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Autore: miseichan    09/05/2010    8 recensioni
Non sono mai stata il tipo di ragazza che si lascia prendere dall’ansia né tanto meno che viene colta impreparata da una situazione ai limiti dell’inverosimile… bisogna ammettere però che non mi era neppure mai successa una cosa del genere! Lo guardai ancora, respirando con calma, chiusi gli occhi per qualche attimo. Quando li riaprii non riuscii più a trattenermi: “Si può sapere per quale diavolo di motivo tieni Robert Pattinson chiuso nel tuo bagno!?”
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Do I have to cry for you?

 

 

 

“Che agnello stupido

  Mi persi negli occhi fissi nei miei: verdi, profondi, avrei potuto non uscirne più.

“Che leone pazzo e masochista”

“Puoi ripetere?”

“Come?”

Vidi un lampo di confusione passargli negli occhi che subito dopo si illuminarono, divertiti.

“Potresti…”

 

Un suono lungo, acuto e squillante mi riscosse.

Serrai le palpebre, infastidita ed irritata.

Mossi la mano a tentoni, alla mia sinistra, sperando di imbattermi nella sveglia al più presto.

Ci misi più del solito a trovarla ma alla fine colpii con brutalità qualcosa di duro e soddisfatta tentai di ricadere nel confortevole oblio da cui mi avevano malamente portata via.

Un trillo più acuto e anche più vicino tornò a farsi sentire.

No, così non andava bene: perché non smetteva? Perché diavolo continuava a suonare?!

Iniziai ad imprecare a denti stretti, riprendendo ad agitare la mano alla ricerca di quel diabolico aggeggio che dovevo assolutamente neutralizzare: quando chiusi le dita con forza però, non mi ritrovai a stringere la sveglia ma un qualcosa di soffice e vellutato.

Aggrottai le sopracciglia, non riuscendo a capire: mi capitava la mattina di connettere lentamente e con difficoltà, ma ora stavamo decisamente esagerando!

Socchiusi piano gli occhi, osservando confusa l’angolo della gonna di tessuto bianco a pois neri nel mio palmo. Ecco, ora ero ancora più stranita: la mia sveglia si era forse trasformata in una gonna?

Alzai lo sguardo, scorrendo attentamente la figura esile e slanciata della signorina ferma al mio fianco: mi guardava dall’alto in basso con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.

- Buongiorno! Volevo solo dirle che…-

Smisi di ascoltarla, corrugando improvvisamente la fronte non appena mi accorsi dell’oggetto che teneva in mano e continuava ancora ad agitare sovrappensiero: una piccola campanella dorata.

Ogni scampanellio era come una botta in testa: fastidioso e altamente molesto.

Provai un fortissimo impulso di afferrare di colpo la campanella per farla inghiottire alla donnina petulante: si meritava quello e molto peggio per avermi svegliata.

Lei però sembrò non accorgersi minimante delle mie emozioni per niente amichevoli, continuando imperterrita e sorridente il suo monologo.

Io lasciai vagare lo sguardo, decisa a capire almeno dove mi trovassi prima di commettere alcun omicidio: studiai il sedile nero in cui ero sprofondata, il corridoio alla mia sinistra, i finestrini piccoli e rotondi e la televisione di fronte a me che mandava i titoli di coda di un film.

- … Inghilterra…-

Una parte del mio cervello registrò quella parola fra le troppe del discorso della signorina e, come in un lampo di comprensione, ricordai tutto: vacanza studio, quindici giorni, Inghilterra.

Quasi saltai sulla poltroncina di quello che solo in quel momento avevo finalmente identificato come aereo: Dio mio! Mi ero addormentata! Come era anche lontanamente concepibile?!

I ricordi presero a riaffiorare uno dopo l’altro: avevo salutato tutti, ero salita sull’aereo… mi ero arpionata al sedile con le unghie quando alcune turbolenze ci avevano fatto sobbalzare e un signore gentile, dal viso paffuto ed i capelli castani, seduto alla mia destra, mi avevo offerto un po’ di una bevanda lievemente alcolica… “per calmarmi” aveva detto, ridacchiando… e poi avevo preso a chiacchierare: del più e del meno, di tutto, senza prendere aria nemmeno per un istante.

E il signore gentile mi aveva ascoltata, sorridendo, annuendo, commentando.

Non mi ero mai divertita tanto con un perfetto sconosciuto: venti anni, un po’ di pancetta e capelli bianchi in meno e avrei anche potuto sposarlo!

Cosa era successo poi, come ero arrivata ad addormentarmi?

Che il mio vicino, stanco di fare il gentile con una pazza squinternata dalla parlantina facile, si fosse deciso a drogarmi per non dovermi più stare a sentire?

Fu in quel momento che mi venne in mente la svolta nella nostra conversazione, quando cioè avevo raggiunto il culmine di follia possibile: una delle hostess aveva messo un film e quel film era Twilight… non lo avesse mai fatto.

Mi ero zittita un secondo, avevo guardato il signore gentile con una luce maliziosa negli occhi e avevo cominciato a parlare peggio di prima: nuovo argomento di conversazione, Robert Pattinson.

Mi passai una mano sul viso ricordando alcune delle mie frasi più assurde, quelle che non avrei mai voluto attribuire a me quanto ad un alcool che purtroppo non c’era stato.

“Sa com’è non credo che alla fine sia poi questo chissà che di eccezionale! Certo ha fatto impazzire tutte ma ce ne sono di ragazzi più belli e poi… certo è affascinante e ha un bel sorriso… per non parlare dell’idiozia di alcune fan che… i film poi, mi spiego, potevano sicuramente…”

Lui non mi aveva mai interrotta, continuando ad ascoltarmi in silenzio, ridendo ogni tanto e sorridendo sornione. Solo alla fine del primo tempo si decise a farmi una domanda:

“Ma ti piace? Cioè ti faresti mordere?-

Aveva scherzato lui, credendo di prendermi in contropiede.

Io avevo ridacchiato: non sapeva con chi aveva a che fare, il signore gentile.

Sorridendo avevo risposto, a voce bassa e seria:

- Mordere? No, certo che no. Però lo violenterei con piacere-

Dopo quel momento, dopo che lui era scoppiato a ridere di getto, con le lacrime agli occhi ed il corpo tutto scosso dai singulti, i ricordi si facevano confusi. Era a quel punto, mi dissi, che dovevo essere crollata.

Girai la testa, sperando di incontrare il suo sguardo e il suo sorriso ormai familiare.

Invece mi scontrai con il vuoto: meravigliata mi guardai attorno, accorgendomi con sorpresa sempre maggiore di come anche tutti gli altri posti fossero completamente vuoti.

Ma cosa…?

Alzai gli occhi sulla signorina ancora in piedi al mio fianco e con sguardo interrogativo le indicai il sedile alla mia destra. Lei annuì, porgendomi un foglietto:

- Il signore è stato uno dei primi a scendere: aveva fretta, mi è sembrato. Ad ogni modo mi ha detto di salutarla da parte sua e darle questo-

Presi il biglietto con un gesto veloce, leggendolo curiosa:

“Era da tanto che non ridevo così di gusto per così tanto tempo. Grazie davvero per la stupenda chiacchierata. E’ stato un immenso piacere conoscerla, Richard”

Sorrisi, contenta di aver conosciuto una persona almeno apparentemente davvero gentile.

Poi tornai a guardare la signorina, con aria scocciata:

- Ma perché è sceso?-

Mi resi conto troppo tardi della cavolata appena detta: eravamo su un aereo, santo Dio, per quale motivo si può mai scendere?!

Purtroppo mi capitava, troppo spesso, di dire qualcosa senza che il cervello avesse dato la sua approvazione: era la lingua, più veloce e sconsiderata, ad avere la meglio.

La hostess aprì la bocca, come per rispondermi, ma poi cambiò idea scuotendo la testa.

Aveva smesso di sorridere, notai con orrore.

Non sorrideva.

Strinse gli occhi, assotigliandoli, e quando rispose lo fece con voce fredda ed incolore.

- Siamo atterrati, signorina-

Spalancai gli occhi, fingendomi sorpresa.

- E perché non me lo ha detto prima?-

Lei sembrava sul punto di mettersi ad urlare: strappò con forza il lembo della sua gonna dalla mia mano e strinse la campanella con tanta violenza da farsi sbiancare le nocche.

- E’ quello che le sto ripetendo da oltre dieci minuti-

Aveva calcato su ogni parola, sillabandole quasi: ecco, ora mi avrebbe ucciso lei.

Accennai vagamente ad un sorriso imbarazzato ma lei non sembrava intenzionata a perdonarmi.

Feci timidamente spallucce, alzandomi con cautela e sussurrando:

- Mi scusi, davvero. E’ solo che sono intrattabile appena sveglia. E poi non ho preso il caffè…-

Sperai di averla rabbonita almeno un po’: in fondo ero appena atterrata in Inghilterra e scendere dall’aereo ancora viva per dare un’occhiata fuori mi avrebbe fatto piacere.

La hostess prese vari respiri, chiudendo gli occhi e poi li riaprì, sorridendo di nuovo.

- Tutto bene, mi scusi lei. Siamo arrivati, signorina. Le andrebbe di scendere?-

La ammirai per il suo autocontrollo davvero invidiabile: fossi stata io al suo posto, mi sarei già buttata fuori dal finestrino dell’aereo.

Le sorrisi e camminando piano percorsi il corridoio.

Non le diedi mai le spalle: per qualche motivo avevo l’impressione che una pugnalata nella schiena me la sarei meritata. Ma lei non mi colpì, non ci provò nemmeno.

Così riuscii a scendere la scaletta indenne.

Con un sospiro mi avviai attraverso il tunnel che mi avrebbe portata nell’aeroporto.

Ero ancora viva, stranamente.

L’Inghilterra però, pensai, non sarebbe stata più la stessa dopo il mio soggiorno.

 

*

 

 

Maggio.

Siamo a Maggio, ve ne rendete conto?

Ecco, ogni anno, io a Maggio vado in tilt: entro in ansia, diciamo così… paura per le ultime interrogazione, per i compiti, per i prof. che pazzi, credono di poter fare chissà che in queste ultime povere quattro settimane.

Così mi ritrovo a scrivere sempre storie come queste.

Io le chiamo “valvole di pressione”

Sono storie senza senso, senza impegno… leggere, frizzanti…

Mi devono aiutare a “fuggire”, dimenticando ed estraniandomi completamente dal resto.

Perciò vi avverto che non sarà niente di che…

… che tenderà moooltoo al demenziale…

… e che, bah, almeno per me sarà solo un passatempo ^^

Ad ogni modo se vi andasse di farmi sapere che ve ne sembra, mi fareste un gran piacere!

Alla prossima!

   
 
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