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Autore: Amy Dickinson    20/05/2010    4 recensioni
Ciao a tutti ^_^
ecco il primo capitolo della mia fanfiction ispirata a Lamù... non è un granché... ma spero possiate comunque gradirla :) Ho cercato di ricalcare il più possibile il carattere dei personaggi e lo stile di Rumiko Takahashi cercando però, in qualche modo, di reinventarlo a modo mio... ad ogni modo voglio preventivarmi con l'avvertimento OOC, specialmente per i personaggi di Rei e Ran che, al contrario degli altri, sono proprio fuori del loro personaggio originale. Niente di pretenzioso comunque, vi auguro buona lettura ^^
Amy
Genere: Commedia, Demenziale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atarù Moroboshi, Lamù, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LAMù 9

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 Capitolo 16
Epilogo

Ataru chiese a Ran e Rei di accompagnarlo a casa di Lamù, poiché aveva deciso di partire subito.
Nonostante le insistenze di Ran non aveva voluto dire altro.
Quando raggiunsero la grande casa di Lamù, Ataru salutò i ragazzi.
“Sicuro che sia quello che vuoi?”
“Non lo so Rei, davvero, stavolta non so dirti…”
“E allora rimani, riflettici su ancora un po’…” fece Ran, un po’ frustrata dalle non-risposte di Ataru.
“Non è il caso Ran”
“Ma perché no? E poi perché non hai più voluto dirci quella cosa per cui ci avevi chiamato?”
“Tesoro non lo forzare” le disse Rei “dobbiamo rispettare la sua scelta, e anche Lamù dovrà farsene una ragione”
“Giusto” aggiunse Ataru.
“Allora noi ti lasciamo”
“Venite a trovarmi qualche volta”
“Beh ma adesso hai la tua astronave, puoi farlo anche tu…”
“Ad essere sincero non so ancora bene come usarla…però contateci”
“Bene”
“Grazie di tutto”
“Non ringraziarci, infondo non abbiamo fatto nulla, abbi cura di te”
“Anche voi e…statele accanto”
“Certo”
Si strinsero la mano e poi Rei e Ran salirono sulla loro astronave e se ne andarono.
Ataru allora si volse verso la casa di Lamù e con un sospirò pensò:
*Ci siamo…se non la vedo da una parte è meglio, sarà meno doloroso…* e così entrò.


Lamù era sdraiata sul suo letto a baldacchino, raggomitolata su se stessa, abbracciata ad un cuscino color avorio. I capelli sparsi disordinatamente sul copriletto, il viso sepolto sotto le braccia, singhiozzi profondi facevano sussultare il corpo con un ritmo scomposto e convulso.
“Sii forte Lamù, puoi farcela!” le avevano detto Benten e Oyuki, ma lei sapeva che lo avevano detto sì per cercare di confortarla, ma anche perché non avevano nulla da dire, perché in fondo non c’era altro da dire.
Non poteva andare diversamente da come stava andando.
Ci sarebbe voluto un miracolo per cambiare la situazione.
Ma Ataru non sarebbe mai tornato sui suoi passi, lei avrebbe dovuto farsene una ragione.
Ma pur sforzandosi con tutte le sue forze, non ci riusciva.
Quel donnaiolo terrestre era stato tutto per lei, dalla prima volta che si erano incontrati, sino a quel momento in cui stavano per darsi l’addio.
Lamù si tirò su a sedere, si strinse nelle ginocchia e tirò su col naso.
*Ormai non manca molto, fra poche ore Ataru se ne andrà…per sempre…solo una notte ci divide…soltanto una e poi…basta…nulla più…*
 Si alzò poi dal letto e con un sospiro si guardò allo specchio e notò che gli occhi erano visibilmente arrossati. Allora si sedette e iniziò a coprire i segni con del trucco, e fortunatamente l’arrossamento era davvero lieve, la copertura funzionava. Questo la rincuorò almeno un po’.
*Non voglio farmi vedere così, non voglio complicare le cose più del dovuto, devo essere forte* pensò.
Poco dopo uscì dalla stanza, diretta in cucina, per placare l’arsura della gola, ormai del tutto asciutta.
Nello spostarsi lì incontrò lo sguardo di Ataru che stava bevendo da un bicchiere a sua volta.
“Quando sei tornata?” chiese, in tono indifferente.
“Per quel che te ne importa…sono tornata poco fa” rispose, cercando di mascherare la stessa freddezza, sebbene il timbro nasale della sua voce tradisse il fatto che aveva pianto fino a un minuto prima.
“Come sapevi che sono uscita?” domandò poco dopo.
“Il tuo ufo ha superato quello di Ran durante un tratto di astrostrada
“Capisco…e tu dove sei stato invece?”
“Non sono fatti che ti riguardano!”
“Non c’è bisogno di essere così sgarbato”
“Se tu continui ad essere così invadente non puoi pretendere che sia gentile”
“Non è questione di gentilezza, ma di educazione”
“Stai  forse insinuando che non sono educato?”
“Non lo insinuo, lo dichiaro apertamente”
“Ho fatto proprio bene a cambiare idea sulla mia partenza, lo sai Lamù?” *Dille che non parti, diglielo…diglielo!*
“Cosa vuoi dire?” chiese con un filo di voce mentre un barlume di speranza si faceva vivo in lei.
*Diglielo…dille la verità…maledizione, Ataru!* “ Ho deciso di partire stasera stessa”
Lamù, che si stava versando dell’acqua nel bicchiere per dimostrare indifferenza, rimase sorpresa e fece cadere l’acqua per terra, scioccata dalla risposta.
*No…non può essere…*
*Dannato codardo!*
“Capisco…non ce la fai proprio a stare qui, non è vero?”
“Proprio così…non ti sopporto più”
La oni si chinò e si mise ad asciugare l’acqua sul pavimento, tentando con tutta se stessa di non dimostrare sentimenti.
“Bene, e quando avresti intenzione di partire di preciso?”
“Il tempo di raccogliere le mie cose e partirò, ci metterò al massimo dieci minuti”
“Bene, allora ti saluto, io ho da fare” la risposta fu secca e tagliente, forse anche più del dovuto “fai buon viaggio”
“Grazie, saluta i tuoi genitori e ringraziali di tutto”
“Fai lo stesso con i tuoi, ciao Ataru”
“Addio” così dicendo le strinse la mano velocemente e andò in camera sua a prendere la giacchetta con la zip ed il portafogli.
Quando gettò un’occhiata alla cucina si accorse che era vuota e così mise la mano sulla maniglia della porta e si bloccò un istante, guardandosi indietro.
*E’ davvero così che deve andare? Lamù…ti prego, non permettermi di partire…non è quello che voglio…non posso farcela da solo* pensò, ormai sconsolato.
Attese qualche istante, ma Lamù non era lì e non lo avrebbe fermato, forse aveva perso qualsiasi interesse, non le importava veramente se partiva, anzi per lei sarebbe stata certamente una liberazione, si disse, fra sé e sé.
Deglutì a fatica e uscì dalla casa, chiudendosi lentamente la porta alle spalle.
Scese in cortile con una lentezza innaturale e iniziò a preparare l’astronave, cercando di ricordare le istruzioni che lo scienziato che l’aveva costruita gli aveva detto poche ore prima.


Non appena Ataru l’aveva salutata, Lamù era corsa a rifugiarsi nella sua stanza e, una volta chiusa la porta, la sua maschera di indifferenza si era sciolta e aveva lasciato via libera ad una sconsolata tristezza che le faceva male anche dal punto di vista fisico.
Le mani coprivano il volto, ma le lacrime si rifiutarono di uscire ed il dolore rimase insito in lei che nemmeno poteva più sfogarlo.
*Ataru…non partire…non ora, ti prego…*
Pochi istanti dopo le venne in mente il suo diario che avrebbe potuto permetterle un modo per sfogarsi, e così si alzò dal pavimento per andarlo a recuperare nella borsetta che aveva indossato nel giorno dell’appuntamento con Alec.
Una volta che l’ebbe trovato si procurò una penna e iniziò a scriverlo.

Caro diario,
oggi è la giornata peggiore della mia vita.
Ataru fra poco partirà, se ne tornerà sulla Terra e io sarò costretta a cancellargli la memoria e far sì che si dimentichi di me…E’ terribile, non so davvero perché tutto questo accada…non so il perché accada a me, a noi…
Io credevo che un giorno mi avrebbe davvero capita, credevo che tesoruccio e io alla fine ci saremo sposati veramente e avremmo vissuto la nostra vita felicemente, sempre insieme…e invece…
Non voglio stare senza di lui, non è quello che desidero…vorrei che fosse un incubo, un orribile incubo dal quale svegliarmi…che triste destino il mio…sto così male che…non so nemmeno io come comportarmi…io…voglio il mio tesoruccio…voglio il mio tesoruc

Dovette fermarsi un attimo poiché le mancava il respiro, nel farlo, con un movimento improvviso, spostò il diario che cadde dal bordo del letto, riversandosi sul pavimento.
Lamù, pochi istanti dopo, si chinò a raccoglierlo e lo riappoggiò sul letto, impugnata la penna stava per continuare a scrivere, quando si accorse che il diario era aperto ad un’altra pagina che non recava la sua scrittura precisa e ordinata, piuttosto una grafia marcata, piena di cancellature, molto grossolana e rude.
La bella oni sgranò gli occhi dallo stupore.
Soltanto Ataru scriveva in quel modo.
Ma non poteva essere! Come sapeva lui che teneva un diario?
L’aveva forse spiata?
E come lo aveva preso se non mettendo mano nella sua borsetta?
E poi, per quale motivo ci aveva scritto sopra poi?
Eppure tutto ciò non le importava davvero, ora voleva solo sapere cosa aveva scritto, sperando non si trattasse di insulti e cattiverie cui invece il ragazzo era solito.
Deglutì e lesse.

Cara Lamù,
scusami se ho preso il tuo diario e se ci sto scrivendo sopra, ma non ho trovato altro e mi premeva lasciarti un messaggio, sperando che tu non incenerisca il foglio con le tue scariche elettriche.
A quest’ora sarò già tornato nella mia casa, a Tomobiki, nella mia umile casa, assieme ai genitori che non mi hanno mai amato, e sfortunato come non mai correrò di nuovo appresso a tutte le ragazze carine che incontrerò, beccandomi l’ennesimo ceffone e l’ennesimo insulto, niente di più meritato.
No ti prego, non arrabbiarti, sto scherzando, non credo che avrò più interesse per altre donne. Probabilmente non mi credi, plausibile, come potresti credermi dopo tutto il male che ti ho fatto?
Eppure devi credermi, Lamù, non mi interessa nessun’altra all’infuori di te.
Lo so con assoluta certezza, anche se avrai già provveduto a cancellarmi la memoria, io non mi dimenticherò di te, non lo farò mai.
Prima di dirti il perché, ci tengo a dirti un’altra cosa, anche se ormai è tardi, troppo tardi… scusami.
 Scusa per tutte le volte che ti ho fatto soffrire, arrabbiare, ingelosire, preoccupare inutilmente, piangere e stare male per uno come me. Scusami se non sono mai stato in grado di essere un fidanzato come avresti voluto tu, come sei tu, o meglio dire…come eri.
Scusami per tutto, non ho il diritto di chiedertelo, però ti prego davvero di scusarmi per ogni mia mancanza e per ogni mia malefatta.
Con questa umilissima lettera non spero affatto di aggiustare le cose, sono sempre stato uno sbruffone ed un arrogante, ma credimi non ho questa pretesa, sarebbe da presuntuosi e da sfacciati, e io non voglio più essere così, perché è essendo così che ti ho perso, è così che ho distrutto tutto fra noi, e per di più con le mie stesse mani, come ho sempre fatto, ma stavolta il mio egoismo e la mia ipocrisia hanno raggiunto l’apice.
Ma come posso tornare indietro?
Come posso sperare, pretendere che tu mi perdoni dopo tutto questo?
E’ impensabile, impossibile.
Lo so.
 Eppure non smetto di sperare, non chiedermi di farlo perché non ci riesco, è più forte di me.
Sarebbe bellissimo se potessi evitare, nel caso in cui tu non l’abbia già fatto, di cancellarmi la memoria, perché ti ho detto una bugia… io voglio ricordarmi di te, voglio ricordarmi del giorno in cui ci siamo incontrati, della sfida e di tutto il resto, voglio ricordare tutto, perché altrimenti nel mio cuore resterà un vuoto incolmabile e doloroso legato a ricordi che non riuscirò ad evocare.
Vedi Lamù io voglio ricordarti, con tutti i tuoi pregi e difetti, sì, soprattutto i tuoi difetti, non voglio tralasciare nulla che ti riguardi.
Per la prima volta vorrei essere davvero sincero con te.
Quando ti dicevo che non mi importava nulla di te, che non mi interessavi affatto, che erano le altre che volevo, che non vedevo l’ora te ne andassi, che non ti volevo fra i piedi, che non ero felice quando tornavi da me dopo i nostri litigi…era tutto falso.
Io non so dirti il motivo per cui mi comportassi male con te, mi nascondevo sempre dietro i miei ormoni impazziti e li usavo come scusa per tutto.
Mi dispiace se non sono mai riuscito a dimostrare quanto tu valga per me.
Tu sei una persona eccezionale, bellissima, sensuale, semplicemente fantastica…ma soprattutto unica. 
Lamù io ho sbagliato, sempre, su tutta la linea.
Non me ne sono reso conto e tu sei l’unica che stava male, perché dietro la tua forza, apparentemente inesauribile, si nasconde una donna davvero fragile in tutta la tua sensibilità.
Lamù, cara, chiederti scusa è troppo poco ma in questo momento non so cos’altro fare…credimi, sono disperato.
Non so come fare per tornare indietro, sarei uno stupido a confessare tutto, e poi credo che tu non mi perdoneresti comunque e credo che anche se impedissi tutto questo tu non accetteresti mai di tornare insieme a me. Mi fa male, ma so che è così e soprattutto me lo merito.
Ci tenevo a dirti che mi spiace, per tutto, anche se ormai è tardi.
Volevo dirtelo prima che fosse ancora più tardi di così…prima che mi cancellassi la memoria, prima che tornassi sul mio pianeta.
Non pretendo che mi perdoni, spero solo tu possa capire.
Non te l’ho mai detto in tutto questo tempo, non ti ho detto quello che veramente sentivo e sento tuttora per te…ma vedi io non mi sono mai sentito alla tua altezza, so che non è una scusa, ma cosa potevo offrirti io? Speravo che trattandoti in quel modo prima o poi ti saresti stancata e avresti cercato uno che fosse migliore, che davvero ti meritasse…anche se questo avrebbe voluto dire separarmi per sempre da te.
Non è una bugia, a me le altre non sono mai interessate veramente, era solo una scusa… una scusa idiota, lo ammetto, ma l’ho sempre fatto a fin di bene.
Anche quello che faccio ora non lo faccio certo per me ma per te.
Lo so che sembra un controsenso ma ti assicuro che non è affatto così: forse all’inizio ti farà male, ma poi dimenticherai e sarai di nuovo felice, con una persona che ti meriti.
Tutte queste parole sono solo inutili, al solito mi nascondo dietro a qualcosa… basta così…sono pronto a dirti la verità…ti amo Lamù, ti ho sempre amata e ora sono pronto a lasciarti pur di saperti felice.
Ti amo, ti ho sempre amata, ma non sono (o ero) capace di dimostrartelo, per cui, per non farti soffrire, ho preso la decisione, per me infinitamente dolorosa, di separarmi da te.
Ti prego cerca di capire.
Ti amo, sei l’amore di tutta una vita e ti porterò sempre nel mio cuore, sempre, fino alla fine della mia misera, patetica esistenza, sappilo, è l’unica grande verità.
Addio piccola Lamù.
Per sempre tuo,
 Ataru

L’aliena era rimasta muta, aveva letto quelle poche frasi tutte d’un fiato, con le mani tremanti nello stringere il diario. Un delicato, arrendevole sorriso si dipinse sulle sue labbra rosee e forse cominciò a capire qualcosa di quello che stava accadendo. Si mise in piedi e con uno scattò uscì prima fuori dalla stanza e poi dalla casa.
Adesso, finalmente, sapeva quello che doveva fare.


“Allora…accensione…modulazione comandi… aria… acqua… cibo… modalità primaria…modalità secondaria per le emergenze…comandi ausiliari…uhm, dovrebbe esserci tutto” bofonchiò a mezza voce controllando un foglio che aveva in mano e che subito dopo gettò via.
“Bene, allora posso partire”
Si voltò verso la casa di Lamù a pochi metri di distanza dall’astronave, emise un lungo sospiro e aprì il portafogli. Ne estrasse una foto piegata in due, nella quale erano raffigurati due giovani signori Moroboshi davanti alla loro casa appena comprata, in secondo piano, ed in primo piano c’era un ragazzo che scappava da una fanciulla dal costume tigrato, lui e Lamù, in una foto di molto tempo prima.
Una lacrima solitaria gli rigò la guancia, lui l’asciugò subito con il dorso della mano.
“E’ tutto inutile adesso, anche piangere non serve a nulla… non riaggiusterà le cose… non perdonerà quello che ho fatto!” bisbigliò con voce desolata.
A malincuore, ripiegò la foto e la ripose al suo posto nella taschina del portafogli.
“Qualunque cosa accada non ti dimenticherò mai, Lamù, mai!” 
Con una risolutezza che stupì perfino lui, Ataru premette un pulsante e chiuse il portello dell’astronave, con un altro accese i motori ed attese qualche istante prima che l’astro mezzo si librasse nell’aria, inaspettatamente leggero e fluido negli spostamenti.
Impiegò ancora un po’ per capire quali dei comandi avevano la priorità sugli altri (d’altronde si trattava pur sempre di Ataru Moroboshi!), quindi si guardò indietro ancora una volta e lanciò un’occhiata verso la porta della casa.
“Addio” disse in un soffio.
Proprio quando stava per voltarsi notò che Lamù uscì fuori di casa con un guizzo.
“Ataru, aspetta!” gridò.
“E’ tardi ormai…” disse, parlando sottovoce, più a lui che a lei.
“Ataru, aspetta ti prego!”
L’astronave però saliva di quota a gran velocità e diventava un puntino rosso sempre più piccolo.
“Ataru!”
Lamù prese a seguirlo in volo ma lui non si fermò, anzi aumentò la velocità.
Lamù non ce la fece a volare troppo in alto, le lacrime erano copiose sul suo volto, non aveva forze in corpo, si lasciò precipitare giù, noncurante dell’altezza.
“A-addio amore…” mormorò.
Infondo, che differenza avrebbe fatto se si fosse fatta male?
Il suo cuore era stato spezzato, il suo cuore  già sanguinava di suo.
Ataru si bloccò, spaventato.
“Vola, vola maledizione!” gridò contro il vetro della sua postazione, guardando verso la oni che stava precipitando al suolo, con gli occhi umidi e vitrei.
Lamùùùùùùù!
Lei però non sembrò ascoltarlo e chiuse gli occhi di ghiaccio liquido.
Ataru cambiò immediatamente rotta ma si rese subito conto che Lamù era troppo vicina allo schiantarsi e che in ogni caso non ce l’avrebbe fatta a raggiungerla.
“Oh, al diavolo tutto! Ha ragione Imo-chan!”
Spinse un bottone dietro l’altro con disperata sicurezza, il portello si aprì e lui saltò giù, senza protezione, senza remore alcuna.
Davanti ai suoi occhi solo il corpo di Lamù che cadeva giù, nella sua mente il pensiero di salvarla, e nient’altro.
*Ti prego, fa che riesca a salvarla…*
Riuscì ad avvicinarsi, l’afferrò per il polso e la trasse verso di sé, riuscendo a prenderla fra le braccia.
Lamù a quel contatto riaprì gli occhi di scatto, come si fosse svegliata da uno stato di trance, e il suo sguardo raggiunse Ataru, che nemmeno se ne accorse.
Non lo aveva mai visto così: il volto tirato, tesissimo, concentrato, tutto questo per salvare la vita a lei, che aveva sempre rifiutato e che per di più sapeva volare.
Proprio un secondo prima di schiantarsi al suolo, la oni capì cosa stava accadendo, si strinse a lui ed evitò la rovinosa caduta.
“Lamù, stai bene?”
“S-sì…”
“Scema! Che ti è saltato in mente?! Potevi morire!”
“Scusami, pensavo che non ti sarebbe importato nulla di me…”
Tutta la rabbiosa preoccupazione di Ataru si sciolse davanti a quel visetto sconsolato e triste, come quello di una bambina che si è appena resa conto di quant’è duro l’impatto con la realtà; la sua espressione tesa si sciolse in lacrime amare e dolorose.
“Io…sono morto di paura…accidenti a te…se tu morissi io sarei perso…”
Vedendolo piangere così Lamù gli prese il viso fra le mani e lo guardò.
“Ataru…”
“Lamù, io…”
“Non c’è bisogno che tu mi dica nulla…so tutto”
“Sai…tutto? Come sarebbe?”
Gli mise il diario sotto il naso.
“Ho letto quello che mi hai scritto” il suo tono era debole ma molto dolce.
“Davvero?” chiese sorpreso “e non sei arrabbiata per tutto quello che ti ho fatto?”
“Arrabbiata?” scosse la testa “non c’è nulla che sperassi di sentire più di quelle parole!”
“Quindi…mi hai capito?”
“Ogni cosa”
“Davvero?”
“Davvero”
“Mia piccola Lamù…posso chiederti una cosa?” il suo tono era improvvisamente timido.
“Certo”
“Se mi consideri ancora tale…mi chiameresti… ‘tesoruccio’? ”
A questa richiesta la bella aliena quasi pianse, lo strinse a sé con tutta la sua dolcezza e sussurrò:
“Sì, sei il mio tesoruccio…”
“Oh, sì…non immagini quanto mi sia mancata quella parola…”
“Amoruccio mio…”
Ataru ricambiò l’abbraccio, stringendola delicatamente fra le braccia e scaldandola col calore del suo petto.
L’aria della sera si fece a poco a poco più fredda e si udì il fragore di un tuono nel silenzio della notte.
Lamù fu scossa da un fremito.
“Meglio che andiamo dentro, sta per piovere” fece notare Ataru aiutandola ad alzarsi da terra.
Lamù si tirò su e tornò di nuovo fra le sue braccia.
“Hai inserito il pilota automatico?” domandò vedendo l’astronave di nuovo a terra.
“Già”
“Allora parcheggiala lì dentro, altrimenti si bagnerà” e così dicendo spinse un bottone accanto alla porta di casa e dall’altra parte si aprì un portellone e ne emerse un immenso spazio chiuso dove c’erano tutti i mezzi di trasporto della famiglia di Lamù.
Ataru rimase a bocca aperta.
“E’ il garage” spiegò la oni.
“Accidenti! Vi trattate bene voi oni…”
“Ahahah, già!”
“Beh ci metto un attimo…”


La cucina e la sala principale non erano mai parse tanto calde ed accoglienti come in quel momento, notò il terrestre.
Lamù aveva preparato un caffè caldo e lo aveva servito ad Ataru che non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Le mani gli sudavano di nervosismo, nervosismo ed impazienza, impazienza e felicità, così grande da fargli sentire quelle famose farfalle nello stomaco che non aveva mai provato per nessuna, nemmeno quando era fidanzato con Shinobu.
Bevve il caffè senza nemmeno badare al sapore amarognolo e non appena l’ebbe finito si alzò in piedi per portare la tazza in cucina ma Lamù lo precedette e gliela tolse di mano.
Ataru tossicchiò e quando la ragazza tornò dalla cucina le si avvicinò e l’abbracciò ancora, cogliendola di sorpresa. Tutto ciò era infatti nuovissimo per lei, lui non si era mai scomodato a dimostrarle affetto prima di allora.
Fuori iniziava a piovere, la oni poteva vederlo attraverso la finestra che dava sul balcone, alle spalle di Ataru.
“Ti amo”
Quelle parole riecheggiarono per tutta la stanza, rompevano quel silenzio ovattato.
“Ti ho sempre amata”
Lamù pianse ancora, singhiozzando quasi impercettibilmente, stretta a lui.
Poco dopo Ataru si staccò da lei, le prese il mento fra le dita e le alzò il volto verso il suo. I loro sguardi si incontrarono in maniera diretta per la prima volta. Entrambi erano arrossati e gonfi, ma le loro labbra erano piegate in un sorriso radioso.
“So di aver fatto molti sbagli…e di non avertelo mai dimostrato ma…credimi è la verità”
“Non so come faccio a crederti dopo tutto quello che è successo, ma…”
“Ma…?”
“Ma ti credo, tesoro mio”
“E’ così bello sentirtelo dire…non ci speravo davvero più… Perdonami… me ne stavo andando via da qui pensando di fare il tuo bene…e invece non mi ero reso conto di distruggerti soltanto… e allo stesso tempo di fare del male anche a me stesso…”
“Ma come hai potuto pensare che sarei stata felice se te ne fossi andato via?”
“Perché sei uscita con Alec… credevo volessi dimenticarti di me…”
“Questo non potrebbe mai accadere, io non ti rimpiazzerei mai con nessun altro!”
“Sul serio?”
“Certo”
“E allora perché sei uscita con lui?”
“Pensa, prima ho avuto una discussione con Benten proprio riguardo a lui…”
“Benten? Che c’entra adesso Benten?”
“Alec è un suo amico…o almeno lo era…lei molto ingenuamente gli aveva proposto di rivolgersi a me per riparare alcune parti della sua astronave, non sapendo che lo scopo di Alec era solo quello di conquistarmi…ne era del tutto all’oscuro, era mortificata quando gliel’ho detto”
“Quindi non ci sei uscita perché ti piaceva?”
“Ma no, assolutamente no, non mi piace affatto”
“Eri così bella Lamù…perché ti sei curata a quel modo per uscire con lui?”
“Perché volevo farti ingelosire…speravo così saresti tornato sulla tua decisione…”
“Eh? Ma come facevi a sapere che ti avrei seguito?” chiese sbigottito.
“Beh ormai ti conosco, non avresti permesso che lui mi mancasse di rispetto”
“Infatti…sono così scontato per te?”
“Beh tranne alcune cose…un libro aperto!”
Com’era bella, sorrideva, incantevole più di una fata.
“Quindi non ti interessava?”
“No carino, io sono solo tua!”
Ataru tempestò di baci il suo viso, fino a che indugiò a pochi centimetri dalle sue labbra.
Si guardarono negli occhi per qualche istante, poi le mani di Ataru scivolarono sulle spalle di Lamù, la cinse delicatamente, e appoggiò le sue labbra su quelle della ragazza.
Scossa da un brivido Lamù desiderò che il bacio durasse a lungo, inclinò la testa all’indietro e ricambiò l’abbraccio.
Ataru fu felice della risposta, così continuò a baciarla, con tanta dolcezza e con tanto amore, sentendosi finalmente se stesso, libero di poter amare quella ragazza, per lui davvero unica.
Qualche minuto dopo, mentre la pioggia cadeva fitta e si infrangeva sulla terra, Ataru si staccò da lei e si inginocchiò, prendendole le mani fra le sue.
*E’ il momento* pensò.
“Ataru?”
“Lo so che siamo ancora giovani, ma… se c’è una cosa che desidero con tutto me stesso è poter passare il resto della mia vita accanto a te…” fece una pausa, quindi riprese “dopo la scuola cercherò un lavoro e mi sistemerò in un’altra casa… quando sarà possibile… vorresti diventare mia moglie, Lamù?”
La ragazza rimase dapprima impietrita, convinta di non aver capito bene.
Un attimo dopo, osservando Ataru che fremeva lì davanti a lei, sorrise, lanciò un gridolino liberatorio e si gettò fra le sue braccia.
“Lo desidero con tutta me stessa! Sì! Sì! Sì! ” il pianto e l’euforia erano ormai incontrollabili.
Ataru l’abbracciò, più felice che mai.
“E non farai più il cascamorto con le altre?”
“Mai più, lo giuro”
Lamù gli prese il volto fra le mani e lo baciò. Il bacio fu dolce e breve, ma quelli che seguirono si fecero sempre più intensi e passionali, tanto che scatenarono un’eccitazione fortissima e quasi fuori controllo.
Pochi istanti dopo Ataru la prese in braccio e i due si ritrovarono nella camera da letto di Lamù.
La ragazza gli tolse la giacca dalle spalle e lui l’abbracciò e la baciò ancora e ancora.
“Sono emozionata…” ammise la ragazza ad un certo punto, fermandosi di colpo.
“Non dirlo a me…”
“Ataru ti prego…”
“Stai tranquilla piccola mia, sarò dolcissimo, te lo prometto” la rassicurò accarezzandole amorevolmente il viso “è la prima volta anche per me, non dimenticarlo…”
La oni sorrise, lo prese fra le braccia e lo fece appoggiare sul suo petto, permettendogli così di sentire i battiti accelerati del suo cuore.
Ataru sorrise a sua volta e le accarezzò il ventre con la mano, salendo poi a toccarle il viso una volta che ripresero a baciarsi.
L’ambiente cominciava a farsi insopportabilmente caldo, il trasporto di quel momento era per entrambi nuovo ed irresistibile, tanto che si lasciarono andare, fondendosi l’un con l’altra, unendosi, corpo e anima.


Il ticchettio frenetico e insistente della pioggia si era trasformato, gradualmente, nel soffice e silenzioso fioccare della neve, fresca e leggerissima.
La notte era ancora buia e nuvolosa, il vento soffiava gelido sul pianeta Uru e Nimayoho non si vedeva.
Lamù e Ataru erano sdraiati sul letto della oni, l’una nelle braccia dell’altro, mezzi addormentati ma ancora consci.
“Hai freddo?” chiese il ragazzo quando Lamù tremò.
“Un po’ sì, a dire la verità”
“Vieni vicino a me allora, sotto le coperte”
Alzò le coltri verso l’alto e con una mano aiutò la bella oni a raggiungerlo al caldo. Il corpo nudo e infreddolito di Lamù trovò il tepore del lenzuolo e lasciò che il calore intenso e quasi ustionante di Ataru e del letto l’avvolgessero.
Si strinse a lui, posizionando il capo nell’incavo della spalla destra.
Ataru le baciò la testa e prese ad accarezzare prima i lunghi capelli color smeraldo e poi la morbida schiena levigata di Lamù.
“Lo avresti mai immaginato che sarebbe andata così?”
“No” rispose assonnata “ma ci speravo”
“Gia. Anch’io”
“Cosa diremo a tutti?”
“La verità, basta nascondermi”
“Ragionevole”
“Pensiamoci domani, questa notte non è finita ed è tutta per noi, soltanto nostra, non pensiamo a nient’altro”
Lamù si strinse ancora di più contro il corpo nudo di Ataru e appoggiò la testa sul petto, sorridendo mentre si preparava a cadere nel sonno.
“Ci saranno altre notti come questa?”
“Certamente, abbiamo tutta una vita”
“Ho paura che domani, quando mi sveglierò tu sarai di nuovo il solito Ataru…”
“Non dirlo piccola mia, quell’Ataru non esiste più”
“Giuramelo, ti prego…”
“Te lo giuro”
Lamù sorrise e si strinse ancora di più al suo amato.
“Lo sai, non sono mai stata tanto felice in vita mia…”
“Nemmeno io, amore”
“Ti amo tesoruccio mio!”
“Ti amo anch’io, Lamù”
E dopo averla accarezzata ancora un po’ Ataru scivolò nel sonno poco dopo di lei, stringendo a sé la bella oni, sperando così che nulla, nemmeno il pallido bagliore di Nimayoho nascosto dietro le nuvole dense e scure, o nessuno, neppure il più carismatico degli abitanti dell’universo, potesse portargliela via.
Ora che si erano ritrovati lui non l’avrebbe lasciata mai più, se ne sarebbe preso cura e sarebbe diventata il centro del suo mondo.
Ataru le sarebbe rimasto accanto fino alla fine dei suoi giorni e avrebbe fatto del suo meglio per farla sentire una principessa, e un dì non lontano  l’avrebbe sposata.
Guardò l’oblò osservando il cielo attraverso di esso e sottovoce mormorò:
“Ho mantenuto la mia promessa, adesso mamma e papà saranno felici per sempre, ma non ce l’avrei mai fatta senza di te… grazie di tutto, piccola Imo-chan!”
Prima che i suoi sensi si acquietassero per il riposo notturno, Ataru versò una lacrima, una lacrima di pura felicità.
Ce l’aveva fatta, finalmente. 
Ormai il testardissimo e orgoglioso tesoruccio di Lamù era davvero felice, non solo di aver finalmente dichiarato i suoi sentimenti alla donna amata, ma anche, e soprattutto, di aver messo la testa a posto!

FINE


***************L’angolo di Amy****************
Ma ciao gente!
Ecco qui che la storia si conclude, cala il sipario e con esso le mie lacrime…prendetemi pure per scema ma…sono sinceramente commossa, questa fanfiction è per me è stata davvero molto importante! Me piange ç__ç

Grazie mille a voi che mi avete seguito, più o meno appassionatamente, per tutto il corso della storia, spero tanto che il mio ‘lavoro’ sia stato di vostro gradimento e spero di rivedervi a commentare la mia prossima fanfiction su Urusei Yatsura.
Grazie a:
>Andy: un altro Lamù-dipendente che mia fornito un consiglio molto prezioso per perfezionare la lettera di Ataru e l’epilogo della fanfiction;
>Peanuts: un altro ‘fan’ affezionato, disposto a seguire la mia strampalata storia;
>Achille: l’anti-Ataru per eccellenza, sincero ed onesto, sempre e comunque;
>Lory: la mia migliore amica, per avermi aiutata con l’html in cui sono negata e soprattutto per avermi sostenuta pur non conoscendo bene la saga originale;
>Antonio: il ‘tesoruccio’ della questione, per avermi indirettamente ispirato questa fanfiction parzialmente autobiografica…per fortuna è andata bene, Ataru!
Grazie di tutto amci.
Vi abbraccio e vi faccio i miei auguri,
alla prossima, 

Amy Dickinson 

 









  
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