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Autore: Meli_mao    02/05/2010    3 recensioni
Prima classificata al contest indetto da Kaname Chidori88: FullMetal What? ... Alchemist e Panic con frasi d'autore.  Due storie, questa in Full Metal Panic, l'altra in Full Metal Alchemist.
"“Piangi, Tenente!” ordino.
“Piangere?” ripete incredula.
“Esatto… io sono un uomo e non posso piangere! Sei mia amica no? Questo e altro, Tenente!” Ma, a dispetto della mia serietà, accetto di buon grado la sua risata spontanea e la seguo divertito."
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: What if?, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Nick Autore (su EFP): Meli_mao
Titolo: Un uomo non piange.
Genere: Generale, introspettivo, a tratti Malinconico.
Rating: Verde
Pairing (ed eventuali altri personaggi): Roy Mustang, Riza Hawkeyes, riferimenti a Maes Hughes.
Avvertimenti: One-shot,
Citazione: “Molti ti saranno amici finchè sarai felice, ma quando verrà il brutto tempo, resterai solo” (Ovidio). 
Note dell'Autore (facoltative): Non c’è poi molto da dire. Essendo il mio personaggio Roy, non potevo ovviamente vederlo separato da Riza. Del resto, il tema dell’amicizia mi è sembrato perfetto per loro due, così come per Hughes e da lì l’idea. Non volevo scrivere di ricordi della guerra, sia perché non ne so poi molto, sia perché ormai lo si legge dappertutto. Ho preferito immaginarmi il colonnello in un momento di debolezza nel giorno dell’anniversario della morte di quello che era il suo migliore amico. Allora, Buona lettura e spero ti piaccia.

 

 

Un uomo non piange.

 

Sento un frastuono assordante. La bottiglia di Whisky che tenevo tra le mani è rovinata a terra, frantumandosi con un’eleganza inspiegabile.

I piccoli pezzetti di vetro ambrati sembrano persino tutti posti in una collocazione stranamente perfetta, a cerchio, attorno al mio piede.

Forse sono davvero ubriaco, se arrivo a pensare che quei stupidi frammenti si siano disposti appositamente così attorno alla mia gamba.

La testa vortica, riportando dall’abisso della memoria immagini sgraziate di poco tempo fa.

C’è una tomba, bianca e pulita, coperta da alcune margherite bianche. C’è una donna, bella, che osserva le scritte raggelanti sulla lapide. Scritte che io non sono riuscito nemmeno a decifrare.

Non è da me, lo so. Non è affatto da me nascondermi dentro un appartamento a tracannare alcool, inconsapevole delle ore e dei giorni che passano.

Quella donna, la cui bellezza non è mai riuscita ad influenzarmi particolarmente, ora diventa una calamita… non riesco a staccare gli occhi da quel ricordo. Vorrei fosse qui, palpabile, vorrei mi ascoltasse o meglio che parlasse. Vorrei che sorridesse e si sciogliesse quei capelli sempre rigorosamente raccolti.

Amo quei capelli lunghi e lisci. Non gliel’ho mai detto…

Quel divano su cui sto sdraiato da giorni ha ormai preso la piega del mio corpo, avvolgendomi in un olezzo irritante e malsano al sapore di rum, che ho giusto esaurito in mattinata.

Il telefono è suonato molteplici volte, numeri sconosciuti, di quelli tipologia “Donne attraenti”, che ora non mi riconoscerebbero nemmeno.

Porto una mano pesante sulla fronte sudata, mentre il respiro si fa irregolare. Ho bisogno di bere… bere, per dimenticare.

Cerco di alzarmi, scivolando solo di lato e ritrovandomi sul pavimento, proprio accanto e sopra quei vetri che non raccoglierò mai.

Mi hanno tagliato, ma non ci trovo poi molto dolore nella cosa. Appoggiandomi ad un poltrona riesco a reggermi sulle gambe, sorpreso che ancora mi sostengano. La piccola cucina, quella dove non ho mia mangiato, è la stanza più pulita della casa e questo mi metto a disagio.

Non riesco a sopportarlo…

Apro qualche armadietto, scrutando nel fondo alla ricerca di una bottiglia qualunque. Trovo del vino, del martini, persino della vodka, tutte rigorosamente finite, tanto da inondarmi di un senso di impotenza che mai avevo provato.

Bussano alla porta, costantemente da quando quella figura dai capelli sciolti mi appare in sogno. Continuano a bussare, da quando mi sono trovato di fronte a quella tomba bassa nel verde di una collinetta fuori città.

Insistono a bussare, da quando quella ragazza mi osserva sorridente, incoraggiandomi con uno sguardo che ho sempre dato per scontato.

Lei guarda me, nei miei occhi, nei miei gesti e nelle mie parole… mi fissa, mi ossessiona.

Lei mi analizza e mi controlla. Mi rimprovera e mi dice che il lavoro che faccio non  è sufficiente. Lei è costantemente e irrimediabilmente padrona di me stesso, senza che io l’abbia mai chiesto.

“Colonnello!” urla una voce lontana, e mi rendo conto di essere inginocchiato a terra, con alcune lacrime incerte sugli occhi,tremanti nell’attesa che io sbatta le palpebre e che loro possano così scivolare giù.

Un uomo non piange!, mi ripeto mentalmente, anticipando il loro proposito e passandomi una mano sugli occhi.

“Colonnello…” e quella voce è così fastidiosamente irritante.

“Che diavolo vuoi?!” chiedo burbero, tornando a barcollare mentre tento di rituffarmi sul sofà.

“I suoi doveri non devono essere trascurati, ha intenzione di poltrire ancora a lungo?!” è agghiacciante la sicurezza con cui parla, tanto da spiazzarmi.

Non fisso l’interlocutore che è entrato senza permesso, ora che sono finalmente con la faccia contro il morbido cuscino, indifferente al piede sanguinante.

“Colonnello!” ci ritenta, scuotendomi con una mano. “Non voglio ripetermi, si alzi!” e sembra quasi essersi fatto più vicino, oltre che noioso.

“Lasciami in pace!” mugugno.

“Colonnello!” e dal tono remissivo penso si sia arreso finchè… due spari non rimbombano in modo assordante per l’intera struttura.

Apro di scatto gli occhi, per un attimo persino spaventato, ritrovandomi a terra, di nuovo.

Lei è di fronte a me, seria e imponente dalla sua altezza che, tuttavia, diventa improvvisamente insignificante quando io mi alzo.

Riconosco l’incertezza sul suo volto, mentre non toglie lo sguardo dal mia viso. Penso persino di essere arrossito.

Allunga una mano fino a sfiorarmi una guancia e sembra analizzare con rigore qualcosa.

“Una… lacrima?” chiede, incerta.

“Che ci fa qui, Tenente?” torno a riprendere un aspetto conveniente, tanto per non sembrare sciatto davanti a lei.

“Mi manda il comandante supremo!” dice all’improvviso, soppesando con attenzione le parole, come se prendere ordini da qualcun altro lo considerasse un tradimento.

“E dunque?!” insisto, sentendo di nuovo vorticare la testa. È lei che mi sostiene inaspettatamente, senza aggiungere altro.

“La porto a letto!”  celia infine, sospingendomi verso la camera da letto. “Non dovrebbe abbattersi così, lo sa? Il suo fisico potrebbe averne ripercussioni molto serie!”

E riesce a farmi dapprima sorridere e poi ridere.

“Tenente, non pensa che un uomo super allenato come me e così abituato alle situazioni precarie invece abbia molta resistenza?” Lo dico con una punta di orgoglio, che crolla con facilità nel momento in cui lei stringe un poco di più la mia mano attorno alle sue spalle, sulle quali mi sto letteralmente lasciando andare.

“Può capitare a chiunque!” cerco di dire, proprio mentre lei mi molla sopra al materasso, come fossi un tonno.

“Colonnello… le preparo un caffè e appena avrà la testa per comprendere le mie parole le parlerò!” ma la blocco, afferrando con un gesto rapido il mollettone tra i suoi capelli.

E la rivedo, quella figura angelica e bellissima, dai lunghi capelli biondi e dal sorriso incoraggiante.

“Sei… molto… bella, con i capelli sciolti!” balbetto infine, evitando accuratamente di guardarla in faccia, stravolto anche io dall’insolito senso di imbarazzo che mi coglie praticamente mai, con le donne.

“Perché sei qui?” butto li, consapevole che non c’è nessun comandante supremo dietro alla sua visita.

Sta in silenzio, fissando il pavimento e sfiorando una ciocca di capelli, a disagio.

Poi si siede, il peso accanto al mio, con sguardo malinconico… di quella tristezza che nessuno noterebbe sul suo viso, ma che io riconosco benissimo nei suoi occhi e nella sua voce.

“Ho pensato che per lei non fosse un bene stare da solo l’anniversario della morte di…” non dice quel nome, perché Hughes è ancora un nome impronunciabile.

“Non hai pensato che invece io volessi invitare qualche bella ragazza a casa mia per passare il tempo?”

“Lo fa tutto l’anno, non lo farebbe anche in questa giornata!”

“E non hai invece pensato che una mia affascinantissima amica, anche senza invito, si potesse presentare qui per sostenermi?”

Lei ci pensa un poco, poi mi osserva distendendosi in un sorriso silenzioso.

Sbuffando mi lascio andare sul letto, cercando di mettere a fuoco il soffitto.

La sento alzarsi, diretta verso la cucina e poi improvvisamente ho il profondo desiderio di dirle qualcosa di carino, per ringraziarla di essere venuta.

“Riza…” inizio, già sbagliando l’appellativo. “Grazie di essere venuta!”

“E’ questo che fanno gli amici, no?” dice ovvia, riprendendo a camminare come nulla fosse.

Gli amici, penso.

Non è affatto un bene che io abbia amici, in un momento come questo. La mia vita, le mie ricerche, il mio passato… solo pericoli per chiunque si avvicini a me.

Eppure ho una paura tremenda di quella solitudine fastidiosa che mi assale sempre più spesso ultimamente.

Sento trafficare lei in lontananza, ed un pensiero che mi coglie impreparato torna ad imbarazzarmi.

Non sarebbe poi così male se vivessimo insieme…

E probabilmente è il mio essere così altruista a non permettermi di chiederglielo. Le farei del male, e non posso concedermelo.

Mi tiro in piedi, raggiungendo lo stipite della porta e sostenendomi al muro.

“Sai quella mia amica che mi potrebbe fare visita?” chiedo veloce, aspettando che lei interrompa ciò che sta facendo per dedicarmi un’occhiata.

“Non esiste!” spiego con semplicità, tornando in camera senza aggiungere altro.

Ma lei mi è subito dietro, rapida e silenziosa, e mi ferma prendendomi il braccio.

“E io chi sono?” quasi urla, trasalendo per l’intensità di quelle sue stesse parole.

“Io chi sono, Colonnello?” insiste, visibilmente sconcertata.

“Sei un mio uomo!” rispondo arcigno, spingendola via.

Molti ti saranno amici finchè sarai felice, ma quando verrà il brutto tempo, resterai solo. Lei crede in questa stupida filosofia di vita, vero?” 

“Non ci trovo nulla di stupido!”

“Se non fossi una sua amica, se fossi un semplice sottoposto, mi dica… perché sarei qui allora?”

“Io non sono responsabile delle tue azioni, Riza!” blatero, cercando di darmi un tono.

“E’ lei che vuole restare solo!” dice a mezza voce, dopo attimi di silenzio.

Forse, se non fossi così vigliacco, le direi che non è affatto così.

“Molti miei atteggiamenti non hanno un senso, dovresti saperlo Tenente!”

Eppure non la sento indietreggiare o indugiare. È immobile dietro di me, ed io non riesco a spostarmi di un solo centimetro.

“Vai, Tenente… ora sto meglio!” Ma prende la strada inversa. Mi sorpassa, andando a sedersi sopra al mio letto e mi fissa negli occhi senza rancore o timore.

“Io sono sua amica, signore!” Pronuncia con vigore, sicura e determinata.

E forse, ripeto forse, arrendermi a quell’amicizia coraggiosa e vera, per una volta non è poi così male.

Mi siedo accanto a lei, sfiorandole il corpo con il mio, e mi esce un sorriso spontaneo.

“Piangi, Tenente!” ordino.

“Piangere?” ripete incredula.

“Esatto… io sono un uomo e non posso piangere! Sei mia amica no? Questo e altro, Tenente!” Ma, a dispetto della mia serietà, accetto di buon grado la sua risata spontanea e la seguo divertito.

 

Note:
un grazie particolare alla giudice del contest, Kaname Chidori88, che mi ha affibbiato la prima posizioni e di cui ora riporto il giudizio.
Grazie anche a chi dedicherà qualche minuto per commentare.
Per chi fosse interessato, lascio il link della storia “gemella” con la quale ho partecipato.  "Per nessun motivo, e per tutti i motivi del mondo."

 


Correttezza grammaticale e sintassi: 8/10
Stile e lessico: 9,5/10
IC dei personaggi: 9/10 Un Kalinin perfetto persino nell'appoggiare la schiena alla sedia e una Teletha che cerca di non far trasparire il suo solito nervosismo impacciato.
Mustang che perde il controllo e si da all'alcol l'ho trovato quasi "divertente"
Originalità: 8,5/10 -molto bello il colloquio fra Teletha e Kalinin, ricco di dettagli e spiegazioni.
Giudizio personale: 5/5 -quella che mi ha colpito maggiormente è stata la prima storia, la freddezza con la quale affronti il dialogo fra Kalinin e Tessa è davvero impeccabile!
TOTALE; 40
 

 

   
 
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