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Autore: vannagio    23/05/2010    14 recensioni
"Voglio fare il mago!".
Può un semplice e innocente desiderio scatenare un caos tale, da fare invidia perfino a un tornado?

One-shot ambientata qualche anno prima che Harry riceva la lettera da Hogwarts.
[Terza classificata al "Multicolour Contest", indetto da _Mary, fierobecca93 e Nabiki93]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dudley Dursley, Petunia Dursley, Vernon Dursley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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"Quando vannagio vaneggia!"



Tu non puoi





«Voglio fare il mago!».
Può un semplice e innocente desiderio scatenare un caos tale, da fare invidia perfino a un tornado?


*


Tutto era cominciato in una tranquilla, serena e normalissima domenica pomeriggio. Le strade di Little Whinging erano avvolte da una silenziosa e sonnolenta quiete, che di tanto in tanto veniva interrotta dalle grida allegre dei bambini, i quali giocavano sui prati ben curati delle villette a schiera.
«Non capisco perché debbano fare tutto questo chiasso. Non riescono a giocare senza fare rumore?», chiese il Signor Dursley indispettito.
Aveva sollevato lo sguardo dal giornale che stava leggendo e lanciava occhiate poco amichevoli alla finestra del salotto, dalla quale si scorgevano gli artefici di quel baccano.
«Non tutti i genitori sono in grado di educare i propri figli nel modo più appropriato», commentò la Signora Dursley, intenta a spolverare affettuosamente i portaritratti, posti in bella mostra sul caminetto.
Quello era di gran lunga il suo passatempo preferito, perché le permetteva di rivivere i momenti più felici della sua vita. Il suo petto si gonfiava di orgoglio ogni volta che posava lo sguardo su quelle fotografie: testimonianze di quanto il tempo passasse in fretta, certo, ma anche di quanto il suo Duddy stesse crescendo e diventando un bellissimo ometto. Com’era possibile che fossero passati già sette anni dal giorno in cui era tornata dall’ospedale con quel frugoletto cicciottello tra le braccia?
«È anche vero che non tutti i genitori hanno la fortuna di avere un figlio come il nostro», aggiunse il Signor Dursley, sogghignando soddisfatto e tornando alla lettura della pagina sportiva.
Petunia non poteva che essere d’accordo con il marito. Dudley stava crescendo bene: forte e robusto, mangiava tutto quello che trovava sul piatto, non come certi bambini viziati che facevano gli schizzinosi.
Dei passi pesanti e strascicati annunziarono l’arrivo di Dudley nel salotto. Petunia gli rivolse uno dei suoi rari sorrisi zuccherosi, che poche persone avevano la fortuna di vedere. Perfino il marito Vernon doveva faticare parecchio per ottenerlo. Ma il piccolo Dudley non ricambiò quel gesto d’affetto. Con le braccia incrociate sul petto, fissava i genitori intensamente, strizzando gli occhietti e assumendo un’espressione seria e corrucciata.
La donna sussultò spaventata. Non aveva mai visto il suo Diddino così preoccupato. Qualunque cosa o persona fosse stata la causa delle ansie di suo figlio, avrebbe avuto una brutta gatta da pelare: nessuno poteva far soffrire il suo Duddy senza pagarne le conseguenze!
«Diddino caro, è successo qualcosa? Quello ti ha dato fastidio?», chiese la Signora Dursley, sempre più preoccupata. Allungò il collo per sbirciare oltre le ingombranti spalle del figlio e assicurarsi che il nipote fosse chiuso nel ripostiglio del sottoscala.
Il bambino scosse la testa energicamente in segno di diniego.
Se non quel ragazzino pestifero, chi altro poteva turbare suo figlio?
«Ma insomma, figliolo, parla!», lo esortò il Signor Dursley, il quale cominciava a nutrire gli stessi timori della moglie.
«Che cosa possiamo fare per te? Mammina ti darà tutto ciò che desideri!», domandò ancora la donna.
Stava per fare un’altra domanda, quando vide le sottili labbra del figlioletto incresparsi. La tenera boccuccia si dischiuse, per poi richiudersi quasi subito, come se il ragazzino avesse cambiato idea o non sapesse come articolare la frase.
Di nuovo gli occhi di Petunia vagarono fino alla porta del ripostiglio. Possibile che il ragazzo avesse commesso una delle sue… stranezze, danneggiando le facoltà mentali di Duddy? Dopo tutto, se era riuscito a farsi ricrescere i capelli in una sola notte…
Terrorizzata da quella possibilità, la donna era già pronta a lanciarsi contro il figlio e abbracciarlo, quando fu bloccata da quattro parole, che veloci e inaspettate uscirono dalla bocca del bambino.
«Voglio fare il mago!».

- tu non puoi -

«Mamma?».
«Sì, cara?».
«Perché dobbiamo andare in quel posto?», chiese la bambina alla madre.
«Si chiama Diagon Alley e lì compreremo tutto ciò di cui tua sorella Lily ha bisogno per la nuova scuola», rispose la donna pazientemente.
«Mamma?».
«Dimmi tesoro».
«Voglio fare la strega anch’io».
Le parole erano state appena sussurrate. Per la vergogna, la bimba abbassò gli occhi e arrossì vistosamente. Le era costato molto confessare il suo segreto. Da giorni, ormai, desiderava rendere partecipe la sua famiglia del suo sogno. Finalmente ci era riuscita e adesso aspettava con trepidazione la reazione dei genitori.
La madre perse qualche minuto prima di rispondere. Guardò il marito in cerca di sostegno, ma quello non riuscì a far altro che scrollare le spalle con fare sconsolato.
Sospirando, la donna s’inginocchiò di fronte alla figlia, in modo che i loro occhi si trovassero alla stessa altezza. Accarezzò gentilmente la guancia della bambina e con espressione triste e dispiaciuta ripose: «Mi spiace Pet,
tu non puoi fare la strega».

- tu non puoi -

Passarono alcuni secondi prima che Petunia si rendesse conto di quello che stava accadendo nel salotto. Per qualche oscuro motivo a lei sconosciuto, il nipote era uscito dal ripostiglio delle scope e suo marito Vernon lo stava rincorrendo per tutta la stanza, urlando frasi sconnesse: «TU… PLAGIATO… MIO FIGLIO…».
La faccia dell’uomo era rossa come un pomodoro e la famosa vena pulsava violentemente sulla fronte, annunciando sventure. Il ragazzino, invece, cercava di mettersi in salvo dalla furia dello zio, gridando le solite scuse: «Non sono stato io… non è colpa mia…».
In mezzo a quella baraonda, Dudley stava piagnucolando disperato.
La donna era combattuta: spostava lo sguardo dalla finestra al figlio. Chiudere le ante, per evitare che i vicini sentissero e vedessero qualcosa o correre in soccorso di Diddino che sembrava davvero sconvolto?
Fu l’istinto materno a prevalere quella volta. Sperando che nessuno si trovasse nelle immediate vicinanze della loro casa, Petunia riuscì a non farsi travolgere dal marito e dal nipote e a raggiungere il figlio. Lo strinse in un forte abbraccio e baciandogli il viso, cercò di consolarlo. Finalmente il bimbo parve calmarsi.
La donna si accorse che Dudley cercava di dire qualcosa. Forse quel trambusto gli impediva di parlare, così Petunia scattò in piedi, drizzò la schiena, come per mettersi sull’attenti e con voce stridula e malferma, intimò a marito e nipote di fare silenzio.
I due si cristallizzarono sul posto. Vernon tratteneva il ragazzino per il collo della camicia e rivolgeva occhiate perplesse a moglie e figlio. L’altro aveva smesso di lottare per sfuggire alla presa ferrea dello zio e stava fissando la scena con crescente interesse.
Soddisfatta del risultato ottenuto, Petunia esortò Dudley a parlare e quello, tirando su con il naso, sbiascicò nuovamente le quattro parole incriminate.
«Voglio fare il mago».
Il viso di Vernon era diventato ancora più rosso di prima, la vena continuava a pulsare minacciosa, la mano stringeva in modo convulso il braccio del nipote, ma ciononostante l’uomo rimase fermo, in attesa, mantenendo miracolosamente il controllo di se stesso.
Petunia provava il desiderio sfrenato di mettersi a piangere, ma in quella circostanza darsi un contegno era essenziale.
«Diddino caro! Tu… tu… non vuoi fare il mago… non… non… è una cosa normale» balbettò con le lacrime agli occhi.
Perché? Dove aveva sbagliato? Non voleva che Dudley subisse il suo stesso trauma. Non voleva che suo figlio si sentisse diverso… sbagliato… anormale
Ma il bambino era testardo, cocciuto. Pestò il piede a terra e quando la sua faccia assunse la stessa tonalità di rosso del padre, urlò: «Voglio fare il mago!».
Petunia arretrò di qualche passo, portando la mano destra al cuore e quella sinistra alla bocca. Scuoteva la testa, osservando il suo Duddy con gli occhi fuori dalle orbite.
Da quando il figlio di sua sorella era arrivato nella loro casa, Petunia aveva fatto tutto il possibile per evitare che la storia si ripetesse. L’espressione “tu non puoi” non era contemplata quando si trattava dei desideri di Dudley. Ma adesso? Che cosa avrebbe fatto? Come poteva dire a suo figlio che quel sogno era irrealizzabile? Il suo bambino non doveva soffrire a causa di quella piccola peste sfregiata. Ma come aveva fatto il delinquente a contagiare Duddy se neanche lui sapeva dell’esistenza dei…
«Tutti i miei amici si maschereranno da mago per Halloween!», esclamò Dudley, interrompendo il flusso di pensieri della madre. «Voglio fare il mago!», ripeté ancora una volta.
Il silenzio calò sul numero quattro di Privet Drive.
Il Signor Dursley parve rilassarsi immediatamente. Con un’unica occhiata intimò al nipote di tornare nel suo ripostiglio e il ragazzino non se lo fece ripetere due volte. Poi l’uomo si avvicinò al figlio e cercando di apparire calmo, chiese: «Allora è questo che intendevi? Vuoi travestirti da mago per Halloween?».
Il bimbo annuì preoccupato, guardava ora la madre, ora il padre, tentando di capire quale fosse il motivo di tanta agitazione.
Vernon tirò un sospiro di sollievo e promise al figlio che l’indomani sarebbero andati a comprare il costume da mago che tanto desiderava.
Nel frattempo Petunia si era accasciata, esausta, sulla poltrona. Respirava affannosamente e fissava il vuoto con sguardo vitreo.


*


Il centro commerciale era gremito di persone. Mancavano pochi giorni a Halloween e le famigliole si muovevano in fretta tra la folla, per fare gli ultimi acquisti del momento e tentare di accaparrarsi gli articoli migliori. I Dursley non erano da meno. Una volta scaricato il nipote a casa della Signora Figg, i tre erano usciti in cerca del tanto agognato costume da mago.
Petunia odiava Halloween. Trovava assurdo che persone assennate e coscienziose girassero per le strade vestite da mostri, comportandosi come delinquenti. Perdere tempo per intagliare delle zucche, che alla fine della festa sarebbero finite inevitabilmente nell’immondizia, per lei era un vero spreco di tempo, denaro e cibo.
In realtà, il motivo di quell’insofferenza era un altro, ma la donna non lo avrebbe ammesso mai, nemmeno sotto tortura.
I costumi, le maschere, le zucche, gli scheletri di plastica, i fantasmi fluorescenti, le candele, le caramelle colorate, i cappelli da mago, le bacchette da fata e tutti gli annessi e connessi a quella festa le facevano tornare in mente sua sorella, l’odiata scuola per matti e tutto quel mondo di spostati di cui non avrebbe mai fatto parte e che odiava con tutta se stessa. Ogni volta che incrociava una bambina travestita da strega, era costretta a ripensare al suo sogno proibito…
Fosse dipeso da lei, Halloween sarebbe stato abolito già da parecchio tempo, ma se c’era una cosa che Petunia non voleva, era destare pettegolezzi. Avrebbe fatto di tutto per apparire, agli occhi dei suoi conoscenti, come una normalissima e stimabile madre di famiglia inglese. Se la normalità imponeva che Halloween fosse festeggiato, chi era lei per contestare? Perciò stringeva i denti e inghiottiva il boccone amaro senza lamentarsi.
Certo, sarebbe stato tutto più semplice se il suo caro Duddy avesse scelto un altro costume, ma si era ripromessa che mai e poi mai avrebbe negato qualcosa a suo figlio: se era un costume da mago che il piccolo desiderava, allora un costume da mago avrebbe avuto!
A tale scopo, i Dursley avevano visitato circa venti negozi, ma in nessuno di questi avevano trovato il vestito adatto. Il centro commerciale era la loro ultima spiaggia. Purtroppo la sorte non sembrava girare dalla loro parte.
«Sono spiacente signora, ma non abbiamo costumi da mago della taglia di suo figlio», la informò la commessa.
«Sta forse insinuando che il mio Duddy è troppo grosso per la sua età?», domandò Petunia con voce stridula, avanzando minacciosa verso la ragazza.
«No… certo che no!», esclamò la commessa, allarmata dalla reazione della donna.
Il cipiglio della Signora Dursley era saettato verso alto e non si decideva a tornare giù. I suoi occhi erano fissi su quelli spaventati della ragazza.
«Voglio fare il mago!», intervenne Dudley, catturando l’attenzione di tutti.
Inconsapevole del pericolo cui stava andando incontro, la commessa si chinò verso il bambino, gli arruffò i capelli in un gesto che voleva essere affettuoso e con un sorriso gentile, disse: «Mi spiace, non puoi!».

- tu non puoi -

La piccola Petunia osservava la buffa signora - tarchiata, sorridente e vestita di color malva – prendere le misure per l’uniforme di sua sorella Lily.
Madama McClan - così diceva di chiamarsi - era una donna molto cordiale. Quando la famiglia Evans era entrata nel suo negozio, li aveva accolti con un sorriso smagliante e senza mai smettere di sorridere, aveva chiesto: «Allora… due belle uniformi per Hogwarts, dico bene?».
A Petunia non sembrava vero che la signora si fosse rivolta anche a lei, così, presa dall’entusiasmo del momento, aveva urlato all’unisono con la sorella: «Sì!».
A quel punto, però, la Signora Evans si era fatta avanti. Con una mano aveva spinto gentilmente Lily verso lo sgabello di Madama McClan, con l’altra aveva trattenuto la figlia maggiore.
«Una sola uniforme, grazie», precisò parlando alla sarta e poi, guardando Petunia, aggiunse: «Tesoro, ne abbiamo già discusso:
tu non puoi…».

- tu non puoi -

La pergamena sgualcita era bagnata in più punti, l’inchiostro verde sbavato aveva sporcato il foglio facendolo diventare verdognolo, ma gli occhi di Petunia si erano asciugati già da diversi minuti.
La bambina contemplava accigliata la strana calligrafia stretta e sinuosa, con la quale era stata scritta la lettera. Tra le poche righe, tre parole spiccavano come un faro nella notte:
tu non puoi.
Dal giorno in cui sua sorella aveva ricevuto la
lettera, quelle tre maledettissime parole ricorrevano frequentemente in casa ed erano sempre rivolte a lei.
Con rabbia appallottolò la pergamena e la lanciò contro la parete con tutta la forza di cui era capace.

- tu non puoi -

La Signora Dursley riemerse dai ricordi del suo passato. Sbatté le palpebre più volte, come se avesse dimenticato dove si trovava. Dopo aver messo a fuoco l’ambiente, i suoi occhi si posarono sulla sagoma della commessa e a quel punto parve ricordare tutto. Buttò alle ortiche ogni parvenza di normalità, che in tutti quegli anni si era autoimposta e con espressione truce, sibilò: «Come osa dire a mio figlio cosa può o cosa non può fare?».
Vernon sembrava preoccupato tanto quanto la malcapitata commessa.
«Petunia, cara… forse dovremmo…».
Ma con un gesto impaziente della mano, la donna fece cenno al marito di tacere.
«Mi stia a sentire: lei scenderà in quel maledetto magazzino e non tornerà indietro, fin quando non avrà trovato quello che le abbiamo chiesto! Sono stata chiara?».
La commessa, terrorizzata, annuì e sparì chissà dove, in cerca del costume da mago.


*


Il giorno di Halloween, seduta comodamente sulla poltrona del salotto, Petunia rammendava il suo golfino giallo preferito e ogni tanto volgeva lo sguardo alla finestra, dalla quale scorgeva suo figlio Dudley. Il ragazzino giocava sul prato del numero quattro di Privet Drive con i suoi amichetti e sfoggiava il suo bellissimo vestito da mago. Il cappello a punta, color blu notte, era tappezzato di stelle dorate e si abbinava magnificamente al lungo e largo mantello. Duddy agitava la bacchetta di plastica e la donna era troppo di buon umore, per accorgersi che il bambino aveva rischiato di cavare un occhio al compagno di giochi.
“Del resto, Dudley è sempre stato un ragazzino vivace”, si disse la donna sorridendo.
Adesso che suo figlio aveva ottenuto ciò che desiderava, la Signora Dursley si sentiva in pace con se stessa. In un certo qual modo era come se si fosse presa una rivincita, come se avesse rimediato a un torto subito tanti e tanti anni prima.
Certo, non era diventata una - deglutì a vuoto - strega…

- tu non puoi -

…ma aveva tante altre cose di cui andare fiera: un marito fedele e lavoratore, un figlio adorabile, una casa sempre lustra e ordinata. Era una persona normale, rispettabile, stimata, senza grilli per la testa. Niente a che vedere con certi spostati!

- tu non puoi -

Petunia sbuffò infastidita, drizzò le spalle con fare altezzoso e sprezzante e lanciò un’ultima occhiata alla bacchetta di plastica, che il figlio stava usando per colpire la testa di un altro bambino.
Per un istante, solo per un brevissimo istante, la donna immaginò se stessa da bambina.
Indossava un’uniforme nera e si trovava alla stazione di King’s Cross. Aspettava il treno in compagnia dei suoi genitori, tenendo per mano la sorella. Rideva, salutava i compagni di scuola e gareggiava con Lily a chi faceva scaturire il maggior numero di scintille dalla punta delle loro bacchette.

- tu non…

«E sta’ un po’ zitta!».






__________________________





Nota autore:
Questa one-shot ha partecipato al "Multicolour Contest", indetto da _Mary, fierobecca93 e Nabiki93, classificandosi al terzo posto.
Le giudici hanno fornito una lista di colori tra i quali poter scegliere. Ad ogni colore era abbinata una traccia da seguire per scrivere una ff.
Ho scelto il colore giallo. La traccia corrispondente chiedeva di scrivere una storia sui Dursley.

Grazie in anticipo a tutti quelli che leggeranno questa ff e che eventualmente la recensiranno.

Grazie anche a _Mary, fierobecca93 e Nabiki93 per i giudizi, i complimenti, ma soprattutto per la professionalità e serietà che hanno dimostrato nel gestire questo contest.

vannagio




***




Ecco i voti e i giudizi che le tre giudici hanno assegnato alla mia one-shot…



Terza classificata - a pari merito

"Tu non puoi", di vannagio
Giallo – Storia libera sui… Dursley


Giudizio di fierobecca93

Grammatica e sintassi: 9 eccetto qualche errore di battitura non ho visto altri problemi. Quasi tutto perfetto!! Brava!
Stile: 9
Sviluppo della trama: 8 Semplice e normale.
Originalità: 9 Veramente molto originale; devo ammettere che è stata una bellissima idea.
IC dei personaggi: 9 Sei stata molto brava nel descrivere i comportamenti e i relativi caratteri dei personaggi. Complimenti!!
Gradimento personale: 6.
“Tu non puoi” è davvero molto carina. Soprattutto quello che mi ha colpita sono stati i pensieri le preoccupazioni e i ricordi di Petunia: la sua angoscia nel far vivere al figlio ciò che aveva passato lei nella giovinezza, l’odio ma soprattutto la gelosia nei confronti della sorella Lily dopo tanti anni.
Veramente un buon lavoro e spero di non essere stata troppo rigida nei miei voti.

Il mio totale è di: 50


Giudizio di Nabiki93

Grammatica e sintassi: 9/10
Grammatica e sintassi quasi perfette, a parte alcuni errori di battitura di poco conto.
Stile: 9.5/10
Stile molto bello: fluido e piacevole.
Sviluppo della trama: 9/10
Originalità: 9/10
IC dei personaggi: 10/10
I personaggi sono IC. Non ci sono dubbi. Mi è piaciuta molto la caratterizzazione di Petunia: i suoi pensieri, i suoi sentimenti, la gelosia, il risentimento.
Gradimento personale: 7/7
Fan fiction davvero ben scritta e con una caratterizzazione dei personaggi, a mio parere, molto accurata. Mi è piaciuto il flashback di Petunia. Immagino che è proprio così che si sia sentita, quando la sorella Lily ha ricevuto la lettera, diventando la figlia prediletta. Così hai descritto perfettamente il sentimento di risentimento, che poi ne è scaturito verso questo mondo di “spostati”, il cui accesso le era stato negato. Davvero bella! Complimenti! Ti meriti il massimo nel gradimento personale!!

Totale: 53,5


Giudizio di _Mary

Grammatica e sintassi: 9.5/10
Stile: 9/10
Sviluppo della trama: 10/10
Originalità: 10/10
IC dei personaggi: 10/10
Gradimento personale: 7/7

Totale: 55.5/57

Un errore di battitura (un ‘passò’ al posto di ‘passo’) e qualche virgola di troppo: avrei forse potuto metterti meno di 9.5 in grammatica? Il tuo testo è pulito, quasi perfetto. Complimenti!
Niente da dire neanche sullo stile, che è molto piacevole e fluido. Forse avrei eliminato qualche virgola, come ho già scritto, ma non c’è altro da dire.
La trama è perfettamente sviluppata: hai scritto una storia sui Dursley come richiesto, l’hai resa divertente e hai aggiunto un pizzico del passato di Petunia. Hai spiegato tutto quello che c’era da spiegare e ci hai dato un ritratto esilarante dei tuoi personaggi. Ottimo lavoro!
Dieci anche all’originalità. Penso proprio che al tuo Dudley che vuole fare il mago non avrei potuto dare di meno! Originale l’idea del POV di Petunia: da quando ho scoperto il mondo delle fanfiction non mi era mai capitato di trovare una storia dal suo punto di vista. È vero che non ho letto tutte le fanfiction pubblicate su EFP, ed è anche vero che sono relativamente nuova di qui, ma sfido qualunque ‘anziano’ a trovarne più di cinque in tutto l’archivio – e hai inserito il tuo colore… Well done!
I Dursley sono perfetti: dalla vena pulsante sulla tempia di Vernon fino ai capricci di Dudley, non dimenticando il sorriso zuccheroso che Petunia riserva solo al suo Duddy. Hai saputo mantenerli IC inserendo anche qualcosa sulle speranze da ragazzina di Petunia, e l’hai fatto senza scadere nel banale. Non avresti potuto fare di meglio, hai scritto una storia che potrebbe tranquillamente essere canon.
La tua fanfiction è piacevole sotto ogni aspetto: l’ironia con cui tratti i tuoi personaggi le dà una carica di frizzantezza che permette al lettore di arrivare alla fine di sei pagine in un attimo, senza neanche rendersi conto del fatto che -oh no!- è già finita. È una storia leggera e divertente, che per fortuna non diventa demenziale e che, pur nella sua semplicità, nasconde uno studio attento dei personaggi e delle situazioni, tutte accuratamente analizzate ed equilibrate.
È un esempio di comicità intelligente, ed è da apprezzare, dato che hai scelto la via più difficile, ma più soddisfacente, di far sorridere: niente parolacce e situazioni demenziali, solo tanta, tanta ironia.



Totale: 159/171
   
 
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