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Autore: Ryta Holmes    16/05/2010    12 recensioni
Il valletto aveva mostrato un sorriso che aveva tutta l’aria di essere un ghigno derisorio. “Ma quando sei diventato il servo del tuo signore, non ti hanno detto niente? I valletti sono chiamati a risolvere tutti i bisogni del proprio padrone. E quando dico tutti… intendo anche quelli.”
Merlino si era posato d’istinto il dorso della mano contro il sedere. “No…” il verso gli era uscito strozzato, perciò aveva dovuto deglutire, prima di parlare ancora. “Voglio dire… no. Non mi era stato detto.”
Sebastian aveva fatto spallucce, pronto ad andarsene. “Strano… tutti i servi lo sanno.”
[Pre-Slash... per dovere di cronaca u_u]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!

Premessa: ci siete riuscite u_u l’ispirazione per una slash, alla fine è arrivata. Ancora non riesco a crederci… ma l’idea è nata così, all’improvviso. E come ogni volta che un parto nella mia testa fa capolino, ecco che devo scrivere. O continuo a pensarci su.
Ora, forse dovete ringraziare il fatto che sia rimasta tutto il giorno senza internet. Perché così com’è uscita fuori questa idea, mi son potuta mettere a scrivere… ed ecco che in meno di tre ore è venuta fuori.
La voglio dedicare a tutti coloro che recensiscono le mie fanfic su questo fandom e in particolare a mindyxx e ad elyxyz e ai nostri carteggi virtuali XD indubbiamente mi fanno male! Ah e a Nemsi, pure. Che quando leggerà questa cosa, mi prenderà per i fondelli a vita! XD

Detto questo… buona lettura!! =)


I DOVERI DI UN SERVO


Quella mattina Artù Pendragon si era svegliato strano. Merlino si era accorto dello stato insolito del suo padrone, quando aveva aperto le tende del baldacchino e si era ritrovato ad osservare un Artù avviluppato in un intreccio di lenzuola quasi avesse lottato per tutta la notte su quel giaciglio, contro una creatura oscura.
Lo aveva richiamato con solerzia più volte, sapendo quanti obblighi avesse in quella giornata l’erede al trono e quanto rischiasse la gogna se per colpa del suo poco impegno, il principe avesse fatto ritardo.
“E’ ora di alzarvi! Vostro padre vi aspetta per la riunione, forza!”
Artù aveva mugugnato con la bocca impastata ed era riemerso dalle coperte in uno stato a dir poco pietoso. I capelli sudati incollati alla fronte, gli occhi appesantiti e il volto arrossato.
Merlino lo aveva osservato un po’ sorpreso per alcuni istanti, gli abiti puliti in una mano e quelli sporchi da mettere nel cesto di vimini, dall’altra.
“Avete per caso la febbre?”
Il principe si era scosso improvvisamente e lo aveva guardato in cagnesco. “Certo che no! Ma che vai a pensare?” l’esclamazione brusca, era stata accompagnata da un balzo sul pavimento, con conseguente lancio delle lenzuola all’indietro. Artù si era passato una mano sulla faccia che poi era passata tra i capelli umidi, sollevandoli.
“Puoi andare Merlino, ci penso da solo stamattina.”
“Ah ma se avete intenzione di fare un bagno…”
“Merlino, ho detto che ci penso io.” Aveva insistito il padrone, la voce che filtrava tra i denti stretti.
“Ma vi ho sempre aiutato…”
“Merlino, esci di qui!”
Al grido imperioso del principe, il povero valletto non aveva potuto che obbedire e se n’era uscito con la coda tra le gambe, borbottando parole imbronciate verso il suo padrone.
Era sceso nelle cucine con tutta l’intenzione di prendersi qualcosa da mangiare. Come sempre, per colpa del suo cronico ritardo, non era riuscito a fare colazione con Gaius, perciò adesso che moriva di fame e il principe lo aveva dispensato dai suoi doveri, l’unica soluzione che gli era venuta in mente, era stata quella di soddisfare lo stomaco che brontolava.
Mentre percorreva i lunghi corridoi del castello, continuava a mantenere quell’aria contrariata che gli aveva non poco minato l’umore.
Perché mai, Artù si era comportato in quel modo? Insomma, fosse stata la prima volta che lo aiutava a farsi un bagno e a vestirsi, avrebbe anche potuto capire. Ma tutta quella voglia di intimità, proprio non si spiegava.
Che fosse stato infuriato per qualcos’altro? Magari voleva rimanere solo e affogare nei suoi dispiaceri?
Dopotutto di brutti pensieri a cui pensare, ce n’erano tanti in quel periodo.
C’era una Camelot da ricostruire dopo l’attacco del Grande Drago, c’era l’amore impossibile con Gwen, c’era la scomparsa di Morgana, rapita dalla sorellastra…
Troppe cose che effettivamente, preoccupavano anche lui non poco. Quindi sì, forse Artù aveva tutto il diritto di voler essere lasciato in solitudine. Probabilmente aveva solo bisogno di riflettere.
Anche se il modo in cui lo aveva visto, al risveglio non trovava ancora una risposta in mezzo a tutti quei ragionamenti…
“Buongiorno, Merlino!”
Il mago aveva sollevato il capo, interrompendo il flusso dei suoi pensieri e accorgendosi di aver raggiunto le cucine. Aveva incrociato lo sguardo di un giovanotto di un paio di anni più piccolo di lui, gli occhi scuri e lucenti, che risaltavano sul viso scarno.
“Oh, buongiorno a te, Sebastian.” Merlino aveva abbozzato un sorriso, mutando la sua espressione contrariata, prima che l’altro potesse fargli qualche domanda che finisse automaticamente per diventare pettegolezzo.
Non era raro infatti, che lì nelle cucine nascessero le storie più strampalate che avevano per protagonisti i nobili del castello, tra reali, dame e cavalieri, e che puntualmente finivano per sfociare in qualche connotazione piccante.
Ora, Merlino non era mai stato un gran pettegolo. E odiava le domande sul suo padrone a cui non sapeva mai come rispondere.
“Sei qui per la colazione del tuo signore?” una richiesta senza troppa importanza per fortuna, era giunta alle orecchie del mago; una domanda di routine per fare conversazione tra servi.
Sebastian infatti, era il valletto di Sir Gaheris, uno tra i cavalieri più veterani di Artù.
“No… a dire la verità sono qui per prendere qualcosa da mangiare… per me…” aveva concluso la risposta con un bisbiglio per evitare di fare della notizia, un affare di stato.
Non che ai servi fosse negata la cucina, ma i cuochi di corte non sempre vedevano di buon occhio la presenza costante dei valletti in mezzo ai fornelli. Perciò potevano approfittare di qualche pasto raramente e senza attirare troppo l’attenzione.
Sebastian aveva annuito con fare complice, mentre sistemava su un piatto di metallo, la colazione per il suo signore. “Sei fortunato ad essere già libero dai tuoi doveri, per poter rubare cibo dalle cucine…”
La constatazione del valletto, aveva contrariato non poco Merlino, che lo aveva guardato male prima di affrettarsi a giustificare la sua presenza lì.
“Guarda che non sto evitando i miei compiti. Il principe voleva rimanere da solo, stamattina e mi ha cacciato via.”
“E come mai?”
“Non lo so, si è svegliato strano…”
Grave errore. Merlino si era accorto di aver parlato troppo, quando ormai la luce negli occhi di Sebastian si era accesa di curiosità.
“Oh! Strano… in che senso?”
Il mago si era fatto indietro, agitando le mani e peggiorando la sua situazione. “Ma non lo so! Forse avrà fatto qualche incubo… forse…”
Sebastian era un ragazzo furbo. Nonostante fosse più piccolo di Merlino era sicuramente molto più scaltro e non per niente era al servizio di Sir Gaheris ormai da diversi anni; il cavaliere mai si era potuto lamentare di quel valletto che era sempre al posto giusto nel momento giusto in ogni situazione.
“… o forse la nottata del principe è stata popolata… da ben altri sogni.”
Merlino si era fermato di botto, sorpreso. Non aveva capito di cosa l’altro parlasse e in più gli era appena passato l’appetito, perché aveva tutta la sensazione che da quella conversazione non ne sarebbe uscito niente di buono.
“Di che parli?” aveva quindi chiesto, un po’ stupidamente. E di fatto idiota si era sentito sul serio, quando Sebastian era scoppiato a ridere.
“Oh andiamo! Non dirmi non ti sei mai svegliato strano, dopo aver fatto certi sogni! Anche tu sei un uomo… o mi sbaglio?”
Merlino se possibile, si era sentito ancora più stupido. Non aveva capito niente, né prima quando Artù lo aveva cacciato in malo modo dalla sua stanza, né adesso, davanti a quel valletto che adesso trovava profondamente irritante.
Sebastian aveva annuito, ancora divertito dall’espressione del mago e poi aveva continuato a disporre pezzi di formaggio nel piatto.
“Vedo che ci sei arrivato… allora ti auguro buon divertimento!”
Lo sguardo di Merlino, si era perso un momento mentre la nebbia che avvolgeva il suo cervello, tornava insistente. Di nuovo non aveva compreso. E di nuovo aveva avvertito quella sensazione di inferiorità verso Sebastian.
“In che… in che senso… buon divertimento?” o forse aveva capito ma semplicemente la sua mente si rifiutava di accettarlo?
Sebastian aveva preso in mano il vassoio, pronto a portare la colazione al suo padrone..
“Davvero non ti è mai successo? Forse perché finora ha trovato qualche rimpiazzo… ma ultimamente la vedo dura.”
Merlino lo aveva osservato sempre più sconcertato, mentre quegli continuava a parlare.
“Sir Gaheris è costretto a ricorrere a me, sempre di più.”
“A… ricorrere a te… ?”
Il valletto aveva mostrato un sorriso che aveva tutta l’aria di essere un ghigno derisorio. “Ma quando sei diventato il servo del tuo signore, non ti hanno detto niente? I valletti sono chiamati a risolvere tutti i bisogni del proprio padrone. E quando dico tutti… intendo anche quelli.”
Merlino si era posato d’istinto il dorso della mano contro il sedere. “No…” il verso gli era uscito strozzato, perciò aveva dovuto deglutire, prima di parlare ancora. “Voglio dire… no. Non mi era stato detto.”
Sebastian aveva fatto spallucce, pronto ad andarsene. “Strano… tutti i servi lo sanno.”
Aveva lasciato Merlino da solo, travolto da quelle parole. Gli occhi sbarrati e la bocca aperta, incapace di contenere lo stupore. La mano era ancora contro le sue natiche come una sorta di protezione.
Non era possibile. Quell’idiota di un valletto si era sicuramente sbagliato.
Forse…

*  

Merlino seguiva gli allenamenti del suo signore, ormai da un bel pezzo. La fronte aggrottata e le labbra imbronciate, dipinte sul suo volto come se fossero state marchiate a fuoco. Perché era tutta la mattina che il giovane non cambiava espressione. E a niente erano valse le domande di Gaius, che si era preoccupato nel vederlo in quello stato.
Merlino aveva eluso ogni risposta e anzi, dopo aver finito di riordinare la stanza del principe e di strigliare i cavalli, si era affrettato là dove Artù era solito allenarsi coi suoi cavalieri, sapendo di doverlo aiutare con l’armatura.
Il principe lo aveva accolto in un silenzio teso che a Merlino non era piaciuto per niente. Inoltre le sue mani avevano tremato, quando era stato costretto a vestirlo, con la conseguenza di farsi persino riprendere un paio di volte, per gli errori commessi su alcuni lacci di cuoio, legati male.
“Possibile che dopo due anni, tu non abbia ancora imparato come si indossa questa armatura?”
Merlino si era beccato l’ammonimento senza fiatare, l’espressione del viso immutata, ma Artù non aveva fatto parola sul suo disappunto, forse immaginando che fosse stato causato dalle grida con cui lo aveva apostrofato quella mattina.
Poi aveva sospirato. E il mago aveva tremato.
“E va bene… non ho altra scelta.” Si era voltato verso il servo con una strana luce negli occhi… che Merlino aveva letto come desiderio.
Deglutendo a fatica, aveva ascoltato quella che gli era parsa una condanna a morte.
“Questa sera, dopo cena, vieni nella mia stanza.”
Non aveva potuto fare altro che annuire brevemente e poi Artù era scattato in avanti, diretto verso il campo di addestramento.
Merlino era rimasto lì, silenzioso e attonito. E preoccupato.
Quel valletto malefico di nome Sebastian aveva ragione. Lo aspettava una serata… che non sapeva nemmeno definire come.
Ora era lì, aggrappato alla staccionata di legno, a fissare il suo signore mentre combatteva contro i cavalieri e dettava loro consigli e ammonimenti perché migliorassero la loro tecnica.
Lo sguardo era volato per un secondo verso Sir Gaheris e pur sapendo che non aveva nessuna colpa, se non quella forse, di ispirare il suo principe, lo aveva odiato. Lui e quel suo servo da strapazzo che lo aveva appena gettato in una baratro.
Davvero avrebbe dovuto offrire il suo… deretano al principe?
Anche quello faceva parte della grande causa per rendere Artù Pendragon il futuro re di Camelot?
Aveva pensato alle parole del Grande Drago, alla storia della medaglia. Si riferiva anche a quello, quando aveva detto che loro due erano legati dal destino?
Una scrollata di spalle, aveva accantonato quel pensiero assurdo.
Era forse impazzito? Certamente una creatura millenaria non andava certo ad interessarsi dei bisogni sessuali di un misero essere umano!
E poi Merlino avrebbe dovuto proteggere Artù, non cedergli la sua parte più intima e inviolata!
Aveva sbuffato per l’ennesima volta e si era coperto gli occhi depressi con una mano, quando tutti quei pensieri erano diventati troppo ingestibili.
L’allenamento di Artù era quasi giunto al termine, eccolo che tornava verso di lui e riponeva la spada nel fodero; presto avrebbe dovuto spogliarlo.
Spogliarlo… come avrebbe dovuto fare lui quella sera.
Nudi.
A fare…
“Merlino dove vai?!”
“A-a sciacquarmi il viso! Torno subito!”

*

In una situazione normale, Artù avrebbe ripreso Merlino, notando che la sua disattenzione era stata decisamente più evidente, quel giorno.
Ma quella non era una situazione normale.
Perché il mago si era accorto che qualcosa di diverso volteggiava nella mente del principe, che era più distratto di lui. Non solo lanciava occhiate sfuggenti qua e là ma non aveva più nemmeno detto nulla di malevolo nei suoi confronti.
Eppure di occasioni ce n’erano state.
Durante un incontro ufficiale con re Uther e la corte, in onore di un nobile ospite proveniente dai confini del regno, Merlino era inciampato nella veste di una delle dame ed era capitombolato davanti a tutti, con buona pace del suo ormai risicato orgoglio.
Mentre molti dei presenti erano scoppiati a ridere e Uther aveva scosso il capo esasperato, Artù si era limitato ad un’occhiataccia e poi lo sguardo ceruleo si era perso tra la corte, con fare assente.
E anche dopo, mentre veniva organizzato il banchetto, Merlino si era esibito in una lunga serie di sbadataggini che avevano: fatto crollare un arazzo decorativo, quando inciampando con la mente persa tra i suoi pensieri, vi si era aggrappato; rovesciare un candelabro, che aveva colpito con il gomito e fatto rotolare giù per una scalinata; e infuriare non poco uno dei cuochi di corte, quando gli era stato chiesto di portare in tavola un vassoio pieno di selvaggina e di questa ne era giunta solo la metà.
Una serie di incidenti che gli avrebbero valso la gogna per almeno cinque giorni, se Artù non si fosse accorto di niente e avesse continuato a farsi i fatti suoi nel più totale mutismo.
Merlino era disperato.
Aveva seguito, reprimendo a stento mugugni scoraggiati, quel banchetto che proseguiva fin troppo velocemente. Solo che, dopo aver rovesciato l’ennesima coppa di vino ed essersi guadagnato i rimproveri di Uther, era stato mandato di corsa, fuori dalla sala.
Cacciato e depresso, se n’era quindi tornato nella sua stanza, in attesa dell’ora fatidica.
Non aveva potuto scordare le parole del suo padrone. Dopo cena, doveva presentarsi nella sua stanza. E immolarsi in nome del destino.
O forse no… forse sarebbe potuto scappare via! Ma certo! Poteva approfittare che fossero tutti a festeggiare, avrebbe raccolto i suoi miseri averi, scritto un messaggio veloce a Gaius e fuggire.
Certo, non sparire definitivamente, magari solo per qualche giorno…
Oppure… perché non ci aveva pensato prima?
Poteva sempre fingersi malato! Artù aveva bisogni impellenti, non avrebbe certo potuto attendere che lui guarisse. Quella soluzione era la migliore, anche perché scappare via sarebbe risultato troppo sospetto.
Ma se poi Artù avesse avuto ancora bisogno… e lui non se ne fosse accorto? Se lo avesse preso di sorpresa? Come avrebbe fatto?
“Cosa devo fareeee….” L’esclamazione si era prolungata in un mugolio disperato, quando si era portato la testa tra le mani.
Non poteva darla vinta al destino in quel modo. Lasciarsi prendere dallo sconforto senza lottare.
E insomma, anche lui era un uomo!
Si era alzato in piedi di scatto, prendendo fiato e aveva gonfiato il petto. Scacciando il pensiero che per fortuna nessuno poteva assistere a quel teatrino tragicomico, si era ripetuto quella frase ancora un paio di volte.
Anche lui era un uomo. E non poteva darla vinta al destino.
“Giusto!”
Certo, non era un cavaliere e la sua forza aveva pur sempre dei limiti… ma insomma! Che uomo era se si faceva prendere dalla paura e pensava persino di fuggire?
“Adesso vado e gli dico che non se ne fa niente! Ecco!”
“Con chi stai parlando?”
Era sobbalzato, quando Gaius era comparso sulla soglia della stanza, l’espressione del viso sorpresa. La cena era sicuramente finita, se il suo tutore era tornato nelle sue stanze.
Merlino si era impettito ancora di più, guardandolo convinto. “A me stesso! Scusa Gaius, ma devo andare a dirgliene quattro al principe!”
Il medico si era limitato a sollevare un sopracciglio, mentre il giovane lo superava diretto verso l’uscita. Poi aveva scosso il capo con un sospiro… augurandosi di non dover andare a recuperare Merlino nelle prigioni, il giorno dopo.
Il mago aveva percorso la strada verso le stanze reali con passo sicuro. Quell’improvvisa ondata di orgoglio e di virilità lo aveva sostenuto anche quando si era ritrovato davanti la porta del suo padrone.
Aveva deciso di opporsi. Era pur sempre un essere umano. E un uomo per giunta! Che trovasse qualcun altro per soddisfare i suoi stupidi bisogni sessuali!
Aveva bussato un po’ troppo forte e non aveva atteso risposta, per entrare nella camera di Artù. E avrebbe iniziato subito a parlare, se non avesse visto il principe intento ad indossare frettolosamente un mantello scuro sulle spalle.
Aveva inghiottito la replica aspra e cambiato velocemente tono di voce.
“Dove state andando?”
Artù si era girato, sul volto aveva ancora quel luccichio di bramosia e sembrava piuttosto di corsa.
“Quel maledetto banchetto è durato più del previsto!” aveva percorso svelto la stanza e avvicinatosi al mago, lo aveva trascinato dentro.
“Ascoltami, adesso devi restare qui a fare la guardia.”
Aveva aperto la finestra e tirato fuori una corda da sotto il letto, con una velocità che aveva impressionato Merlino… o forse era stato così intento a capire cosa volesse dire che non aveva fatto troppo caso ai movimenti dell’erede al trono.
Questi aveva intanto legato un’estremità della corda alla sponda del letto e poi aveva gettato il resto fuori dalla finestra.
“Dove state andando?!” la domanda gli era uscita con un tono forse un po’ troppo isterico.
“Ho appuntamento con una dama, Merlino.” Artù si era sistemato il cappuccio sulla testa, mentre il mago spalancava la bocca.
“Mio padre non vuole che io… abbia questi incontri, diciamo. Teme che qualche dama mi possa compromettere! Ti rendi conto?” la domanda non ebbe risposta, perché Merlino era rimasto impietrito sul posto e senza parole. “Ma lui ormai è vecchio! E non capisce certi… bisogni. E’ tutto il giorno che cerco di trovare una soluzione, senza che fargli capire le mie intenzioni!”
Artù si era aggrappato alla corda e poi era balzato sul davanzale, lanciando un ultimo sguardo a Merlino. “Se le guardie ti hanno visto, ti crederanno impegnato con me. Mio padre è pur sempre sospettoso! Io tornerò tra un po’!” e poi era sparito dalla vista del giovane mago.
Merlino era ancora fermo nello stesso punto in cui era stato trascinato dal principe. Quell’onda di orgoglio che prima lo aveva animato, si era spenta in un soffio come fosse stata la fiammella di una candela.
Aveva fissato per un poco la finestra aperta, ormai vuota e alla fine aveva sospirato, andando a sedersi sul bordo del letto.
Ancora una volta, non aveva capito niente.
Era ovvio che Artù andasse in cerca di donzelle e non di valletti. Il principe era la figura più virile che conoscesse e soprattutto con la bellezza e la prestanza di cui disponeva, difficilmente avrebbe trovato ostacoli nel cercare una gonna da sollevare.
Probabilmente quel servo maledetto, quel Sebastian si era semplicemente preso gioco di lui. Adesso era quasi sicuro che in realtà Sir Gaheris non avesse mai abusato di lui.
Si era lasciato fregare, abboccando all’amo ingenuamente e bevendosi quelle raccomandazioni che gli erano state fatte al mattino.
E cos’è che sentiva adesso?
Delusione?
Si era alzato in piedi di scatto, di nuovo. E poi aveva scosso il capo con veemenza.
Era impossibile! Come poteva essere deluso da un scoperta del genere?
Era sollievo, quello che doveva provare!
Misurò la stanza a grandi passi andando avanti e indietro e intanto tormentandosi i capelli con una mano.
Ma sì, ma cosa andava a pensare. La delusione era per aver creduto alle parole di quel Sebastian, era ovvio!
Tanto più che si era diretto in quella stanza con il solo scopo di negarsi in qualsiasi maniera al principe!
Che senso avrebbe avuto adesso, sentirsi deluso da una situazione da cui voleva fuggire?
“Merlino, sei un idiota. Adesso puoi stare tranquillo.” Aveva parlato a se stesso, provando a sorridere.
Eppure quel senso di ansia che premeva sullo stomaco… che cosa voleva dirgli?

La porta si era aperta di scatto. Due guardie dall’aria impassibile scortavano un Artù particolarmente contrariato. E Merlino era rimasto decisamente sorpreso nel rivedere il principe in così poco tempo… quando un pensiero aveva fatto capolino nella sua testa.
Le guardie lo avevano salutato e poi si erano richiuse la porta alle spalle.
“Che cosa è successo?”
Artù aveva lanciato il mantello sul tavolo e aveva sbuffato infuriato. “A quanto pare mio padre è più furbo di quel che credevo. Aveva capito le mie intenzioni e mi ha fatto precedere dalle guardie.”
Merlino aveva sbattuto le palpebre e aveva cercato di non ridere dell’espressione sul viso del principe.
“Cioè vorreste dirmi che vi ha vietato di andare a… caccia di donne?”
“Così pare.” Era stata la risposta contrariata del giovane erede al trono. “E adesso cosa pensa che io faccia?”
Merlino si era morso la lingua. In realtà una risposta a quella domanda ce l’aveva ma aveva preferito il silenzio perché non era del tutto sicuro, che avrebbe potuto consolare Artù.
Che quel babbeo di un principe avrebbe trovato da solo la soluzione, prima o poi?
Difficile…
Forse sarebbe stato più facile sperare nel buon cuore di Sir Gaheris e aspettare che fosse lui a spiegarglielo.
Le lamentele di Artù sulla sua sbadataggine, erano riecheggiate nella stanza, quando Merlino era inciampato nella tenda del baldacchino, finendo a terra. Ma il giovane mago era improvvisamente diventato sordo.
Il suo cervello gli giocava brutti scherzi. Aveva detto… sperare?!

FINE

Ci siete ancora?? XD
E’ una schifezza, lo so. In fondo non si potrebbe nemmeno dire che è una slash. Ma da me non avrete di più… per ora =P
Se mi verrà in mente qualcos’altro scriverò! ^^
Fatemi sapere cosa ne pensate, che ci tengo! Anche per smontarla ben bene XD non me la prendo!
Per tutti coloro che seguono l’altra mia fanfic “So cosa hai fatto”, sappiate che procede sempre e che pubblicherò presto il prossimo capitolo! E per chi ancora non l’ha letta, vi consiglio di farci un salto! (che tanto i protagonisti son sempre quei due XD)
Un bacione a tutti e ringrazio già chi leggerà questa one-shot!
Byeeeeee
Ry
   
 
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