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Autore: Miyan    26/08/2005    2 recensioni
La storia è vera... forse leggendola capirete cosa si prova ad essere nella città in cui è accaduto qualcosa di veramente atroce...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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QUANDO UN ANGELO CI PROTEGGE

Quando un angelo ci protegge… quando un angelo mi protegge… o meglio ancora quando un angelo mi ha protetto, ha protetto me e le persone a me care…

Se credete in Dio potete anche pensare che è stato lui stesso a vegliare su di me, oppure che ha mandato un angelo a prendersi cura della mia esistenza… se non ci credete può essere stata la mia buona stella oppure una fortuna sfacciata, pensatela come volete, ma a me piace credere che qualcuno o qualcosa ha vigilato sulla mia vita.

Magari il destino aveva già scritto che non era ancora giunto il mio momento, oppure qualche mio comportamento ha modificato il volere del fato… sta di fatto che ora sono qui, a scrivere…

Non sapete quante volte mi sono domandata cosa avrei fatto nel caso di un rischio imminente, come avrei reagito, cosa avrei provato… e alla fine mi sono trovata in una situazione che mi ha messo davanti alle mie paure, davanti a me stessa.

Ma è meglio cominciare dall’inizio…

22 luglio 2005

Era tutta mattina che mi aggiravo per casa con un sorriso ebete sulla faccia. Continuavo a ridere, a sorridere, a saltare, carica di emozione, di allegria… entro poche ore sarei partita per le vacanze.

Non facevo altro che controllare di non aver dimenticato nulla mentre preparavo la mia valigia, ed ogni volta che inserivo qualcosa all’interno di essa la cancellavo dalla mia lista mentale delle cose da portare… mia grande preoccupazione era di non superare il peso massimo del bagaglio… non mi andava certamente di togliere qualcosa o di pagare un supplemento!!! Più che per i soldi era per la figuraccia che avrei fatto di fronte ai miei amici.

Era la prima volta che partivo per le vacanze estive con qualcuno che non fosse della mia famiglia. Avevo il sangue che pulsava velocemente nelle vene per portare il più ossigeno possibile alla mia testa da cui passavano i pensieri più velocemente del solito.

In tarda mattinata riuscii finalmente a chiudere la valigia. Nel sentire il clic delle chiusure capii che finalmente era fatta. Ma un altro rumore attirò la mia attenzione… il mio cellulare aveva vibrato avvertendomi dell’arrivo di un messaggio…

"Ciao giovane… allora siete partiti? Vi auguro buone vacanze e divertitevi… vedi di non strinarti!"

sorrisi pensando che tutti si erano preoccupati che non mi ustionassi… continuavano a ripetermi se avevo preso la protezione adatta essendo molto bianca di carnagione.

Era il messaggio di un mio compagno di università… avrebbe dovuto venire anche lui con noi ma purtroppo aveva già preso degli impegni improrogabili e quindi la cosa sarebbe passata all’anno successivo.

La mia amica Stella sarebbe passata a casa mia per un quarto all’una. Visto che abitavamo nello stesso paese tanto valeva farsi portare solo da uno dei nostri genitori e farci venire a prendere dai genitori dell’altra. A mezzogiorno e mezza io ero già pronta e facevo avanti ed indietro dal balcone per vedere se la macchina della mia amica varcava il cancello del mio cortile.

In perfetto orario… stranamente… fece il suo ingresso, riconobbi distintamente il rumore del motore. Abbracciai forte mia madre dandole un bacio e dicendole di non preoccuparsi, presi il bagaglio a mano e scesi le scale seguita da mio fratello che ci avrebbe accompagnate e che mi stava portando la valigia.

Nel vederci ci salutammo con i nostri soliti tre baci…

"Ehy, vedo che anche tu hai quel sorriso ebete sulla faccia!"

le dissi riconoscendo sul suo volto la stessa espressione che avevo io.

Salutai sua madre e diedi di nuovo un bacio alla mia che mi aveva seguita in cortile intanto che mio papà caricava le valigie nel baule. Poi salii sul sedile posteriore accanto a lei, davanti mio padre e mio fratello.

Per tutto il viaggio non facemmo altro che chiacchierare e ridere… facevamo congetture su come ci saremmo divertite, ripensammo ai nostri amici che sarebbero dovuti venire con noi immaginando cosa avrebbero potuto combinare… ascoltammo alcune canzoni dal suo lettore cd portatile, il mio era rimasto a casa per paura che si rovinasse in spiaggia con la sabbia.

Arrivammo all’aeroporto che erano quasi le due. Mio padre ci lasciò vicino all’ingresso con le valigie mentre lui e mio fratello cercavano parcheggio.

"Proviamo a sentire se i ragazzi sono già arrivati!"

mi disse Stella.

"Oh, credo che Perla sia già qui visto che i suoi avevano l’aereo a mezzogiorno o sbaglio?"

affermai mentre prendevo il cellulare. Anche i genitori di Perla erano partiti lo stesso giorno, quindi la ragazza aveva atteso all’aeroporto il nostro arrivo per tutte quelle ore.

Composi il numero di telefono di Viola, l’ultima delle quattro ragazze.

"Ciao Marta, siete arrivate?"

mi domandò dall’altro capo della linea.

"Sì, siamo fuori. Stiamo aspettando che mio papà e mio fratello ritornino. Sono andati a parcheggiare. Voi dove siete?"

le chiesi.

"Appena entri ci sono delle sedie sulla destra, non preoccuparti ti vediamo noi. Sono qui con Perla e Flavio…"

mi rispose la ragazza.

"Ok, tra qualche minuto vi raggiungiamo…"

chiusi la telefonata.

Saremmo partiti in cinque, quattro ragazze ed un ragazzo. Ogni qual volta che dicevamo a qualcuno con chi partivamo tutti rimanevano sorpresi che ci fosse solo un uomo… O era sfortunato o super fortunato. Sicuramente la seconda visto che partiva con la sua morosa… Viola… e tre amiche carissime oltre che compagne di studi. E già, frequentavamo tutti la stessa facoltà ed ormai eravamo un gruppo a sé stante con altri due ragazzi che però non sarebbero venuti in vacanza con noi.

Entrammo in aeroporto e ci invase una fiumana di gente, ma degli altri nessuna traccia. Eravamo entrati da un altro ingresso.

"Io vado a cercarli, rimani qui con le valigie ad aspettare i tuoi…"

mi disse Stella per poi sparire in mezzo alla folla.

Dopo qualche minuto, proprio mentre entravano mio papà e mio fratello, Stella mi raggiunse con Flavio.

"Ciao… andiamo, siamo di là… vi porto le valigie…"

propose gentilmente.

"Grazie ma ce la faccio da sola, non è poi così pesante!"

affermai seguendolo.

Passammo in mezzo ad una massa di persone che attendevano di ritirare i biglietti aerei e raggiungemmo la zona di attesa dove Perla, Viola ed i genitori di Flavio ci stavano aspettando. Salutammo tutti ma pochi minuti dopo Viola e Stella partirono per mettersi in coda e ritirare i biglietti per tutti e cinque… e come al solito ne combinarono una delle loro… sbagliarono fila…

Mentre li aspettavamo Perla mi raccontò che la mattina, quando i suoi si erano imbarcati, l’hostess di terra aveva chiesto se anche la bambina sarebbe partita con loro… Perla ormai ci era abituata visto che non era la prima volta che veniva scambiata per una ragazzina anche se in realtà aveva ventun’anni compiuti.

Quando tornarono indietro consegnarono ad ognuno di noi il proprio biglietto, il cartellino da mettere alla valigia con il nome ed un gadget del villaggio in cui saremmo andati.

Mancava poco meno di un’ora all’imbarco. Mio padre e mio fratello mi salutarono e salutarono anche gli altri. Anche i genitori di Flavio se ne andarono raccomandandosi di tenerlo d’occhio. Risposi che glielo avrei tenuto in riga io… visto che io ed il ragazzo, per ridere, bisticciavamo sempre.

Ci mettemmo in fila per imbarcare le valigie e ritirare i biglietti veri e propri con il posto assegnato. Chiedemmo di avere possibilmente i posti vicini visto che su cinque solo in due avevamo già volato, Perla ed io.

Nel vedere la mia valigia che scorreva sul nastro mi prese una strana paranoia… e se non me l’avessero caricata? O meglio ancora se l’avessero messa sull’aereo sbagliato? E se me la rompevano? Oddio la mia valigia!!!

I ragazzi mi presero in giro tutto il tempo per questa mia paura… ma pensate voi come sarebbe stato arrivare in vacanza e non avere nemmeno un vestito tranne che per quelli che si aveva addosso!

Alle quattro ci dirigemmo verso il check in… io fui la prima a passare mettendo il bagaglio a mano sul nastro e passando per quella specie di porta, che come al solito suonò. Guardai il sorvegliante mostrando le mani e facendo vedere che non avevo niente di metallico addosso, ne orologio ne cintura, soltanto gli occhiali da vista. Questo con un cenno del capo mi fece passare e recuperai anche la mia borsa.

Stavo chiacchierando con Perla quando vidi che avevano chiesto a Flavio di aprire il suo zaino perché conteneva delle forbicine e una limetta per le unghie. A lui non risultava visto che poco prima ci aveva assicurato che li aveva messi in valigia… ed invece li trovò in mezzo ai medicinali, nell’astuccio che sua mamma aveva usato poche settimane prima quando era partita per la Grecia. Buttarono gli oggetti ma non ci furono ulteriori problemi, solo il ragazzo che imprecava contro la madre.

Raggiungemmo il gate, se non ricordo male era il numero otto, e la saletta era già piena zeppa di persone che attendevano l’apertura. Ci sedemmo e feci uno squillo agli amici prima di spegnere il cellulare. Non dovemmo aspettare molto, dopo pochi minuti aprirono il cancello e la gente si accalcò per essere tra i primi.

Quando finalmente fu il nostro turno e salimmo sulla navetta Viola mi disse di guardare che stavano caricando le valigie sul velivolo.

"Ma no Marta, non c’è la tua valigia!"

affermò Flavio serissimo. Gli lancia un’occhiataccia.

"Piantala di prendermi in giro. Immaginati come sarebbe arrivare là e non avere la valigia!"

gli dissi rimproverandolo.

"Al massimo ti prestano qualcosa loro… se dovesse accadere a me che mi metto?"

ridemmo tutti nel pesare il ragazzo con un paio di pantaloncini dei nostri che sicuramente non gli sarebbero nemmeno andati bene.

Saliti sull’aereo cercammo i nostri posti. Per casualità io e Flavio eravamo seduti vicini, mentre le tre ragazze erano sedute davanti a noi.

"Non c’è nessuna che farebbe a cambio posto?"

domandò il ragazzo.

"Dai, se rimango in parte a lei mi prende in giro e mi sgrida!"

rincarò la dose.

"E piantala che non ti faccio niente. Zitto e buono!"

dissi ridendo mentre anche gli altri passeggeri si accomodavano.

Sfortuna delle sfortune io ed il ragazzo eravamo proprio nella fila in parte al portellone di emergenza e quindi c’era solamente un oblò minuscolo da cui poter osservare il paesaggio.

Viola e Stella intanto erano tese come due corde di violino.

"Su ragazze, non preoccupatevi… è bellissimo volare. Se vi fischiano le orecchie mandate giù…"

cercavo di rassicurarle.

Ero io quella che continuava a dir loro che non c’erano pericoli, che anche andando in macchina sarebbe potuto succedere qualsiasi cosa, che non rischiavamo nulla.

Mentre il comandante portava l’aereo sulla pista di partenza ci allacciammo le cinture e le hostess ci fecero vedere i giubbotti di salvataggio e ci indicarono le uscite di emergenza. Io le ascoltavo conoscendo a memoria la procedura convinta che tanto non ne avremmo avuto bisogno.

Quando ebbero finito si sedettero ai loro posti e si allacciarono le cinture, pochi minuti e l’aereo prese velocità. Flavio guardava fuori dal finestrino agitato, Viola e Stella se ne stavano rigide con Perla in mezzo che stringeva loro le mani. Io cercavo di vedere dall’oblò sull’altro lato…

Quando ci staccammo da terra vidi Flavio girarsi di colpo e guardare di fronte a lui, pallidissimo.

"Ehy non avrai mica paura?"

lo canzonai subito.

"Sinceramente mi gira un po’ la testa…"

rispose lui il più calmo possibile.

"Ma non eri proprio tu che volevi guardare fuori?"

domandai cercando di far conversazione… ma era meglio lasciar perdere.

Eravamo già stabili da qualche minuto, la rotta era impostata e dei piccoli video davanti a noi ci mostravano il percorso che stavamo facendo. Quando il segnale ce lo permise ci slacciammo le cintura di sicurezza e allora mi sporsi verso Stella che era seduta proprio al sedile davanti al mio, prendendole una mano.

"Allora?"

le domandai.

"A te piacerà pure volare, ma ti posso assicurare che per me non è la stessa cosa.."

mi rispose mente piano piano si rilassava.

Ci portarono da mangiare, devo ammettere che non fu proprio di mio gradimento ma lo trangugiai comunque ben sapendo che saremmo arrivati a destinazione in tarda serata e difficilmente avremmo mangiato.

Misero un film comico da seguire con gli auricolari per passare il tempo del volo. Passabile.

E alla fine venne il momento dell’atterraggio. Per me fu perfetto, quasi non si sentì che le ruote avevano toccato terra. Ancora una volta Stella, Viola e Flavio non gradirono molto la sensazione del cambiamento di pressione, non che a me piacesse ma era un leggero fastidio e niente di più.

In aeroporto ci fecero il visto e poi, dopo aver ritirato le valigie, che fortunatamente erano arrivate, lasciammo il luogo. Degli animatori del villaggio ci stavano aspettando e ci indirizzarono verso il nostro pullman. Seduta al mio posto accesi il cellulare e poco dopo arrivò un messaggio.

"Previste raffiche di vento forte sulla tratta per Sharm… Possibili attentati, guardatevi da persone strane… Volare è pericoloso… E non perdetemi Stella…"

quel cretino di Carlo aveva sempre voglia di scherzare.

Finalmente il pullman si mise in viaggio, una ventina di minuti ed avremmo raggiunto il nostro villaggio, ma dovevamo lasciare anche alcuni ospiti di un villaggio vicino. Mentre completavano le ultime formalità, ossia un braccialetto di colori diversi a seconda del villaggio in cui saremmo andati, una delle animatrici continuava ad urlare cercando di renderci allegri. Ma alle dieci di sera, dopo quattro ore di volo, avevamo solo voglia di riposare.

"Alla mia destra, ossia alla vostra sinistra, potete vedere Nahama Bay, è un po’ come la nostra Rimini. Potete vedere che c’è pieno di gente…"

quasi non la stavo ad ascoltare.

"Ora alla vostra destra potete vedere i negozietti dove comperare i souvenir, mi raccomando di ricordarvi della vostra animatrice preferita…"

sbraitava ancora.

"Sì, come no. Ed io vado a comprarle qualcosa… ma non si può farla smettere?"

mi disse Stella stanca quanto me.

Giunti al villaggio andammo a ritirare le chiavi delle stanze mentre le valigie ce le avrebbero portate loro, bastava mettere un adesivo con il numero della stanza sulla valigia. Applicammo l’adesivo e raggiungemmo la stanza. Era piccola ma confortevole. Io e Perla avremmo diviso la camera, stessa cosa per Viola e Flavio, mentre Stella era da sola, ma noi speravamo che venisse a dormire con noi.

Quando finalmente arrivarono le valigie, sistemammo le nostre cose, ci demmo una rinfrescata e lasciammo le stanze diretti alla piscina. Questa era bellissima e si trovava proprio al centro del piccolo villaggio. Ci sedemmo sui lettini mentre osservavamo che quella sera non c’era molta gente. Infatti erano usciti in molti, diretti alla discoteca nel deserto che tutti dicevano valeva la pena di visitare. Anche noi avevamo ponderato la cosa decidendo che per quella sera eravamo troppo stanchi.

Flavio, nel vedere che le cucine erano aperte anche a quell’ora, andò in avanscoperta. Ci raggiunse dopo pochi minuti con un piatto pieno di fette di pizza e delle patatine. Eravamo in un "all inclusive", ciò significava che potevamo mangiare quello che volevamo senza pagare niente in quanto era già compreso nel prezzo del soggiorno. Stella e Perla intanto erano andate a prendere qualcosa di fresco da bere.

Mentre mangiavamo chiacchieravamo su cosa fare l’indomani. Rimanere in piscina o raggiungere il mare? La spiaggia si trovava ad un centinaio di metri dal nostro villaggio, c’era un pullman navetta che partiva ogni ora e che accompagnava i clienti. Decidemmo di alzarci a metà mattinata e dopo una colazione leggera di andare al mare.

Viola intanto si era tolta le infradito ed aveva provato a sentire com’era l’acqua.

"Ragazzi è calda… che ne dite di fare un bagno?"

propose sorridente. Io declinai l’offerta, avevo appena mangiato e non avevo intenzione di star male la prima sera. Stessa cosa per Stella a cui il volo aereo aveva lasciato un certo malessere. Diedi le chiavi della stanza a Perla che insieme ai due fidanzati andarono a cambiarsi.

Osservai il cielo. Era nero e limpido con qualche stella. L’aria era calda ma non dava fastidio perché una leggera brezza impediva il formarsi della cappa di afa. Pochi minuti dopo i tre ci raggiunsero. Viola fece un tuffo e subito Flavio la raggiunse. Perla lasciò le ciabatte accanto a Stella e a me.

"Siete proprio sicure di non voler venire a fare il bagno?"

ci chiese speranzosa. Sia io che la mia amica le assicurammo che non ne avevamo voglia. Mentre i tre si schizzavano io e Stella chiacchieravamo.

"Ho trovato un messaggio di Carlo… mi ha chiesto di non perderti…"

le dissi sorridente. Lei ed il ragazzo si erano frequentati per un periodo ma la distanza aveva inciso sulla decisione di lasciarsi e di rimanere amici. Anche lei sorrise.

"Piuttosto è lui che è da tenere sottocchio… chissà cosa combinerà in Spagna!"

mi rispose mentre si rannicchiava sulla sdraio attirando le gambe verso di lei.

Mi alzai togliendomi le infradito nere. Mi avvicinai all’acqua e infilai la punta del piede nella piscina. L’acqua era calda e piacevole, me non avevo proprio voglia di andare a cambiarmi. Chi mi conosce bene sa quanto è grande la mia pigrizia.

"Se vuoi fare il bagno anche tu vai pure… non devi rimanere per forza qui a farmi compagnia!"

mi disse la ragazza. Mi voltai verso di lei per risponderle.

"No, no, non ti preoccupare. Non ne ho proprio voglia!"

Stella si attaccò al cellulare rispondendo ad una telefonata da parte di sua mamma che voleva assicurarsi che fossimo arrivati sani e salvi e che stessimo bene.

"… e mamma… ti posso assicurare che non ti piacerebbe volare…"

sorrisi sentendo la frase che la mia amica aveva detto alla madre. Pensare che io adoravo volare…

Guardai l’orologio, era mezzanotte passata, e i miei amici stavano uscendo in quel momento dall’acqua. Corsero subito ad asciugarsi nei loro salviettoni stringendosi ad essi. Rimanemmo ancora qualche minuto a chiacchierare poi ci dirigemmo verso le nostre camere che si trovavano nella casetta numero 29.

Stavamo varcando la soglia quando sentimmo un botto. Ci guardammo incuriositi. Flavio uscì e vide l’uomo di guardia alla recinzione che se ne stava seduto tranquillo.

"Scusi ma cos’era?"

gli domandò in inglese.

"Sta per piovere…"

gli rispose sempre nella stessa lingua. Intanto anche noi l’avevamo raggiunto. Guardammo il cielo che sembrava limpido. Ma chi meglio di un uomo del luogo poteva sapere come si comportava il tempo da loro. Rientrammo un po’ incerti.

"Allora a domani ragazzi…"

ci salutò Stella fermandosi per prima di fronte alla porta della sua stanza.

"Ma Stella vieni a dormire con noi dai!"

le disse Paola. Ma la ragazza non volle sentire ragioni e chiuse la porta dietro di sé. Salutammo Flavio e Viola, e Perla ed io entrammo nella nostra stanza.

Quando uscii dal bagno in pigiama dopo una bella doccia vidi che la mia compagna di stanza aveva acceso la televisione. Prese le cose per cambiarsi e mi disse prima di andare anche lei a lavarsi.

"Prova tu a convincere Stella… non mi va molto a genio che rimanga a dormire da sola!"

presi le chiavi della stanza e bussai alla porta della mia amica. Mentre aspettavo che mi aprisse sentii passare una sirena. Un’ambulanza forse o i vigili del fuoco. Non ci feci molto caso.

"Ehy Marta…"

mi rispose assonnata.

"Dai Stella vieni di là a dormire con noi. Non mi piace che rimani qui da sola… poi non ti senti neanche bene!"

cercai di convincerla.

"Ma è proprio per questo. Non mi va di svegliarvi se devo andare in bagno perché non sto bene. Su, non preoccuparti. Ti prometto che da domani dormo da voi!"

capivo il suo stato d’animo. La salutai e tornai in camera mia. Dissi a Perla che non c’era stato niente da fare. Sperammo che cambiasse idea. Spegnemmo la TV e ci mettemmo a letto a chiacchierare.

Avevamo appena spento la luce quando sentimmo bussare alla porta.

"Vai che Stella si è convinta!"

disse Perla mentre entrambe saltavamo in piedi per andare ad aprirle.

"Ragazze accendete immediatamente la televisione… c’è stato un attentato qui a Sharm…"

ci disse agitata mentre bussava alla porta della camera di Viola e Flavio. Mi precipitai ad accendere il televisore. Prendevamo i canali italiani e su tutti c’era la notizia che erano scoppiate delle bombe in Egitto, a Sharm el Sheik.

"Oh cazzo…"

pensai tra me facendo un respiro profondo. Era proprio sfortuna. Una volta che andavamo in vacanza all’estero… dopo poche ore dall’arrivo…

Flavio e Stella ci raggiunsero in camera nostra mentre Viola era rimasta nella sua a far non so cosa.

"Proviamo a chiedere ai ragazzi qui fuori…"

propose Stella mentre apriva la porta scorrevole che dava sulla piccola veranda della nostra stanza. Alcuni ragazzi erano fermi poco distanti da noi. Lei scavalcò il parapetto e scese nel giardino per parlare con loro. Pochi minuti dopo la nostra stanza venne invasa da una decina di ragazzi.

Intanto anche Viola ci raggiunse. Sembrava, anzi era molto agitata.

"Ho appena sentito mio papà… è molto preoccupato. Spero che mia mamma sia già andata a dormire… e che non la svegli!"

Penso di non averla mai vista con la paura negli occhi. Quella fu la prima volta. Intanto Flavio, che non vedevo con una sigaretta in bocca da molto tempo, ne prese una dal pacchetto di Stella e si sedette sulla veranda insieme a quei ragazzi. Fumava per scaricare la tensione.

Intanto i telegiornali mandavano notizie sempre più preoccupanti. Continuavo a cambiare canale in cerca di informazioni sempre più dettagliate… le bombe erano state molte… un’autobomba nella hall di un hotel… dei morti…

"Spero che i miei rimangano tranquilli e non tornino dalle vacanze…"

disse Perla immaginando i genitori riprendere l’aereo per tornare a casa ed aspettarla nel caso in cui avessimo dovuto tornare in patria.

Dopo qualche ora, quei ragazzi lasciarono la nostra stanza salutandoci. Anche Flavio e Viola tornarono in camera loro per cercare di dormire un po’.

"Vi dispiace se rimango qui…?"

domandò Stella. Le facemmo posto nel grande letto matrimoniale e spegnemmo le luci, ma la televisione rimase accesa tutta notte. Anche noi rimanemmo sveglie… non chiudemmo occhi. L’unico pensiero era quello di avvertire i nostri genitori prima che vedessero i titoli allarmanti dei telegiornali la mattina.

Avevo provato a chiamare mio fratello ma era già andato a dormire. Allora avevo sperato che mia cugina fosse rimasta in giro fino a tardi quel venerdì notte… sfortunatamente non era così. Non potevo azzardarmi a chiamare a casa alle due di notte… a mia madre sarebbe venuto un infarto…

Chiamai la mattina presto, rispose mio padre. Cercai di dirglielo in modo tranquillo…

"Papà se accendi la TV non spaventarti… hanno fatto scoppiare delle bombe qui a Sharm… non preoccuparti noi stiamo bene… dillo anche alla mamma…"

mio padre era tranquillo, mi chiese se stavo bene, lo rassicurai e chiusi la conversazione salutandolo.

Cosa mi passò per la testa in quelle ore? Che ero stata fortunata… ero passata da quei posto poche ore prima… e se fossi andata in discoteca ci avrebbero fatto uscire tutti di corsa per paura di una bomba anche in quel posto.

I miei amici sarebbero volentieri tornati a casa il giorno dopo. Quando mi chiesero cosa avrei fatto io dissi che li avrei seguiti, ma dentro di me pensavo che avremmo anche potuto restare. Avevamo sentito il botto in lontananza e le ambulanze ma non eravamo così vicini altrimenti ci avrebbero detto qualcosa, ma dalla direzione non ci fu detto nulla.

Mi ritrovai a pensare che avevo reagito meglio del previsto. Mi ero immaginata che in una situazione del genere avrei potuto piangere, come aveva fatto Viola ed io l’avrei scoperto il giorno dopo, o aggirarmi agitata per la stanza come Perla e Stella, od essere totalmente tesi come Flavio. Invece ero io quella che rassicurava gli altri pensando razionalmente che se eravamo in pericolo ci avrebbero avvertiti.

L’unica cosa che mi preoccupò fu una questione che avevo lasciato in sospeso a casa. Un amico con cui avevo avuto un’incomprensione e con cui non avevo ancora sistemato le cose. Mi sarebbe dispiaciuto… morire… e non aver messo in chiaro le cose con lui.

Il giorno dopo rimanemmo in piscina tutto il giorno. Gli animatori non sapevano dirci nulla. Gli unici che erano partiti erano quelli che avevano già previsto la partenza per quel giorno e quelli che avevano veramente vissuto sulla loro pelle quella strage. Noi rimanemmo… rimanemmo tutta la settimana, con i genitori che ci chiamavano quattro o cinque volte il primo giorno, ma che poi si rilassarono…

Quante persone avevano chiamato a casa mia quella mattina, con mia madre che li rassicurava che io stavo bene… alcuni amici, i miei parenti, i colleghi di mio padre… gente del paese…

Appena tornata a casa, quando mi vedevano a prendere il pane, o a prendere il giornale, la gente mi domandava…

"Allora com’è andata? Hai avuto paura?"

ed ancora oggi io rispondo con un sorriso…

"Un po’ sì all’inizio, ma ero al sicuro… più che altro ero preoccupata per la mia famiglia…"

Ora non pensiate che io sia in qualche modo "coraggiosa", non lo sono per niente. Ci sono tante cose di cui ho paura, come un esame orale all’università o parlare davanti a tanta gente… ma sono fatta così. Quando c’è stato davvero d’aver paura io sono stata calma… stranamente.

Credo sia dovuto alla mia incoscienza ed ingenuità… e ad un angelo che mi ha protetto con le sue ali!!!

Mi piacerebbe sentire le vostre opinioni a riguardo... Ringrazio anticipatamente chi lascerà un commento...

FINE

  
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