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Autore: miseichan    03/05/2010    3 recensioni
Un ricevimento di nozze che dura ben dodici ore. Fra alcool a fiumi, angeli, pioggia e bugie in una notte ne possono succedere tante, ma proprio tante. Bella conosce tanti luoghi comuni: “Non tutto il male vien per nuocere” è uno di questi, e quando il male si chiama Edward non trova niente di che lamentarsi; un altro però è “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” e anche questo, in una All night long, va tenuto bene in mente. STORIA SOSPESA PER VACANZE ( brevi )… scusate!!
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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twi prologo

 

All night long

 

Pioveva.

Non forte, non un vero e proprio diluvio: bastava ascoltare il cadere ritmico e lento per capire che era solo una lieve pioggerellina; una di quelle che vengono dette “azzuppa viddrani” perché quasi non ti accorgi che sta cadendo, almeno finché non senti i vestiti ormai fradici completamente incollati sulla pelle. Ecco, la pioggia che stavo osservando era una di quelle.

Continuai a tenere lo sguardo fisso fuori dal finestrino, muovendo leggermente la testa, inclinandola così da poter vedere chiaramente le sottili gocce che cadevano davanti a me.

Fu una schiarita di gola particolarmente marcata che mi riportò alla realtà, costringendomi a voltarmi per capire chi fosse tanto brusco in quel momento delicato da pretendere la mia attenzione.

Incontrai lo sguardo del tassista che mi fissava attraverso lo specchietto retrovisore: aveva un’aria tutt’altro che cordiale e continuava ad accennarmi con il mento verso l’esterno.

- Siamo arrivati! Glielo sto ripetendo da quasi un quarto d’ora: si decide o no a scendere!?-

La gentilezza in persona, pensai acida: che fastidio gli potevo mai dare?

Mossi la mano verso la borsa, cercando all’interno il portafogli ma lui mi fermò con una sottospecie di ringhio gutturale: tornai a guardarlo e lui sospirò scuotendo la testa sconfortato.

- Ha già pagato-

Annuii distrattamente, lanciandogli al contempo un’occhiata molto prossima alla disperazione.

Lui sembrò accorgersene e preso un bel respiro, si girò verso di me, guardandomi negli occhi e lisciandosi i lunghi baffi biondi. Spostò un attimo lo sguardo fuori dalla vettura, osservando con aria saputa il lussuoso hotel dall’altro lato della strada. Annuì, come se avesse capito tutto e dentro di me sperai fosse davvero così: avrebbe forse trovato un modo di farmi forza, chissà.

- Ricevimento importante, eh? Cos’è un anniversario, un matrimonio?-

Mossi impercettibilmente la testa alla seconda ipotesi, lui sorrise e prese un altro bel respiro prima di continuare, stava per dire qualcosa quando si interruppe di colpo. Studiai l’espressione del suo viso che cambiava piano: le labbra si strinsero in una sottospecie di ghigno e uno scintillio malizioso gli passò rapido negli occhi. Si sporse verso di me, superando di qualche centimetro lo spazio oltre i sedili, per poi sussurrare con voce roca:

- Se vuole, invece di andare ad un matrimonio a cui chiaramente non vuole essere presente, la porto con me da qualche parte, ci divertiamo…-

Spalancai gli occhi in un moto di sorpresa, ritraendomi istintivamente. Con un solo movimento aprii la portiera scendendo subito e chiudendomela altrettanto velocemente alle spalle.

Feci per attraversare immediatamente la strada, incurante della pioggia che effettivamente non sentivo, quando uno stridere forte e prolungato mi fece bloccare sul posto: mi girai quasi al rallentatore, alzando piano lo sguardo su una moto enorme ferma a pochi millimetri da me.

Ringraziai mentalmente tutti i santi che conoscevo, mentre con le gambe che mi tremavano mi poggiavo al taxi alle mie spalle. Poi ricordai il rumore dei freni e capii di essere invece in debito con il misterioso pilota che era stato tanto misericordioso da decidere di risparmiare la vita a quella ragazza con la testa non proprio a posto che attraversa senza guardare a destra e a sinistra.

Feci per dire qualcosa, anche solo un flebile grazie, ma non mi uscì un solo suono dalle labbra mentre studiavo la figura in moto: non riuscivo ad identificarvi niente, il viso coperto da un casco nero integrale e con la visiera oscurata. Lui fece arretrare la moto di qualche metro, per poi rivolgermi un cenno con il capo, come un saluto, ed allontanarsi silenziosamente.

Scossi la testa, cercando di contenere le emozioni che rischiavano di farmi implodere o peggio esplodere. Non potevo crollare, non ora che doveva iniziare ancora tutto.

Feci per attraversare, guardando ripetutamente se la strada fosse libera questa volta. Prima di entrare nell’enorme albergo però lanciai un’ultima occhiata al taxi ancora fermo dall’altra parte e vidi chiaramente l’autista sorridermi incoraggiante e salutarmi con la mano.

Imprecai a denti stretti mentre l’auto partiva: quel grandissimo figlio di buona donna con i baffi mi aveva presa in giro! Lo aveva fatto apposta a spaventarmi: per farmi scendere!

Aprii la porta ed attraversai l’atrio a passo svelto, nervosa ed irritata: raggiunsi il primo salone e mi fermai davanti ad un lungo tavolo bianco coperto di cartoncini plastificati. Iniziai a scorrerli con gli occhi: su ognuno c’erano nome e numero del tavolo. Trovai dopo poco il mio:

“Isabella Swan, tavolo dieci”

Lo presi e con un unico movimento afferrai anche quello posizionato giusto affianco al mio: quello di Mike, mio marito. Li misi entrambi in borsa, con un gesto stizzito.

Ero lì sola: Mike mi aveva lasciata sola! Non riuscivo ancora a crederci!

Che razza di marito ti lascia andare sola ad un ricevimento di nozze!?

Quasi mi veniva da piangere: sia chiaro che non sono il tipo di ragazza che non sa cavarsela da sola, anche se già in quei primi venti minuti mi sembrava di aver dimostrato l’esatto contrario, solo non mi andava di stare lì.

Non mi andava per vari motivi: perché non ero stata al matrimonio, tanto per cominciare. Che bisogno c’era quindi di invitarmi al ricevimento, dico io?!

Con un ghigno sadico pensai che era esattamente un’azione degna di Jessica, la sposa.

Jessica era il mio ex datore di lavoro: ci tengo a specificare ex!

Avevo pregato mille volte Mike di venire con  me o almeno di non costringermi ad andare, ma lui non mi aveva accontentata: non era potuto venire perché aveva un’importante riunione di lavoro e voleva che andassi perché altrimenti sarebbe sembrato sgarbato.

Gli lanciai varie imprecazioni mentali, avviandomi verso il salone principale. Non se le meritava forse, non riuscii ad evitarlo però. Qualunque donna di trentacinque anni, messa nella mia stessa posizione, avrebbe subito pensato che il marito aveva un’amante: semmai la segretaria in ufficio, e che mi aveva letteralmente costretta ad andare fuori città per avere campo libero.

Non io, però: Mike non era il tipo da tradimento. Ragazzo epico, come si dice: quello del liceo, sempre al mio fianco. Non mi avrebbe mai tradita, ne ero sicura: anche perché troppo pigro per farlo. Semplicemente e alquanto più noioso a dirsi, doveva veramente lavorare.

Mossi qualche passo tremante all’interno del salone, guardando sconvolta l’enorme stanza, a dir poco immensa, piena di tavoli e decorazioni bianche e rosa. Tutto estremamente chic ed estremamente costoso pensai allibita. Lanciai poi uno sguardo sulla miriade di persone che si muovevano confusamente fra i tavoli e le sedie: non conoscevo assolutamente nessuno e la cosa mi terrorizzava. Sì, perché non dico di essere sociopatica o asociale, ma socialmente inadeguata lo ero sicuramente ed io in una situazione come quella ci avrei potuto lasciare la pelle.

A farmi mancare l’aria successivamente, bloccandomi il respiro con brutalità, fu un’altra sconcertante scoperta: mi resi conto che tutti gli altri ospiti si aggiravano a coppie e lo sconforto più totale mi assalì. Non era possibile: non ce n’era uno che fosse da solo!

Continuai ad osservarmi attorno, spostando lo sguardo da giovani che si scambiavano effusioni a dir poco imbarazzanti, di quelli a cui va di gridare “Prendetevi una stanza!”, a quarantenni mano nella mano. Arretrai ancora, cercando una via di scampo che temevo di non avere.

E fu allora che vidi una porta beige con una minuscola scritta affianco: “Toilette”.

Con uno scatto da corridore professionista, rischiando di rompermi l’osso del collo per via dei tacchi troppo alti che portavo, mi diressi al bagno, nella speranza di trovarvi sollievo.

Entrai e mi poggiai con il respiro corto alla lunga fila di lavandini in marmo: guardai il mio riflesso nello specchio e l’immagine che vidi non mi confortò. Ricambiai lo sguardo terrorizzato che mi lanciavano i due occhi verdi nello specchio e con la mano cercai di ravvivare i lungi capelli neri.

Mi diedi qualche pizzicotto sulle guance, per riportare un po’ di colore sulle guance troppo bianche e mi inumidii le labbra con la lingua. Iniziai a tormentarmi gli orecchini: due piccoli cerchi brillantinanti, come facevo sempre quando l’ansia stava per avere il sopravvento.

Feci per lisciarmi il vestito nero quando sentii un movimento fuori la porta.

Senza alcun motivo mi infilai nella cabina più vicina all’uscita, chiudendomi dentro e smettendo quasi di respirare: sentii delle risate acute accompagnare l’entrata di alcune ragazze. Chiusi gli occhi, sperando di scomparire, mentre i loro discorsi arrivavano alle mie orecchie:

- Bellissimo ricevimento, vero?-

- Sì, assolutamente stupendo! Adoro poi il fatto che sia un “All night long”!-

Temetti di svenire sentendo quelle parole: me ne ero dimenticata! No! Dovevo scappare!

Non potevo rimanere: non ad un “All night long” per la miseria! Come avevo fatto a venire?

Andavano di moda quell’anno: ricevimenti che esattamente duravano per tutta la notte. Prima la festa con tanto di cena in un lussuoso albergo e poi festeggiamenti fino all’alba. Cosa fantastica per alcuni, e che in quel momento era sul punto di farmi venire una crisi isterica.

- Tuo marito è simpaticissimo, cara-

- Oh, niente in confronto al tuo ragazzo, Tanya-

- Non è il mio ragazzo, Carmen-

Avevo appena ripreso ad ascoltarle che già me ne ero pentita:

- Come non lo è?!-

Dopo qualche istante di silenzio, una risatina accompagnò la risposta:

- L’ho conosciuto stamattina e l’ho convinto a venire: sai com’è non potevo certo presentarmi da sola. Sarebbe stato a dir poco patetico e voi altre ragazze poi mi avreste mangiata viva!-

Sussultai, stringendo convulsamente l’orlo del vestito: lo sapevo! Non c’era modo di superare la serata: non da sola! Ero patetica e sarei finita in pasto alle iene…

Aprii la cabina e feci per uscire dal bagno a passo svelto, sperando che le ochette non mi notassero.

Tutto inutile: sentii un gridolino di sorpresa alle mie spalle e un ticchettare di passi al mio seguito.

Cercai di affrettarmi, ma ero appena nell’atrio e mi avevano già trovata:

- Aspetta: non ci siamo presentate!-

Disperata finsi di non aver sentito, ma ormai mi avevano raggiunta: l’intero gruppetto mi si parò davanti, squadrandomi dall’alto in basso con un’aria snob che mi fece venire la nausea.

Perché ero ancora lì? Non mi conosceva nessuno, potevo dire di aver sbagliato hotel e scappare.

- Io sono Tanya, lei Carmen e lei Laure. Tu sei?-

- Bella-

Avevo risposto?! Perché? Perché!?

- Bella, eh? Sei qui da parte di chi?-

- Della sposa: Jessica era la mia datrice di lavoro-

Stavo ancora parlando con loro, cosa mi saltava per la testa? Io e la mia innaturale sincerità… non ce la facevo proprio ad andarmene. Ne ero sicura ormai: non ne sarei stata capace.

Sarei rimasta lì: cibo per iene.

- Sei una giornalista allora! Che bello!-

- Sposata? E lui dov’è?-

Avevo annuito automaticamente alla prima domanda, rimanendo pietrificata alla seconda: cazzo.

Le vidi scambiarsi occhiate d’intesa, sembrava quasi sapessero già che ero sola: ma che avevano, un radar? Erano venute appositamente per tormentarmi?

Loro continuarono a fissarmi, chi con aria impietosita, chi spietata.

Arrossii probabilmente fino alla radice dei capelli, sentii gli occhi inumidirsi mentre prendevo a mordermi ferocemente il labbro inferiore: volevo andarmene, avevo bisogno di aiuto…

Feci per rispondere qualcosa, con un filo di voce tremante, quando l’espressione delle ragazze davanti a me mi confuse: sembrava che fossero sul punto di prendere a sbavare. Avevano spalancato tutte gli occhi e cominciato a fare mosse da donne in calore.

Fu in quel momento che sobbalzai sentendo un braccio avvolgermi la vita.

Non mi voltai subito e lo stesso braccio mi strinse forte, sorreggendomi gentilmente.

Le ragazze che avevo di fronte avevano smesso di respirare, guardandomi allibite: iniziarono a temere di aver sbagliato le loro previsioni.

Sentii l’inaspettato salvatore muoversi, spostandosi dietro di me, e abbracciarmi da dietro. Il suo mento si poggiò dolcemente sulla mia testa, poi sentii la sua voce: profonda, sensuale ed allo stesso tempo piena di gentilezza involontaria.

- Signore, buonasera a tutte. Scusate se vi rubo un attimo questa meravigliosa ragazza ma ho un improvviso ed irrefrenabile bisogno di mia moglie-

Continuando a stringermi per la vita mi fece girare, guidandomi verso il salone con sicurezza.

Rabbrividii quando sentii le sue labbra poggiarsi sul mio collo e avvicinarsi caute al mio orecchio:

- Edward, molto piacere-

 

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