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Autore: carrozzella    14/05/2010    2 recensioni
Anno 1214. Fine Battaglia di Bounvines, tra Francesi e fiamminghi, ossia inglesi.
Due ragazzine si trovano intrappolete nella storia, etichettate come temibili avversarie e ora prigioniere, ma...
Questa è una ff mia e della mia amica, spero vi piaccia!!
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Due amiche, due vite, una storia. Anno 1214

Battaglia di Bounvines, Francia.
Guerra tra I francesi e i fiamminghi  - appartenenti sempre agli inglesi- (…) catturati 240 soldati, 70 arcieri e 2 capitani. (…)


Un attimo prima, buio. Non ricordavano cosa fosse successo.  Le svegliò un mal di testa.
Due ragazzine. Avrebbero potuto avere 14-15 anni.
Una di queste si svegliò. Portava capelli che le sfioravano le spalle. Si stiracchiò piano, mentre sentiva sotto di sé la pietra umida. Restò sgomenta.
Cosa ci faceva seduta sulla pietra? Cominciò a guardarsi attorno. Pareva una cella. Un braccio le era stato legato da una catena rugginosa. Stranamente aveva gambe e braccia a pezzi. Non si era mai sentita così stanca in tutta la sua vita.
Poi, all’improvviso, sfiorò il cinturone. Oggetto che lei non possedeva.
Vide che era vestita con una strana e antica divisa. Pareva Medioevale. Annusò l’aria di chiuso. Ma dov’era? E perché aveva addosso quella roba?
In preda al panico si sedette contro il muro. Doveva essere un sogno.
Con le iridi scure fissò la finestra. Si accarezzò i capelli neri. Fuori pioveva. L’umidità era penetrante, e sinceramente le condizioni della “prigione” non erano le migliori. Poteva persino rassegnarsi all’evidenza.
All’improvviso scorse un’ombra buia davanti a lei. Aveva pelle chiara e lunghi capelli neri. La sua amica! Cosa ci faceva lì anche lei? Non le importava, era felicissima di vederla.
-Monica! Sveglia, su!-
Questa continuava a dormire della grossa. Era persino ridotta peggio di lei. Era completamente bardata. L’armatura però le stava bene. Chissà che caldo aveva.
Per fortuna non era sola in quell’inferno.
Dopo pochi minuti anche l’amica aprì gli occhi grigi. Spalancò questi ultimi, e gridò in faccia all’altra che attendeva il suo risveglio.
-Che ci faccio qui?!-
-Non lo so!-
-Ah, ciao Nadia-
-Ciao Mo-
Mo, la ragazza coi capelli lunghi, provò invano di togliere l’armatura. Era pesantissima. Per di più stava facendo un baccano terribile. Le giunture di metallo cozzavano fra di loro. La ragazza notò con orrore che l‘armatura era ricoperta da una patina rossa, quasi nera, in certi punti. Aveva il sospetto che fosse sangue, ma in realtà non voleva sapere veramente cos’ era.
Nadia intanto cercava di alzarsi, cosa non da lei. Eppure era bloccata. Stava cominciando ad aver sete.
L’altra nel frattempo, squadrava male la pesante cintura. Era vuota, ma vari segni provavano l’esistenza di armi.
Mo si elettrizzò. Aveva sempre sognato maneggiare una spada, o un arco. Adorava il medioevo. Anche se in quel momento non poteva fregargliene di meno.
-senti, non saremo mica sole qui dentro, vero?-
Ora Nadia pareva preoccupata. Vero, non potevano essere le uniche “abitanti” delle celle, ma chi erano gli altri?
Dopo alcuni minuti di silenzio si sentirono delle urla concitate. Uomini, decisamente rozzi.
Imprecavano contro  – Si presume- altri prigionieri. Passi pesanti si dirigevano contro la loro cella, sovrastati dalle grida.
Videro un uomo smilzo, quasi viscido. Si piazzò davanti a loro, e le fissò stranito.
Altre due guardie, vestite più o meno come Mo, si presentarono al fianco dell’omuncolo.
Tenevano due alabarde in mano.
-Ebbene, ecco le due persone che tanto ci hanno fatto penare…-
Le ragazzine si spaventarono. Fissarono l’uomo.
-Sono Harbur, il segretario delle amministrazioni generali delle forze armate.-
(Bisogna ammettere che la frase è scenografica.)
Mo e Nadia si guardarono senza fiatare, poi scoppiarono a ridere.
-E questo qua chi è?-
-Ma hai sentito come parla?!-
Harbur parve offeso, ma da avversari di quel calibro non si poteva aspettare di meglio.
Sbuffò, cercando di non perdere il contegno. Erano prigionieri pericolosi, quelli dinnanzi a lui. E se avessero deciso di attaccare sarebbero stati tutti spacciati.
Ignorando i pensieri del segretario, le ragazze si chiedevano se fossero finite in una strana fiction.
Ma l’uomo proseguì.
-Abbiamo bisogno del capitano.-
Posò gli occhi freddi su Mo.
-L’arciere non deve seguirlo.-
La guardie entrarono, fermandosi davanti a Monica. Questa li fissò terrorizzata.
Esitanti, non sapevano come prenderla. Alla fine uno le tese la mano, ma questa la rifiutò.
-Faccio da sola, grazie. Dove si va?-
Questi la fissarono allibiti. Sprezzante del pericolo, il comandante.
-Seguici.-
Nadia sperò in cuor suo che l’amica non facesse nulla di avventato. Ma sapendo che tipo era, avrebbe certo combinato guai. Li vide sparire dietro le sbarre.
Sbuffò, guardando il soffitto.

Mo Seguiva quegli omoni che tanto la terrorizzavano. Era brava a nascondere la paura.
E sinceramente, il più inquietante era Harbur, con quel naso adunco …
Dopo aver percorso vari corridoi, sbucarono al primo piano. Lasciare i sotterranei era un sollievo.
Vide una delle guardie bisbigliare alle orecchie del segretario. Riuscì a capire ben poco.
-Signore, quella è una donna … -
Ques’t ultimo annuì , sconfortato. Mo non riusciva a capire il perché.
E se fossero davvero nel medioevo? Impossibile.
Giunsero ad una porta tarlata, scura e imponente.
Le guardie la aprirono, non senza un po’ di fatica.
Dentro un giovane, seduto davanti al caminetto. La stanza era grande, elegante. Vari quadri decorativi appesi alle pareti.
Spinsero Monica all’interno, per poi chiudere il portone. Queste non sapeva come reagire, di fronte allo sconosciuto.
Questo si girò, rivelando una folta chioma rossa, e due occhi smeraldini. Era molto giovane. Forse due anni in più di lei. Parlò.
-Benvenuto … -
-Sono una femmina.- Disse la ragazza accigliata.
Il ragazzo sorrise.
-Allora ciò che dicono è vero. Nel vostro plotone ci sono anche donne.-
-Non è mica una tragedia, sai?-
Lui non ci fece caso. Si avvicinò, tenendo le mani sui fianchi, vicine alla spada.
Mo non fece nulla, anche perché non aveva armi.
-Siete famose anche per la vostra bravura. Mi sembra davvero strano che delle femmine possano combattere.-
Non doveva dirlo. Mo non sopportava chi riteneva le femmine appunto “femminucce” I maschi non sapevano ciò che erano in grado di fare.
-Ma sentilo! Come ti permetti?!-
Il terrore era decisamente “svaporizzato”.
Il ragazzo sguainò la spada.
-VOI come vi permettete!-
Si avvicinò minacciosamente. Il sibilo della lama riempiva le orecchie della ragazzina. Sprezzante del pericolo, continuò a parlare, fiduciosa nel fatto che al massimo l’avrebbe rinchiusa ancora.
-Oh, signore, dubitate nella forza delle donne per caso?-
Il giovane si fermò, ma non mutò espressione.
-Mi state sfidando? Qual è il vostro nome?-
-Monica. Emh … Casato Magem.
-Ho sentito molto parlare di voi.-
Cosa? Si era inventata tutto a caso! Come poteva conoscere il suo cognome, che per l’appunto  aveva appena inventato?
D’un tratto si sentì importante. Allora erano davvero nel Medioevo? Cavolo, aveva fatto bene ad introdurre parole come “casato”.
Avrebbe solo dovuto dargli del lei.
-Bene. Posso sapere perché sono rinchiusa? Anzi, pretendo di essere rilasciata.-
-Calma.- Disse questo, sorridendo spavaldo. – Siete prigioniera, rammentatelo. Sono io qui che faccio domande.-
-E io mi rifiuto di rispondere.-
Lui la fissò truce.
-Ebbene la terra nemica non vi spaventa. Ma sappiate che anche se siete una donna rimanete comunque un cavaliere. Non mi dispiacerebbe sfidarvi, o magari estorcervi parole secondo le regole della cavalleria.-
-Troppa fifa a torturarmi, neh?-
Monica sentiva dei brividi lungo la schiena, ma non si voleva fermare. Sentiva di dover ribattere, forse per il suo onore, o un carattere a lei sconosciuto, ma doveva farlo. Forse per mantenere viva la laggenda delle due “lady da battaglia”.
-Vi state spingendo troppo oltre. Se non volete davvero passare alla frusta, rispondete.-
La ragazza fissò il giovane. Quello sguardo le incuteva timore. Ma ancor di più una specie di lazo nero attaccato alla cinte di pelle. Frusta.
Cercò di respirare. Doveva giocarsi bene il ruolo.
-Non credo che lo farò. – Disse Mo, anche perché in realtà non sapeva nulla.
-Non rivolgetevi così a me, sergente Hanry de Laci!- Aveva alzato la voce.
Ma era un francese? Non sembrava dall’accento. Strano. Forse viveva sulle terre di confine con i possedimenti delle fiandre o … ma che stava pensando? Lei non sapeva di possedimenti vari. Che fosse impazzita? Probabile. Nomi e stendardi vari le affiorarono in mente pian piano. Ora aveva paura di se stessa. Sentì di poter farcela diplomaticamente contro l’avversario … se solo fosse stata il “comandante” che avrebbe dovuto essere.
-Forse perlerò se … avrò i miei agi.-
Hanry la fissò senza capire. Come poteva chiedere questo un cavaliere?
-Cosa intendete?-
Forse si riferiva ad un territorio. Poi Monica parlò.
-Dovrei andare in bagno.-
Il giovane si soffermò a fissarle il viso. Lineamenti fini, rispetto ad un cavaliere. Occhi grandi che lo scrutavano. Capelli lunghi. Santi numi, era pur sempre una femmina.
Sentendosi a disagio biascicò poche parole.
-Emh … si, vi-vi accompagneranno le guardie. Ma badate a fare movimenti avventati che … -
Vide la ragazza fissarlo truce.
-IO dovrei essere ACCOMPAGNATA IN BAGNO?-
Bhè, e adesso pretendeva che la lasciasse scorrazzare libera per la magione? Quanti anni aveva? 14? Perché non era rimasta dalla sua famiglia, se era così giovane? Perché una femmina si doveva interessare alla guerra? Pure lui l’aveva fatto, e non si era pentito. Aveva molto talento se solo a 16 anni era sergente della forze. O forse merito di suo padre, chissà. Anche Il comandante avversario doveva essere un valente condottiero. Anche più giovane di lui.
Chiamò due guardie,e  portarono quel demonio fuori dalla stanza.
Vide chiaramente il cavaliere scrutarlo prima di sparire dietro la porta.
De Laci stava per inchinarsi, come pretendeva l’etichetta verso le donne, ma si bloccò. Era sicuro che l’avversaria non avrebbe gradito.
Stanco, si sedette su una poltrona. Mettendosi le mani nei capelli pensò a come si doveva comportare con quei tipi di prigionieri. Non che avesse timore del gentil sesso, ma questa volte le femmine sembravano sapersi difendere troppo bene.
Si scaldò vicino al caminetto, fissando la spada luccicante riflessa dal fuoco.




Bhè, speriamo vi sia piaciuta^^ come avete capito scriviamo questa fic assieme! Vi prego, carità a due povere prigioniere, recensite!
  
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