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Autore: Esther    09/05/2010    6 recensioni
Questa è una visita d’addio. Dopo il mancato scontro con i Volturi abbiamo deciso di trasferirci, non è saggio restare a Forks, ed è per questo che ora mi trovo in questa dimora, non più mia da tanto tempo. Non potevo abbandonare il paese senza prima salutare una tra le persone più importante per me, mia madre. I Cullen hanno capito questo mio bisogno e dopo aver preso ogni possibile precauzione, io ed Edward abbiamo raggiunto Phoenix. Siamo arrivati ieri verso l’alba, quando ancora il sole non era alto nel cielo.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Renèe | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questo breve testo ad una Donna.

Non ad una persona qualunque, ma al mio personale Angelo.

A quella figura che mi è rimasta accanto in ogni momento della mia vita.

Durante i miei sorrisi.

Durante i miei bronci ingiustificati.

Durante le mie lacrime.

Durante i miei dubbi e timori.

Perché non è facile capire una figlia, che non sa capire se stessa.







 

Q

uesta è una visita d’addio. Dopo il mancato scontro con i Volturi abbiamo deciso di trasferirci, non è saggio restare a Forks, ed è per questo che ora mi trovo in questa dimora, non più mia da tanto tempo. Non potevo abbandonare il paese senza prima salutare una tra le persone più importante per me, mia madre. I Cullen hanno capito questo mio bisogno e dopo aver preso ogni possibile precauzione, io ed Edward abbiamo raggiunto Phoenix. Siamo arrivati ieri verso l’alba, quando ancora il sole non era alto nel cielo.

Credevo che l’immortalità mi avrebbe cambiato, non ho mai esposto in maniera diretta questa paura segretamente covata. Sin dal momento in cui Edward mi ha confessato la sua vera natura, ho desiderato con tutta me stessa diventare come lui, un vampiro, non per vivere in eterno o per avere qualche capacità straordinaria, ma per potergli stare accanto. Non so come sia successo ma all’improvviso mi sono ritrovata ad essere una ragazza, il cui punto fermo era un giovane, una persona che sin dalla prima volta che ho visto mi ha legata a sé, con qualcosa di ben più forte di catene d’acciaio… l’amore.

Quel sentimento misterioso capace di mutare e spingere le persone a commettere atti che altrimenti non avrebbero mai commesso.

Il pensiero di essere come lui è stato formulato in modo impulsivo, senza che me ne rendessi conto ho cominciato a sperare che fosse possibile, mentre giorno dopo giorno vivevamo questa storia unica.

All’inizio non pensavo alla conseguenze che una eventuale trasformazione mi avrebbe portato, la ragione potrebbe essere ricercata nel mio essere incosciente ma la verità era che non m’importava, ero disposta a tutto pur di diventare la sua compagna.

Appena ho avuto la certezza della trasformazione, ho cominciato a pensare a ciò che avrei perso, come la libertà di camminare tra le vie della mia cittadina, in una giornata di sole, il vedere i miei genitori e cosa fondamentale l'essere umana.

In silenzio ascoltavo i racconti dei miei familiari, vicende diverse li hanno condotti ad essere vampiri eppure ognuna aveva una costante, la perdita della ragione umana. Infatti non appena si aprono gli occhi l’unica ragione di vita diventa il sangue, ogni nostro pensiero e mossa è spinta dalla sete di questo liquido rosso, che provoca in noi uno stato di estasi e bisogno, una dipendenza che copre ogni altra cosa.

Non sarei stata più io.

Non fisicamente.

Non mentalmente.

Un’altra creatura avrebbe preso possesso di me, sarei diventata un corpo sinuoso e perfetto dall’anima cupa e soggiogata dai suoi istinti primordiali.

La consapevolezza di perdere me stessa ha cominciato a farsi sempre più presente, nonostante questo cercavo d’esser forte ma soprattutto di non farlo capire ad Edward, conoscendolo l’avrebbe presa come scusa per farmi restare umana, e non potevo permetterlo. Così sono stata in silenzio e ho cominciato a spingerlo per poter vivere quelle esperienze, che dopo non avrei vissuto allo stesso modo. Le emozioni che l’uomo della mia vita era in grado di trasmettermi erano talmente forti che volevo viverle, e goderne ogni dolore e piacere ne avessi ricavato.    

Quando ancora ero un’umana mi sono ritenuta la persona più fortunata di questo mondo, perché se fossi morta l’avrei fatto con la serenità nel cuore. Ho avuto la fortuna di conoscere l’amore, ho avuto la possibilità di conoscere me stessa, le vicende in cui mi sono ritrovata hanno risvegliato in me alcune parti del mio carattere dormienti.

Mi sono resa conto di possedere un coraggio ed una forza che mai avrei creduto d’avere, diventando a mia volta calcolatrice e sicura, se qualcuno vuole far del male alle persone a cui tengo, non resto immobile ad osservare, mi porto avanti e con le unghie e con i denti difendo i miei cari.

Mi possono colpire, ferire, umiliare, possono fare di me ciò che vogliono, mi possono far subire i dolori più profondi e contro natura, ma non mi piegheranno.

Difenderò sino alla fine la mia famiglia.

Ho scoperto di poter provare quell’emozione che annulla le persone, quel sentimento incondizionato ed infinito che mi ha portato a mettermi al secondo posto, prima di me vengono loro.

Mia figlia.

Mio marito.

In realtà l’immortalità non mi ha reso insensibile, non ha messo un filtro tra me e le emozioni, anzi, è come se si fossero amplificate, percepisco ogni sfumatura lieve o forte che sia.

Sono contenta d’essermi sbagliata, se non fosse stato così, mi sarei persa i primi passi di mia figlia, i suoi sorrisi capaci di scaldarmi dentro. Non ho mai capito la ragione per cui molte madri piangevano per qualsiasi cosa facessero i loro figli, trovavo esagerata questa continua commozione, ora comprendo quelle lacrime simbolo di felicità.

In questo momento mi trovo nella mia vecchia stanza, esattamente accanto al letto sul quale giace una bambina di pochi anni, la sua carnagione è chiara, i suoi capelli si piegano in morbide onde che incorniciano quel volto di porcellana, il suo sonno impedisce di ammirare quegli occhi color cioccolata capaci d’incantare ogni creatura abbia posato lo sguardo su di lei. Del resto, come si fa a non voler bene ad una bambina innocente e pura, senza malignità e macchia ma con una bontà d’animo e un carattere allegro che risuona in ogni luogo la ospiti?

È impossibile resistere.   

Continuo ad ammirare Renesmee, quando all’improvviso un’immagine prende forma nella mia mente, una camera, una cassettiera con un prezioso contenuto. Di scatto mi allontano dal letto, mi volto uscendo dalla cameretta.

Sono impaziente, vorrei correre e trovare ciò che la mia mente ha rievocato, ma con calma apparente mi dirigo verso la camera da letto, non voglio mostrare l’inquietudine che lentamente mi sta facendo ripiombare nell’angoscia.

Nuovi pensieri lugubri vogliono oscurare la luminosità del mio volto, abbasso gli occhi a terra triste.

Anche quando crediamo d’avere tutto, arriva quel momento in cui questa friabile certezza si sgretola, in tanti piccoli pezzetti, trasformandosi in un puzzle che cercheremo di ricomporre senza riuscirci. Più volte le nostre mani toccheranno, mischieranno, faranno coincidere più pezzi di quel puzzle astratto, quasi al termine guarderemo con soddisfazione il nostro lavoro rendendoci conto che ogni pezzo è al suo posto, ma alla fine… quel disegno perfetto sarà caratterizzato da un vuoto.

Manca un pezzo senza il quale nulla ha più senso.   

Varco l’entrata di questa stanza, non mi guardo attorno, so dove ricercare quell’oggetto che può riportarmi indietro nel tempo.

Con movimenti un po’ impacciati apro il cassetto e comincio a tirar fuori il contenuto. Alla fine davanti a me vedo una scatola dalle piccole dimensioni, la prendo con cura e compiendo un passo indietro mi lascio scivolare giù, le ginocchia toccano il pavimento poi mi piego sedendomi, appoggio sulle cosce quel piccolo scrigno che custodisce il mio tesoro.

Lo apro.

Chiudo gli occhi di scatto, stringendoli, sentendomi debole e indifesa di fronte a quel piccolo pezzo di carta.

Mi manca così tanto.

La sofferenza di una persona viene manifestata dalle lacrime, prova indiscussa di tristezza, rabbia, felicità, nei momenti più importanti, sia nel bene che nel male, quelle gocce salate hanno dato prova di ciò che provavo, ora, posso affermare a gran voce che non sono fondamentali. Perché se qualcuno mi vedesse capirebbe, percepirebbe il tormento del mio animo, del mio essere non solo moglie, non solo madre perché prima di tutto sono una figlia.

Non importa il tempo che passerà.

Non importa i traguardi che raggiungerò.

Non importa le persone che mi circonderanno.

La voglio accanto.

Come ogni figlia anch’io voglio essere abbracciata, e sentire quell’amore che solo una madre con la sua sola presenza può dare, quella rassicurazione e forza che ti trasmette con una sola carezza, sfiorando i capelli in un lento movimento.

Apro gli occhi posando il mio sguardo su quella fotografia, che ritrae una bambina capricciosa con un tutù rosa pallido, dalla sua espressione si capisce il suo essere contrariata, il suo non volersi trovare in quel luogo con persone che le spiegano passi come se fosse la cosa più facile da fare, ma, loro non capiscono una cosa altrettanto semplice, per la bambina non è così. Ogni mossa le causa noia ed imbarazzo, un equilibrio del tutto assente la porta a cadere, mentre le sue compagne la fissano come se fosse qualcosa di “strambo”.

Alla fine della lezione, quasi in lacrime, la piccola si precipita da una donna, << Mi dispiace >>, vorrebbe rendere fiera la sua mamma ma non riesce, e così con un’espressione mortificata cerca di trovare il coraggio di dire alla madre che non ci vuole più andare. Preferisce colorare a danzare, una cosa che si fa sedute e non in piedi rischiando di rompersi qualcosa.

Ma non ce n'è bisogno.

Infatti la donna vedendo la sua espressione capisce, le parole erano superflue è bastato un sguardo per rendersi conto e assieme ad un abbraccio è arrivata quella frase tanto aspettata, << Questa è stata la tua ultima lezione, ora torniamo a casa >>, e prendendola per mano escono da quel luogo.

Con questo ricordo un’ondata di nostalgia mi colpisce con forza.

I ricordi sono una delle cose più belle che abbiamo, molte volte mi è capitato di volerli cancellare, altre, come in questo momento, vorrei imprimerli in me ed avere la certezza che non scompariranno mai, ma ho paura che se mi distraggo voleranno via assieme alle sensazioni.

Nostalgia per quei momenti passati che non potrò riavere.

Rimpianto per quei momenti che ho negato ad entrambe.

Mi si stringe il cuore a lasciarti e ad abbandonare questo luogo, in cui abbiamo vissuto, forse, unico testimone della nostra vita, quella reale, quella palpabile e presente.

Quante volte ho deluso le tue aspettative?

Quante volte ho spento con parole dure e cattive il tuo dolce sorriso?

Quante volte sono stata la causa di lacrime e dolore?

Ti chiedo perdono per quelle parole mai pronunciate.

Ti chiedo perdono per non essere come vorresti.

Ti chiedo perdono per il male che ti causerò.

Ti chiedo perdono per il passato, il presente e il futuro, quello non vissuto e che insieme non vivremo.

Ti chiedo perdono per i miei inganni, non ti ho detto tutta la verità, sia da umana che ora da vampira continuo a tenerti nascosta una parte della mia vita. Dentro di me so che capiresti, non mi andresti contro, non mi odieresti per il passo che ho compiuto, forse, all’inizio saresti arrabbiata perché non ti ho reso subito partecipe. Nonostante questo non lo farò, non voglio rischiare di metterti in pericolo. Papà sa, mi rendo conto di non essere corretta nei tuoi confronti ma tu sei qui lontana da tutti, non c’è nessuno che ti difenda come invece accade a lui. Sa ma a quale prezzo, la sua vita è stata stravolta e mai più riavrà la serenità di prima.

Sto male al solo pensiero di non rivederti, al ricordo di quei brevi attimi di pace, sin da piccola ogni cosa ci ha tenute lontane, un carattere troppo forte e diverso, un orgoglio che hai messo da parte per me.

Per una figlia che non è in grado di dimostrarti l’affetto che nutre.

Per una figlia ingrata, che ti ha spinta a chiudere i tuoi sogni in un cassetto che mai più hai riaperto.

Per una figlia che non ti ha mai detto: ti voglio bene.

Per una figlia che, forse, non ti ha mai concesso di sentirti mamma.

Da sempre ad ogni tua parola ti ho interrotto con un: ma…, se, no; non accettando le tue scelte, perché io, una bambina mi sono ritenuta più matura di te. Solo questo dimostra la mancanza di rispetto e di fiducia che ti ho portato, non fidandomi del tuo giudizio, credendo, stupidamente d’esser migliore di te.

Perché la presunzione non ha limiti.

Non sono riuscita a fidarmi nemmeno di te, della mia dolce mamma, temevo che andasse male, dovevo essere io quella che ti impediva di commettere errori, commettendone a mia volta.

Ho avuto il coraggio di dirti che sbagliavi.

Sento due braccia chiudermi in un abbraccio protettivo. Abbasso il mio scudo permettendo a mio marito di leggermi dentro, gli trasmetto i miei timori confidandogli tutto ciò che ho taciuto per tutto questo tempo, mi sento in colpa, temo d’aver sbagliato nel mio agire ma in quei momenti non potevo fare altrimenti, mi sembrava giusto lottare per i miei sogni.

Porto una mano verso la sue incrociate sul mio ventre ed inizio ad accarezzarle in un lento su e giù, sospiro, sorridendo amaramente.

<< Credevo che da oggi tutto sarebbe stato diverso, dovrei essere radiosa per la famiglia che stiamo costruendo, ed invece, mi sento insoddisfatta. Troppo ingorda non riesco ad accontentarmi continuando a volere di più, ma non si può avere tutto ciò che si vuole, bisogna rinunciare a qualcosa o, come in questo caso, a qualcuno. >> mi fermo tremante << Non ci riesco, non voglio tagliarla fuori dalla mia vita. >> continuo scuotendo la testa << Non ne sono capace. Vorrei poterla informare di tutto, essere almeno per oggi sincera e raccontarle ogni cosa, confidarmi con lei, stringerla a me senza il timore che scopra che non sono più io, non voglio perderla perché ho bisogno di mia madre, del mio angelo. Lei che da sempre mi ha protetta da ogni pericolo, vegliando sul mio sonno, nascondendo le sue paure perché nonostante il suo essere allegra e sbadata non ha mai abbandonato il suo ruolo di madre, ricercando e creandosi una forza che non possiede, quante volte si è messa da parte sacrificandosi, tutto per darmi una serena infanzia, un’adolescenza completa. >> mi volto di scatto portando le braccia attorno al suo busto, mentre poso il mio viso sull’incavo del suo collo. << E rendermi conto che appena uscirò da quella porta tutto finirà mi strazia. >>

<< Se tu non avessi lottato per ciò che desideravi, oggi non saremmo qui, probabilmente la morte ci avrebbe preso con forza non liberandoci più. Una condanna la nostra, ricercata perché siamo compagni e abbiamo bisogno della presenza dell’altro per poter andare avanti. >> staccandosi di alcuni centimetri mi alza il volto osservandomi con quelle iride chiare, trasmettendomi non solo con la mente ma anche con il contatto fisico la sincerità delle sue parole, lo specchio della sua anima urla in silenzio la certezza, non c’è rimpianto o rimprovero. Non mente. << Se non fosse stato per il tuo essere testarda non ti avrei mai trasformata, e dopo anni troppo veloci e pochi ti avrei perso, se non fosse stato per la tua determinazione e arte seduttiva… >> sorride << …non avremmo mai avuto nostra figlia, quella creatura che dorme in camera tua, non saremmo diventati genitori negandoci questa esperienza unica e indimenticabile. Sei maturata, dimostrando una forza di volontà senza uguali, per cui non ti dare colpe che non hai, non farlo. Non hai detto a Renèe la verità perché sai i rischi che correrebbe. >>

<< Non voglio tagliare il filo che ci unisce. >>

<< Non lo farai, il rapporto che lega una madre a sua figlia è indistruttibile, va oltre il tempo e il luogo, nulla, nemmeno l’eterno può scalfire tale legame. E sia io che Renesmee ti staremo accanto. >> termina sancendo questa implicita promessa con un breve bacio sul naso, tenero e pieno d’affetto.

<< Ti amo. >> dico socchiudendo gli occhi, lasciandomi cullare dal suo respiro.

Non sono sola e non lo sarà lei.

Sento la porta d'ingresso aprirsi mentre un fracasso di buste interrompe la tranquillità di questa casa, mi stacco da Edward raggiungendola, fermandomi giusto il tempo per rallentare ed entrare nella nuova stanza con la mia normale andatura. La vedo piegata cercando tra le varie buste di carta qualcosa, i capelli disordinati le ricadono sul volto mentre sospiri frustrati e rabbiosi escono da quelle labbra sottili. Di fronte ad una tale scena non posso far altro che ridere, la raggiungo accovacciandomi accanto a lei.

<< Sentiamo, cos’ha dimenticato questa volta la mia sbadata mamma? >> domando giocosa abbracciandola.

La sento irrigidirsi per poi rilassarsi.

<< Il matrimonio ti ha reso impertinente, chi ti dice che mi sia dimenticata qualcosa? Figlia di poca fede. >> termina sconsolata ma ridendo a sua volta.

<< Chi lo sa, forse, il fatto che ti conosco. >> continuo beandomi di quel contatto materno.

<< Non prendermi in giro. >>

<< Croce sul cuore… >> dico indicandomi quell’organo, simbolo d’amore e vita. << non lo farò, ed ora confessa. >>

<< Ho dimenticato il riso. >> La mia risata si alza di qualche tono, quanto mi è mancata questa quotidianità. << Avevi promesso. >> aggiunge indignata.

<< Sì, ma te l’avevo scritto all’inizio della lista, elenco che ovviamente non hai preso in considerazione. >>

<< Ti sbagli. >> mi contraddice vittoriosa << l’ho preso solo che non me l’hanno messo, stavolta non è colpa mia. >>

<< Sicura di non averlo lasciato nel carrello? >> chiedo tra il dubbio e lo scettico.

<< Beh, ero un tantino di fretta… >> dice con noncuranza iniziando a raccogliere le buste. L’abbraccio nuovamente con più enfasi. << A cosa devo questo abbraccio stritolante. >>

<< Una figlia… >> dico guardandola negli occhi << …deve avere un motivo per abbracciare la propria mamma? >>

<< No, non ne deve avere. >> risponde ricambiando il mio gesto.

Questa mia vita è mutata velocemente, ho raggiunto molte tappe, superando problemi per me insormontabili ma la mia strada è ancora lunga e piena di incognite. Ho deciso di percorrerla assieme alla mia famiglia, a quelle persone simili a me, immortali o mortali che siano. Non commetterò l’errore di voltare pagina, non la dimenticherò perché anche se non sono più un essere umano voglio continuare ad essere tenuta per mano, sentire il calore di quel gesto infantile e insicuro, perché non importa quanti anni avrò, io resterò sempre la sua bambina, la sua protetta come lei sarà la mia.

Un angelo custode, ora sono degna d’essere il suo, veglierò sulla persona che mi ha dato la vita e nuova energia per sorridere al futuro… Ti Voglio Bene.

 

 

 

 

 

 

 

Ringraziamenti finali:

Ringrazio Marta per la correzione del testo;

Ringrazio Laura per l’immagine, accontentando ogni mio richiesta;

Ringrazio Annalisa e Samy per aver letto il testo in anteprima, sopportando pazientemente ogni mia domanda e curiosità sul loro pensiero dopo la lettura (rompo tanto XD);

Ringrazio chi è arrivato sino all’ultima riga di questa breve ma, per me, importante One – Shot, vi auguro una buona domenica e inizio settimana, a presto, ciao! ^^    

 

 

   
 
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