Prologo
≪Benvenuti ad Haven City, la città
rifugio. Sono il Barone Praxis, suo governatore. Ubbidite alle mie leggi, e
potrete rimanere. Benvenuti ad Haven City, la città...≫. Una voce registrata li accolse
all’entrata, in una giornata piovosa. Un gruppo di saltimbanchi girovaghi, una
famiglia numerosa, che aveva perduto ogni cosa durante una tempesta di sabbia
nel deserto. Il capofamiglia li presentò alle guardie vestite di rosso. Sua
madre la teneva stretta,cercando di evitare che vedesse. Ma lei vide. Vide
troppo, che le segnò l’infanzia per sempre. Vide due uomini, due uomini che
uccisero suo nonno. Ma non riuscì a risollevarsi, i suoi occhi si persero nella
vista di quella guardia vestita di giallo, l’altra era vestita di azzurro, e
non riuscirono più a tornare in sé. Aveva appena quindici anni, che la
marchiarono, e la mandarono con la sua famiglia a vivere nella parte più povera
della città. Kayla era una bella ragazza, ma era povera, ed era un’artista di
strada. Come tutta la sua famiglia per generazioni. Il suo migliore amico era
suo cugino Aloh, della sua età, che la difendeva dai pericoli. I loro genitori
riuscirono a mandarli a scuola, nell’unica scuola della città, l’accademia
militare. E, pur odiando con tutto il loro cuore il barone Praxis, divennero
delle guardie Krimzi.
Capitolo uno
Il mondo di Sophie (sei anni
dopo)
≪Kayla! Vieni subito qui!≫. la ragazza aprì gli occhi,
lasciando che si abituassero al buio della stanzetta. Aspettò la seconda
chiamata della voce del comandante, prima di alzarsi dal letto. Non passò
troppo tempo davanti allo specchio, siccome non sopportava la vista del
tatuaggio, e uscì dalla sua camera. ≪Sì,
comandante Erol?≫.
≪Oggi c’è una nuova retata alla
cattura di clandestini. Desidero che voi facciate parte della squadra.≫. ≪Toccherà anche alla sezione alpha
bi della città?≫.
≪Ho detto che ti voglio nella
squadra. Guiderei una retata nella zona alpha bi con te nella squadra, col
rischio di farti catturare un qualche tuo parente?≫. Kayla mormorò un silenzioso
“grazie”, mentre tornava nella stanza a vestirsi. Odiava le retate. Era un
andare, sfondare porte e prendere gente. Scosse un attimo la spalla della sua
compagna di stanza, nonché sottoposta, Sophie. Era una ragazza molto
complicata. Come molti dei ragazzi che vegetavano nelle guardie, era stata
arruolata perché non esistevano altre scuole ad Haven City. Haven City. La
città Rifugio. La città Prigione. La città dalla quale non potevi fuggire, se
non volevi morire nel deserto.
≪Sophie, alzati. Siamo nella
squadra di Erol per una retata nella zona beta esse. Abbiamo quindici minuti, e
non ho ancora fatto colazione...≫.
≪Vai pure da sola. Io lì non ci
torno. Era il mio mondo, ed è stato sventrato come un pollo. Lì girano circoli
di eco clandestini, scommesse e battaglie tra Wombee. Catturate pure chi vi
pare, ma non costringermi a tornare.≫.
Kayla capì. Era la stessa cosa per lei con la zona alpha bi. Anche se nel suo
quartiere l’unica cosa che girava erano i saltimbanchi. ≪Ci vediamo dopo, allora≫. La salutò.
Mentre usciva, dopo aver
inghiottito velocemente un croissant in mensa, incrociò Aloh, che aveva appena
finito il turno di notte. Era sfinito. Gli anni erano passati per entrambi. Non
erano più i ragazzini che giocavano con delle palline colorate per guadagnarsi
da vivere, ma un uomo e una donna che ogni giorno affrontavano il trauma di far
del male a qualche innocente. O quello, o la morte. O la cattura durante le
retate che ora guidavano. Si infilò il casco accettando di vedere il mondo
attraverso vetri rossi. Era fastidioso, come le placche di ferro sulle
orecchie. Raggiunse all’esterno del palazzo Erol, che era da solo. ≪Sei l’unica puntuale, Kayla.≫. sospirò, mentre leggeva su uno
schedario le mansioni del giorno. ≪Dopo
la ripulita nella zona beta esse, ci tocca una battaglia contro le teste di
metallo alla miniera di eco. Poi sei libera fino a domani. Puoi andare a
trovare i tuoi parenti. ≫.
Kayla rabbrividì. Voleva dire che era prevista una retata anche nel suo
quartiere, e doveva assicurarsi che la sua famiglia non saltimbancasse proprio
in quel momento. ≪Sì,
comandante.≫.
esclamò. Erol si guardò un attimo intorno, notando che mancava Sophie. ≪Ci raggiungerà durante la
battaglia alla miniera. È... la sua zona.≫.
Erol annuì, ricordandosi. ≪Il
barone non lo sa che io faccio stare in caserma i soldati che sono originari
del quartiere sottoposto alle retate del giorno. Se lo scoprisse, penso che ne
andremo di mezzo sia io che Torn. Lui è originario della parte sud.≫. ≪E lei, signore? Da dove proviene?≫. Erol la guardò un attimo, con
un velo di malinconia. ≪Io
non ho famiglia. Io non sono giustificato in nessun luogo, durante le retate.≫. Kayla abbassò lo sguardo,
capendo di aver toccato un tasto dolente nella vita del comandante. Furono
raggiunti dal resto della squadra, salutati con gli occhi dal comandante Torn,
che quel giorno aveva scartoffie da sbrigare, e partirono, chi su l’Hellcat,
chi sulle moto.
Eccolo, il mondo di Sophie. Una
zona piena zeppa di criminalità come di panna nei bomboloni. Ma non fu solo un
andare e sfondare porte. Fu un bloccare gente a terra con una pistola puntata
sulla tempia, fu un frugare in tasche sconosciute alla ricerca di Eco o soldi o
ricevute, e fu un uccidere chi si ribellava. Kayla stava perquisendo un
trafficante di Eco, quando sentì un grido dietro di lei. Si voltò di scatto, e
vide uno dei suoi colleghi a terra con un fiotto di sangue dalla spalla, e un
tossicomane che le correva incontro con un coltello in mano. Fece per portarsi
la mano al fianco, che l’uomo si bloccò, come al rallentatore, e cadeva a
terra, ricoperto di sangue. Erol gli aveva sparato in pieno petto con la sua
pistola. Le lanciò uno sguardo allarmato, mentre lo rivoltava con un calcio e
gli frugava nelle tasche alla ricerca dei documenti. Mentre li leggeva, una
ruga di preoccupazione gli solcò il viso. ≪Accidenti...≫. disse solo, chinandosi a
sentire il battito del tossico. Zero. Era morto sul colpo. ≪Soldato numero 3309, guardi qua.≫. le disse, mentre le lanciava i
documenti. Kayla ammanettò la sua vittima, e lesse i dati essenziali sulla
carta d’identità. Frorio Xinusy. Alzò la testa, senza impedire alle lacrime di
annebbiarle i vetri rossi del casco. ≪Comandante...≫. ≪Già, 3309. Era il padre di
Sophie.≫.
Ecco quello che facevano.
Spezzavano legami, massacravano famiglie, e alla fine, erano comunque loro che
ne pagavano le conseguenze. Loro, perché quelle famiglie a cui sparavano, erano
le loro. L’unica persona che aveva un legame di sangue con la piccola Sophie,
in quel mondo, era stata portata via dalla mano ferma del comandante delle
Guardie.