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Autore: GiulyMad94    03/05/2010    6 recensioni
Ranma Saotome è un uomo che non teme niente e nessuno, lo sanno tutti a Nerima. Eppure basta un piccolo segreto tra sua moglie e suo figlio a mandarlo in crisi... Il grande Ranma deve forse temere qualcosa di terribile?
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Altro Personaggio, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui... Al posto di studiare geografia, la sottoscritta ha voluto ritoccare la terza parte di questa storia in modo da poterla postare ieri. Alla fine la posto oggi perché ieri HTML non mi funzionava... -.-'... E perché mi sono finta malata per saltare la verifica, quindi sono a casa... Eheh... ^^'

Ringraziamenti:

Violet_chan: grazie mille! Sono contenta piaccia anche a te! Come vedi tempo teoricamente non ne avrei ma aggiorno lo stesso... XP

Apple92: meow... XD

akanetendo96: certo che la grande domanda era di tenere un gatto! A cosa avevi pensato? Per Ranma niente potrebbe essere peggio! XD

mapi_m: me le sono studiate bene le domande a cui Ranma avrebbe potuto pensare! Tutte relativamente spaventose ma ridicole a confronto con quella vera!

maryku: quando ho letto il tuo commento mi sono gonfiata di orgoglio! Inoltre tutte le parti che piacciono a te sono proprio le mie preferite quindi mi fai decisamente contenta! ^^

 

Perdonatemi se non ho risposto ai vostri commenti con tante parole ma in sostanza vi ringrazio tutti moltissimo. Ora, come promesso, ecco qua la terza ed ultima parte della fic! Divertitevi e sorprendetevi! XD

  

...La Domanda...

Ovvero: Paure di un artista marziale

[Terza parte]

 

La cosa che odiava più di tutte era svegliarsi a causa di rumori sgraditi e quel miagolio lo era in tutto e per tutto. Tremando prima ancora di aprire gli occhi, Ranma si tastò il petto per tentare di smentire disperatamente il pessimo presentimento venutogli a causa del calore estraneo che sentiva. La sua mano incontrò qualcosa di morbido. Piagnucolando e maledicendo il mondo dentro di sé, aprì gli occhi ed alzò la testa. In quel momento decise che l'azzurro era il colore più brutto che avesse mai visto.

 

 Akane e Aki stavano seduti con le gambe a penzoloni sul giardino. L'unico rumore era provocato dalle foglie mosse dal vento.

«Te l'avevo detto io, mamma...» disse improvvisamente il bambino dopo un lungo silenzio.

«Tentar non nuoce, Aki...» sospirò lei.

«E invece sì... Papà ora è svenuto con un bernoccolo in fronte!» esclamò il bambino.

«Sai che roba... Ne ha passate di peggio, credimi...» borbottò Akane per niente preoccupata.

«Però non credevo che potesse avere così paura...» commentò Aki pensieroso.

Akane lo scrutò perplessa.

«Sì, insomma... E' sempre lui quello che dice di non aver mai paura di niente e poi vengo a scoprire che non è neanche capace di avvicinarsi ad un gattino!»

«Non dire così, Aki... Nessuno è perfetto! Tutti noi abbiamo una paura nascosta...» lo riprese Akane.

«Tu di che cosa hai paura, mamma?» domandò il bambino curioso.

Akane sorrise furbescamente.

«Non lo saprai mai!» esclamò facendogli un buffetto sul naso.

«Oh, ma perché?! Dai, mamma!»

Lei rise di gusto e scosse la testa. 

«Niente da fare, mio caro! Non te lo dirò! Piuttosto... Mi sa che dovrai portare il gattino che hai trovato da qualche altra parte, tesoro. Non potrà restare a casa con noi... Credo lo abbia capito anche tu...» gli disse dolcemente.

Aki si rabbuiò.

«Sì... Però non credi che sia ora che papà superi le sue paure?» domandò cocciuto.

«Cosa intendi dire?» replicò lei cautamente.

«Secondo me, potremmo tentare di abituarlo ai gatti così dopo smetterà di avere paura!» esclamò fiducioso.

«Non credo funzionerebbe, Aki...» confessò Akane storcendo il naso, «Ci abbiamo già provato, credimi...»

«Ma adesso papà è grande... Potrebbe darsi che vada meglio, no?» insisté il bambino.

Akane lo guardò intenerita. Era proprio testardo.

«E va bene... Ma prima è meglio vedere come la pensa lui, non credi?»

«Sì, giusto!» pronunciò Aki solennemente.

La madre rise e poi si guardò intorno un po' perplessa.

«Aki, a proposito del gattino... Dov'è?» chiese.

«Non lo so... Mi pare di averlo lasciato... D-di sopra... Oh, oh...»

 

«AAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHH!!!»

 

Akane guardò suo figlio strabuzzando gli occhi incredula e lui si grattò la guancia ridacchiando imbarazzato.

«Oh, Aki!!!» imprecò andando di corsa al piano superiore seguita dal bambino.

Trovarono Ranma nella stessa posizione in cui l'avevano lasciato (disteso supino nel futon per gli ospiti) ma con una palla di pelo grigia accoccolata sul torace. La bocca era aperta in un'espressione terrorizzata e le braccia erano piegate ai lati della testa con le dita a forma di corna. Akane si mise una mano davanti alla bocca preoccupata e Aki si apprestò velocemente ad allontanare il gatto dal padre.

«Ranma, tutto bene?» chiese Akane avvicinandosi al marito titubante.

Ranma continuava ad emettere strani versi strozzati accompagnati da un tic nervoso alla gamba.

«Ranma, avanti! Il gatto non c'è più!»

A quella affermazione l'uomo girò la testa verso di lei e la fulminò con lo sguardo.

«A-Akane, c-come hai potuto?!» disse agognante.

Lei si accucciò e gli accarezzò dolcemente la guancia per calmarlo.

«Scusami... Forse avrei dovuto avvertirti...» mormorò dispiaciuta.

«D-direi!» borbottò lui lievemente arrossito mentre si metteva seduto.

«Meow!!!»

Ranma sussultò e si aggrappò alle spalle della moglie per usarla come scudo. Il gatto tra le braccia di Aki tentava di liberarsi.

«S-senti, A-Aki... I-io non v-voglio e-essere cattivo m-ma... E-ehm... Ecco...»

«Non importa, papà! Ho preso una decisione assieme alla mamma!»

Ranma smise improvvisamente di tremare e, allontanandosi un po' da Akane, la guardò preoccupato. Lei gli sorrise poco convinta.

«Ti aiuteremo a superare la tua paura per i gatti!» esclamò determinato.

Ranma si pietrificò. Aveva una vaga idea di come sarebbe andata a finire quella storia e non era niente che includesse tranquillità e pace per la sua persona. Aki fece un passo verso in avanti e lui si precipitò dall'altra parte della stanza agitando le mani davanti a sé.

«N-no, A-Aki... A-apprezzo m-molto c-che tu v-voglia... Ehm... A-aiutarmi ma... N-non credo p-proprio s-sia il c-caso...» balbettò cercando di sembrare convincente.

Il gattino riuscì a liberarsi dalla presa del bambino e corse verso Ranma che emise un urlo strozzato e tentò di risalire con le unghie la parete, senza successo. Akane afferrò l'animale prima che potesse avvicinarsi troppo.

«Qualsiasi cosa, Aki! Ti prenderò qualsiasi cosa! Un cane, un topo, un'oca, un coniglio, uno scoiattolo, un coccodrillo! Se vuoi ti rintraccio persino un porcellino nero da poter chiamare P-chan!!!» gridò Ranma disperato.

Akane si illuminò. Era da quando si era sposata che non vedeva più il suo animaletto domestico. Le piaceva credere che fosse ancora vivo (e non finito in qualche padella) e che un giorno sarebbe tornato da lei, ma vista la lunga assenza stava cominciando a perdere le speranze.

«T-ti prego... P-porta v-via q-qu-quel... Qu-quel... Quel... Quel coso!» implorò Ranma con tono isterico indicando il gattino tra le braccia di Akane.

Aki puntò i piedi cocciuto.

«No!»

Ranma si immobilizzò, preso alla sprovvista. Akane si girò sconcertata a guardare il figlio.

«Cosa?!» domandarono entrambi seppur con due toni leggermente diversi, uno disperato e l'altra scandalizzata.

«No, ho detto! Papà, sei ridicolo! E' un gattino! Non puoi veramente aver paura di lui!»

I due genitori strabuzzarono gli occhi e si guardarono increduli. Non si accorsero dunque, che il determinato ma ingenuo Aki si era avvicinato alla madre e le aveva strappato dalle braccia il gattino grigio. Akane non ebbe nemmeno il tempo per protestare che suo figlio lo aveva già spiaccicato in faccia a suo marito come poche ore prima. Il suo cuore mancò un battito.

«Ecco! Guardalo... Non ti fa niente!» esclamò fiducioso.

Ranma sudava. Guardava quegli occhi azzurri e sudava. Vedeva quel soffice pelo grigio e sudava. Sentiva muoversi quei lunghi baffi e sudava. Sudava freddo.

«Aki, cosa stai facendo?!» strillò Akane con una nota isterica.

«Dimostro a papà che i gatti non fanno niente!» replicò lui convinto girando la testa per guardarla.

«Aki... T-tu non sai cosa...»

La donna venne interrotta. Un miagolio echeggiò nella stanza. Aki tornò lentamente a guardare davanti a sé con una punta di terrore. Quel verso non l'aveva emesso il suo gattino.

Nooooooo! Non davanti ad Aki!” pensò Akane mettendosi le mani nei capelli in preda al panico.

«P-papà? S-stai... Bene?» farfugliò il bambino mentre la mano con cui teneva il povero animale cominciava a tremare.

«Meeeoow...»

Aki strabuzzò gli occhi mentre faceva un passo indietro incerto e osservava suo padre accucciarsi a quattro zampe. Sua madre gli si precipitò davanti, protettiva. Cosa stava succedendo?

«Ranma... Torna in te, ti prego...» disse Akane con voce ferma.

Ranma rispose soffiando come un gatto. Aki era sempre più perplesso.

«Avanti, controllati!»

Lui però si accovacciò sulle gambe pronto a spiccare un balzo verso di loro. Akane fece un passo indietro spingendo anche Aki, sempre più turbata.

«M-mamma... P-perché papà è...»

«Meeeoooow!!!» fece Ranma saltando.

Successe tutto in pochi attimi. Akane afferrò il tavolino accostato al muro e lo utilizzò all'ultimo secondo come scudo. Il codinato si ritrovò spiaccicato contro il legno e cadde a terra con un tonfo, mezzo svenuto. Aki, che aveva stretto il gattino quasi fino a soffocarlo, lo lasciò andare e corse davanti a sua madre per controllare le condizioni del padre.

Akane sospirò passandosi il dorso della mano sulla fronte ed appoggiando il tavolo a terra. Le cadde l'occhio sul gattino grigio e lo afferrò prima che andasse a curiosare.

«Aki...»

Il bambino si girò verso la madre e capì subito cosa volesse dirgli.

«Questo gatto... Non può assolutamente restare qui...»

Aki abbassò lo sguardo su Ranma che miagolava agonizzante steso a terra.

«Sì, lo so...»

 

Un altro risveglio, questa volta quando fuori ormai era buio, gli fece ricordare di essere svenuto di nuovo a causa di quella bestia tremenda. Con brividi su tutto il corpo, Ranma si guardò intorno per capire dove fosse e controllare che il suo più grande terrore non fosse nei paraggi. Dopo un'accurata analisi constatò di essere nella camera sua e di Akane e che nessun gatto sembrava essere in agguato o nascosto da qualche parte. Leggermente dolorante, si alzò dal letto ed uscì dalla stanza alla ricerca delle due persone che gli avevano fatto passare una delle giornate peggiori della sua vita. Sentì delle voci provenire dalla sala da pranzo.

«Hai capito adesso, Aki?»

«Sì, mamma...»

Erano seduti al tavolo su cui erano posati due cartoni di pizza mezzi pieni. Lo stomaco di Ranma brontolò e loro si accorsero di lui.

«Ranma... Stavo raccontando ad Aki della tua fobia sui gatti...» lo informò Akane.

Ranma tentò di ignorare i brividi che gli percorrevano la schiena. Non gli piaceva ricordare “La tragedia dei gatti”...

«Sì, papà... Ora che so cosa ti ha fatto nonno Genma, capisco tutto! Ti chiedo scusa!» esclamò il bambino dispiaciuto.

Ranma sorrise scuotendo la testa.

«T-tranquillo... N-non potevi saperlo... Ma tua madre avrebbe potuto anche dirti qualcosina, non è vero?» domandò guardando sua moglie risentito.

Lei tirò fuori la lingua colpevole ed arrossì ridacchiando.

«Ehm... Vero...» ammise.

Ranma percepì qualcosa di morbido e caldo strusciarglisi sulla gamba mentre il suo codino si rizzava e il suo corpo si immobilizzava. Aki si precipitò a prendere in braccio il gatto.

«Oh, mi dispiace papà! Domani gli troverò un'altra casa... Ti prometto che non ti darà più fastidio!» si scusò il bambino abbracciando dolcemente il micio.

Ranma deglutì e guardò suo figlio combattuto. Se quell'animale fosse restato, lui sarebbe di sicuro andato fuori di testa. Però Aki si era attaccato molto a quella bestiola... Come poteva essere tanto egoista da pensare solo a ciò che era meglio per lui? Sospirò. Si sarebbe pentito amaramente di ciò che stava per dire...

«No...» mormorò deglutendo. «P-può restare...»

Akane si soffocò con un boccone di pizza che aveva appena cominciato a masticare mentre la mascella di Aki si slogò fino al pavimento. Il gattino strabuzzò gli occhi.

«Co... Cosa hai de-detto?!» domandò Akane esterrefatta tossendo.

«Ho d-detto che può r-restare!» ripeté Ranma spazientito senza guardarla.

«Ma... Ne sei davvero sicuro?» insisté lei buttando giù un sorso d'acqua.

Ranma incrociò le braccia e le lanciò uno sguardo fugace prima di mettersi a fissare il soffitto battendo nervosamente il piede a terra.

«C-certo... I-in f-fondo... E'... E' solo un g-ga-gatto, n-no? S-se Aki ci è tanto... Affezionato, non vedo perché non p-potrebbe restare...» disse con tono un po' isterico.

«Ranma...» mormorò Akane sorpresa.

Gli occhi di Aki si illuminarono.

«Dici davvero, papà?!» esclamò entusiasta.

Ranma annuì sorridendogli lievemente. Le sopracciglia inarcate e gli occhi spalancanti però, tradivano una certa preoccupazione.

«Grazie, grazie, grazie!!!»

Il bambino mosse un passo verso di lui che però si ritrasse allarmato.

«E-ehm... E' m-meglio se mi ringrazi d-dopo e magari s-senza qu-quella roba i-in braccio...»

Aki abbassò lo sguardo sul gattino tra le sue braccia.

«Ah, scusa...» mormorò imbarazzato.

«Comunque, sappi che ci sono delle condizioni!» mise in chiaro Ranma facendosi più autorevole.

«Tutto quello che vuoi, papà!»

Akane scrutò suo marito divertita.

«Per prima cosa: terrai quell'essere a bada! Mi spiego meglio... Durante i pasti lui se ne starà fuori dalla stanza, durante gli allenamenti pure, durante il bagno anche!» cominciò.

Aki annuì solennemente. Ranma riprese.

«Seconda cosa: se solo osi lasciarlo entrare in camera mia e di tua madre, ti assicuro che tu e quella roba ve la vedrete brutta, molto brutta! E non sto scherzando!»

Aki deglutì annuendo di nuovo.

«Terza ed ultima cosa: non dovrà mai avvicinarsi a meno di tre metri da me!» concluse Ranma. «Ci siamo capiti?!»

«Sissignore!» rispose Aki mettendosi sull'attenti lasciando così cadere il micio.

Ranma fece un salto, già pronto a scappare ma Akane lo afferrò per la nuca e se lo mise tra le braccia.

«Aki, è ora di andare a dormire... Dai la buona notte a papà e vai di sopra a metterti il pigiama...» disse con finto tono severo.

Aki saltò in braccio a Ranma schioccandogli un bacio sulla guancia.

«Grazie! Sei il papà migliore del mondo!» esclamò gioioso.

Ranma borbottò qualcosa imbarazzato e il bambino tornò per terra. Guardò indeciso sua madre.

«Ehm... Mammina cara...» cominciò sbattendo le palpebre amabilmente.

Akane inarcò un sopracciglio per niente convinta.

«Sì?»

«Tsuki può dormire con me?» domandò con dei luccichii negli occhi.

«Tsuki?» ripeté perplessa lei.

«Sì, è il suo nome! L'ho chiamato così perché mi ricorda la luna...» esclamò Aki indicando il gattino in braccio alla madre.

Akane guardò Ranma in cerca di consulto. Lui, che aveva finto indifferenza per non essere interpellato, si vide costretto a tirarsi fuori.

«Oh, non guardare me! Per quel che mi riguarda, quel gatto può starsene dove vuole... Basta che io non sia nei paraggi!» chiarì frettolosamente.

Akane lo fissò in attesa e Ranma, dopo aver sbuffato, incrociò le dita dietro la nuca con noncuranza.

«Ma se proprio vuoi un mio parere... Credo non ci siano problemi... In fondo tu dormivi sempre con Ryo... Ehm... P-chan, giusto?»

«Già... P-chan... Chissà dov'è finito...» mormorò Akane rabbuiandosi un po'.

Ranma si maledì mentalmente.

«Chi è P-chan?» domandò perplesso Aki.

«Era solo l'animaletto domestico della mamma quando aveva sedici anni!» rispose Ranma con sufficienza.

«E' vero... Era un porcellino nero dolcissimo. E il tuo papà era estremamente geloso di lui!» esclamò Akane facendo l'occhiolino a suo figlio.

«Eh?! Non è vero!» intervenne Ranma sulla difensiva.

«Sì, eri geloso!» constatò Aki dalla sua reazione ridendo di gusto.

«Ah, basta con questi discorsi! Vai a dormire, Aki! E portati via qu-quello...» borbottò lui accennando a Tsuki con la testa.

«Va bene, va bene!» esclamò il bambino.

Akane gli porse il gattino sorridendo.

«Buona notte!» gridò correndo su per le scale.

Ranma sospirò. Aveva fatto la cosa giusta permettendo a suo figlio di tenersi quel gatto? No, decisamente. Aveva appena firmato la sua condanna. Però, ora che ci pensava, forse quella poteva essere la giusta occasione per diminuire un po' la sua fobia per i felini. Dubitava ovviamente di arrivare ad abbracciare un gatto di sua spontanea volontà ma almeno avrebbe potuto vivere senza rischiare infarti ogni volta che ne vedeva o sentiva uno. Sì, poteva essere un obbiettivo fattibile. Il suo stomaco lo ridestò dai suoi pensieri emettendo strani gorgoglii.

«Vuoi un po' di pizza, Ranma?»

La dolce voce di Akane arrivò alle sue orecchie provocandogli dei piacevoli brividi che si ramificavano dal petto. Alzò lo sguardo che poco prima era stato perso nel vuoto e si accorse del magnifico sorriso che sua moglie gli stava regalando. Probabilmente, se glielo avessero chiesto lo avrebbe negato fino alla morte, ma ogni volta che lei gli sorrideva si sentiva davvero sciogliere. Era sempre stato così e così sempre sarebbe stato.

«Sì...» rispose incantato a guardarla.

Akane ridacchiò, prese una fetta di pizza e gliela lanciò in faccia.

«Prego, serviti!» esclamò beffarda.

Ranma rimase in attesa che il cibo appena ricevuto scivolasse giù dal suo viso e poi, con il naso sporco di pomodoro ed un'espressione indecifrabile, prese una fetta di pizza.

«Grazie!» disse mordendola e poi porgendogliela, «Ne vuoi anche tu?»

«Credo che per questa volta passerò...» rise Akane indietreggiando.

Ranma si avvicinò a lei e le spiaccicò la fetta di pizza sulla guancia.

«Ora siamo pari...» mormorò appoggiando la fronte sulla sua.

«No... Non ancora!» lo contraddisse lei aggrappandosi al suo collo per poi baciarlo dolcemente. La pizza le scivolò dalla guancia e cadde a terra.

«E questo, a cosa lo devo?» domandò Ranma mettendole le mani sui fianchi.

Lei sorrise.

«Sono molto orgogliosa di te... Hai messo da parte le tue paure per Aki...» rispose.

«L'ho fatto anche per te... Per dimostrarti che non sono un codardo come mio padre...» confessò.

«Tu non sei mai stato come tuo padre... Però hai avuto molto coraggio a dirgli di sì. Un gatto è comunque un impegno, soprattutto un cucciolo come Tsuki. Bisognerà portarlo dal veterinario, vaccinarlo, controllare che non abbia i vermi e le pulci, comprargli una cuccia, il cibo, qualcosa dove farsi le unghie perché non ci rovini i mobili... Forse anche sterilizzarlo...»

Akane aveva elencato tutto ciò con una mano sotto il mento e lo sguardo rivolto al soffitto. Ranma aveva ascoltato strabuzzando gli occhi man mano che lei procedeva con la lista.

«E... E quanti soldi ci verrebbero a costare tutte queste cose?» domandò non convinto di voler conoscere la risposta.

«Ah, non lo so... Forse quaranta o cinquantamila yen... Dipende tutto da...»

Ma Ranma era sparito su per le scale senza neanche ascoltare la fine della frase. Akane sospirò esasperata appena sentì i suoi strilli isterici.

 

«Akiiiii! Ho cambiato idea! Manda SUBITO via quell'animale!!!!!!!!!»

«Ma, papà... Perché?»

«PERCHE' SI'!!!»

«Meow?»

«AAAAARGH!!!»

«Buono, Tsuki! Lascia il codino del mio papà!»

«I-io... O-odio... I... Gatti...»

[FINE]

  
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