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Autore: SinnerCerberus    10/05/2010    0 recensioni
Una mia piccola storia completa, l'avventura sommessa di un ragazzo in un mondo nuovo, eterno e congelato. I protagonisti, lui e nessuno, vivono nella solitudine e quasi nel surrealismo, mentre agiscono come dei topolini impauriti, agendo con un passo alla volta. Commentate per favore, mi farebbe piacere.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In questi giorni sono stato rinchiuso da qualche parte. Ero prigioniero di una strega malvagia, in una grotta piena di ghiaccio, dove l'erba non può crescere. Ero solo, in questa stanza, come già detto prigioniero di qualcuno che prova inspiegabilmente astio, astio verso di me. Non ho avuto compagni di cella, ero da solo dietro le sbarre congelate. Mi rintanavo nell'angolo, avvolto tra i miei stracci. Non serviva a molto, ed intanto usavo l'alito per riscaldarmi, l'aria condensata pareva palpabile. Era tutto bianco e azzurro, la notte non arrivava mai. C'era sempre luce, non sono riuscito a vedere le tenebre. Sembrava un gesto di carità, o pietà quello di non abbandonarmi alle tenebre. Era anche una perversa tortura, credevano di lasciarmi nel terrore. Credevano temessi la notte, e che vivessi nella paura dell'attesa. Ma no, non era successo. Sapevo che non sarebbe arrivata la notte; finché c'è luce dentro di me, le tenebre non mi circonderanno mai. Rannicchiato nell'angolino ho solo pensato, o immaginato, o fantasticato, mentre cingevo le ginocchia con le mie braccia. Con la luce non morivo dal freddo, vedevo ciò che mi circondava, le mie percezioni erano offuscate dal tremore del mio corpo ma niente di più. Come se m'importasse di vedere qualcosa, so che la strega cattiva non voleva che io vedessi nulla. Ero solo. Nemmeno lei s'è mostrata. Se fossero calate le tenebre, sarei stato cieco in un angolo gelato, senza coscienza di niente e nessuno. Sarei stato cieco con me stesso. Ed invece in questi giorni sono riuscito a tener d'occhio la prigione, ed a guardare ciò che mi circondava con occhi circospetti. Sorridevo, con aria furba, perché sapevo che se la strega mi avesse visto titubante, si sarebbe divertita un mondo. Ed io ridevo sotto i baffi, sapendo di lasciare in disappunto la strega. Leggiadro, aspettavo. La stanza era rettangolare, da una parte c'era un letto bianco, di quelli che si usavano nelle prigioni. Era bianco perché era congelato. Invece dall'altra parte c'era un urinatoio, ma io mica l'ho usato. Ai piedi delle sbarre c'era un vassoio, congelato, senza cibo. Ero circondato da una cella fittizia, niente funzionava come doveva perché non poteva, era intrappolata nel suo eterno freddo. Sul muro c'era una finestrella, piccola, con le sbarre di ghiaccio per non farmi uscire, ma figuriamoci. A volte mi affacciavo, e vedevo solo bianco. Non m'importava un granché, ero più preoccupato a non farmi vedere triste dalla strega. Ogni tanto intravedevo delle ombre, e dei suoni. Suoni come passi, o sussurri. Qualcuno parlava, erano perlopiù bambini, ma capitava che sussurrassero anche degli adulti, più donne che uomini. A volte ridevano, sommessi, e ridevo anche io di rimando ma non lo facevo apposta. Poi sono riuscito tornare, ma non so dirvi come.
  
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