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Autore: Invader_from_Hell    16/11/2003    0 recensioni
Eccoci dunque.. 6° capitolo raggiunto.. ma ne verranno altri! Angst, introspettivo... Amore, e adesso odio? E' possibile odiare al punto di amare? Io non lo so.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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" Prospettiva di uno Scontro"

Dalla finestra semiaperta si vedeva chiaramente la luce del sole che faceva risplendere le finestre del palazzo di fronte. La luce era di colore vermiglio, ed il cielo di un azzurro scuro tendente al rossastro. Le tende si muovevano impercettibilmente per via della sottilissima brezza che entrava furtivamente dallo spiraglio che permetteva al mondo esterno di entrare nella camera. Era una splendida giornata di fine maggio, di quelle con il cielo privo di un qualsiasi spruzzo di nuvola.

Le campane eoliche in giardino tintinnavano con insistenza ed il loro suono dissonante e metallico entrava perfettamente in armonia con l’ambiente circostante.

Nella camera, il vento , che nel frattempo si era fatto più insistente, smosse leggermente la persiana ancora chiusa, tanto quanto bastava per permettere ad uno sprazzo di luce di penetrare completamente nella stanza e posarsi sulla faccia del ragazzo ancora assopito nel suo letto.

Adam aggrottò le sopracciglia e fece una smorfia di fastidio nel sonno. Tuttavia la luce continuava ad illuminarlo, come per accusarlo di un misfatto.

Allora il ragazzo fu definitivamente portato via dal mondo dei sogni. Quasi timoroso nell’aprire gli occhi, si contorse per qualche secondo. Poi si risolse per aprirli e finalmente anche le due pupille poterono percepire la particolare luce che stava filtrando da fuori.

Si sentiva estremamente pesante e allo stesso tempo molto confuso. Protese una mano in avanti nel vuoto, quasi come per toccare la luce. Poi osservò il cielo che si stava sporcando di tonalità vermiglie. Capì che dovevano essere più o meno le 7 di sera. Sospirò, doveva aver dormito parecchio, almeno 14 ore. " bene" disse ad alta voce " alla faccia dello stress emotivo eh!".

Poi con un immane sforzo si mise a sedere sul letto. Era in mutande ed avvertiva sulla pelle la piacevole sensazione della brezza che lo accarezzava.

I suoi erano andati via per il fine settimana e lui aveva preferito rimanere in casa. La sera prima era andato a dormire solo verso le 2.

Sentendosi padrone dell’ambiente domestico, si alzò e andò alla finestra. Alzò lo sguardo verso la cupola azzurra che da sempre aveva ricoperto il mondo degli uomini. Eh già, quella sera il cielo era proprio bello.

Poi si guardò intorno, camera sua era abbastanza sottosopra. Ancora in mutande iniziò a riporre i vari oggetti sparsi nei ripiani a loro adibiti.

Infine arrivò alla sua chitarra. La prese per il manico, sulle corde avvertì quel fastidioso strato di ruggine che oscura la brillantezza del suono, quindi, benché non fosse proprio il momento più adatto decise di sostituire la muta di corde.

Ripose lo strumento sulla sua scrivania e tirò fuori i suoi attrezzi. Con il cacciavite allentò le brugole di regolazione del ponticello e iniziò ad allentare la tensione delle corde.

Dunque prese le pinze d iniziò a troncarle una ad una e ad estrarle dal loro canaletto di scorrimento. Dopo pochi minuti tutte le sei corde si trovavano nel cestino vicino al suo letto. Allora estrasse un flaconcino di condizionatore per tastiere in palissandro e ne versò poche gocce su un panno pulito. Quindi iniziò a strofinare con forza la tastiera e via via che passava il panno vedeva il legno della tastiera tornare lucido e pulito come nuovo.

Continuò ad occuparsi del manico finchè non fu interrotto dal telefono che stava squillando e che lo strappò dal suo stato di concentrazione.

Si affrettò a rispondere rischiando più volte di farsi del male urtando vari oggetti più o meno appuntiti, tra i quali anche un enorme cactus. L’ultima volta aveva dovuto passare una notte a farsi estrarre le spine della pianta al pronto soccorso. Ma era stato molto tempo prima…

Riuscì a sollevare il ricevitore dell’apparecchio ancora indenne. Era sua nonna…

" Adam? Sei tu caro?" chiese la donna.

" sì… sono io nonna…" rispose lui con la stessa espressività di un manichino.

" tutto bene? Cosa hai fatto oggi?" continuò la nonna.

" mah… niente nonna… ho.. uhm… niente di interessante" rispose lui.

" ah… notizie di papà e mamma?"

" negativo" rispose lui lapidario.

" se chiamano poi avvertimi eh"

" senz’altro nonna…." Le assicurò Adam.

Poi si salutarono e Adam tornò ad occuparsi della sua chitarra.

Fatto il manico, prese le nuove corde ed una ad una le infilò nei loro alloggiamenti. Poi strinse le viti di regolazione e le assicurò alle meccaniche sulla paletta. Una volta fatto tutto procedette all’accordatura, che si rivelò non poco problematica per via di qualche problema di intonazione…

Dopo un’oretta Adam però aveva finito e tutto era stato regolato a dovere. Avrebbe voluto approfittare del suono cristallino della muta nuova, però il suo stomaco gli suggerì di farsi una doccia e di andare in cucina a mangiare qualcosa.

Prese dei vestiti puliti dall’armadio e andò in bagno. Là, come di consueto si fermò a contemplare lo specchio. Quella sera vide qualcosa di diverso in lui, appariva, come dire… più grande? Stette un attimo a giocherellare con i suoi capelli, poi entrò nella doccia. Ghiaccia, come piaceva a lui.

L’acqua gelida gli provocava una doccia di adrenalina, che sul momento gli conferiva una forza prorompente. Gli sembrava di poter affrontare qualsiasi nemico. Nemico? C’era sempre l’idea di un nemico nella sua testa, quasi come se ne sentisse il bisogno. Il bisogno di avere qualcosa contro cui combattere!

Era un enigma anche per se stesso a volte…

Quella sera, data l’ora, la doccia durò meno del solito. Si vestì ancora non ben asciugato e si recò in cucina. Era tardi e la voglia di cucinare mancava totalmente. Agguantò il telefono e ordinò una pizza.

Aspettando l’arrivo della sua cena andò fuori in giardino e osservò nuovamente il cielo.

Il colore vermiglio del tramonto stava combattendo contro l’azzurro del cielo diurno e presto l’avrebbe sconfitto.

Ma sarebbe stata una sconfitta apparente, perché sarebbe poi stato sconfitto a sua volta dal colore scuro della notte, che a sua volta avrebbe nuovamente lasciato il posto a quello del giorno. Un circolo vizioso, una battaglia continua, inevitabile… ma ormai prevedibile.

Il cielo gli ricordava terribilmente sé stesso…

  
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