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Autore: Eternal    19/05/2010    6 recensioni
Avete presente le zecche? Quei fastidiosi esseri che si attaccano come parassiti sul corpo e succhiano il sangue della persona o dell’animale per sopravvivere, e se ne stanno là, immobili, radicati sulla pelle e non accennano a staccarsi per nulla al mondo? Ecco, lui era così.
Era proprio simile ad una zecca.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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*Coff* Ecco che mi ritrovo a postare una storia, addirittura a capitoli. Ma fare le gite a Roma mi fa veramente male, devo dire. Comunque ringrazio tantissimo JunRotfl e la mia croissant alla crema per averla letta in anticipo e controllato gli errori di battitura e quelli grammaticali, e naturalmente ringrazio chiunque leggerà il capitolo ed eventualmente la storia.
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Nada valgo sin tu amor

Avete presente le zecche? Quei fastidiosi esseri che si attaccano come parassiti sul corpo e succhiano il sangue della persona o dell’animale per sopravvivere, e se ne stanno là, immobili, radicati sulla pelle e non accennano a staccarsi per nulla al mondo? Ecco, lui era così. Era proprio simile ad una zecca.

Un giorno di primavera, come di consueto, mi stavo recando al mio negozio di fiori per l’apertura mattiniera e dinnanzi alla vetrina c’era lui. Pensavo fosse lì di passaggio e non ci feci più di tanto caso, ma poi, dopo che ebbi girato la chiave nella serratura, aperto la porta e messo fuori i fiori, lui era ancora lì.

« Salve. Vuole comperare qualcosa? »

Mi fissò, senza rispondere, con un sorriso talmente grande che non pensavo fosse umanamente possibile produrre. Nonostante la sua espressione allegra continuava a non parlare e ciò mi scocciava non poco.

« Allora! Mi risponde? »

Niente. Sorrideva e basta. Al che mi venne un dubbio: magari era straniero e non mi capiva, dopotutto Roma pullula di turisti.

« Erhm… Do you speak English..? »

Il suo atteggiamento cambiò di poco. Il sorriso era sempre vivo e compì un unico movimento: fece segno di no con la testa. Basta. Era inutile provare ad instaurare una conversazione con un cretino simile. Mi voltai ed entrai nel negozio, con gli stranieri non volevo aver nulla a che fare. Mi sedetti su di uno sgabello e sbirciai di fuori. No, non se ne andava. Osservandolo meglio, in effetti, non aveva i tratti da inglese – anche se avrebbe potuto conoscere la lingua ugualmente -. Per lo meno ero sicuro non fosse di origine ‘crucca’, e questo portava un punto a suo favore, perché con quella chioma scura e quella pelle abbronzata era geneticamente impossibile. A dire il vero non me ne fregava assolutamente nulla di chi fosse quel tizio, però in quel momento era davvero la cosa più interessante della giornata. Mi girai per curare alcuni fiori che avevano bisogno di acqua e quando con la coda dell’occhio cercai l’insolita figura, quella era sparita. Non so bene il motivo, ma un poco mi dispiacque. Ecco, passò la giornata alla solita maniera ed alle sette di sera, puntuale come sempre, chiusi bottega e feci per tornarmene a casa. Per raggiungere la mia dimora dovevo salire quella maledetta scalinata di quella maledetta piazza. Al mattino scendere i molteplici gradini non era un grosso problema, ma alla sera risalirli risultava piuttosto difficoltoso e ad andarmene da piazza di Spagna impiegavo il doppio del tempo. Saliti un buon numero di scalini ero solito stiracchiarmi un poco voltandomi ad osservare il mio negozio dall’alto. Lo feci, ma il mio sguardo si fermò poco più avanti alla mia fioreria: quell’uomo era di nuovo là. Non osservava la mia vetrina questa volta; Stava osservando me. Ora, non so bene cosa mi prese in quel momento, fatto sta che mi voltai di scatto e cominciai a correre veloce. Giunsi a casa in meno tempo del solito ed anche più stanco. Quella notte non dormii per nulla.

***


L’indomani mi alzai di presto. Non avevo dormito quasi per nulla così passai in bagno una buona parte di tempo cercando un modo per farmi sparire quelle dannate occhiaie. Non feci colazione ed uscii di casa. Nonostante cercassi di distrarmi in tutti i modi possibili i miei pensieri erano rivolti tutti a quello straniero. Mi domandavo se l’avrei nuovamente trovato di fronte al negozio e come mi sarei comportato se fosse stato ancora lì. E se invece non ci fosse stato? Se non l’avessi rivisto mai più? Non capivo, mi stavo tormentando per una questione inutile! Non avrebbe di certo cambiato la mia vita! O almeno così mi veniva da pensare…

Girai l’angolo, scesi velocemente le scalinate e fui in piazza. Lui non c’era. Sospiro di sollievo. Perché poi lo feci non me lo saprei ben spiegare nemmeno ora. La paura di rincontrarlo mi aveva tormentato per tutta la notte. Perché paura? Non ne ho idea. Ma quel sollievo, sì, era misto a delusione. Ero in un certo senso curioso di conoscere qualcosa in più su quell’individuo. Aprii dunque la fioreria ed entrai a sistemare qualche pianta bisognosa di particolari cure. Passarono decisamente pochi minuti prima che la campanella annunciatrice dell’arrivo di un cliente posizionata sulla porta suonò.

« Buon gior… »

…no.. Ci avevo pensato fino a poco prima. Non poteva essere! Era una mia immaginazione. Mi stropicciai gli occhi – chissà che non avessi davvero le allucinazioni -, ma la figura non scomparve. Anzi si fece più nitida. Era lui ed era nuovamente di fronte a me. Sorrideva, esattamente come il giorno prima, ed intanto si avvicinava.

« Ma chi sei? Che cosa vuoi? »

Ero incomprensibilmente spaventato e lui non parlava. Sorrideva e basta. Indietreggiai di qualche passo. Ad un tratto si fermò e con la solita espressione aprì bocca.

« Mi scusi, ha mica dei pomodori? »

Il suo accento era strano, la sua ‘esse’ piuttosto accentuata. Masticò la lingua italiana con fatica. Ma cosa mi aveva chiesto? Dei pomodori? No. Quello mi stava decisamente prendendo in giro. Mi venne spontaneo, una reazione non controllata. L’annaffiatoio che avevo in mano ora si ritrovava a volare in direzione di quel tizio.

« Questa è una fioreria! Cretino! »

Riuscì a schivare il colpo e con un passo veloce si nascose dietro a qualche vaso alzando le mani in segno di resa. Inarcai un sopracciglio.

« Ma tu hai qualche problema… »

Da dietro la magnifica fioritura delle rose sbucò il suo volto con quella solita espressione indelebile. Lo avevo insultato, avevo tentato di accopparlo con un annaffiatoio: cosa ci trovava di tanto divertente? Ma, in effetti, quello non era un sorriso divertito. Piuttosto era un sorriso… benevolo? Non sapevo proprio come interpretarlo.

« Lo so, lo so. Lo siento. E’ tutto ieri che penso ad una frase per fare ingresso nella tua vita. »

Uscì definitivamente allo scoperto con un’aria che a me pareva soddisfatta. Con ciò che disse, con la seconda volta che mi fece udire la sua voce, io non seppi cosa rispondere. Era davvero bella, la sua voce. Intanto riprese ad avvicinarsi a me, ma questa volta il suo comportamento non provocò alcuna reazione da parte mia.

« Come ti chiami, chico? »

Oh, che fastidio. Quel tipo mi prendeva alla sprovvista, ed io detesto essere preso alla sprovvista. Mi guardava dritto negli occhi e per quell’attimo in cui sostenni lo sguardo ne notai il magnifico colore: due splendidi smeraldi. Passarono alcuni secondi prima che riuscii a dare risposta.

« Lovino… »
« Oh, ma che nome carino! »
« Ma allora lo parli l’italiano… »
« Uhm, sì. »
« E allora come mai ieri non rispondevi? »
« Beh, te l’ho detto prima! Stavo pensando ad una frase per fare ingresso nella tua vita. »

Se poco prima ero inquietato da quell’uomo, ora ero completamente scioccato.

« Tutto il giorno hai pensato ad una frase e la migliore che hai trovato è stato domandarmi se avessi dei pomodori?! »
« Eh già! »

Sorrideva lui. Bah! Doveva avere qualche rotella fuori posto. Eppure mi incuriosiva. Sì, gli chiesi a mia volta come si chiamasse. Merda. La mia rovina creata da me stesso.

« Antonio Fernandez Carriedo. »
« Spagnolo? »
« Esatto! »

Sembrò compiaciuto dal mio riconoscere la sua nazionalità. Era probabilmente uno di quegli sfigati “fieri dell’appartenenza alla propria patria”.

« Sei a Roma in vacanza? »

Annuì. Oh Dio, stavamo conversando ora! Io non volevo averci nulla a che fare! No, no, no. La mia mente diceva “Caccialo dal negozio!”, ma la mia voce continuava a fuoriuscire dalla gola e non voleva sentire ragioni. Faceva tutto da sola! Lo spagnolo incominciò a ridere. Avevo forse fatto un’espressione buffa?

« Non lo trovi divertente? »
« Eh? »
« Intendo: uno spagnolo in piazza di Spagna! »

Ed eccolo che riprendeva a ridere, più forte di prima. Tanto valeva assecondarlo. Abbozzai un sorriso, ma appena appena.

« Ma allora sai ridere! »

Non avrei dovuto farlo! Si entusiasmò un po’ troppo per i miei gusti. Così tanto che, in un solo rapido gesto, troncò quel metro che ci separava e… mi abbracciò! Certo, giusto il tempo di focalizzare la situazione – una frazione di secondo – per attivarmi e respingerlo via bruscamente.

« Ma cosa fai!! »

Rimase sorpreso dalla mia reazione. Forse gli spagnoli abbracciano a caso la gente.

« Ti abbraccio, perché? Non va bene? »
« No! Per niente! Manco ti conosco! »
« Certo che mi conosci! »
« Ooh, ovvio. Ti chiami Antonio e vieni dalla Spagna. Cazzo! So tutto di te! »
« Perché? Ti occorre sapere altro? »

La sua espressione mutò così velocemente che nemmeno me ne accorsi in quel momento. Non so bene come poteva essere interpretata… Innanzitutto era più seria di quella sfilza di sorrisi che fino a quel momento aveva sfoggiato, però non era un ‘serio’ nel vero senso della parola. Non un serio sorpreso, non un serio arrabbiato, non un serio triste. Era piuttosto un serio “malizioso”? Oh cielo, dovevo star risentendo proprio del sonno arretrato di quella notte. E nel momento in cui abbassai lo sguardo, sia per non sostenere il suo, sia per cercare una risposta che potesse sembrare in un qualche modo sensata, lui si voltò e mosse dei passi verso l’uscita del negozio. Rialzai il volto sentendo la solita campanella, segno che la porta era stata aperta.

« Allora ci vediamo domani, Lovino. Così scoprirai dell’altro su di me. »

Groppo in gola. Domani? Aveva davvero intenzione di ritornare? Ma io non volevo conoscerlo! Io non volevo averci nulla a che fare!

« ¡Nos vemos! »
« A…Aspetta! »

Troppo tardi. Era già lontano e, in pochi secondi, sparito tra la folla. Sarebbe tornato l’indomani. Io non volevo scoprire proprio un bel nulla su di lui! Assolutamente nulla! Allora perché tutto il resto del giorno ed ancora alla notte non feci altro che pensare a quello spagnolo? E come mai la consapevolezza di rivederlo mi agitava e tranquillizzava allo stesso tempo? Sapevo che l’avrei rivisto, quindi in un certo senso non mi rodevo con domande simili a quelle della nottata precedente, però il giorno dopo a faccia a faccia con lui che avrei fatto? Come mi sarei comportato? Maledizione.

  
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