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Autore: Amarie    09/05/2010    4 recensioni
L'ultima volta che ti ho visto te ne stavi andando lontano lasciandoti alle spalle una scia zuccherata ed appiccicosa, una macchia indelebile e una maglietta da buttare: una maglietta che sta ancora nel secondo cassetto del mio armadio, in una busta di plastica che non ho mai più aperto.
Non era un giorno di pioggia, anche se riesco a ricordarmelo solamente così, e non era grigio per quanto lo sembrasse.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un cappello

Mi sento addosso la notte.
Mi sento addosso i sogni di lui e lei e ancora lui che rubò i miei, tanti anni fa.
Mi sento addosso i pensieri che non mi hai mai detto, quelli che nascondevi sempre dietro un invito o una parola di porcellana.

L'ultima volta che ti ho visto te ne stavi andando lontano lasciandoti alle spalle una scia zuccherata ed appiccicosa, una macchia indelebile e una maglietta da buttare: una maglietta che sta ancora nel secondo cassetto del mio armadio, in una busta di plastica che non ho mai più aperto.
Non era un giorno di pioggia, anche se riesco a ricordarmelo solamente così, e non era grigio per quanto lo sembrasse.

Era un giorno d'estate e tu avevi il sorriso da vacanza e le scarpe ancora sporche di sabbia e conchiglie, e il cappello che avevi perso non lo portavi ormai più. Avevi un viso diverso, senza quel cappello, ma non te l'ho mai detto: me ne dimenticavo tutte le volte e poi tu non ci sei più stato per lasciartelo dire.
Chissà se hai un nuovo cappello, ora. Magari intonato al colore dei tuoi occhi, sempre che tu ti sia mai reso conto di quale fosse: non ti guardavi mai troppo a lungo allo specchio, era una delle cose che più amavo di te. Preferivi guardare me piuttosto che guardare te,

ed a volte avrei davvero voluto essere
te
quando guardavi
me.
Solo per capire che cosa realmente vedevi oltre al fatto che non potevo fare a meno di sorriderti.

Ogni tanto penso che forse è stato questo. Ti sorridevo sempre e annuivo e sorridevo ancora. Avevo dimenticato il significato del verbo rifiutare, e di tutte le parole che girano attorno al suo piatto. Paroline che mi sembravano troppo cattive per avvicinarsi a te, o a noi.
Del fatto che ancora vivevamo nel mondo, e non in una piccola realtà di caffellatte e croissant, me ne curavo poco.
Era una fiaba, ed io ero la principessa.

Non ho mai letto una fiaba in cui il principe azzurro se ne va. Probabilmente dovrei provare a scriverla io, ma non è giusto che anche le bambine debbano piangere.

Ormai non ricordo più nemmeno il tuo viso.
Ricordo chiaramente ogni minimo, piccolo dettaglio della tua schiena, e nulla del tuo volto. Solo il tuo sorriso, chissà a chi lo rivolgi ora. Chissà se lo rivolgi ancora a qualcuno o se anche tu hai dimenticato come e perché.

Oggi, fuori c'è il sole.
Ma qui piove sempre.
Non puoi più aiutarmi e lo sappiamo entrambi anche se tu non te ne rendi conto ed io probabilmente non ci voglio credere.
Credere e sperare lottano da anni, e non so quanto tempo ancora ci vorrà prima di una vittoria.

Le tracce sulla terra non dimostrano più che ci sei stato.
È l'ombra chi ti sei lasciato alle spalle che rivela il fatto che in realtà non te ne sei mai andato, in un modo o nell'altro sei ancora qui.
Un'ombra, un sogno, una speranza, tutto rinchiuso nel fatto che ogni mattina sul treno non faccio altro che guardarmi attorno, continuamente.
Forse non ti riconoscerei nemmeno, in realtà. Non mi ricordo nemmeno il tuo viso.

Solo il tuo stupido cappello, che, sai, non avevi perso davvero.


A.
   
 
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