Fanfic su attori > Ben Barnes
Ricorda la storia  |      
Autore: ranyare    09/05/2010    5 recensioni
Un giorno che si dovrebbe tanto amare, per me è diventato pura e semplice agonia.
Io odio i compleanni.
Persino l’ultimo, non più di una decina di giorni fa. L’ho passato da sola, come un giorno normale, come tutti gli altri. Mi hanno tenuto lontano Ben, io stessa gli ho impedito di mandare al diavolo i suoi impegni. Sono stata io stessa a dirgli che non avrei voluto festeggiarlo.
Ma lui, a suo modo, è riuscito a farmi il dono più bello di tutti. Ho ancora in mente il sapore dei nostri baci, ho ancora dentro la sensazione di come ha fatto l’amore con me quella notte.
Come se avessimo tutto il tempo del mondo.
Come se fossi speciale.
Come se fossi io, la protagonista di questa storia.
Io odio i compleanni. Ma forse, quella notte si può escludere dal conto.

[Ben Barnes, William Moseley - NO slash]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ben Barnes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Wicked & Humorous Tales'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

-Ray?-

Ray vuole starsene da sola, grazie.

Inspiro avidamente il fumo della mia sigaretta, godendomi la sensazione bruciante che scende a riempirmi i polmoni, intossicando la mia mente, annebbiando i miei pensieri. Mi piace, fumare; la nicotina offusca quei pensieri che non sono in grado di fermare, quella parte di me a cui non posso impedire di rimuginare, di arrovellarsi, di lambiccarsi su domande senza risposta.

Davanti a me, si stende in tutta la sua magnificenza la città di Londra.

Lo spettacolo che ho di fronte è qualcosa che non potrà mai stancarmi; le migliaia di luci ardono, risaltando nel buio impenetrabile della notte, mentre sul pigro Tamigi svetta imponente il disco infuocato del London Eye, in grado di oscurare persino le stelle.

Una folata di vento improvviso porta un profumo alla mia mente, ai miei sensi. Un profumo conosciuto, un profumo mille volte migliore del fumo della sigaretta. Ben.

Sorrido, quando avverto le sue braccia forti e sicure scivolare intorno ai miei fianchi, il petto snello ma ampio premere delicatamente contro la mia schiena. Il mio corpo si abbandona nel suo abbraccio, nel mio porto sicuro, gli occhi che si chiudono e la testa che si reclina indietro, trovando l’incavo della sua spalla.

-Insofferenza da compleanno?- mi chiede, la voce calda, dolce, che penetra il mio udito con una forza disarmante.

Annuisco, senza dire niente, in un primo momento.

Il mozzicone della sigaretta ormai finita cade a terra, quando poso le mie mani sulle sue, intrecciate sul mio ventre.

-Mi dispiace.- sono le uniche due parole che riesco a pronunciare, dopo qualche secondo. E mi dispiace, mi dispiace davvero; ma non posso fare a meno di provare insofferenza, dolore, delusione, non posso evitarlo.

Io odio i compleanni.

Avverto il suo sospiro leggero, il suo volto avvicinarsi al mio. Il suo respiro scivola caldo e delicato sulla mia gola esposta e sensibile, accarezza quei lembi nevralgici con una scioltezza calda, studiata, capace di scatenare un brivido in tutto il mio corpo.

Mmm. Ancora.

Soltanto lui riesce a tirar fuori la gattina docile e innamorata seppellita sotto strati e strati di cinismo. Soltanto con lui posso lasciare che si scopra quella parte di me, soltanto lui è stato in grado di trovarla, e di amarla.

-Non hai nulla, di cui dispiacerti.- sussurra, piano, le parole che provocano un altro brivido dentro di me. Sospiro, un sospiro tremante, spezzato dalla cacofonia devastante di sensazioni che ogni suo minimo tocco riesce a scatenare in me.

Io odio i compleanni.

È questo il motivo per cui ho fuggito la festa al di là di quelle tende bianche, è questo il motivo per cui sono scappata a fumare. Fa troppo male.

-Io odio i compleanni.- mormoro, pianissimo, beandomi della sensazione di pace e sicurezza che il suo amore mi trasmette.

-Un giorno mi spiegherai perché.- questa è una delle tante cose che amo di Ben. Riesce sempre a capire che cos’ho, cos’è che mi tormenta, che mi fa male. E ci riesce perché non posso negare nulla, all’amore che ci unisce.

-Prova a passare diciotto compleanni classificati come “schifo totale”, poi sappimi dire. E il diciannovesimo lontano da te, che metterei sotto “catastrofe”.- rispondo, prim’ancora di aver formulato il pensiero di ciò che ho appena detto.

Diciannove compleanni.

Diciannove giorni d’inferno.

Feste di bimba rovinate dalla cattiveria inconsapevole dei bambini, compleanni di ragazzina coronati da malignità ben mirate. C’è stato chi ha voluto ferire, e chi l’ha fatto per il puro gusto di fare del male.

Un giorno che si dovrebbe tanto amare, per me è diventato pura e semplice agonia.

Io odio i compleanni.

Persino l’ultimo, non più di una decina di giorni fa. L’ho passato da sola, come un giorno normale, come tutti gli altri. Mi hanno tenuto lontano Ben, io stessa gli ho impedito di mandare al diavolo i suoi impegni. Sono stata io stessa a dirgli che non avrei voluto festeggiarlo.

Ma lui, a suo modo, è riuscito a farmi il dono più bello di tutti. Ho ancora in mente il sapore dei nostri baci, ho ancora dentro la sensazione di come ha fatto l’amore con me quella notte.

Come se avessimo tutto il tempo del mondo.

Come se fossi speciale.

Come se fossi io, la protagonista di questa storia.

Io odio i compleanni. Ma forse, quella notte si può escludere dal conto.

-Non ci riesco.- sussurro, ed è questa microscopica confessione a farmi crollare.

Mi volto, ed affondo il viso in quel petto snello che tanto conosco. Il suo profumo mi invade forte, mi inebria, riempie la mia testa soltanto della sua presenza viva e concreta, della mia pace, del mio porto sicuro. Le mie braccia si serrano intorno alla sua vita, intreccio le mani sulla sua schiena.

Non sussulta, se l’aspettava.

-Non dovrei essere triste. È stupido odiare i compleanni. Rovinerei la festa a tutti quanti…- le parole sfuggono dalle mie labbra più tremule di come avevo pensato.

Guardo oltre quelle tende bianche, e vedo la festa a sorpresa che abbiamo organizzato per Will. Vedo lui ed Angel tubare come due piccioni, ascolto il chiacchiericcio allegro degli invitati, sento la musica fare da sottofondo a risate e battute che non comprendo. Osservo i giochi un po’ idioti da cui mi tengo lontana.

E tutto mi sembra surreale, lontano, strano.

È tutto ciò che non ho mai avuto. Tutto ciò che vorrei avere, almeno una volta. Capisco soltanto ora che non è vero che non m’importa, che vorrei soltanto passare un giorno come questo; gli amici intorno, nessun brutto pensiero in testa, un sorriso sul volto.

Io odio i compleanni.

-Non ci riesco.- non mi ero nemmeno accorta di piangere. Non avevo sentito le lacrime calde rigarmi le guance bianche, non ho sentito i singhiozzi percuotermi il petto.

-Hai tutti i diritti di essere triste, piccola mia. Non pensarci, adesso, concentrati solo su di me.- Ben.

Ben.

Focalizzo la mia mente su di lui, sul profumo che inebria i miei polmoni ben più della nicotina. Mi concentro sulla sensazione delle sue braccia sicure che mi stringono, delle dita che salgono e scendono dai corti capelli biondi alla schiena, in una lieve carezza che sfiora la mia anima in pena, la voce calda e rassicurante che s’insinua nelle mie orecchie, sfiorando quel cuore troppo ferito.

Mi ci vuole solo qualche istante, perché una pace conosciuta s’impossessi di me; mi riempie, mi calma, mi fa sentire amata.

-Ti amo. Tanto tanto.- sussurro, le mani che accarezzano con dolcezza il suo petto. La stretta che si allenta appena, il magone che si scioglie a contatto con la mia unica, vera gioia. Lui.

Lo avverto sorridere, posso sentirlo, posso carpire il calore del suo sorriso meraviglioso direttamente nel mio cuore.

-Ti amo anch’io, mia piccola bambolina di porcellana.- oh, adoro quando mi chiama così. Mi piace, mi fa arrossire.

Miagolo qualcosa d’indefinito, quando le sue dita si perdono dietro le mie orecchie. Quel punto nevralgico capace di trasformarmi nella gattina docile e servizievole che, in fondo, sono.

-Mmmao.- mugolo, strusciando dolcemente il viso sul suo petto, le mani che lo accarezzano lentamente, godendosi la sua presenza. Non m’interessa se la Ray impavida, stronza e cinica è andata a farsi fottere, in questo momento.

Ci sono io. C’è lui.

E non m’interessa nient’altro.

-Mia piccola gattina…- ride, la sua risata gorgoglia nel suo petto e rimbomba nel mio. Alzo gli occhi, e mi perdo in quei baratri neri e bollenti che mi hanno fatta innamorare. So come lo sto guardando, lo sto guardando con i miei occhioni blu spalancati, illuminati dalle luci di Londra. Lo sto guardando come se vedessi la mia vita, la mia felicità, il mio amore, nelle sue iridi.

Lo sto guardando come una donna che ama. Che lo ama, che lo ama con tutta sé stessa, che vive per lui.

-Puoi dirlo di nuovo?-

-Che cosa?- sorride lievemente, un’ombra malandrina sul viso. Il rossore sale istantaneo sul mio viso, colorando il bianco di un rosato che, a detta sua, è adorabile.

-Tua.- mugolo, accarezzando la sua guancia, sentendola appena ruvida sotto i polpastrelli.

Sorride; un sorriso caldo, pieno d’amore, che precede una sola parola ed un bacio che è tutto una promessa.

-Mia.- sussurra, ad un lieve millimetro dalle mie labbra, gli occhi. E poi le fa sue, con un gesto sicuro quanto dolce, la lingua che scivola nella mia bocca prim’ancora che possa accorgermene.

Mi aggrappo alle sue spalle, al suo collo, stringendolo di più a me. Vivo, dipendo da questi baci, da quelle labbra, dalla lingua che gioca con la mia ed esplora ogni respiro che riesce a rubarmi.

Mi bacia, un bacio rubato dal sapore delle stelle invisibili che ci guardano. Non è Londra a zittire le loro luci, è la forza del mio cuore e del suo, che battono insieme. È questo che posso fare, è questo che insieme, noi due, siamo. Invincibili. Con lui, sono invincibile.

-Andiamo a casa?- gli chiedo, riaprendo gli occhi dopo un’eternità, il suo sapore ancora forte e afrodisiaco fra le labbra. Ancora. È una droga, per me, la droga migliore che conosca.

Sorride: quel sorriso splendido che gli illumina il suo bellissimo viso, quel sorriso malandrino ed innocente insieme, accattivante e cattivello nello stesso attimo.

-Aspettavo solo che me lo chiedessi.- sorrido anche io. Sorrido, sorrido davvero: solo lui ci riesce, solo lui riesce a farmi sorridere.

Ma proprio in questo istante, quando ancora siamo vicini e stretti l’uno all’altra, una voce allegra vibra nel silenzio ovattato della terrazza, spezzandolo.

-Ah, eccovi qua, vi avevo persi!- mi volto di scatto, sentendo qualcosa sprofondare nel mio petto quando all’istante riconosco la figura di Will. Will, il mio migliore amico. Will, il protagonista di questa festa, che ci starà malissimo a veder andare via noi due.

Dannazione, odio sentirmi in colpa.

È Ben, con una ripresa micidiale, a passarmi un braccio intorno alla vita e a rispondere a William.

-Will…Ray non sta molto bene, pensavamo di andare a casa.- Will mi guarda, gli occhioni da cucciolo smarrito improvvisamente sgranati.

No, non è valido Moseley, non è assolutamente valido.

Non mi guardare così.

Non ti sto facendo un torto, non ti sto uccidendo, non ti ho rubato niente. Voglio solo andare a casa, non mi piacciono i compleanni, mi fanno male. Non è per te Will, ti voglio bene, non è questo.

-Ma non potete andare via, su…Ray, non è la stessa cosa, senza di te.- ha capito. Sa. Lui sa sempre, sa cosa mi passa nella testa in un modo che è precluso persino a Ben. Siamo uguali, dopotutto. Soltanto che a lui, è stato permesso di vivere una vita felice che io non ho mai nemmeno osato sognare.

-Will, davvero, io…- comincio, ma sotto il suo sguardo celeste non riesco a non abbassare gli occhi, colpevole.

Avverto soltanto le labbra di Ben posarsi sulla mia tempia – un tocco caldo, dolce, un tocco rassicurante che riesce a cancellare per un istante il senso di colpa, prima che il suo abbraccio si sciolga, ed io mi ritrovi sola.

Freddo.

Dura soltanto un istante, il tempo di un battito del cuore, prima che un calore diverso ma altrettanto conosciuto mi stringa di nuovo, scacciando quella sensazione.

Will.

È Will che mi ha abbracciata, e non posso fare a meno di sospirare appena, sollevata, riconoscendo la sua presenza ed il suo profumo. È una sensazione diversa, più delicata e meno prepotente di quello che sento vicina a Ben; è una sicurezza, l’abbraccio di William, capace di farmi carpire, per qualche istante, il vero significato della parola famiglia.

-Ray, sei la mia migliore amica. Ti voglio bene, voglio che ci sia anche tu a festeggiare con me.- per lui è così facile prendersi ciò che vuole. Io non ci riesco, vorrei ma non riesco, è più forte di me. Non ho quella capacità che si chiama egoismo, no.

A volte, vorrei essere capace di pensare soltanto a me.

-Will, mi fa male.- mormoro, piano, accoccolandomi sul suo petto. Fa male, fa terribilmente male il pensiero di assistere a qualcosa che mi è stato irrimediabilmente precluso per così tanto tempo. Sono un disastro. -E se entrerò lì, farà ancora più male.-

-Tu pensa a Ben. Pensa a me, a Angie, pensa che mi rendi tremendamente felice, a restare.- insiste, testardo come un mulo. La cosa non mi sorprende minimamente.

-Io non sono nulla di speciale, puoi festeggiare anche senza di me.- commento, sfregandomi il naso come un micino bagnato fradicio, senza guardarlo. È l’amara verità, dopotutto: la mia presenza non fa bene, a chi ho accanto.

-Non è vero. Quante volte vuoi che te lo ripeta? Guarda che non mi stanco, sai?- fidati. Fidati, Ray, fidati, fidati. -Ti voglio bene. Ti voglio qui, perché la tua presenza mi rende felice.- la mia presenza lo rende felice. È questo che non riesco a capire, che non riesco a comprendere. Come può renderlo felice?

-Perché? Sono solo un lupo solitario e depresso.- commento, e la nota amara nella mia voce riesco ad avvertirla anch’io.

-E allora? Ti voglio bene comunque.- stento a crederci.

-Ti sto rovinando la festa.- gli faccio notare.

-Al diavolo la festa, tu sei più importante.- non mi permetto di obiettare, so quanto sappia essere testardo William. Anche se ha torto, torto marcio. Angel mi ucciderà, ha voluto organizzare tutto, ha voluto che fosse tutto perfetto per lui…ed io, come mio solito, sto mandando tutti i progetti e la serenità degli altri a puttane.

-Angel sarà gelosa.- oh, sì. Angel è terribilmente gelosa.

-Le passerà.- commenta, stringendosi nelle spalle con un sorrisetto. Immagino anche, come possa far dimenticare alla sua donna la gelosia…santa pazienza, e pensare che ero malata di sesso quanto e più di lui, fino a poco tempo fa.

-Ben sarà geloso.- se non lo è già, anche solo per avermi lasciata sola con un altro appartenente al genere maschile, anche se si tratta di Will. È geloso, il mio Ben, almeno quanto me. E la cosa mi piace, tanto, mi rende felice.

-Scapperò più veloce di quanto lui mi rincorra.- è quest’ultima risposta, a farmi ridere. A farmi ridere sul serio, la fronte premuta contro il petto del mio amico, le sue braccia calde che mi stringono: al sicuro, sono al sicuro qui. È mio fratello, mi vuole bene davvero: devo capirlo, devo farmelo entrare nella testa.

-Perché ti ostini ad essere cupa? Sei tanto bella quando sorridi, sorellina.- mi stringo nelle spalle, senza riuscire a sostenere per più di qualche secondo il suo sguardo tanto limpido, tanto sereno, tanto simile eppure diverso dal mio.

-Perché se non mi aspetto niente, non soffro. Se non aspetto niente, non ho motivi di sorridere.- l’unica eccezione è di là, che probabilmente si sta tormentando dalla gelosia e dalla preoccupazione per la sottoscritta.

-Ma ti perdi anche tutto il bello che c’è.- a questo, davvero non so come replicare. Ha ragione, ma ho troppa paura del dolore – di quello morale, psicologico, del dolore che lasciano soltanto le delusioni –, per rischiare.

Lascia scivolare le dita fra le mie, sciogliendo però quell’abbraccio confortevole in cui mi ero appallottolata. -Dai, vieni. Giochiamo al karaoke, tu sei bravissima a cantare.-

Avvampo. Di botto, come se avessero girato la levetta della temperatura tutto all’improvviso.

-Will, mi vergogno!- sbotto, fulminandolo con lo sguardo, quando fa per tirarmi di nuovo dentro. Ma resto inchiodata lì dove sono, quando quegli azzurrissimi, decisi occhi celesti mi trapassano da parte a parte.

-Non m’interessa. Nessuno ti vorrà meno bene, se sbagli qualche nota.-

 

Io odio i compleanni.

Anzi no, rettifico: io odio William Moseley.

Mi ha fatta cantare! Stupido coso biondo, mi ha costretta a cantare!

…prima o poi, non so come, dove, o quando, io lo ucciderò. E vedrò di fare una cosa fatta bene.

Sono nell’angolo più lontano del tavolo delle cibarie, un bicchiere di plastica stritolato fra le mani e la quarta tequila che mi scorre in corpo, cercando di calmare la vergogna totale che mi provoca ogni complimento che mi viene rivolto dalla gente.

E io che volevo passare inosservata.

Improvvisamente, sento caldo. Non è il calore dell’alcool, non è il rossore che ha deciso di prendere residenza stabile sul mio viso.

È un altro tipo di calore, è la presenza inconfondibile di Ben alle mie spalle, quella che riesce a far scomparire la vergogna dai miei pensieri.

-Non prenderlo come un regalo di compleanno.- mi sussurra la sua voce bollente all’orecchio, dandomi di nuovo i brividi, prima che qualcosa di freddo spezzi il calore della mia pelle chiara.

Abbasso gli occhi, vedendo un pendente disegnarsi sulla mia scollatura, adagiandosi sul solco dei seni.

Cacchio.

Una piccola figura d’argento, intrecciata in un simbolo celtico che ben conosco, racchiude una pietra che riconosco con un violento singulto dalle parti del cuore. Uno zaffiro, dello stesso colore che prendono spesso i miei occhi. Una lacrima, per essere precisi, intagliata nella forma di quelle perle che, troppo spesso, rigano le mie guance.

Mi volto a guardare Ben, completamente allibita. È troppo, chissà quanto è andato a spendere per questo, non posso accettarlo, non…

Ogni protesta muore sulle mie labbra e nella mia mente, quando incontro i suoi occhi. Sono caldi, vivi, sono due pozzi scuri in cui voglio annegare ancora e ancora e ancora, in cui voglio perdere coscienza di me, di ciò che ho intorno, aggrappandosi soltanto alla consapevolezza che quell’amore, quel calore, quella sicurezza, sono soltanto per me.

 

 

 

 

 

 

My Space:

aaaallora…che shot complicata U.U tanto per dimostrare quanto contorta e difficile sia la mia mente, eh?

Sì, io la penso così, sui compleanni. Preciso, identico e sputato. Non li riesco a tollerare, specialmente i miei – giorni in cui vorrei eclissarmi chissà dove, in un eremo solitario sul cocuzzolo di una montagna -.-

Dediche? Sì, una c’è. È dedicata al lontano diciannove aprile di diciannove anni fa, quando in una tempestosa giornata di neve e freddo una robetta rosa dai capelli biondi e gli occhi blu decise che avrebbe cominciato a rompere i coglioni. Alias, la persona che ora sta scrivendo queste righe.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Ben Barnes / Vai alla pagina dell'autore: ranyare