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Autore: anianka    25/08/2005    2 recensioni
dedicata ai luoghi e alla persona che hanno segnato una parte importante nella mia vita...
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luogo del delitto: Sessanta km h

 

 

 

 

 

 

 

 

I LUOGHI DEL DELITTO

“a sessanta Km orari”

di

Gabriela Del Rosaio Abate

 

02/09/2004 1.26.00

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Verrà un giorno in cui ciò che è stato celato

si desterà oggi ad una nuova

Consapevolezza…

 

 

Anno “2014”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“A sessanta km orari sfreccia il mio veicolo…

Inerzia.

Il mio veicolo in continuo movimento…”.

2003”

 

No, non smette mai di proseguire nel suo percorso…

Proseguo la mia via senza conoscerne la meta…

Rimpianto…

I tornanti e le discese s’accavallano l’una contro l’altra senza mai darmi tregua.

Ore ed ore di meditazione.

Nulla…

Tutto tace…

Quella strada percorsa e ripercorsa più volte, dossi e vallate, l’ una sull’ altre.

Sfocata era l’ombra della luna, cupa, intensa…

Le vibrazioni scoccano intrepide fra le dita.

Pulsano senza respiro, fremono, tacciono.

Quel tepore gelido d’ogni notte al chiaro di luna…

Cercare e ricercare l’ombra del mio avvenire, così insolito, straordinario…

Un raggio perfetto ed uniforme s’adagia sul mio velo: foschia, candore. 

 

Avverto la serenità porsi sulle spalle, sul collo, tra i capelli.

Un vento tiepido circonda il mio corpo: la musica, il colore, il gelo…

Fiore del sud, vento del deserto, quell’aria sana e pura della Sicilia spira l’essenza di libertà e chiarezza.

“Nasco e fiorisco mediante l’anima, il corpo di una donna, la mente dell’arte.

Rinasco e rifiorisco nell’ardore dell’amore beato…”

 

Sporgo la ragione a nuovi orizzonti, libero la mente e… risalgo le scale a “Sessanta km orari”.

Le pupille si dilatano fino ad arrivare alla completa saggezza dell’amore.

 

La verità e il rimpianto di non raggiunger quei “sessanta km orari” della mia vita.

Il fuoco e la passione diventano un tutt’uno, generando intorno ad essi l’inaffondabile veliero dell’essere…

Ad un punto fisso della mia circonferenza scorgo un edificio immortale, imponente davanti ai miei occhi…

Corrono, corrono le pulsazioni cardiache, accelerate all’ennesima potenza, quasi sfiorando i sessanta km orari.

Torna il sereno, s’illumina la vista, ma il cerchio non è chiuso.

Serena la sera, serena la mia anima.

“Ricordi, ricordami…”

Il sole e la luna trovano un punto di raccordo: la loro meta è segnata a metà.

“Tu nello sguardo, tu nel pensiero, tu nell’anima.

Tu… a sessanta km orari…”

Il momento è già arrivato.

E’ arrivato l’attimo in cui fare i conti con il mio più recente passato.

I “Luoghi del delitto” m’attendono al varco.

“Com’è caldo il sole che rischiara le mie tempie!

Sollievo.

Com’è gelido il soffio del distacco che spira sul mio collo.

Incertezza.

Com’è “dolce” questo breve ma intenso momento.

Blackout .”.

Scende la sera, la notte s’avvicina, trascinando via con sé le braccia del passato.

Il vento penetra intenso nella pelle senza però oscurare ogn’emozione.

 

“Dolce” sentiero che ogni cosa fa brillare, percorro te, percorro noi nella emisfero est.”

 

Le incantevoli muse s’accavallano in eterni pendii, osando rapire la mia ancora in mare.

Quelle muse avvolgono lo spirito e il risentimento di chi porta a vacillare quel piede ancora teso.

Un suono dolce di chitarra, sfiorata appena dalle dita e un oceano di mondi sconosciuti, estranei alla terra fin a raggiungere l’orbita concentrica di Marte.

Mille parole intorno a quella melodia, picchiata e scandita dal plettro. Le note sfociano risonanti e lievi imponendo alle battute un salto di terza, adornando la sinfonia con alterazioni e colori.

Le dita corrono, s’interrompono, vibrano, viaggiano sulle corde a sessanta km orari.

Tutto svanisce.

La musica s’arresta.

Quello strumento giunge chiaro alla mia vista, come imponente, ma minuscolo di innanzi all’universo.

Ininterrotti calano su me i secondi che battano con modo ritmico il passare del tempo.

“Foschia d’inverno che a levar del sole si desta fra le membra dello spirito”.

Troppo veloce è la cadenza con la quale la strada ondeggia al verde: fluiscono frecce appuntite, l’asfalto scivoloso di una giornata di pioggia e quel vento incessante che nella sua orbita ruota a “Sessanta km orari”.

 

No, è troppo veloce il mio veicolo e… le immagini diventano sempre più sfocate tanto da non poterle strapparle alla vastità del cielo.

La nebbia cresce fitta, da sera a mattina.

Si dilata e si sparge con il lieto fluire del vento.

 

Pian piano si dirama, generando mille sfumature, assumendo tonalità sulfuree.

 

Le particelle di luce che la compongono si vanno lentamente sciogliendo, permettendo al sole di scaldare “i miei luoghi del delitto”.

 

Come lava incandescente picchia il sole e la mia mente nei suoi raggi si confonde.

 

Un silenzio improvviso calò sulla fronte e quei raggi ne abbagliarono la visione: l’ombra, la mente, la musica…

 

La memoria sembra segnare la via dell’abbandono, infrangersi fra i cespugli secchi di alberi indefiniti e l’essenza delle note si fa sempre più presente all’orizzonte.

 

“Giovine era la mia orma allorché oltrepassò quel portone di faggio e tenera fu ancora quell’orma che la varcò con andamento sicuro.”

 

 

Cercare e ricercare intra le mie memorie quella verità da tempo celata, valicare il nuovo universo addormentato  nella mente e ritrovare la mia pace…

 

“Su, al di sopra d’ogni cosa, d’ogni atomo, d’ogni materia.”.

 

Cerco insicura di afferrare il sapore dei ricordi.

 

Nascono nell’anima e giungono a me, i “luoghi dei miei delitti”.

 

Sguardi… sorrisi…respiri….

 

Fioriscono e rinascono nell’inconscio, rimembrando in me l’innocenza di bambina.

 

Le braccia di quei luoghi mi circondano, rendendomi parte di essi.
Li sento vicini e li sento pulsare dentro l’anima.

 

Crescente fu quel tratto di strada che percorsi, salendo pian piano quelle scale che mi condussero alla salvezza, giungendo, nell’ ignoto, alla velocità di “sessanta Km orari”.

 

Lentamente scivolai verso il primo gradino e, subito dopo il secondo, proseguendo dunque con il terzo ed il quarto, ed ancora il quinto, così il sesto fino a raggiungere la ventottesima orbita con il cuore alla gola: intrepido, palpitante, impaziente.

 

Come un gabbiano a primo volo varcai la vetta del monte, quel balcone di marmo che silenzioso conduceva me all’ insicuro riscatto.

 

Brillai dunque al chiaro picchiettare del sole fra le pareti.

 

“Fragile il mio cuore, ostile la mia mente”.

 

Soffocai il respiro che tendeva ad affannarsi, respinsi la mia ansia nell’incrociare gli occhi della dolcezza interiore.

 

Quell’immenso odore di gomma per matita e del caffè placarono i battiti del mio cuore, che infuriato come un orologio batteva i sessanta km orari.

 

Trattenni ancora quel fiato stretto alla gola, impedendogli di sfociare in piena e d’un tratto lo lasciai scivolare, evitando che sbattesse contro le candide mura.

 

Sollevai il capo, rivolsi un sorriso quasi stentato e poco invadente.

 

“Mi sorrise con dolcezza e abbracciai ancora una volta l’ingenuità”.

 

Di un umile salottino ne conservai vivo il ricordo così come di quelle mani ne percepii il placido calore.

Incrociando due segmenti paralleli che pian piano si univano, trovando il punto fermo dello “Zero”, viaggiai nella sua mente scorgendo un paesaggio autunnale.

 

Nuvolosi neri e cupi scorsi in quel villaggio, così misteriosamente oscuro. Cercai di insidiarmi ancor di più ma… nulla. Tutto si bloccò. Non era giunto ancora il momento di abbracciare la consapevolezza.

 

Fra quelle mura torbide di una mente inquieta camminai a lungo per le sue vie spoglie, osservando un cappello di paglia rosato trainato dal lungo corso del fiume.

Mi lasciai dunque trasportare incredula avvertendo in lontananza, sul finire del mio tragitto, uno sparo.

 

SPH! SPH! SPH!

 

“Vorrei ancora una volta rivivere i “miei luoghi del delitto”, cento, mille, milioni di volte ancora.

Ancora per un istante abbracciare quel momento che lentamente svaniva tra le mie mani, rivedere e risvegliare quell’ardore di pura naturalezza, in eterno”.

 

La corrente sale, s’appresta nello sgorgare.

 

La guerra in fondo al cuore mai più tacque.

 

…E di colpo la tristezza m’avvolse.

 

Tornai immediatamente alla realtà, ignorando ciò che vidi un instante prima.

 

Tre pilastri mi fecero da scudo, come a rassicurare la mia ansia, placando lo sconvolgimento interiore.

 

La mia vita stava per varcare una nuova frontiera inaspettata, un confine per me insicuro e spaventoso che rendeva fragile la mia esistenza.

 

Il processo stava per avvenire, il verdetto era quasi alle porte, escludendo da questa cornice un giudice imparziale.

 

Passo dopo passo mi volto indietro nel tempo, nel tempo che passa e oltrepassa sulla mia testa, cavalcando lento, silenzioso, stanco.

 

L’orologio segnò l’ora in cui la mia vita risorgeva a rilento: dieci e trenta spaccate.

Un’inquadratura all’obbiettivo che arrestava tutto ciò: il caffè, il cornetto, la sua orma…

 

Spezzai il circolo che ruotava a 360 gradi, i luoghi del delitto viaggiavano ad una velocità senza tempo: i “miei luoghi del delitto” scomparvero di colpo… correndo a sessanta km orari.

 

Via…

 

***

2003”

FINE AGOSTO

 

Il muro comincia a sgretolarsi, permettendo al cielo di rischiarare la sua foschia.

Fuggono via dai ricordi…

Fuggo via da me…

Fuggono via, senza lasciare traccia.

Correvo, correvo, correvo…

 

Via.

 

Il vuoto incombe nella mente.

Tralci di pareti pian piano vanno risalendo all’origine.

Spicchi di luna offuscati vengono ora schiariti dal sole e la mente si fa sempre più limpida, fino a ricollegare il punto d’incontro con l’infinito.

 

Il sottosuolo mormora le reminiscenze ormai sopite da un anno.

I momenti risalgono sempre più lievi, sempre più chiari.

 

Lunghi periodi di tormentato silenzio. Quella notte cupa ed ombrosa, ricca di interrogativi.

M’interrogavo qua e là ove il mistero non ha mai fine.

Sulla vita, sul destino, sul passato erano concentrate le mie domande.

 

Quella calda notte dell’agosto 2003 mormorava sospiri e ronzii, troppo assordanti per essere ascoltati.

La mia domanda era sempre quella:

 

“mente quieta, agosto rivelatore, sostieni il mio cammino, rinvigorendo il mio passato, tramutandolo nel mio presente. Mia dolce ed infinita guida conduci me verso la pace. Portami tra gli orizzonti rischiarati dal sole cosicché possa io risorgere a nuova vita”.

 

Non ebbi mai una risposta… mai mi fu dato a sapere l’ignoto…

 

Quella notte, lo spazio e le dimensioni si concentravano l’un l’altro, generando foschie e bagliori nel campo.

Risalii le vette del mio monte, ma caddi.

Concentrai tutta la mia energia nell’oscurità non vedendo niente, guardando il niente.

Ascoltando solamente la voce di una calda notte d’estate.

 

Ancora oggi non trovo una risposta, alcuna voce mi è rivelatrice, solo l’assurdo...

Scompaio ancora una volta a sessanta km orari e Via…

 

***

… è ancora tutto come tre anni fa.

Nell’agosto ho lasciato sopire il mio passato ed ancora nell’agosto rinasce il mio presente.

 

INIZIA IL MIO CAMMINO

 

03 SETTEMBRE 2003

 

Non seppi mai il perché dei mondi che popolano il villaggio dell’anima.

Nell’incertezza camminai a lungo, sospesa nell’aria, tenuta da un filo invisibile che rendeva libero il mio destino.

 

Assaporai l’odore del mare che tranquillo spumeggiava nelle giornate di maestrale.

 

“Otto sono le voci che udii bisbigliare dentro l’anima. Era quasi giunta l’ora del mio processo evolutivo.

Tutto intorno a me assumeva una nuova forma, un nuovo contenuto, una nuova unità.

 

Ebbi timore di palpare con il cuore ciò che un giorno mi avrebbe condotto a sentire quello che oggi è l’essenza, la viva presenza, di un essere umano.

 

Inizia così il momento in cui tutto si fa silente. Tutte le voci che odo appaiono silenziose, pur composte da un assordante suono.

 

Iniziavo ora a rendermi partecipe della mia stessa vita, a destare il mio sapere verso la maturità.

 

 

Non ebbi modo di sapere allora cosa o chi fosse quello specchio che rifletteva la mia anima.

 

Trascorsero due anni prima di acquisire la certezza….

 

L’inizio di quel mese fu per me rivelatore.

 

Il mio primo luogo del delitto adesso si mostrò chiaro, travolgendo me, inquietando me, trasformando me…

 

Ricordo ancora oggi quella stanza in cui superfici verdi ed angoli grigi si mostrarono partecipi della mia ascesa.

 

Sguardi intensi e sorrisi sinceri bussarono al mio rigido involucro. Il sole splendeva e le Sue parole risuonavano chiare e consapevoli.

 

Atterrita non osai leggermi l’anima. Vidi tutti i miei momenti più importanti della mia vita scorrermi per la mente. Attraversai lunghi e tortuosi torrenti nella speranza di giungere alla pace. Placai le acque che in fermento scorrevano nella mia testa.

 

Ridiedi voce a quei silenzi nel nulla taciuti. Analizzai ogni minimo frammento di ciò che potesse essere un cambiamento nella mia vita.

 

Il viale dei ricordi mi giunse ora frammentato ed oscuro. Tutto era mutato. Tutto, ogni cosa si evolveva.

***

 

Sfocati sono i ricordi di quell’uno ottobre 2003. Ma ancor più in fermento furono quelli in cui il 15 di quel mese iniziai a dialogare con il mio riflesso.

***

 

Oggi, silenziosi bussano alla porta i miei pensieri. Una voce che ogni anno si ripete. Una voce sottile, una gracile orma s’accosta al mio orecchio pronunciando il mio nome.

 

Estranea era allora quella voce fino al momento in cui la consapevolezza diventava più profonda.

 

Oggi non ho ancora visitato il più prezioso dei “Luoghi del delitto”, per il sol timore di riabbracciare con la mente morbidi vivaci tessuti.

 

Il tempo che passa è una clessidra in continuo fermento. La sabbia scorre lenta permettendo al passato di rischiarare luoghi oscuri. No, il vento non si ferma. Sento te nell’aria ma non sento noi nel presente.

 

Tanta ombra ci fu nei tuoi movimenti. Tanta oscurità mai rivelata.

 

***

 

Ti guardo ad una distanza di 6000 km orari. Ti guardo e la musica è troppo alta poiché io possa percepire il suono del tuo respiro. E’ davvero troppo forte l’energia che possedevi nelle mani quando lasciavi che la dolcezza risplendesse nei tuoi occhi, nei tuoi sorrisi, nei tuoi gesti, dentro te.

 

Dentro te, così maledettamente e dolcemente dannato di pura rabbia interiore che, silente, celavi dietro un involucro di carta e cotone.

 

E’ così straziante la tua anima che oggi non osa mostrarsi.

 

Ricordo con tanta chiarezza quando guardavo nei tuoi occhi, nelle tue mani, nelle tue labbra. Ti osservavo spingere con forza le dita contro le rigide corde, mostrandomi inconsapevole i tuoi pensieri.

 

Leggevo e mi perdevo in quello sguardo immerso nel vuoto, nella tristezza che filtrava da te a me come spirare di  tenera violenza. Sbatteva contro le pareti del mio cuore, frantumandolo e annegandolo nel tuo etere.

 

Mi fissavi con i raggi del sole che t’abbagliavano la vista. Mi fissavi lasciando intravedere un pizzico di serenità; ma dopo, dopo solo un momento l’oscurità mi mostra al giorno. L’oscurità che nei tuoi occhi e nelle tue mani mi squarciava l’anima.

 

***

 

Non esiste più niente. Tutto è devastato. Ogni cosa sprofonda nelle tenebre, in un giorno illuminato dal sole.

 

 

 

  
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