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Autore: Hi Ban    05/05/2010    4 recensioni
Era perciò per questo che si era premurato di far giungere nuovamente al suo cospetto Naruto e Hinata e di esplicare loro qual era l’ennesima condizione per poter divenire fidanzati.
Dal canto suo, sapeva già che i due continuavano ad amoreggiare anche senza la
sua benedizione, ma quella storia sarebbe terminata nel momento in cui l’Uzumaki avrebbe fallito quella nuova impresa.
Era davvero un uomo astuto e se ne compiacque sorseggiando una tazza di tè, mentre lo sfortunato Naruto si avviava nuovamente verso quel luogo che conosceva anche troppo bene.
L’autoscuola Sennin si stagliava dall’altro lato delle strisce pedonali che, così come ogni altra volta, Naruto era alquanto ritroso ad attraversare.

Una nuova prova attende Naruto Uzumaki e si preannuncia qualcosa di molto impegnativo. Hiashi Hyuuga non è riuscito a toglierlo dalla carreggiata, perciò farà in modo che lo faccia l’autoscuola Sennin.
*Seconda classificata al Contest 'Oh Oh, mi è semblato di vedele un incidente' indetto da Shurei e vincitrice del premio comicità*
Naruto/Hinata
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jiraya, Naruto Uzumaki, Tsunade
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Quest'unione non s'ha da fare!'
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Autore: Black_cherry (sakuchan_94 su Efp)
Titolo: Autoscuola Sennin – Ovvero quando un pericolo è messo su strada –
Numero scelto: 19 – Prima guida con l’istruttore.
Personaggi: Naruto, Jiraya, un po’ tutti.
Pairing: (se ci sono) Naruto/Hinata.
Genere: commedia, comico, demenziale.
Rating: verde
Avvertimenti: AU, One Shot.
Introduzione: Una nuova prova attende Naruto Uzumaki e si preannuncia qualcosa di molto impegnativo. Hiashi Hyuuga non è riuscito a toglierlo dalla carreggiata, perciò farà in modo che lo faccia l’autoscuola Sennin.


Autoscuola Sennin
- Ovvero quando un pericolo è messo su strada -




Dopo che il suo tentativo di far apprendere la disciplina in cui era specializzata la sua famiglia all’aspirante fidanzato della primogenita, Hiashi Hyuuga non si era dato per vinto ed era riuscito ad incastrare Naruto Uzumaki in una nuova prova per poter stare con Hinata.
Sapeva, e anche piuttosto bene, che l’Uzumaki in questione aveva come tallone di Achille tutto ciò che aveva a che fare con studio e annessi; certo, la lontananza dal ramen lo era altrettanto, ma preferiva tenere quella sostanza brodosa e dall’odore nauseante come piano finale.
Era perciò per questo che si era premurato di far giungere nuovamente al suo cospetto Naruto e Hinata e di esplicare loro qual era l’ennesima condizione per poter divenire fidanzati.
Dal canto suo, sapeva già che i due continuavano ad amoreggiare anche senza la sua benedizione, ma quella storia sarebbe terminata nel momento in cui l’Uzumaki avrebbe fallito quella nuova impresa.
Era davvero un uomo astuto e se ne compiacque sorseggiando una tazza di tè, mentre lo sfortunato Naruto si avviava nuovamente verso quel luogo che conosceva anche troppo bene.
L’autoscuola Sennin si stagliava dall’altro lato delle strisce pedonali che, così come ogni altra volta, Naruto era alquanto ritroso ad attraversare. Il pensiero che tutto quello era solo per Hinata era un ottimo incentivo che funzionava sempre, anche se rimaneva fermo nello stesso punto per diverso tempo, perso nelle sue elucubrazioni mentali: lui e Hinata stavano insieme nonostante non avesse dato alcun esame di elettrochimica quantistica, perciò perché prendersi tanto fastidio per quella nuova clausola posta da Hiashi su un contratto che non li vincolava, giacché lui non aveva firmato un bel niente?
Per lui quella rimaneva pur sempre una sfida ed era questa la risposta che si dava do solo, sempre. La gente che passava non faceva più caso al ragazzo che si auto convinceva con tanto di smorfie e digrignazione dei denti sul ciglio della strada.
Prese ad attraversare la via, incurante che delle macchine la stessero attraversando, con il chiaro intento di entrare nell’edificio bianco a cui stava andando incontro.
Era riuscito a passare la teoria e non sapeva ancora quale Kami ringraziare – perciò li ringraziava tutti –, ma ora era il momento della pratica e non sapeva quale fosse peggiore.
Nella teoria, in verità, l’unico a cui poteva indirizzare i suoi infiniti ringraziamenti era Sasuke, che era riuscito a mettergli in testa almeno i concetti base. Non aveva dubbi sul fatto che aveva passato la teoria per il rotto della cuffia, ma la sua filosofia era di non dare mai peso al passato. Solo al futuro e quello immediato poteva tranquillamente asserire che non era molto roseo.
All’interno trovò dietro la cattedra la direttrice Tsunade, che ormai rischiava una crisi isterica al solo vederlo; era una fonte di continui guai e emicranie persistenti per giorni e, stando a contatto con lui, la Senju scoprì di avere una pazienza superiore a quella che immaginava. Nonostante ciò, la sua calma non era infinita e si faceva perciò portare una tazza di tè da Shizune, la sua assistente, ogniqualvolta vedeva quella zazzera bionda; che poi fosse corretto con massicce dosi di Sakè non era importante.
“Buongiorno nonna!” Disse Naruto tutto contento di poterla rivedere ancora.
Si fiondò subito sulla cattedra e abbracciò Tsunade, che aveva iniziato a contare fino a dieci. Shizune aveva detto che era un buon modo per calmarsi e per riprendere razionalità.
Lei arrivata al tre smise di contare e gli diede un pugno in testa: quel moccioso non sapeva tenere le distanze.
“Che diavolo ti è saltato in mente, eh? E cosa ci fai ancora qui?!”
La vena che pulsava sulla sua tempia convinse Naruto ad arretrare leggermente, mentre si massaggiava la testa dolorante.
“Sei davvero manesca nonnina! Dovresti calmarti, o finirai col tirare le cuoia prima del tempo!”
“Piccolo insolente! Come ti permetti?”
La nonnina, così come la definiva lui, si stava dirigendo verso di lui, con il chiaro intento di fracassargli tutte le ossa che aveva in corpo. Essere chiamata nonna, per più di una volta, non aveva aiutato a placare il suo animo e, di certo, contare non faceva altro che farle saltare i nervi.
Lei era ancora giovane, aveva un corpo che lo dimostrava!
“Cosa ci fai ancora qui, Naruto?”
Chiese, mentre tentava di non staccargli la testa.
Riuscì ad auto convincersi solo pensando che se lo avesse ucciso avrebbe perso il suo lavoro, restando così senza soldi.
Come avrebbe giocato d’azzardo? Come avrebbe comprato il sakè? Domande amletiche che la convinsero che era meglio non rischiare solo per un mocciosetto del genere.
“Sono venuto a fare la pratica!”
“Co-cosa? Perché, non sei stato bocciato?” Il tono palesava l’incredulità della direttrice dell’autoscuola, che credeva fermamente che Naruto sarebbe stato bocciato.
Non poteva essere possibile! Copiare era impossibile durante gli esami, ma lo era altrettanto che lui si fosse messo a studiare!
La sola idea la faceva ridere.
“Sai che prima di fare la pratica devi passare l’esame di teoria, vero?”
Molto probabilmente aveva fatto confusione con la prassi che bisognava seguire per prendere la patente.
“Ma io l’ho passata!”
Non ci credeva. Aveva passato delle mazzette sottobanco a quelli che supervisionavano l’esame? Le lezioni di teoria le teneva Orochimaru, l’altro amico con cui aveva aperto la scuola, e sapeva che anche lui non vedeva di buon occhio l’Uzumaki, gli riferiva puntualmente che non sapeva neanche distinguere un’auto da un triciclo e più e più volte le aveva ricordato che era una testa vuota, privo di un cervello; erano esilaranti però – doveva ammetterlo! – le imprecazioni che Orochimaru borbottava nella sua direzione e l’esasperazione che rendeva il suo incarnato ancora più pallido, quando lei gli ricordava che era il giorno di teoria e che, sì, il primo banco sarebbe stato occupato proprio da Naruto.
Il solo vedere quella zazzera bionda portava crisi isteriche in quell’edificio. Beh, più aggettivi poco fini e benevoli da parte di Orochimaru.
Più che gli auguri, Tsunade gli porgeva le condoglianze, perché Naruto era un soggetto intrattabile, ecco perché aveva testato la qualità – così aveva detto a Shizune – di una bottiglia di Sakè quando erano finite le lezioni di teoria e sperava di non doverlo più avere tra i piedi.
Quello che la Senju, in quel momento il ritratto della disperazione, non sapeva era che Naruto era un ragazzo che non si arrendeva in nessun a circostanza e che, in caso fosse stato bocciato, sarebbe ritornato per dare un nuovo esame. Caso volle che lo avesse passato, perciò il problema non si poneva.
Per Naruto, s’intende. Il problema per la direttrice c’era eccome: i suoi neuroni chiedevano pietà e se lei li sentiva era proprio messa male.
“Quando inizio a guidare? Eh?”
L’esagitato Naruto attendeva una risposta alla povera Tsunade, convinta che non sarebbe bastato né il tè corretto al sakè né il sakè corretto al tè. Quell’essere che la osservava con un sorriso a trentadue denti sarebbe divenuto il suo motivo ufficiale per andare in pensione.
“Inizia con il darti una calmata, Uzumaki!”
“Certo, certo, nonnina! Sai che l’alcol fa male agli anziani?” Disse, facendo riferimento alla bottiglia di sakè che sporgeva dal cassetto.
La Senju mise una mano sulla faccia di Naruto e lo spinse lontano dalla suddetta bottiglia, che si era sporto per prendere; ci mancava solo che lo facesse sapere in giro, mandando a rotoli la sua immagine di dirigente eccelsa e diligente.
Fece ricorso a tutta la calma che le conferiva la prospettiva di quella scorta di sacra bevanda e non strozzò il ragazzo, che si massaggiava il naso dolorante.
Sorvolò caritatevolmente anche sul ‘vecchia’, che aveva fatto si che la vena già pulsante sulla sua tempia si sdoppiasse.
“Porta rispetto, moccioso! O ti boccio io!”
La minaccia era più che reale e Naruto non si azzardò ad aprire nuovamente la bocca. Doveva passare quell’esame o, perlomeno, fare almeno una guida.
Non volendo passare un minuto di più con quel ragazzetto che le aveva fatto saltare i nervi più in fretta di Jiraya, si apprestò ad andare a chiamare proprio Jiraya, che si sarebbe caricato il fardello di mettere quel pericolo si strada.
Non sapeva esattamente se sarebbe stata una buona cosa dare la patente a uno come lui – un soggetto imprudente anche a piedi o fermo –, ma magari c’era speranza. Gli concedeva la possibilità di fare la pratica solo perché, nonostante tutti i casini e le stupidaggini di cui si era macchiato durante la teoria, aveva dimostrato di essere un ragazzo molto tenace.
Che vi fosse una ragazza dietro?, dedusse con un sorriso, mentre spalancava la porta.
“Razza di deficiente! Smetti di leggere quelle porcate improponibili al genere umano e vai a fare le lezioni!”
Il sorriso si trasformò in un ringhio e lo sbalzo repentino di umore accentuava solo l’opinione comune che quella donna era pericolosa. Aveva dei seri disturbi della personalità, ma nessuno si accingeva a farglielo presente, giacche la loro speranza era di campare per ancora un po’ di tempo.
“Quali lezioni? Con chi?” Chiese il fantomatico Jiraya, che tentava di nascondere il libro nella tasca dei pantaloni – troppo piccola, per altro –, spaventato che Tsunade potesse fargli fare la stessa fine dell’ultima volta in cui lo aveva trovato immerso nella lettura per accrescere il suo sapere.
“Naruto Uzumaki.” Aggiunse con un ghigno, sapendo che quei due avrebbero passato davvero dei bellissimi pomeriggi.
“E metti via quel libro, idiota!”

***

Erano riusciti ad entrare nell’auto, ma i battibecchi – e che continuavano ancora in quel momento – avevano avuto inizio ben prima. La constatazione che Naruto aveva prontamente esposto al mondo sui capelli di quello che lui stesso aveva definito un vecchio che avrebbe tirato le cuoia prima di arrivare alla macchina, era stata sufficiente per dar fuoco alla miccia che ora si stava consumando a suon di insulti tra i due.
I ‘salve’ e ‘buongiorno’ della buona educazione non li avevano neanche considerati.
Il fatto che Naruto aveva tralasciato i suoi commenti sui segni che vi erano sulla faccia dell’uomo era stata una mossa più che saggia.
“Senti vecchietto, io non ho mai messo mano in una macchina!”
“Primo, forse non ci hai messo piede! Secondo, non mi chiamo vecchietto ma Jiraya! Capito, razza di rana gialla?!”
Quel ragazzo aveva l’innata dote di far esasperare anche un santo o la persona più apatica sul globo; questo spiegava la nevrosi che aveva colto il povero Orochimaru.
“Uffa! Dimmi come si fa!”
Naruto batté le mani sul volante da bravo interlocutore pacato e tranquillo, facendo suonare il clacson ad intermittenza.
Risultato? Tsunade era uscita, richiamata dal fracasso, ed aveva urlato contro i due, mettendo in fuga i passanti che erano incappati davanti al garage dell’autoscuola Sennin proprio durante una delle sfuriate di quella calma donna che prendeva il nome di Tsunade.
“Ora andate a guidare, lontano da qui!”
“Ma Tsunade io...”
“Ho detto andate a guidare!” Con uno sguardo che avrebbe spaventato anche un morto, fece impallidire il coraggioso – come così si auto decantava – Jiraya, che mise in moto la macchina al posto di Naruto e s’impossessò del volante, allontanandosi da quella donna demoniaca.
Riuscì solo ad uscire fuori dal cancello, dal momento che non era molto comodo guidare dalla sua postazione. Si fermò nel spiazzale proprio davanti all’autoscuola e osservò interrogativo Naruto, che ricambiava, se non in modo più confuso, lo sguardo.
“Allora? Guida!”
“Ti ho detto che non so guidare!”
“Allora cosa ci fai qui?!”
“Devo imparare!”
Quella conversazione a senso unico, ingaggiabile solo da due esemplari come loro, continuò a lungo e attirò l’attenzione dei passanti che non capivano bene perché due uomini si fossero presi per i capelli.
“Allora, vuoi mettere almeno in moto?” Tentò invano di far fare qualcosa di costruttivo a quello che doveva essere il suo allievo, ma continuava a sostenere imperterrito che non ne era capace.
“Dovrai pur imparare, no?!”
Guardò l’orologio sul cruscotto: erano già le tre. Quel ragazzo non capiva che gli stava facendo sprecare del tempo prezioso che avrebbe potuto usare per leggere quell’affascinante documentario sul gentil sesso?
I giovani d’oggi non capivano proprio quali erano le necessità.
Sospirò e si arrese all’evidenza, ovvero che quelle guide sarebbero diventate un vero calvario. “Cosa ne dici di iniziare a mettere la chiave?”
Magari se fossero giunti ad un compromesso avrebbe potuto mettere prima le mani su quel libro che ora giaceva solo nel porta oggetti dal lato del passeggero.
“Dove?”
“Ma tu dove sei quando tuo padre o tua madre avviano la macchina?! Dormi?”
“Beh, io almeno non guardo il di dietro dei passanti!” Commentò piccato, punto nel vivo.
Jiraya si ravvide sull’opinione che aveva di Naruto: aveva spirito di osservazione. Anche troppo se avevano notato quel... particolare.
“Guarda che io non guardo un bel niente!”
“Sei solo un pervertito! Un eremita pervertito!”
“Perché proprio ‘eremita’?” Chiese sorpreso.
Da dove lo aveva tirato fuori?
“C’è scritto sulla tua maglia!” Disse, piantando il dito sulla scritta con un sorriso a trentadue denti. La scritta recitava: ‘The Hermit is back!’.
Forse quel ragazzo non era proprio un idiota completo, ci sarebbero potute essere possibilità che andassero d’accordo.
Certo, quando avrebbe tolto anche il ‘pervertito’ dal nomignolo che gli aveva affibbiato, che in quel momento stava cantilenando con un sorriso sornione di uno che la sa lunga.
Sarebbero andati d’accordo, un giorno, che però, andando di quel passo, non sarebbe stato molto vicino.

***

Neanche Naruto riusciva a credere di essere riuscito a mettere in moto la macchina, per lui era già un traguardo importante, tanto che, poco importante se il motore era spirato pochi secondi dopo, credeva che la lezione per quel giorno fosse già finita e che potesse segnare quell’ameno progresso sul calendario.
Jiraya aveva ammesso candidamente che non aveva idea di come quello stolto avesse fatto a far spegnere il motore e gli aveva detto, rattristato da quella consapevolezza, che non era ancora finita. A discapito di quello che pensava Jiraya, Naruto ne rimase ancora più felice, raggiante del fatto che avrebbe avuto più cose da segnare sul calendario.
L’eremita si chiese, premurandosi però di non dare voce ai suoi dubbi, quanto fosse grande quel benedetto calendario, certo che alla fine di quella giornata ci avrebbe annotato sopra anche che si era riuscito ad allacciare la cintura.
Perché sarebbe finita, vero?
Quella domanda ebbe una mezza risposta pochi minuti dopo il fausto evento dell’accensione dell’auto, ovvero quando Naruto si decise ad usare quelle cose che erano note ai più come pedali. Jiraya ringraziò tutti gli dei che conosceva, per il fatto che le macchine dell’autoscuola avessero acceleratore e freno anche dal lato del passeggero.
Tralasciando tranquillamente il fatto che non sapeva distinguere il freno dal cambio, il che era grave, Naruto, preso dall’euforia dell’accensione del motore, si lanciò spedito sulla strada, affidandosi alla sorte per quanto riguardava i pedali.
Premette candidamente – ovvero rischiando di far uscire il piede fuori dall’auto – il piede sul primo pedale che gli era capitato, caso volle l’acceleratore, e partì. Teneva le mani sul volante, ma non lo girava in modo da andare nella corsia giusta, infatti, andando dritto, si ritrovò in meno di un secondo nell’altra corsia.
Jiraya premette immediatamente il freno, per evitare che quel mitomane procedesse oltre, cercando di non farsi prendere dal panico, dal momento che avevano invaso l’altra corsia e la possibilità che una macchina sbattesse contro la loro era molto alta.
Troppo alta.
L’uomo non si era mai ritenuto un grandissimo sportivo, ma di certo non sentiva gli acciacchi della vecchiaia nonostante fosse intorno alla cinquantina: fatto restava che la carriera da contorsionista o da ginnico a livello agonistico non lo aveva mai allettato e non si sapeva spiegare neanche lui come avesse fatto per fare retromarcia e riportare l’auto nello stesso posto da cui era partita.
“Sei un deficiente! Volevi farci morire entrambi? Non so tu, ma io questa sera a casa ci voglio tornare!”
“Ma di cosa ti preoccupi! Avevo tutto sotto controllo!” Disse Naruto, che non capiva dove fosse il problema.
Già, dov’era? L’eremita pervertito si riferiva forse al camion che stava arrivando ad una velocità opinabile? Oppure alle altre macchine che di certo avrebbero fatto qualche danno, come ad esempio un bel viaggetto all’ospedale?
Era tutto sotto controllo, suvvia! Era Jiraya che esagerava.
“E tu vorresti prendere la patente?”
“Ovvio! Se no chi lo sente il capellone!” La libertà che si prendeva nel chiamare quello che sperava ardentemente sarebbe diventato suo cognato, se la attribuiva solo quando non era presente, altrimenti Hinata l’avrebbe rivista solo dall’alto dei cieli.
“Senti, perché prima non impari quali sono i pedali? Potrebbe tornarti utile come informazione.”
Disse in tono falsamente complice, sperando che quella testa vuota avrebbe contribuito a procedere con quella – disastrosa – lezione di guida.
E non si erano ancora mossi!, pensò, cercando di autoimporsi che chiudersi la testa nel finestrino automatico non sarebbe stato utile.
“Questo cos’è?” Chiese l’Uzumaki, già pronto a sapere tutto su quei pedali che lo avrebbero portato lontano.
Se continuava così, però, lo avrebbero portato solo all’ospedale o al cimitero.
“Quella...” E fece segno al primo pedale vicino alla portiera “... è la frizione.”
“Mmh.”
“Quello dopo è il freno, capito? Serve per frenare!”
“Lo so, non sono scemo!”
“Fino ad ora mi hai dato la dimostrazione del contrario!”
“Porco!”
“Girino!”
“E secondo te quello è un insulto?” Chiese, sorpreso da quella sua uscita.
“Smettila di interrompermi! L’ultimo è l’acceleratore.”
Erano solo – o già, dipendeva dai punti di vista – le tre e un quarto e fino a quel momento sapeva solo dov’erano i pedali.
Dopo che Naruto si era destreggiato a ripetere a memoria l’ordine dei suddetti, azzardarono a fare una guida di prova, anche se la prospettiva non era molto appagante.
Onde evitare di sfidare una sorte che non voleva essere benevola con loro, Jiraya guidò la macchina in un parcheggio vuoto perché, anche con tutta la buona volontà, mettere Naruto su strada, nonostante qualcosa di teoria sapesse, era davvero un suicidio e denotava che era masochista.
Molto.
Gli fece eseguire un paio di guide, che consistevano nel percorrere lo spiazzale in tondo, in modo che prendesse dimestichezza con i pedali e con l’auto in generale.
Sorvolarono entrambi quando la macchina si spense e, nel tentativo di riaccenderla, procedette a sbalzi fino a perire nuovamente. Finalmente ce la fece e Jiraya fece il grande passo, ovvero lo mise su strada.
Era forse una sua impressione o il cielo si era oscurato? Era un cattivo presagio forse? Prese in considerazione la possibilità di leggere il futuro nelle viscere d’uccello, ma non si fidava a lasciare da solo Naruto nella macchina. Rabbrividì al solo pensarci.
Inghiottì a vuoto e maledisse Tsunade mentalmente: non poteva proporre a lui e a Orochimaru di aprire delle terme? Lì si che avrebbe avuto da fare, con tutte quelle ricerche, la possibilità di usare quel cannocchiale che aveva comparto nella speranza di poter...
“Allora? Che strada prendo, eremita dei miei stivali?” Uno spazientito Naruto lo distolse dai suoi viaggi mentali che lo vedevano protagonista del suo Harem personale.
Non aveva più dubbi: quel ragazzo era il ritratto dell’idiozia.
“Dove vuoi andare? La strada è lì!”
L’Uzumaki osservò attentamente, con lo sguardo inquisitorio, e Jiraya si chiedeva cosa passasse nella mente di quel moccioso.
“Stavi pensando a delle porcate, vero?” Naruto gongolava per la sua brillante osservazione e Jiraya si tratteneva dal mettergli la testa nel motore.
“Idiota!”
Quel ragazzo era intelligente solo per le stupidaggini, incredibile.

***

Jiraya si era già trovato la morte di fronte una volta, che gli faceva ‘ciao, vieni con me!’, con tanto di sbatacchiamento della falce davanti, quando Naruto aveva inchiodato di colpo, fortunatamente non avendo macchine al seguito, e aveva iniziato a indicare convulsamente qualcosa per strada con un’espressione tra l’ebete... e l’ebete.
“Hai per caso una crisi, Naruto?”
Si chiese se non fosse il caso di chiamare un’agenzia di pompe funebri o, nel peggiore dei casi, l’ospedale. Certo, se fosse crepato, avrebbe dovuto convivere con un po’ di rimorsi di coscienza e con i morsi di Tsunade che lo avrebbe ucciso in tal modo, ma era sopportabile in cambio del risultato che ne otteneva.
“C’è un gatto nero! Ha attraversato la strada!”
Perfetto, si trovava tra le mani un cretino superstizioso. Non chiedeva di meglio.
“Da piccolo ho sempre voluto un gatto nero! Anche papà lo voleva, ma mamma diceva che avrei finito con il farlo morire di crepacuore!” Aggiunse con aria pensierosa e smentendo le ipotesi sulla sua presunta superstiziosità formulate da Jiraya.
Chissà come mai la madre non voleva prendere un gatto. Avrebbe potuto decidere di tenere il gatto e cacciare Naruto; Jiraya non avrebbe mai capito quella cosa che ai più è nota come affetto materno.
Bah.
“E perciò?!”
“Voglio andarlo a prendere!”
“Ma se hai detto che tua madre non lo vuole!” Quel ragazzo era contorto e senza senso e si rifiutava di comprendere cosa vi era dietro i suoi ragionamenti.
“Sì, ma se mi vede arrivare con un gatto non potrà mandarlo via!” Logica che non teneva se sua madre fosse stata Tsunade, se suo padre fosse stato lui e se suo zio fosse stato Orochimaru.
Ringraziò il cielo che niente di tutto quello che aveva pensato fosse vero o sarebbe morto lui di crepacuore, non il gatto.
“Sì, ma poi tua madre ti dirà che è scomparso e che non tornerà più, ma in realtà lo ha chiuso nella lavatrice e la carne che mangerai quel giorno sarà sua!”
Jiraya premette sull’acceleratore del suo lato e Naruto fu costretto a riprendere la guida.
“Sei macabro, pervertito!”
“Tutto talento ragazzo mio, talento!”
E Jiraya si vantava delle sue doti da feticista di libri horror e Naruto guidava.
Tutto procedeva tranquillo, no?
“Oh, un altro gatto nero!”
“Guarda la strada!”

***

“Tu sai cos’è la forza di gravità, moccioso?”
Jiraya non sapeva più a che angolo della macchina tenersi. Naruto sfidava la forza di gravità, facendo delle curve che rischiavano di farlo finire fuori dal finestrino; evidentemente non aveva colto la differenza tra rally illegale e una semplice guida.
Quando aveva visto una vecchietta tenersi il cuore convulsamente al passaggio di Naruto aveva intuito che forse aveva sbagliato a dirgli di andare a sessanta in una strada il cui limite era trenta, ma ormai quell’idiota aveva preso mano con le marce – piuttosto velocemente, per altro – e di rallentare non ne voleva sapere. Pensava che sarebbe stato un po’ più giudizioso, ma di saggio quel ragazzo non aveva un bel niente.
Naruto era davvero un pericolo per la società, non solo per le strade di Konoha o, al volersi allargare, per quelle di Suna.
“Guarda che sono maggiorenne!”
“Cosa c’entra, io ho...”
“Sì, sì, novanta anni e prendi la pensione, lo sapevamo!”
“Idiota! Ne ho solo cinquanta! E poi anche se sono maggiorenne non guido come uno psicopatico!”
Jiraya era prossimo ad una crisi di nervi e Naruto di certo non era d’aiuto. Vederlo con una sola mano sul volante, mentre la macchina era in precaria stabilità non aiutava, no.
“Metti le mani sul volante!”
“Guarda che sono sul volante, vedi?” Così dicendo, staccò ambo le mani da quel volante, che l’eremita voleva fargli ingoiare, e gliele sventolò davanti.
“Metti le mani sul volante, idiot... Ah! Il muro, il muro!”
Troppo tardi: la macchina era in rotta verso il muretto di recinzione di una casa e il vano tentativo di Naruto di riprenderne il controllo fu inutile.
Fortunatamente riuscì a frenare e, nonostante l’azione di salvataggio che rischiò di farli diventare un tutt’uno con il parabrezza, riuscì a fare in modo che l’auto cozzasse solo leggermente con il muro. Appena scampato un incidente, per non dire la morte, Jiraya si ritrovò a sperare che la sua dipartita non avvenisse per mano d’altri, ovvero di Tsunade: aveva danneggiato l’auto e per lei anche un graffio era da pena capitale.
“Bene, non sei riuscito ad uccidermi tu e lo farà Tsunade, perfetto!”
Almeno non avrebbe dovuto preoccuparsi che gli sarebbero venuti i capelli bianchi con tutte le guide che doveva fare con quello sciagurato.
“Oh, dai! È solo un graffietto!”
Jiraya ebbe una voglia tremenda di strangolarlo o, perlomeno, di fargli molto male, ma la sua giornataccia era appena iniziata e non poteva non avere altre conseguenze il fatto che avesse messo Naruto al volante.
Una donna dai capelli viola scuro uscì dalla casa che aveva avuto un incontro ravvicinato con l’auto grigio metallizzata e non sembrava molto felice.
Jiraya mise da parte il suo ingegno, che secondo il parere di una buona parte di persone non era molto, e si lasciò trasportare dal suo animo di ricercatore e studioso di arti assai discutibili.
Sporse la testa dal finestrino mentre Naruto osservava con fare critico la scena. Credeva di poterla rimorchiare così? Non aveva fatto caso al fatto che sembrava tutt’altro che propensa a lanciarsi in una discussione con lui? Preferì non intervenire.
“Salve signorina! Sa che è davvero carina?”
“Perché non porta suo figlio a guidare da un’altra parte?!”
La donna non doveva aver apprezzato il commento e neanche il fatto che Jiraya la stesse squadrando dall’alto in basso con la bava alla bocca.
Naruto masticò un ’porco’ e intervenne, per evitare che un uomo di quell’età facesse una figura del genere.
“Che ne dice se usciamo insieme? Sa, avrei degli studi da portare a termine e lei mi sarebbe di grande aiut...”
L’Uzumaki si buttò addosso a Jiraya e si sporse fuori dal finestrino, tenendo abbassata quella testa bianca che in quel momento non sembrava avere nessuna funzione cerebrale.
“Lo scusi. Sa, mio padre ha qualche problema al cervello che non gli permette di pensare cose sensate, per questo ha fatto apprezzamenti su di lei. Non che non siano veri, eh!” Aggiunse, vedendo che la donna stava partendo in quarta per scuoiarlo vivo.
“Sì, è anche un porco, non lo nego, ma è anche uno psicopatico. La prego, lo perdoni... Ah! Non mordermi la mano!”
“Tu alzati da sopra di me!”
La donna, notando la scena, non ci pensò due volte e se ne tornò dentro, sperando che se ne andassero.
Li aveva presi per due idioti e non si era sbagliata di troppo, anche perché in quel preciso istante non si stavano di certo prodigando per smentire le sue convinzioni. “Lasciami la mano!”
“Molla i capelli, idiota!”
Quando ebbero finito di dare sfogo a tutta lo loro stupidità, la guida riprese, ma non prima che Jiraya riportasse l’auto sulla strada. Già era tanto se sapeva dov’era il volante, fare retromarcia era troppo presto.
Questa volta la velocità non superava i quaranta kilometri orari e Naruto stava attento a dove andava, tenendo le mani sul volante e non altrove. Quel fatto rincuorò non poco Jiraya, che smise di maledire Tsunade, per avergli offerto quel lavoro, e se stesso, per averlo accettato. Non era di certo colpa sua però, certo che no. Quando aveva accolto l’offerta, pensava che avrebbero voluto prendere la patente tutte belle donne, ma si era, evidentemente, sbagliato. Poteva dilettarsi nel tempo libero a spiare Tsunade, ma il più delle volte si rivelava un’impresa dolorosa e poco proficua. Era anche riuscito a non investire nessuno e quello era sicuramente un passo avanti rilevante.
“Visto pervertito? Ce la sto facendo!” Disse Naruto felice, voltandosi verso Jiraya, tutto fiero di se stesso. Tolse anche le mani dal volante per un attimo in preda all’entusiasmo, ma ricordandosi cos’era successo poco prima le rimise all’istante dove dovevano stare.
“Deficiente, guarda la strada!”
“Guarda che siamo fermi ad un semaforo! Devi calmarti, o ti verrà un infarto. Per guardare il sedere alle ragazze però sei tranquillo!”
“Io non guardo proprio un bel niente!”
Proprio in quel momento, mentre tentava di far ricredere il ragazzo sull’opinione che, volente o nolente, aveva di lui, il tentativo fu mandato a monte da lui stesso.
Una ragazza dai capelli biondi stava camminando sul marciapiede, ascoltando l’mp3, ignara del pericolo che si celava nell’auto a poca distanza da lei.
Da bravo Don Giovanni o ricercatore di informazioni qual era, Jiraya abbassò il finestrino e prese a chiamare la ragazza.
“Ma sei un maiale! Potrebbe essere tua figlia!” Disse indignato Naruto, se non proprio schifato. Perché gli era capitato un istruttore pervertito e mentecatto?
Beh, non che a Jiraya fosse andata meglio.
Dopo aver attirato l’attenzione della poveretta, che si era avvicinata titubante all’auto, il semaforo era divenuto verde per la gioia di Naruto, che si apprestò a partire.
“Fermo dove sei o ti boccio ancora prima di farti sostenere l’esame!”
Quando si trattava di affari importanti, anche Jiraya sapeva imporre la sua autorità e lo sguardo che accompagnò a quell’ordine ricordarono in modo spaventoso a Naruto la faccia del suo professore di chimica, Tenzo.
Inghiottì a vuoto, ma non avrebbe lasciato che facesse il donnaiolo proprio mentre stava facendo la sua prima lezione di guida.
“Che ne dice di uscire con me?”
Jiraya ormai aveva lasciato con la mente l’auto, infatti viaggiava a vele spiegate verso il suo Harem personale, estraneo alla presenza di gente che lo osservava sbavare dall’auto e della ragazza che era rossa dalla vergogna e che minacciava di perdere la pazienza.
L’eremita continuava a sproloquiare e la ragazza non sapeva cosa fare; le macchine in coda dietro a quella metallizzata dell’autoscuola Sennin suonavano il clacson infastiditi e poi tentavano sorpassi di fortuna, cercando di evitare di fare incidenti. Naruto, intanto, blaterava ‘gomen’ in una mantra rivolta agli automobilisti a cui intralciava il percorso e si chiedeva se non ci fosse un altro uomo che potesse fargli le lezioni.
In quel momento la giornata di quel povero vecchietto pervertito non sarebbe potuta andare peggio, in quanto arrivò il ragazzo della giovane che stava importunando. La corporatura del tale non incusse molta sicurezza a Jiraya, che prese a strattonare Naruto per il braccio pallido come un cencio.
“Vai, vai! Vai!”
Naruto non se lo fece ripetere due volte e premette sull’acceleratore, rischiando di far fare un incidente alle macchine dietro di lui che si apprestavano al sorpasso.
Guidò fino a che non fu sicuro di essere abbastanza lontano da quel semaforo e poi si fermò nella prima piazzola che trovò.
“Fiu! L’abbiamo scampata bella!”
Jiraya era fiero di se stesso per aver salvato la pelle ad entrambi, ma Naruto non era dello stesso avviso.
“Guarda in che casini mi metti vecchiaccio! Devi per forza provarci con tutte le ragazze che vedi per strada?!”
“Mi servono informazioni per le mie ricerche! Come credi che il mondo vada avanti?”
Anche se dubitava altamente che l’andamento del mondo si basasse su riviste porno e giornaletti Hentai, Naruto si girò offeso dall’altro lato e fissò il finestrino in chiaro segno di protesta. “Che fai ora?”
Naruto non rispose.
“Bene! Non fare niente!”
Jiraya, da bravo uomo maturo qual era, si girò a sua volta verso il suo finestrino e nessuno dei due disse niente.
Seguirono solo degli sbuffi e infine Naruto prese in mano la situazione e partì nuovamente. Meglio non sprecare tempo importante, in fondo la guida non sarebbe stata eterna.
“Dove devo andare, pervertito?” Chiese, non sapendo che strada prendere, dove fosse e se stesse facendo qualcosa di sbagliato.
Jiraya non rispose e Naruto, arrivato ad una rotonda, prese a farla in cerchio più e più volte, nel chiaro tentativo di infastidirlo, fino a che l’eremita stesso non diede segni di vita.
“Vuoi smetterla? Mi fai venire il voltastomaco!”
“Tu allora parla, porco di un eremita!”
“Moccioso!”
“Girino!”
“Smettila con questi insulti tarocchi!”
E i battibecchi ripresero a riempire il silenzio di quell’auto, mentre Naruto eseguiva in tondo quella rotonda.

***

Jiraya non sapeva esattamente come, ma stava scendendo da quell’auto e lo stava facendo davanti all’autoscuola, perciò come non era poi così importante.
Si resse alla carrozzeria e sperò con tutto se stesso che la prossima guida non la facesse con lui o, in caso fosse lui il designato a quell’ingrato compito, che la morte lo cogliesse nei giorni seguenti. O che Tsunade lo beccasse mentre leggeva uno dei suoi giornaletti, tanto sarebbe morto comunque. “Allora eremita pervertito, a quando la prossima guida? Domani? Dopodomani? Io sono sempre disponibile!”
Non poteva credere a quanto riuscisse a trovare quel sorriso tanto irritante. Perché voleva così assiduamente la sua morte? Che cosa aveva fatto di male? In fondo aveva solo tentato di scambiare quattro chiacchiere con qualche bella ragazza ai semafori, niente di più.
“Come sono andato?” Naruto continuava a sorridere e a rivolgersi a Jiraya che si chiedeva se non ci fosse un posto libero come ricercatore di rane.
“Questa guida è stata un disastro!”
Naruto gli fece la linguaccia e Jiraya non si risparmiò dal fare lo stesso.
“Jiraya! Quanto tempo!”
Quella voce gli era familiare, ma non riusciva ad abbinarvi un volto; si voltò verso la fonte e si ritrovò davanti all’ultima persona che credeva di incontrare.
Minato Namikaze.
“Minato! Sei davvero tu? Quanto tempo!” Così dicendo si portò da lui per stringere la mano a colui che tempo addietro era stato un suo allievo sempre per quanto riguardava le guide.
Anche lui lo aveva fatto dannare non poco.
In effetti...
“Papà! Quanto tempo!”
Naruto prese ed andò ad abbracciare il padre che si chiese perché quei due sembrassero così strani. Jiraya era impallidito e il figlio lo stava strangolando in un abbraccio. Quando gli era venuta la felice idea di passare a prendere suo figlio tornando dal lavoro non pensava che avrebbe trovato un polipo e il cadavere di quello che un tempo era stato il suo istruttore.
“C-cosa?! Questo qui è tuo figlio Namikaze?”
“Oh, devi avergli fatto una lezione di guida! Anche quando ho fatto io la prima guida ne eri uscito così Jiraya?” Rispose, grattandosi imbarazzato la zazzera bionda che era la fotocopia di quella del figlio.
“No! Perché hai procreato?! Come te ne bastava uno, tuo figlio è anche peggio!”
E mentre Jiraya prediceva l’apocalisse made in Namikaze e Uzumaki, Minato chiedeva a Naruto cosa fosse successo tanto da far diventare più bianchi i capelli di quel povero uomo.
“È un porco!” Disse, riassumendo la disastrosa guida in tre parole.
“Ah, allora non è cambiato.”

***

Un uomo sulla cinquantina aspettava sulla porta di una grande villa, in attesa che il padrone di casa lo ricevesse. Era una questione di massima urgenza, non poteva lasciare che scorresse un minuto in più.
Non potette negare che quella casa fosse enorme, ma era già da molto che aspettava.
“S-salve...”
Un bella ragazza dai capelli indaco osservava Jiraya dalla scala, chiedendosi chi potesse essere. Non lo aveva mai visto e non le risultava che fosse uno degli amici di suo padre.
“Oh, salve signorina! Lei deve essere...”
“Lei deve essere Jiraya. Hinata, torna pure in camera tua.”
Hiashi Hyuuga comparve alle spalle della ragazza di Naruto e le fece cenno di tornare su, senza ammissione di replica.
Quando Naruto gli aveva detto perché ci teneva tanto a prendere la patente aveva pensato che fosse un’idiota, giacché avrebbe potuto darsi all’ippica e sarebbe stato anche meglio, ma vedendo la ragazza capiva perché non demordeva tanto facilmente. In effetti, Hinata era davvero una bella ragazza, strano che stesse con uno come Naruto, ma era alquanto evidente che il padre non fosse per niente d’accordo. Doveva ammettere che però Naruto ce la stava mettendo davvero tutta ed era una cosa davvero degna di nota.
Nonostante ciò...
“Che cosa voleva dirmi, signor Jiraya?” Hiashi non aveva idea del perché si trovasse lì e sperava non fosse a causa di quello sciagurato dell’Uzumaki.
Jiraya si chiese il modo in cui dire la mesta verità a quell’uomo, certo che non l’avrebbe presa bene.
“Allora?”
“Per l’incolumità di sua figlia, le compri un autista personale!”
Nello stesso momento, nella stanza fece irruzione Naruto, senza suonare il campanello o far sapere che stava per entrare, e dopo un ‘Oh, ciao, eremita pervertito!’ rivolto a Jiraya e un ‘Salve futuro genero!’ rivolto a Hiashi, si diresse su per le scale dove era appostata Hinata, felice di rivederlo.
Nella sua mente la Hyuuga aggiunse ‘vivo’, ma forse era un po’ troppo melodrammatica.
Ok, poteva anche comprarle un autista privato, ma di certo non si sarebbe riuscito a sbarazzare di Naruto.
Era forse il caso di ricorrere al piano finale?
E mentre tutto si concludeva con serenità, tolta quella di Hiashi che era tutt’altro che felice nel trovarsi davanti alla mielosa scena che vedeva protagonisti Naruto e Hinata abbracciati nel loro Eden dell’amore – destino volle la scala –, Shizune comprava fazzoletti a Tsunade, che il giorno prima aveva starnutito tutto il pomeriggio.
“Secondo lei com’è andata la guida, signorina Tsunade?”
“Mmh... Non lo so, ma quell’imbecille mi ha mandato dietro un bel po’ di maledizioni!”
“Oh, allora non ha il raffreddore!”
Le scorte industriali di fazzoletti non sarebbero servite, no.
Forse sarebbero servite a Hinata al funerale di Naruto, ucciso da Hiashi, ma quella era un’altra storia.

***


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Seconda classificata a parimerito al 'Oh Oh, mi è semblato di vedele un incidente Autoscuola Sennin – Ovvero quando un pericolo è messo su strada – di Black_cherry (sakuchan_94 su Efp)
Grammatica e stile: 9
Originalità: 10
Caratterizzazione dei personaggi: 10
Attinenza al tema: 5
Gradimento personale: 5 punti
Totale: 39

Il tema è espresso alla perfezione: una prima guida con un “l'insegnante” infinitamente divertente, che ti ha dato il massimo dell'originalità. Cioè, quei due sono pericoli pubblici: uno al volante, l'altro per le donne. Oddio, mi hai fatto morire dalle risate.
Hai usato un ottimo stratagemma per convincere Naruto ad andare a scuola guida: Hiashi è un genio, un mito! Francamente, il nostro biondino, me lo sono immaginato così alla guida fin dal primo momento che ho indetto il contest. Mi hai letteralmente letto nel pensiero!
Riassumendo: Naruto, Jiraiya, Tsunade sono IC. Naruto nella sua spensieratezza, ma anche un po' scemenza: dai non ci si può fermare in mezzo alla strada perché vuole prendere il gatto nero XD. Jiraiya mi ha fatto pena, poveretto... io dico che ha perso trent'anni di vita XD. Va beh, scherzi a parte, era proprio lui, leggermente scocciato del suo incarico, i battibecchi con Naruto e Tsunade e il suo spirito porcello innato. Ed infine Tsunade, era decisamente lei. Una fotocopia, complimenti.
Per quanto riguarda la grammatica ho visto qualche errorino di battitura e di leggero accordo, ma nulla di grave. Potevi evitarlo con un'ulteriore lettura. In più, non so se si tratta di un'espressione dialettale – è una mia supposizione –, ma si dice il e nel piazzale, non lo e nello piazzale.
Devo dire però, che hai un buonissimo stile: fluido, chiaro, pulito, ricco di parole ricercate e ben calibrato che ha permesso una lettura piacevolissima e divertente, dove nulla era lasciato al caso, brava.


Oh Mio Dio.
Ho detto tutto!xD
Non ci credo ancora!°° Avevo paura a leggere i risultati proprio perché questa storia non credevo potesse avere un punteggio come questo... invece mi sbagliavo!*__*
Il premio originalità proprio non me lo aspettavo, se proprio pensavo a quello Horror, o quello per la storia più demenziale!xD O demenziale e horror!
Beh, che dire se non che sono felicissima? Credo che sia il modo migliore per descrivermi in questo momento!xD
Beh, tolto questo dato ovvio, passo alla storia: questa shot è collegata ad un’altra storia che avevo scritto sempre per un contest, Elettro... cosa?, ma non siete obbligati a leggerla per poter leggere questa.
Devo ammettere che però non pensavo che sarebbe diventata così lunga... cioè, l’idea sviluppata avrebbe occupato un paio di pagine, ma non credo di aver mai scritto così tanto!°__° Meglio tardi che mai!xD
Basti sapere che c’è sempre Hiashi di mezzo con i suoi piani contorti!xD
Il NaruHina ruleggia, come sempre e, se ci fossi riuscita, avrei voluto mettere anche un accenno SasuSaku, ma non riuscivo a farcelo stare!ç_ç
Spero possiate compatire quelle tre povere anime di Jiraya, Tsunade e Orochimaru perché Naruto gliene ha fatte passare davvero di tutti i colori! Sono perfida, lo so, ma quando ho letto il bando del contest è stato inevitabile pensare ad un’idea del genere!^^
...
Ma quanto sono felice?xD Sì, sono completamente fusa, ma è anche colpa della gita di ieri in cui ho preso tanta di quell’acqua e di quel vento che fra un po’ ero più bagnata io che l’asfalto!_-_
Ne approfitto per fare qui i complimenti sia a Shurei per la velocità che alle altre partecipanti!^^
Spero vi piaccia!^___^
*va via saltellando come una capretta – non quelle di Heidi, eh! [rabbrividisce]*
  
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