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Autore: LeGuignol    13/05/2010    9 recensioni
L non dorme mai veramente. Il suo è un temporaneo distacco dalla realtà, compiuto senza nemmeno prendersi la briga di avvicinarsi a un letto. Un mero gesto per assecondare un bisogno fisiologico.
Ho provato a pensare a cosa succederebbe se per una volta decidesse di abbandonarsi veramente al sonno.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EVASIONE

Le dita scivolano rapide sulla tastiera premendo tasti, componendo frasi, registrando sull’hard-disk un flusso infinito di dati. Una moltitudine di nozioni che, come piccole tessere di un puzzle, andranno a sciogliere l’arcano di quel caso criptico che va oltre ogni umana comprensione.
Ma in questo momento i gesti sono guidati più dall’abitudine che da un concreto impegno. La mente naviga altrove.

- Aizawa-san, potrebbe per favore… -.

La frase, pronunciata con poca convinzione e lasciata cadere a metà, si dissolve nel salone della lussuosa suite pervasa dall’apatia della sera inoltrata, dallo scoramento scaturito da giorni di indagini ininterrotte che sembrano non portare a nulla.

- Hai detto qualcosa, Ryuzaki? – chiede il poliziotto interpellato, emergendo da dietro una pila di scartoffie.

- No, non importa -.

Già, meglio lasciare perdere. A cosa servirebbe persistere in quel vano tentativo di ingannare sé stesso fingendo di riuscire a dedicarsi al lavoro?
La verità è che la concentrazione si è presa una vacanza, oggi. E i suoi ragionamenti fanno cilecca. A quanto pare, una cosa del genere può capitare anche a lui.
Forse è a causa della singolarità del caso Kira. Questa volta non basta analizzare la situazione dall’esterno come è sua abitudine fare, ben protetto nella sua corazza di anonimato, manovrando dall’alto i fili dei suoi collaboratori come se fossero burattini. Le circostanze, per la prima volta, l’hanno costretto a scendere in campo personalmente e ad esporsi mettendo in pericolo la propria vita…
Le circostanze? E’ andata proprio così?
No, non può liquidare la faccenda dando la colpa al destino. Si è trattato di libero arbitrio; è stata una sua decisione anticipare il proprio avversario, prendendolo di sorpresa per non rischiare di perdere. Ma forse ha osato troppo, e la conseguenza é l’impressione che la situazione gli stia sfuggendo di mano. Ora il paragone con l’essere diventato lui stesso una pedina, al pari di tutti gli altri, è fin troppo calzante. E, come tale, può essere sacrificato per proseguire la partita.
Ha paura? E’ la paura che blocca il filo dei suoi ragionamenti? Sarebbe un motivo valido, ma la sensazione di L è che sia tutto l’opposto: è l’eccitazione di aver finalmente trovato un avversario alla sua altezza, per il quale è disposto a rischiare il tutto per tutto. Questo caso non si può ridurre a un mero assemblaggio di indizi. Kira gli sta stravolgendo tutte le certezze e i metodi di indagine. Avere un antagonista che riesce a metterlo in difficoltà fino a questo punto è stimolante. E lui per batterlo dovrà mettercela tutta, per soddisfazione personale e per un singolare, bizzarro senso di reciproco rispetto verso quell’assassino che gli sta dando del filo da torcere.
Sotto questo punto di vista anche la paura della morte, assurdamente, diventa un elemento nuovo ed entusiasmante. Un fattore indispensabile per dare ancora maggior risalto alla partita.
E qui gli si presenta un paradosso: se è Kira la fonte di tanta eccitazione, allora la causa della distrazione odierna scaturisce dal fatto stesso di lavorare a quel caso. Le due cose vanno di pari passo.
Se così é, come farà a tornare a ragionare con la consueta freddezza e non rischiare di venire ucciso per un passo falso?
Inutile approfondire, ha la mente troppo confusa perfino per analizzare il proprio stato d’animo. Non si sta facendo nient’altro che un mucchio di inutili seghe mentali, sprecando tempo prezioso. Forse avrebbe davvero bisogno di concedersi qualche ora di sonno.
 
O forse...ha solo bisogno di lei.

Dannazione, non doveva pensarci! Questo era proprio l’unico pensiero da evitare.
Ecco, ora non riuscirà più a togliersi dalla mente quel corpo sinuoso, la testolina scura, il nasino piccolo e ben disegnato, gli occhi misteriosi e impenetrabili che ogni volta sembrano canzonarlo, quegli atteggiamenti pretenziosi da primadonna che tuttavia riescono a stregarlo...
L si guarda intorno; troppo preso dai propri ragionamenti, solo ora realizza che ormai è notte fonda. Nel soggiorno buio della suite rischiarata dalla luce statica dei monitor non sono rimasti che lui e Matsuda-san, addormentato sul divano nel bel mezzo del tentativo di portare a termine la lettura di un interminabile tabulato.

Ha bisogno di vederla. Un bisogno fisico.

Se approfitta di questo momento per andare da lei, ha l’85% di possibilità che nessuno si accorga della sua momentanea assenza. E, dopo qualche momento passato in sua compagnia, potrà sicuramente tornare a dedicarsi al lavoro con la mente di nuovo lucida.
Si alza dalla sedia girevole e, avvantaggiato dai piedi nudi, si avvia silenziosamente verso la camera da letto che non ha mai utilizzato. Almeno, non per dormire.
Chissà se lei starà dormendo? No, impossibile. Era solita bighellonare per tutta la notte, e le abitudini non scompaiono da un giorno all’altro. Nemmeno quando si affronta il cambiamento del passaggio da una squallida vita di strada a un hotel a cinque stelle.
La breve distanza che separa la postazione di lavoro dalla camera da letto gli dà il tempo di ricordare come l’ha incontrata. E’ stata una pura casualità.

Quando quella sera, proprio come questa, ha sentito il bisogno di staccare momentaneamente dalle indagini e si è preso la libertà di vagare nei dintorni, non si era assolutamente preparato a quell’incontro. L’aveva scorta nei pressi di una viuzza secondaria priva di lampioni, illuminata fiocamente dall’insegna di uno dei piccoli negozi di alimentari aperti 24 ore su 24 che si trovavano praticamene ad ogni isolato di Tokyo. Nient’altro che una figuretta smilza, ma dagli occhietti svegli e furbi. Si capiva che avrebbe voluto entrare nel negozio, ma i suoi movimenti incerti facevano intuire che probabilmente era già stata scacciata in precedenza. Non c’era da stupirsi; così sporca e spettinata, vissuta chissà dove per chissà quanto tempo, di sicuro avrebbe potuto permettersi del cibo solo rubandolo.
E, di fame, doveva averne parecchia perché dopo un po’, nonostante il timore di essere scoperta, si era avvicinata ancora, titubante, alla vetrina del piccolo supermarket esponendosi alla luce del neon dell’insegna. Aveva cominciato a camminare cautamente avanti e indietro, dando di tanto in tanto un’occhiata all’interno del negozio, aspettando il momento opportuno per sgattaiolare di nascosto all’interno.
L aveva potuto studiarla con comodo. Nonostante l’aspetto emaciato, quella creatura conservava un’innata eleganza che la vita di strada non era riuscita a cancellare. Qualcosa di nobile nel suo aspetto l’aveva irrimediabilmente attirato. Forse era stato catturato dal suo modo di fare, uno strano connubio di innocenza e malizia. Forse dalla sua giovane età. O forse dal pensiero un po’ meschino del fatto che, ai suoi occhi, anche il poco che le avrebbe offerto sarebbe stato allettante come il paradiso, in confronto alle stradine sudicie in cui era costretta a vivere.
L’aveva osservata attentamente. Ripulita a dovere, avrebbe potuto essere perfino graziosa.
Eh?
A cosa aveva appena pensato? Aveva sentito crescere dentro uno strano desiderio di…possesso. Portarla con sé, farla sua. E la cosa più assurda era che aveva assecondato quel desiderio.
Non poteva crederci, l’aveva fatto davvero!
Si era avvicinato, allungando cautamente una mano e sfiorandola da dietro per attirare la sua attenzione. Forse non era stata una mossa azzeccata. Lei, troppo presa dal profumo di cibo che proveniva dall’interno del negozio, colta alla sprovvista aveva fatto un balzo voltandosi come una vipera verso di lui, sulla difensiva. Ma si era ripresa subito. Lui non aveva un aspetto pericoloso, era abituata a trovare ben di peggio. Le era bastato guardarlo, ed aveva capito: ecco un altro dei tanti. La portavano con loro, si divertivano con lei per un po’, e poi la risbattevano in strada. Qualcuno tentava perfino di farle un bagno o di metterle uno stupido fiocco. Ma almeno ci guadagnava qualche ora di calore e un po’ di cibo.
E la fame era tanta.
Aveva studiato maggiormente l’uomo davanti a sé; dopo tutto, la mano con cui l’aveva sfiorata aveva un buon odore e non c’era nulla di brusco nei suoi movimenti. Il suo atteggiamento era diverso da quello degli individui con cui aveva a che fare di solito; non tentava di allettarla con false moine, se ne stava semplicemente  lì a guardarla come se fosse stata lei a dover fare la prima mossa… Forse era un’esperienza nuova, per lui.
Alla fine, senza emettere un suono, l’aveva seguito.
L l’aveva accompagnata al proprio albergo, facendo bene attenzione che gli addetti al turno di notte non notassero il passaggio dell’intruso. Sarebbe stato imbarazzante dover dare delle spiegazioni, anche perché un certo tipo di compagnia era espressamente vietato in quel posto. Ma il momento peggiore era stato affrontare l’occhiata sorpresa di Watari, venuto premurosamente ad accoglierlo all’ingresso della suite. A quell’occhiata era sprofondato, e contemporaneamente si era dato dello stupido per il disagio provato in presenza del suo collaboratore. Dopo tutto cosa c’era di strano, non era autorizzato a provare anche lui certi impulsi?
Dopo lo stupore del primo impatto, l’anziano signore aveva sorriso sotto i baffi, facendosi da parte per farli entrare.

- Potresti ordinare il servizio in camera? Vorremmo mangiare - aveva chiesto avviandosi con la sua ospite verso la stanza da letto. - Credo che dei piatti a base di carne siano più adatti –.

L richiude alle spalle la porta della camera. Qui, il buio è quasi totale. Non c’è nessuna luce azzurrina di apparecchi elettronici a fendere l’oscurità della notte senza luna. Solo il riverbero delle luci artificiali della metropoli riesce a rischiarare debolmente la stanza, giungendo dal basso fin lassù, al quarantesimo piano.
Il ragazzo si siede sul letto, cercando di sciogliere la tensione respirando profondamente. Non può assumere la sua abituale posizione, non adesso. Non sarebbe comodo per lei, che ama sedersi sulle sue ginocchia. Ma in fondo non è un gran problema se le sue capacità deduttive diminuiranno momentaneamente del 40%. Dopo tutto è venuto qui per rilassarsi, no?
In quell’oscurità riesce a scorgere appena i contorni dei mobili, ma la flebile luce probabilmente è più che sufficiente per la sua ospite. Dove sarà? E’ sicuro che in quel momento lo stia osservando, magari compiacendosi del fatto di non essere vista e preparandosi a tendergli un’imboscata. Anche se a volte sembra altera e distaccata, in fondo è ancora così infantile
E l’agguato non tarda ad arrivare. Improvvisamente L si sente afferrare la caviglia nuda da due zampette vellutate, mentre i dentini aguzzi prendono a masticare la stoffa dei jeans.

- Eccoti qui! – esclama il detective, mentre uno dei suoi rari sorrisi gli incurva le labbra.

Tenta di afferrare alla cieca il gattino che, entusiasta di aver trovato un compagno di giochi, prontamente ingaggia una lotta all’ultimo sangue con le sue mani, finchè non riesce ad acchiapparlo e a posarselo sulle cosce. Si stupisce sempre di quanto sia leggera quella creaturina. Fa scorrere le dita sulla schiena della micia, soffice e inconsistente come un piumino da cipria. Le solletica il nasino con la punta di un dito, e le piccole fauci si spalancano mordicchiandogli allegramente la falange.
Da qualche parte deve aver letto che fare le coccole a un gatto è un’ottima tecnica di relax. Deve esserci un fondo di verità, perché già sente la mente distendersi e le idee tornare al loro posto. Però chi ha ideato quella teoria doveva avere a portata di mano un gatto adulto; con un cucciolo che non ne vuole sapere di stare fermo è tutta un’altra cosa. Infatti, con uno scatto repentino il gattino è sulla sua spalla, poi sulla sua testa. Sembra che trovi estremamente interessanti le ciocche corvine del padrone, più che le sue carezze.
Il ragazzo riesce a districarsela dai capelli e a posarla sulla coperta.

- Ma non hai sonno? E’ tardi! – le dice in un tono che vorrebbe essere di rimprovero.

Inutile. Quella pallina di pelo nero riesce sempre a scioglierlo.
La micia lo guarda interrogativa per poi lanciarsi all’attacco della sua manica, avvinghiandovisi felice con tutte e quattro le zampe.
Ha un sacco di energie, quella pulce! Eppure deve essere stanca: durante il pomeriggio non è stata ferma un attimo. Per tutto il tempo il detective ha sentito un tramestio di sottofondo provenire dalla camera da letto; probabilmente i poliziotti l’hanno scambiato per i rumori prodotti dalle donne delle pulizie nel corridoio o nelle stanze attigue, ma lui sa che la causa di quei tonfi sommessi era la lotta furiosa di un gatto che gioca a fare la pantera con il topo di pezza.
Afferra la micia per la collottola separandola dalla manica e posandola nuovamente sulla coperta. Dopo qualche zampata data per gioco alla mano che cerca di tenerla ferma, finalmente cede alle carezze sedendosi composta e arrotolando la codina intorno alle zampe. L la gratterella sotto il mento, e il piccolo felino, socchiudendo gli occhi, gli regala un ronfare soddisfatto di ringraziamento.
E’ incredibile come la compagnia di quella bestiola riesca a farlo stare bene.
Il ragazzo si sdraia su un fianco, tirandosela vicino e circondandola con le braccia. Quel ronfare ritmico contro il petto è rilassante. Ha il potere di allontanare le preoccupazioni e svuotare la mente. Con un sospiro beato, L si abbandona finalmente al riposo.




Spazio autrice

Ecco cosa succede quando comincio a farmi delle domande sui personaggi di Death Note: saltano fuori queste one-shot assurde XD E’ solo che mi sono chiesta: “ma L riposerà qualche volta? E in che modo?”.  E, complici una vignetta di un manga che sto leggendo in questi giorni e una fanart di cui mi sono innamorata, sono giunta alla conclusione che avete appena letto (ed alla quale ho aggiunto, un po’ troppo presuntuosamente, l’attributo “introspettivo”; ma credevo davvero di poter entrare nella mente di L? XD ).

I pensieri di L che costituiscono la parte iniziale della storia sono volutamente un po’ confusi e OOC; ho voluto dare l’idea di una temporanea “uscita dai binari” di L per giustificare la sua scelta di prendersi una pausa. Per come la vedo io, né quei pensieri né la conclusione sono in sintonia con il carattere di questo personaggio. Però mi piacerebbe sapere come la pensate : )
 
Penso che sia scontato, ma a scanso di equivoci tengo a precisare che questa fanfiction non contiene ASSOLUTAMENTE pairing con animali!!!!

Curiosità: in Death Note il gattino di L esiste veramente. Non si vede mai per il semplice fatto che è nascosto bene!
Comunque, dopo la morte di L il gattino è stato adottato da Sachiko ^^

Visto che ultimamente scrivo solo one-shots e non posso ringraziare chi le recensisce/aggiunge tra i preferiti, lo faccio ora:
grazie a tutti quelli che hanno lasciato una traccia di sé in “Destino” e “Riflessione”. Siete stati davvero carini ^^

P.S: accetto lezioni di grammatica e ortografia : )
   
 
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