Non so che dire, davvero, se non che sono estremamente felice di ciò, anche perché sto attraversando un periodo difficile per quel che riguarda la scrittura, e questo risultato mi sprona a dare il meglio di me, a pensare che la mia "carriera" non è finita qui, che ho ancora tanto da scrivere.
E' una storia strana, non so esattamente da dove sia uscita, però ha qualcosa che mi piace. Dato il tema del contest forse non vi aspetterete una fanfiction di questo tipo, ma io ci sono riuscita comunque... sì, sono un caso disperato. XD
Un grazie alla giudice, Shurei ( sei un tesoro <3 ) e alle altre partecipanti.
Buona lettura!
PROLOGO ~
“
Con questo ” disse
l'istruttore sorridendo, porgendogli un foglio, “ puoi
cominciare a
guidare assieme ad un parente o un conoscente; l'importante
è che la
persona che ti porti appresso abbia la patente da almeno dieci anni
”
A quelle
parole, nella stanza calò il silenzio. Perfino coloro che,
seduti
col libro di teoria fra le mani, stavano chiacchierando animatamente
fra di sé, tacquero.
Deidara
sbuffò contrariato, appropriandosi del documento.
Tutti
sapevano ch'egli non aveva nessuno, né parenti né
amici, e in
verità non v'era persona in città che sapesse da
dove proveniva, e
perché era completamente solo. All'età di
diciotto anni si era
trasferito in un modesto appartamento facente parte di un condominio
di periferia, e da allora viveva da solo, apparentemente senza troppi
problemi. Svolgeva diversi lavoretti part-time, e con quelli riusciva
a pagarsi l'affitto e le varie spese, anche se purtroppo per
sé non
gli rimaneva molto; però, fin da quando qualche anno prima
era
rimasto orfano, ogni mese metteva da parte una piccola somma di
denaro. Denaro che, una volta presa la patente, gli avrebbe permesso
di comprarsi un'auto usata; non vedeva l'ora che ciò
accadesse, per
poter provare l'ebrezza della velocità e del rischio.
Perché
considerava la vita come un fuoco d'artificio, breve ed esaltante;
come un'esplosione, immediata e dannatamente eccitante; come uno
sbuffo di fumo o un veloce acquazzone estivo. Pura e semplice arte.
Tornando a
quel pomeriggio d'autunno, certo il ragazzo non fu entusiasta d'udire
quella frase; sperava di poter ottenere la patente più
velocemente,
invece mancava ancora un po' di tempo al maledetto esame di teoria, e
dopodiché avrebbe iniziato ad esercitarsi con l'istruttore
per
quello di pratica.
Camminò
fino a casa prendendo a calci qualsiasi cosa trovasse per terra, dai
sassolini alle lattine vuote, coi nervi a fior di pelle. Quando
odiava la società e le sue regole!
Voleva
iniziare subito a guidare, ma avrebbe dovuto attendere ancora; del
resto, a chi poteva chiedere di aiutarlo?
“ Deidara-sempai!
”
Beh, non
certo a
lui.
Ma
si sa,
talvolta un semplice incontro può cambiarti la vita. Quando
meno te
lo aspetti.
Soprattutto se
chi incontri è la persona che più odi.
FINAL
DESTINATION ~
Even a
Nightmare can be artistic
Perché
lo
chiamasse sempai, era sempre stato un mistero. In verità,
lui stesso
era un mistero; quell'assurdo vicino di casa che portava sempre una
curiosa maschera arancione era capitato lì due anni
addietro, e da
dove venisse e chi fosse in realtà nessuno lo sapeva. In un
certo
senso, lui e Deidara si somigliavano: due anime solitarie, senza
catene a cinger loro i polsi, visti dalla massa come degli
emarginati, tipi troppo strani per esser considerati degni di
attenzione.
“ Ah...
sei tu, Tobi ” borbottò il giovane, senza volgere
lo sguardo verso
di lui; era talmente insopportabile e appiccicoso da apparirgli
perfino in sogno, e di certo in quel momento era l'ultima persona che
sperava di dover affrontare. Voleva semplicemente stare da solo.
“ E chi
credevi che fosse, sempai? ”
Lui non
rispose e continuò a camminare, cercando d'ignorarlo. Ma,
quand'egli
notò il foglio che Deidara teneva in mano, iniziò
ad indicarlo
saltellando sul marciapiede, causando stupore fra i passanti.
“ Congratulazioni,
sempai! Adesso puoi cominciare a guidare! ”
L'altro lo
guardò basito, incerto sul da farsi; non riusciva a capirlo,
quel
tizio. Cosa gli passava per la testa? E, soprattutto, chi era e come
si permetteva di prendersi tutte quelle confidenze? Era vero che
abitavano vicini da un paio d'anni, ma non si potevano certo definire
amici.
“ Senti,
te lo dico con le buone... non rompere ” sbottò,
nel tentativo di
cacciarlo via, ma lui pareva non voler sentire ragioni.
E, oltre a
questo, sembrava parecchio euforico, apparentemente senza motivo
alcuno.
“ Che
cos'hai oggi, sempai? Sei arrabbiato? ”
Sì, lo era,
e avere quell'idiota che gli urlava nelle orecchie contribuiva ad
accentuare il suo malumore. Dunque lo guardò adirato,
stringendo i
pugni; aveva una gran voglia di prenderlo a calci, ma dovette
trattenersi.
“ Oh, è
così evidente? ” ironizzò, “
Vorrei tanto sapere dove lo trovo,
uno che ha la patente da almeno dieci anni, che sia disposto ad
accompagnarmi e soprattutto a farmi usare la sua macchina! ”
esclamò sfogandosi, sperando di convincere Tobi a lasciarlo
in pace,
mostrandogli quanto fosse alterato.
Beh, è vero
che la speranza è l'ultima a morire, ma lui pareva non aver
paura di
niente. A dimostrazione di ciò gli diede una pacca sulla
spalla,
ridendo di gusto.
“ E
dov'è
il problema? Penserà a tutto Tobi! ”
Spalancò
gli occhi. No... no, no, tutto ma non quello!
Non era un
codardo di natura, ma in quel momento non trovò niente di
meglio da
fare che fuggire via, sperando d'acquisire magicamente la
velocità
della luce. Non lo sopportava, desiderava di vederlo morto e sepolto,
di strappargli di dosso quella maledetta maschera per scoprire chi si
celava dietro quell'immagine decisamente buffa ma talvolta
inquietante.
L'unico
occhio che s'intravedeva, il destro, brillava d'una luce scarlatta, e
scrutava tutt'attorno con la massima attenzione, per non perdersi
nulla di quel che accadeva in quel mondo fatto di materialismo, falsi
miti e logoranti guerre. Niente riusciva più a stimolarlo, a
catturare la sua attenzione, ormai; tutto già visto,
già vissuto.
C'era solo una piccola luce ad attrarlo, una persona, una creatura
incredibilmente complessa pur essendo minuscola ed oppressa
dall'odierna società: Deidara.
Era
interessante, diverso dagli altri; si distingueva da loro e lo faceva
fieramente, senza vergogna o timore. Proprio quello che cercava.
Lo guardò
mentre si allontanava velocemente, e sorrise; per quanto egli potesse
correre, non sarebbe mai stato realmente lontano da lui.
Perché,
nonostante egli non lo sapesse ancora, erano legati l'uno all'altro
da un vincolo che ogni giorno si faceva più potente,
più
soffocante. Il filo rosso del destino, o in qualunque altro modo
vogliate chiamarlo.
Col fiatone
e i muscoli doloranti Deidara giunse a casa, si chiuse dentro e
giurò
di non aprire se avesse sentito suonare il campanello. In quel
momento, scappare da quell'immane seccatura era divenuto addirittura
più importante di trovare qualcuno che guidasse assieme a
lui.
Si buttò
scompostamente sul letto, sospirando. Peccato che, quando stava per
appisolarsi, il suo telefono squillò insistentemente; chi
mai poteva
essere? Le possibilità, comunque, erano limitate. Tre,
precisamente:
il suo istruttore, uno dei suoi datori di lavoro, o... esatto,
proprio lui. Lui che, non sapeva come, era riuscito ad avere il suo
numero, e lo perseguitava a qualunque ora del giorno e della notte,
quando ne aveva voglia.
Riluttante
alzò la cornetta e se la portò all'orecchio
destro.
“ Pronto?
”
“ Sempai!
”
Ecco,
appunto. Velocemente riattaccò, coprendosi la testa col
cuscino. Ma
Tobi non era un tipo che demordeva facilmente, e lo dimostrò
il
fatto che lo chiamò più o meno una decina di
volte, finché non si
decise a rispondere e ad ascoltare quel che aveva da dirgli. Furono
poche, semplici parole.
“ Tobi ha
una macchina, nonché la patente. E da più di
dieci anni ”
E la domanda
sorse spontanea: quanti anni poteva mai avere? Erano tanti gli
interrogativi che lo rendevano incredibilmente ambiguo, domande senza
risposta che gli aleggiavano attorno e facevano di lui un tipo
insondabile, decisamente losco ma in fondo – molto in fondo
–
simpatico. Lo si poteva definire una contraddizione vivente.
Sì,
questo è decisamente il termine giusto.
Fatto sta
che Deidara, seppur non molto convinto, dovette rassegnarsi ed
accettare il suo aiuto, altrimenti non lo avrebbe mai lasciato
respirare neppure per un minuto.
Macchina.
Certo che aveva un bel coraggio a definirla tale. Quel che si
presentò davanti agli occhi del giovane Iwa il mattino dopo
non era
che un ammasso di lamiera corredato d'un motore che sbuffava
regolarmente, confinato in garage da chissà quanto tempo,
considerando le ragnatele che impietose ornavano gli specchietti.
“ Ti piace
la mia auto, sempai? ” domandò lui nonostante
tutto, evidentemente
sperando in una risposta positiva.
L'altro lo
guardò standosene in silenzio per qualche secondo, sperando
vivamente che lo stesse prendendo in giro; come poteva piacergli?
Purtroppo,
però, sapeva bene di doversi accontentare per il momento,
quindi non
fece troppe storie e salì, dopo aver sfrattato i ragni.
Anche dentro
l'abitacolo la situazione non era delle migliori, a causa della
polvere sui sedili, sul volante e su tutto il resto; sotto di essa,
strofinando qua e là con la manica della maglia che
indossava,
scoprì un vecchio autoradio che, inaspettatamente,
funzionava
ancora.
E, ancor più
inaspettatamente, riuscì a mettere in moto il mezzo senza
problemi,
girando tranquillamente la chiave; doveva avere una batteria
decisamente fuori dalla norma, se riusciva a partire anche dopo esser
stata ferma per un periodo sicuramente non inferiore a diversi mesi,
forse anche un anno.
Quindi
abbozzò un sorriso, mentre Tobi si sedeva accanto a lui, sul
sedile
del passeggero. Non l'avesse mai fatto...
“ Il
sempai è felice! E' felice! E se lui è felice,
anche Tobi lo è! ”
esclamò tutto contento, notando l'espressione sul suo volto.
Deidara si
voltò verso di lui, strabuzzando gli occhi e maledicendosi
silenziosamente. Non poteva permettersi di esternare le proprie
emozioni di fronte a lui.
Non aprì
bocca ed attese eventuali istruzioni; conosceva la teoria, ma la
pratica era tutt'altra cosa, senza alcun dubbio.
“ Premi
l'acceleratore e rilascia lentamente la frizione ”
spiegò il suo
accompagnatore, con un tono di voce stranamente serio.
Il giovane
studiò per bene i pedali, facendo quanto gli era stato
detto; seppur
arrancando il ferrovecchio partì, e fu portato fuori dal
garage
senza problemi. Nonostante non avesse mai guidato, gli parve tutto
molto naturale; sorrise ancora, cercando il meccanismo che faceva
sì
che il finestrino si aprisse, e trovò una manovella di
quelle oramai
passate di moda. La girò, e si beò della brezza
che gli accarezzò
il volto.
Finalmente
entrò in strada, piuttosto sicuro di sé, e tutto
gli parve
incredibilmente semplice; che fosse davvero così facile
guidare
un'auto?
Tobi, vicino
a lui, pareva quasi assente, e guardava fuori standosene in silenzio;
si era addormentato o cosa?
Beh, tanto
meglio, almeno avrebbe potuto imparare senza dover ascoltare la sua
fastidiosa voce. Scalò marcia e il motore sbuffò
nuovamente, come a
voler chiedere pietà; o aveva sbagliato qualcosa, o la
macchina era
irrimediabilmente giunta alla fine. Scartò subito la prima
ipotesi,
più che altro perché la seconda era decisamente
più probabile.
Quando si
trovò a doversi fermare ad un incrocio particolarmente
intricato,
purtroppo, dovete appellarsi al suo istruttore – Dio, quanto
si
sentiva idiota a usare quella parola per riferirsi a lui -. Questi,
in tutta tranquillità, gli disse di andare dritto nel
momento in cui
il semaforo fosse diventato verde.
Lo fece, ma
c'era qualcosa che non quadrava: quei cartelli... li aveva visti nel
libro di scuola guida, cosa significavano? Poi se lo
ricordò, e
mentre era assorto nei suoi pensieri fece appena in tempo ad evitare
un'auto che stava per finirgli addosso.
“ Tobi, ma
questo... questo è un senso unico! ”
sbraitò, mentre terrorizzato
si accorgeva d'essere contromano e, soprattutto, di essere inseguito
da una macchina della polizia che gli andava dietro a sirene
spiegate.
“ Oh,
davvero? ” disse lui con fare innocente, “ Eppure
Tobi è un
bravo istruttore! Non sono un bravo istruttore? ”
“ Ma vai
al diavolo, idiota! ”
“ Il
sempai è cattivo! Tobi è un bravo ragazzo!
” piagnucolò,
voltandosi e notando la macchina che li seguiva si avvicinava sempre
di più, “ Gira a destra, a destra! Dobbiamo
seminarli! ”
“ Ma
sentitelo! Come se fosse mia, la colpa! ”
“ Cattivo!
” rincarò la dose, aggrappandosi al proprio sedile
mentre Deidara
svoltava a destra velocemente, rischiando di andare a sbattere contro
muri, lampioni e quant'altro.
I pedoni
osservavano la scena con aria impaurita e stupefatta, immobili sul
marciapiede; fortunatamente riuscirono a non investire nessuno, e la
sorte fu ancor più clemente con loro quando, approfittando
della
confusione, uno scippatore pensò bene di rapinare una
signora che
ignara stava assistendo. Le urla della donna, che cercava con tutte
le forze che aveva in corpo di strappare la propria borsa dalle mani
del malvivente, attirarono l'attenzione dei poliziotti, che furono
costretti a fermarsi per catturare il ladruncolo; ergo, persero di
vista l'auto pirata, sebbene si fossero segnati la targa.
Sgattaiolarono
per le stradine secondarie, e Deidara si meravigliò della
resistenza
e della velocità dell'auto che stava guidando; che l'avesse
truccata? Pareva non esserci altra spiegazione.
“ Dove
vogliamo andare, adesso, sempai? ” parlò Tobi, e
l'altro sussultò,
colto alla sprovvista mentre si concentrava sulla via che stava
percorrendo.
“ E che ne
so? Da qualche parte, mi basta poter guidare in santa pace e senza
che tu combini i tuoi soliti casini! ” rispose lui, scalando
marcia.
“ Devi
scegliere, sempai ” insistette, e Deidara si voltò
nella sua
direzione, scocciato.
“ Dove ti
pare, basta andare in un posto tranquillo dove non ci sia troppo
traffico. Non possiamo restare qui in città! ”
In quello
stesso momento, un'auto gli tagliò la strada ed egli fu
costretto a
frenare istintivamente; imprecò contro colui che aveva
palesemente
tentato d'ammazzarlo e si girò verso Tobi, che pareva
assolutamente
tranquillo.
“ Ma...
non hai visto? ”
“ Chi,
quello? Tranquillo, lo conosco, va dove stiamo andando noi; seguilo
”
Il giovane
strabuzzò gli occhi. Cosa diavolo stava dicendo? Era tutto
così
assurdo, tanto che Deidara fermò l'auto vicino ad un
marciapiede e
fece per scendere, ma si accorse che gli sportelli erano bloccati. In
quello stesso momento il suo istruttore improvvisato sorrise, e gli
fece cenno di smetterla, perché tanto non si sarebbe aperti.
Che
cosa stava succedendo? Chi era, realmente, quel tipo con la maschera
e l'aria da stupido?
“ Lasciami
andare, maledetto! Non hai il diritto di tenermi qui! ”
esclamò
adirato, forzando la maniglia inutilmente.
“ Sono qui
per esaudire il tuo desiderio, sempai. Volevi il brivido, no? Volevi
dimostrare a te stesso e agli altri che la tua vita non è
altro che
una splendida
esplosione,
non è forse così? Ebbene, sono qui per aiutarti,
ma devi fidarti di
me ”
Come mai a
volte sembrava un idiota senza speranza, mentre altre faceva quasi
paura?
“ E tu
credi che sia facile fidarsi di uno come te? ”
Lui lo
guardò, avvicinandoglisi.
“ Presto
ti abituerai, vedrai... ti piacerà ”
affermò, e l'altro ci pensò
un momento, prima di rendersi conto di quanto a doppio senso fosse
quella frase...
“ Ma... ma
che diavolo stai dicendo? Tu sei pazzo! ” urlò,
mentre Tobi
cercava di farsi perdonare usando un po' troppe premure e confidenze
nei suoi confronti.
Cercò di
prenderlo a pugni ma non ci riuscì, a quanto pare il tizio
se la
cavava bene anche in certe situazioni; sempre più
stupefacente.
Dunque
dovette arrendersi all'evidenza e, seppur poco convinto,
ripartì.
Miriadi di
domande affollavano la sua mente mentre pedinava il tizio che poco
prima gli aveva tagliato la strada, come l'altro gli aveva suggerito;
non sapeva perché doveva farlo, e in verità aveva
quasi paura di
scoprirlo.
In effetti,
però, un po' di ebrezza l'aveva già provata quel
pomeriggio, e in
fondo era quello ciò che desiderava; rischiare e dimostrare
d'essere
come una bellissima stella cadente, che ti scorre davanti agli occhi
per pochi secondi ma ti lascia un ricordo indelebile.
Stavano
uscendo dalla città, quando ormai il sole aveva cominciato a
scomparire dietro le colline; Deidara si domandò dove
stessero
andando, visto che Tobi non gli aveva più detto nulla da
quando
aveva cominciato a seguire la mercedes scura di fronte a loro che,
cosa ancor più strana, procedeva con un'andatura regolare e
lenta,
come a volerli aspettare. Addirittura rallentava, quando il giovane
aveva qualche difficoltà col cambio e con la frizione, di
quelle
tipiche del primo giorno di guida; anzi, se l'era cavata fin troppo
bene, fino ad allora. Probabilmente era stato il corso degli eventi,
così assurdo ma al contempo eccitante, a spingerlo a dare il
meglio
di sé.
Fuori l'aria
stava iniziando a farsi fresca, e ben presto il ragazzo chiuse il
finestrino che aveva tenuto aperto per tutto il tempo; si stavano
inoltrando in una zona che non conosceva, ove non era mai stato, ma
preferì non fare domande, per il momento.
Certo non se
la sarebbe mai immaginata così, la sua prima guida... beh,
di
sicuro, con un simile allenamento, all'esame pratico non avrebbe
avuto grossi problemi. Ovvio, prima di dire di sì sapeva
bene che
farsi istruire da Tobi sarebbe stato un azzardo, ma quel ch'era
accaduto era perfino troppo, per i suoi gusti.
Nonostante
ciò si rilassò ed accese il vecchio autoradio,
pensando che anche
se i poliziotti avessero preso la targa – cosa piuttosto
ovvia –,
avrebbero cercato il proprietario dell'auto, e non certo lui.
Gli
altoparlanti intonarono una canzone che già aveva sentito
qualche
giorno prima alla radio; non ricordava il nome della band, e per la
verità il genere non lo entusiasmava poi molto, ma quella
canzone
sembrava fatta apposta per lui.
Tobi
cominciò a canticchiarla – stonato, ma Deidara
preferì non
proferire parola –, enfatizzando alcune strofe in
particolare, come
a voler lanciare un messaggio subliminale a colui ch'era seduto
accanto a lui.
Poi,
d'improvviso, la mercedes si fermò facendo fischiare le
gomme
sull'asfalto.
“ Che cosa
sta facendo? ” domandò il biondo, inquieto, ma
l'altro non
rispose, continuando a cantare.
Vide uscire
dall'abitacolo un ragazzo che avrà avuto circa la sua
età, dai
capelli color rosso cremisi e la pelle chiara; era certo d'averlo
già
visto, da qualche parte...
Forse in
sogno, o forse per strada, non lo ricordava con precisione.
Però era
bello, affascinante, e adesso aveva lo sguardo fisso su di lui, gli
occhi scuri a perdersi nei suoi. Chi era?
Deidara
riaprì il finestrino, al fin di chiedergli perché
si fosse fermato
e quali fossero le sue intenzioni, mentre il suo istruttore ora
ripeteva come una litania: “ Tobi è un bravo
istruttore, sempai.
Tobi è un bravo ragazzo. Tobi ti ha portato nel posto giusto
”
Il posto
giusto per cosa?
Rabbrividì
quando il giovane dai capelli rossi ghignò, e nello stesso
momento
si udì una specie di scricchiolio, come fossero state le sue
stesse
labbra a provocarlo; o forse era davvero così? D'un tratto
non gli
sembrò davvero umano, quel tipo. Si muoveva legnoso eppur
veloce, e
ad ogni passo faceva rumore; no, non era normale.
Provò ad
inserire la retromarcia ma il suo accompagnatore, con la mano sulla
leva del cambio, glielo impedì.
“ Che stai
combinando, razza di stupido? Non credo che questo tizio abbia buone
intenzioni, uhn! ”
“ Tobi è
un bravo istruttore, sempai; devi fidarti ”
La strana
creatura giunse vicino a loro e, con voce metallica, disse: “
Ciao,
Deidara ”
Ecco. Come
diavolo faceva a conoscere il suo nome? Il ragazzo sperò di
svegliarsi nel suo letto, pregò che fosse tutto un incubo,
ma a
nulla valsero le sue silenziose suppliche. Infatti egli
continuò a
parlare, palesemente divertito dall'espressione che doveva esserglisi
dipinta sul volto.
“ Sai, ti
osservo... ti osserviamo da molto tempo. Dovresti unirti a noi, gli
altri credono che saresti perfetto, ma io necessito di un'ulteriore
dimostrazione da parte tua ”
“ Sarei
perfetto per cosa, scusa? ”
“ Penso
che tu sia un po' troppo curioso, ragazzino. Oltre che stupido
” lo
apostrofò sprezzante, bramando una sua possibilmente
violenta
reazione; doveva sputare fuori la sua rabbia, tutta, fino all'ultima
goccia d'amaro sapore. Doveva, seppur involontariamente, rendersi
degno del ruolo per il quale era stato scelto.
“ Cosa?
Come ti permetti, brutto bastardo? Chi sei, tu, per darmi dello
stupido? ” esclamò stringendo i pugni, con Tobi
alle sue spalle
che osservava attento la scena, ridacchiando.
“ Io sono
molte cose, Deidara ” affermò, poi
indicò la strada di fronte a
loro, allungando il bracco sinistro; a quel movimento, un altro
scricchiolio, come se il suo corpo non fosse fatto di carne e sangue,
ma di qualcos'altro. “ Devi riuscire a superarmi. Se ce la
farai,
allora sarai degno ”
Il giovane
sbuffò, contrariato.
“ E
perché
dovrei fare una cosa del genere? Non so cosa volete, ma non
m'interessa. Lasciatemi in pace, uhn! ”
“ Oh,
dunque è così? Dunque vuoi dimostrare d'essere un
perdente ” lo
canzonò il ragazzo dai capelli rossi, e Tobi
rincarò la dose: “
Il sempai è un perdente! E' un perdente, mentre Tobi
è un bravo
ragazzo! ”
“ Io non
sono un perdente! ” ringhiò.
“ Bene, e
allora mostramelo. Tu sostieni di essere un artista, no? E quale
sarebbe, la tua arte? ” chiese, con aria di sfida.
“ La mia
arte? Beh, quel che voglio dimostrare al mondo è che la vita
non è
altro che un'esplosione, qualcosa che dura pochi istanti e che, come
tale, dev'essere vissuta al meglio ” spiegò, fiero
di sé.
“ E
correre con l'auto ti pare il modo giusto? ”
“ Certo.
Provare l'ebrezza del rischio, vedere la Morte coi propri occhi per
poi aggirarla e sbeffeggiarla... cosa potrebbe esserci, di
più
appagante? ”
“ Aggirarla
e sbeffeggiarla, eh? E se essa, invece, dovesse avere il sopravvento
su di te? ” domandò.
“ Beh,
allora potrò semplicemente dire d'aver vissuto con
dignità, a
differenza di coloro che fanno di tutto pur di campare cent'anni. Che
gusto c'è a vivere la propria vecchiaia spesso e volentieri
su di
una sedia a rotelle o stesi su un letto? ”
“ Tu sei
pazzo. L'arte è eterna, e la vita eterna è
ciò a cui è più
lecito aspirare ” ribatté l'altro, mentre l'uomo
mascherato
premeva il bottone per riavvolgere la musicassetta, al fin di
riascoltare la stessa canzone di prima.
“ Ma che
stai dicendo? Sei tu il folle, ed io te lo farò capire, a
costo di
morire ”
A quelle
parole lui sorrise, soddisfatto. Una sfida con quel ragazzino che
viveva spronato dalle sue assurde convinzioni sarebbe stata il
massimo. In fondo, era da tanto che non faceva una cosa del genere, e
sentiva il bisogno di sgranchirsi un po'. Dimorare in eterno in un
corpo di legno aveva anche i suoi svantaggi, seppur minimi.
Risalì in
auto ed attese che Deidara gli si affiancasse, dopodiché
diede il
via alla corsa con un colpo di clacson.
Partirono.
“ Il
sempai è coraggioso! ” esclamò Tobi,
rimettendosi poi a cantare
la canzone che pareva esser decisamente la sua preferita di
quell'album.
-
E' questo
quello che volevi?
E' questo
quello che sognavi?
Quando
progettavi di scrollarti di dosso lo sporco?
Non pensi
che io e te ci apparteniamo?
Mantieni
gli occhi sulla strada,
e non
succederà niente di male. -
“
Sì, è
questo quello che volevo ”
Tobi gli si
avvicinò, e posò la testa sulla sua spalla.
Sebbene la cosa non lo
entusiasmasse, lo lasciò fare. Ora aveva altro a cui
pensare. L'auto
correva al suo fianco a velocità sostenuta, invadendo la
corsia
riservata alle vetture che procedevano nel senso opposto;
stranamente, però, la strada era completamente deserta.
“ Sì,
è
questo quello che sognavo ”
L'occhio
rosso brillò nel buio dell'abitacolo, e le sue mani
carezzarono i
fluenti capelli biondi.
“ Arte,
meravigliosa, sublime arte ”
Accarezzarono
le guance ma lui non le scostò, accorgendosi solo in quel
momento
che erano coperte da guanti neri.
“ Lo
sporco? Io sono sporco? ”
“ Lo sei,
sempai. Lo sei. Ma fra poco sarai purificato ” lo
tranquillizzò,
sfiorandogli la punta del naso.
“ Ci
apparteniamo? Ma chi ti credi di essere, Tobi? ”
Gli sciolse
la coda di cavallo, lasciando che i filamenti dorati gli ricadessero
sulle spalle fasciate da un giacchetto di pelle nera.
“ Io? Io
sono te, e tu sei me. Ancora non ti è chiaro? ”
“ Ma che
stupidaggini vai dicendo? Taci, piuttosto ”
Con uno
scattò, il biondo superò l'auto del suo rivale, e
rise compiaciuto.
“ Mantieni
gli occhi sulla strada, sempai ” lo ammonì Tobi.
“ Posso
chiederti una cosa? Per quale motivo ti ostini a chiamarmi
così? ”
curiosò.
“ Perché
ero certo che ce l'avresti fatta. Te lo meriti. Ora sta' tranquillo,
sempai, non dovrai più dimostrare niente a nessuno
”
A quelle
parole, Deidara si sentì improvvisamente assonnato, e si
abbandonò
al caldo abbraccio di Tobi; l'ultima cosa che udi, flebile, fu:
“
Non succederà niente di male ”.
Poi, il
nulla.
EPILOGO ~
“
Sai,
danna... non mi sarei mai immaginato un simile primo giorno di guida.
Mi dispiace solo di non aver potuto prendere la patente ”
Sasori, che
stava controllando attentamente le giunture delle proprie braccia,
sospirò.
“ Lo hai
già detto almeno un milione di volte, Deidara; dacci un
taglio, per
favore ”
“ Quanto
sei antipatico! Vorrà dire che andrò a parlare
con qualcun altro,
uhn! ” esclamò irritato; ma, quando si
voltò, tutti gli altri
erano misteriosamente scomparsi. Poteva notare solo uno del gruppo,
in un angolo, assorto e silenzioso; no, non si sarebbe mai rivolto a
quel montato di Itachi Uchiha, che sosteneva di non sopportare,
sebbene lo conoscesse solo da poche ore.
Chissà come
aveva fatto lui, a diventare uno Shinigami; ancora non sapeva
praticamente nulla dei suoi nuovi “amici”, se
così li si poteva
chiamare. Solo Sasori per lui era speciale, una sorta di maestro,
anche se non condivideva i suoi pensieri.
“ Ehm...
danna? ”
“ Che
vuoi? E per quale motivo ora mi chiami danna? ”
“ Beh,
perché nonostante le cretinate che dici, trovo che tu sappia
pensare
artisticamente ”
Il Dio della
Morte dai capelli rossi lo guardò, e la sua faccia parve
stupita
nonostante non possedesse più i muscoli necessari per
contrarla in
un'espressione.
“ Posso
sapere perché avete scelto proprio me? ”
domandò il biondo,
osservando estasiato la propria falce, d'un acciaio lucente e
affilato.
“ Non
chiederlo a me, solo Tobi lo sa. E' lui che ha insistito, anche se
noi non eravamo molto d'accordo ”
“ Ah... ”
contrasse il volto in una smorfia, deluso. Ma, nonostante
ciò, era
soddisfatto della sua nuova vita. Certo non lo allettava l'idea di
vivere per sempre, però pensare di poter giudicare gli
esseri umani
dall'alto della sua carica lo entusiasmava.
Poi, pensò
che da quand'era giunto in quel luogo indefinito, non aveva
più
rivisto Tobi. D'improvviso gli tornò in mente quel
discorso... io
sono te, e tu sei me...
possibile che lui non
esistesse più? Beh, magari!
Ma, mentre
se ne stava a crogiolarsi nella speranza, una voce squillante
disturbò il silenzio. Spalancò gli occhi,
stringendosi nella cappa
nera a nuvole rosse.
“ Sempaiii!
Tobi è un bravo Shinigami, non è vero? Tobi
è un bravo ragazzo! ”
Era ovvio
che la sua falce non avrebbe potuto ucciderlo.
Era ovvio
che lui fosse lì.
Era ovvio
che non gli avesse detto altro che un mucchio di stupidaggini.
E vivere una
vita intera, probabilmente eterna, al suo fianco, sarebbe stata di
certo una sfida molto più complessa di quella che Sasori gli
aveva
lanciato.
Forse poteva
rendere artistica anche quella, se si fosse impegnato. Forse.
Quando
la polizia ritrovò l'auto del pirata della strada,
essa
era precipitata in una scarpata.
All'interno
non v'era traccia di coloro che erano stati visti dai testimoni,
a parte
due cose.
Un
foglio che attestava che Deidara Iwa avrebbe potuto cominciare a
guidare
in
compagnia d'una persona che avesse la patente da almeno dieci anni,
e una
maschera arancione sul sedile del passeggero.
The End ~
Nota:
la strofa allineata a destra e scritta in corsivo, quella che Tobi
canta, è tratta dalla canzone “Better than
this” dei Keane.