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Autore: LisaAngius    09/05/2010    1 recensioni
Ciao Regà finalmente cambio genere XD questa è una cosuccia su un personaggio di crimimal minds che adoro: il mitico dottor Spencer Read. Vi chiedo di lasciarmi numerosi commenti perchè sinceramente non sono del tutto soddisfatta di questa storia quindi sarò felice di ricevere i vostri consigli
Baci :)
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8 ottobre 2009

 

Prologo

 

“E chi lo avrebbe mai detto, dopo tutte le conferenze che ho fatto sulla droga, ci sono caduto anche io”.

L’ironico pensiero era stato formulato dal dottor Spencer Reid, il più giovane membro della squadra dei profiler di Quantico, universalmente riconosciuto come uno dei maggiori luminari nel campo della psicologia. Era cominciata due settimane prima, quando era stato sequestrato da un serial killer a cui stavano dando la caccia. Si trattava di un ragazzo malato con una doppia personalità di cui una era dotata di un sadismo non comune e si divertiva a torturarlo e l’altra, molto più pietosa, lo drogava per non fargli sentire il dolore. I suoi colleghi erano riusciti a tirarlo fuori da quella situazione nel giro di pochi giorni ma erano bastati perché il suo corpo si abituasse alla droga e, anche dopo quella brutta storia, cominciasse a reclamarla. Da bravo psicologo, aveva capito subito che aveva un problema di dipendenza, ma non aveva ancora accettato di avere bisogno di aiuto per uscirne

Che cazzo sto facendo!

Questo il suo ultimo pensiero coerente prima che l’eroina cominciasse a fare effetto e la sua mente fosse invasa dai fantasmi di un passato che, molto masochisticamente, si costringeva a rivivere ogni volta che usava la droga….

 

Aveva otto anni e aveva appena visto suo padre nell’ingresso con due valigie in mano, nella sua innocenza non aveva compreso cosa significasse

“Papà stiamo traslocando?”. Aveva chiesto ingenuamente

Suo padre non era riuscito a guardarlo negli occhi

“No, non sto traslocando”.

Lui lo aveva guardato senza capire

“Allora che fai con le valigie, stai via per lavoro?”.

Era una domanda normale perché suo padre stava spesso via per lavoro

“Ma quanto sei stupido, il tuo adorato padre se ne sta andando via, ci molla”.

Aveva urlato sua madre. Il significato di quelle parole ci aveva messo un po’ a farsi strada nella sua mente

“Non lo faresti mai, vero papà?”.

Lo aveva chiesto sicuro che suo padre avrebbe negato, lui si era inginocchiato per trovarsi alla sua altezza e finalmente lo aveva guardato in viso

“Vado via per un po’, ma ti prometto che torno a prenderti”

“Promesso?”

“Si, certo”.

Ci aveva creduto, non poteva mentire, suo padre non mentiva…. solo che da allora era scomparso….

 

Sua madre aveva un altro dei suoi soliti attacchi

“Mamma ti prego devi smetterla di buttare le medicine di nascosto”.

Non poteva fare altro che supplicarla di prendere i farmaci che le aveva prescritto il dottore, aveva solo dodici anni non poteva certo costringerla con la forza

“Fatti i cavoli tuoi, ma chi sei mio padre?”. Aveva sibilato sua madre

Lui si era limitato a sospirare ma dentro di sé pensava che avrebbe tanto voluto che il suo di padre, fosse lì ad aiutarlo, tutto questo era troppo grande per lui. Stava per andare nella sua stanza a studiare, tanto quando sua madre era in quello stato era inutile provare a parlarci, ormai le aveva fatto prendere la pastiglia, poteva solo aspettare. Ma poi il suo sguardo era caduto sul mobiletto dei liquori, una delle bottiglie era a metà ma lui era sicuro che il giorno prima non era neanche aperta

“Mamma hai bevuto di nuovo?”.

Sua madre aveva continuato a sbucciare la mela che stava mangiando facendo finta di non sentirlo

“Mamma, sai che non devi con i farmaci che prendi, è pericoloso”.

Lei aveva sbuffato

“Che palle Spencer piantala con questa lagna”.

In genere a questo punto ricordava le raccomandazioni che gli faceva il padre quando ancora era con loro: “Pazienza la mamma è malata, dobbiamo cercare di capirla”.

Ma lui quel giorno non aveva voglia di essere paziente. Il giorno prima aveva preso il diploma, a soli dodici anni, qualsiasi altro ragazzo avrebbe avuto come minimo una festa, lui non aveva nemmeno qualcuno che gli dicesse bravo, non era neanche sicuro che sua madre avesse ben compreso quando glielo aveva detto. Si sentiva meschino a pensare a queste cose, sapeva che la madre non aveva colpa ma non poteva fare a meno di sentirsi solo e amareggiato, decisamente poco in vena di essere comprensivo

“Ah si? È questo che vuoi? Allora fai il cavolo che ti pare e quando ti sarai distrutta il fegato continua a chiedermi di farmi i fatti miei”.

Non aveva neanche fatto in tempo a muoversi, sua madre gli aveva poggiato il coltello che aveva in mano sul collo

“E se morissi prima tu?”. Aveva ringhiato

Non era spaventato, confusamente una parte di lui gli diceva che non era normale essere assolutamente calmo, eppure era così che si sentiva. Aveva fissato sua madre negli occhi

“Lo faresti davvero mamma?”.

Non le aveva mai fatto quella domanda a voce alta ma i suoi occhi gli avevano dato la risposta: si!. Quel momento era finito in fretta, sua madre aveva messo giù il coltello e gli aveva ordinato di andare in camera sua prima che perdesse davvero il controllo. Lui aveva obbedito, era andato in camera barcollando, pensando che c’era qualcosa di innaturale in quello che stava vivendo perché i genitori dovrebbero farti sentire al sicuro, non spaventarti.

 

 

 

 



  
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