eguale impresso nel cuore che ora sembrava quasi voler stringere fra le mani, tanto convulsamente appariva quasi scavarsi il petto nell’angolo in alto a sinistra.
E Italia gli voleva bene, Italia prima sapeva sorridere, Italia era il suo unico amico.
Germania si passò una mano sul viso – che cosa stava facendo?



Mi è venuta in mente ripensando alla mia professoressa, che una volta ha detto che, dal momento che i tedeschi non si fidavano più degli italiani dopo l'armistizio con gli Alleati, costringevano coloro che si arruolavano nella Repubblica Sociale a combattere contro i partigiani anziché contro gli anglo-americani, che erano realmente coloro con cui avrebbero voluto fare la guerra, umiliandoli ed obbligandoli ad uccidere i loro stessi compatrioti.
Poi ho pensato che, alla fine, sono i capi di Stato ad ordinare alle Nazioni di Hetalia quanto devono fare e, poiché Germania è fondamentalmente buono, mi è venuta in mente questa.
Poi, boh XD. Vedete, se vi piace o non vi piace, e magari me lo dite <3.
Chu.
  
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