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Autore: Zackneifan    25/05/2010    2 recensioni
Ambientata dopo la prima missione da Chunin di Shikamaru, fallita miseramente dopo gli scontri con i ninja del Suono. Immagino di doverla considerare una What If, dato che altro non è che una personale rivisitazione (con non poche modifiche) di avvenimenti descritti nel manga. Shikamaru/Temari.
Genere: Romantico, Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un paio di precisazioni prima di iniziare. Bisogna specificare che io non sono  mai stato un grande fan di Naruto, e dubito fortemente che lo sarò mai. Questa fanfiction è stata scritta come regalo per la celeberrima Valy_Chan (nemmeno lei è una fan di Naruto, ma tralasciamo xD). Fatto sta che mi sono ritrovato tra le mani una coppia sconosciuta di un fandom quasi sconosciuto, quindi perdonate eventuali imprecisioni, errori o eresie.

L’accostamentro “Triste” e “Commedia”, poi, non è purtroppo uno scherzo. Inizialmente avevo un’idea per lo sviluppo della fanfiction, poi scartata per un’altra meno tragica xD Certo, fingerò sempre di essere stato ispirato durante una notte insonne e che il cambio di stile sia voluto e che simboleggi qualcosa di molto arcano...

Già che ci sono, visto che è ancora il 24, auguri di nuovo, Valy!

 

A Matter of Priorities

 

La luce soffusa delle lampade colorate disegnava nell’oscurità della stanza le sue scaglie rosse e gialle, filtrando attraverso le fessure della vecchia porta di vimini. Illuminate in modo irregolare, le pareti erano coperte di ombre che apparivano e sparivano in modo imprevedibile; Shikamaru si sforzò di non guardarle. Ogni volta che apriva gli occhi, quelle parevano prendere forme umane, rendendo l’intera stanza un macabro teatro delle vicende degli ultimi giorni.

Qualche ora prima, con i loro sguardi compassionevoli e i loro sorrisi ipocriti, i medici gli avevano consigliato di riposare. Come potevano aspettarsi che dormisse, dopo quello che era successo? Nel sonno, le luci diventavano chiazze di sangue, e il vociare della gente sulle strade si trasformava in un continuo lamento agonizzante.

Per un momento odiò il villaggio intero. Odiò tutta quella gente là fuori, che ballava e festeggiava come se nulla fosse successo, ignara delle vite perdute e del sangue versato senza motivo. Odiò Tsunade, per aver organizzato la festa del villaggio come ogni anno, incurante di tutto.

Effettivamente, aveva sempre odiato quella festa, fin dalla sua infanzia. Non era mai riuscito a capireper quale motivo bisognasse rallegrarsi della fondazione del villaggio, un evento risalente a millenni prima. Solitamente passava quell’anniversario fuori dal villaggio, sulle colline spazzate dal vento. Là le grida della gente erano solo un mormorio lontano, quasi sovrastato dal canto dei grilli che riempiva l’aria primaverile. Là, da solo o insieme a Choji, aveva sempre osservato da lontano le luci del villaggio. Era il suo personale modo di celebrare quel giorno, o forse solo un’occasione per dimenticare la vita di tutti i giorni e trovare un po’ di pace.

Ma non questa volta. Questa volta non poteva fuggire dal rumore di quella festa immotivata, rinchiuso in una squallida stanza in attesa che le sue ferite guarissero.

E le circostanze non potevano essere peggiori. Cosa aveva la gente da festeggiare, quando lui e i suoi compagni erano stati abbandonati dal nemico in punto di morte, a dimostrazione di una schiacciante inferiorità? Che senso aveva celebrare la nascita di un villaggio che aveva appena palesato al mondo una  preoccupante debolezza?

Choji e Neji erano quasi morti, dopo aver deciso di sacrificarsi per la causa.

 Naruto aveva riportato gravi ferite e aveva dimostrato una totale impotenza nei confronti dell’avversario.

Quanto a Kiba, non era stato in grado di fare nulla fino all’arrivo dei rinforzi da Sunagakure. Esattamente come lui.

Non erano valse nulla le sue strategie, nè la sua capacità di improvvisazione; quella donna del Villaggio del Suono aveva risposto a ogni sua tecnica. Se Temari non fosse arrivata poco prima della fine, gli riusciva difficile immaginare un qualsiasi modo in cui sarebbe sopravvissuto.

La cosa peggiore era la consapevolezza di essere la causa di tutto questo. Era stato lui a segnare la rovina di Konoha, per giunta alla sua prima missione come Chunin. Lui aveva scelto quali Genin prendere con sè, lui aveva deciso la strategia da adottare e assegnato le posizioni, e su di lui ricadeva quel devastante fallimento.

Si rigirò ancora una volta sul letto, fissando la scacchiera da Shogi appoggiata sul comodino, i pezzi bianchi e neri sparsi in maniera confusa sulle caselle. Nella vita reale le cose erano più difficili che nelle sue partite domenicali con Asuma. Una mossa sbagliata portava alla morte, e i pezzi rimossi dal gioco non tornavano mai, nemmeno nelle giocate successive.  Questa volta erano sopravvissuti tutti, per una pura casualità. Ma la prossima? Probabilmente non ci sarebbe stata una prossima. Avrebbe dato le dimissioni appena si fosse rimesso in forze, e allora si sarebbe concentrato solo sui giochi, rifiutandosi di mettere in campo vite umane.

Asuma ne sarebbe stato deluso, questo era certo. Non era il solo, tra i Jonin, ad aspettarsi grandi cose da lui. Spesso lo aveva sentito parlare con Kurenai, quando credevano di essere soli; a quanto pareva, era supposizione comune che sarebbe stato presto invitato a far parte dei 12 guardiani del Daimyo della terra del Fuoco, o che in ogni caso arrivasse presto al grado di Jonin e alla creazione di un nono team di shinobi.

Ma non sarebbero stati solamente loro a commentare la notizia. Avrebbe dovuto affrontare infiniti discorsi patriottici imbevuti di luoghi comuni da parte di Naruto, sguardi di gelida disapprovazione da Neji, inutile compassione da Hinata. Per finire, Ino avrebbe arricchito la storia di particolari imbarazzanti per renderla più appetibile alle anziane signore di Konoha...

“Senza contare che, da persona sana di mente, io ti darei del codardo.”

Shikamaru si voltò di scatto, mentre il la porta si apriva inondando la stanza di luce rossastra. Temari era sulla soglia, con un sorriso smagliante che prometteva solo una decina di minuti di insulti vari.

“Non sapevo avessi l’abitudine di parlare da solo, Nara” disse avanzando minacciosamente attraverso l’ingresso. “Beh, effettivamente non sapevo nemmeno che ti piacesse spiare Asuma e Kurenai di notte...”

Shikamaru si limitò a fissarla interdetto, indeciso se rispondere o no alla provocazione. Alla fine, si girò nuovamente verso la scacchiera.

“Kankuro diceva che sareste partiti prima della festa, per evitare di trattenervi troppo a lungo” le ricordò con voce atona, nel tentativo di cambiare discorso.

Senza aspettare un invito, Temari si sedette sulla poltrona accanto al letto e lo guardò con aria interrogativa.

“Quello che mio fratello pensa sia opportuno non mi riguarda. Tsunade ci deve un po’ di ospitalità, dopotutto.”

“Allora perché non...”

“... Vado a festeggiare?” Temari concluse ridendo la frase di Shikamaru. “Sono stata lì fuori per ore, e ti assicuro che non ti stai perdendo nulla.”

Shikamaru la osservò per qualche istante, incerto su come rispondere. Effettivamente, non sembrava proprio il tipo da festeggiamenti immotivati. Si domandò se non avesse ragione Choji, nel sostenere che spesso lui e Temari si comportassero in modo identico.

“E così vuoi mollare tutto solo perché hai fallito una missione?” riprese lei, visibilmente infastidita dal silenzio di Shikamaru.

“Non è solo questo. I miei compagni potevano morire! Potevano morire tutti per colpa mia! Non so nemmeno se riuscirò a guardarli di nuovo in faccia... Come ci si può aspettare che io riesca a COMANDARLI?”

“Capisco...” disse Temari, abbassando lo sguardo con espressione imbarazzata. “Scusa, non avrei dovuto darti del codardo. Deve essere difficile per te affrontare la situazione.”

Shikamaru le guardò il volto. Poi guardò le dita serrate della sua mano destra.

Ci vollero solo pochi secondi perché capisse che qualcosa non andava. Non furono comunque abbastanza.

Ebbe solo la fugace visione di una macchia gialla e viola che si avvicinava, poi il pugno guantato lo colpì alla bocca dello stomaco. Con il respiro mozzato e la vista annebbiata dal colpo, si preparò spiritualmente alla tempesta in arrivo.

“IDIOTA! Sei solo un idiota! Ti aspettavi DAVVERO che la gente ti compatisse per il tuo stupido fallimento? Che razza di uomo rinuncerebbe al suo futuro per una cosa così stupida? Ah, ma io so cosa pensavi! Pensavi che ce l’avresti fatta fin da subito, che la tua famosa intelligenza superiore ti avrebbe fatto ottenere il successo senza perdite! La gente normale nella tua situazione starebbe cercando di rimediare, non starebbe qui a compatirsi! Ho visto persone nel mio villaggio che per errore hanno mandato al massacro tutti i loro uomini, e hanno comunque affrontato la cosa in modo più virile di te!”

Shikamaru si risistemò sul letto, massaggiandosi lo stomaco.

“Io sarò anche uno strano tipo d’uomo, ma non ho nemmeno mai visto una ragazza colpire un ferito senza motivo...” iniziò rivolgendole uno sguardo torvo. “Spiegami cosa dovrei fare, dato che sembri essere esperta in materia. Sarà davvero una passeggiata uscire come se niente fosse. Oh, ho un’idea; potrei andare da Choji e Naruto e dire ‘Ho sentito che siete quasi morti. Ma pazienza, affidatemi di nuovo le vostre vite, che magari questa volta ci riesco’. Potrebbe andare bene. Potrebbero rimanere solo feriti gravemente!”

Temari lo guardò scuotendo la testa, come chi ha a che fare con un pazzo e decide di assecondarlo per non creare problemi. Poi si alzò e si incamminò verso la porta.

“Se hai finito di farneticare, io vado a prendere una boccata d’aria che non sappia di muffa o della grigliata mista di Tsunade. Uscire un attimo farebbe bene anche a te, non mi sembri particolarmente ‘ferito’”

“I medici mi hanno detto di aspettare per un altro giorno...”

Temari fece un sorriso inquietante.

“Hai più paura dei medici o di un altro pugno? Così, per curiosità...”

Senza nemmeno rispondere, Shikamaru si trascinò a fatica fuori dal letto. In quelle condizioni, il suo addome gli diceva che non sarebbe stato saggio discutere ancora.

Raggiunta la soglia sulle gambe ancora incerte, si stupì di vedere Temari pronta a sostenerlo, con un’espressione totalmente diversa disegnata sul volto. Sembrava che, dopo tutto, perfino lei fosse dispiaciuta dalla situazione. Aveva un modo tutto suo di farlo, ma probabilmente stava solo cercando di fargli dimenticare tutta la vicenda.

Fuori dalla casa, il villaggio era meno  disastroso di quanto si sarebbe aspettato. La gente aveva cominciato a ritirarsi nelle proprie stanze, lasciando solo alcuni giovani ninja a festeggiare attorno al grande falò. Gran parte delle lampade di carta poste sui muri di argilla si stava spegnendo, e di alcune non rimanevano che gli involucri bui.

Come predetto da Temari, l’aria era ancora satura dell’odore della carne arrostita, nonostante l’unica traccia rimanente fossero le fredde ossa spolpate sparse davanti al posto di Choji. Dimenticata l’atmosfera chiusa e irrespirabile della sua stanza, Shikamaru si sentì immediatamente meglio.

Proseguirono verso l’entrata del villaggio, lontano dagli ultimi canti stonati di chi durante la serata aveva esagerato un po’ con il sake.

Mentre Temari avanzava sicura attraverso l’erba alta, Shikamaru capì improvvisamente dove lo stava portando. Mancavano ancora parecchi metri, ma non poteva sbagliarsi; avrebbe riconosciuto quel posto anche ad occhi chiusi.  Lo stesso luogo, la stessa collina dove ogni anno aveva trascorso quella notte, disegnava il suo profilo scuro contro il cielo stellato.

Il suo cervello iniziò a porsi domande, ma alla fine decise che non importava. Che fosse stato Choji a descriverle quel posto o che fosse una pura e semplice coincidenza, non gli importava particolarmente. Percepiva a stento il dolore delle ferite, mentre raggiungeva la sommità della collina e si abbandonava con la schiena contro il fusto nodoso di una quercia.

Dopo qualche secondo, apparve davanti a lui Temari, illuminata solamente dalla luce della luna, perfettamente visibile nel cielo limpido. Fece correre lo sguardo sui suoi capelli mossi dal vento, sui suoi occhi così luminosi e profondi, soffermandosi poi con particolare interesse sul seno fasciato strettamente nel kimono e alle lunghe gambe scoperte. Per un attimo, gli sembrò che niente al mondo potesse interrompere quel momento.

“Se hai finito di guardarmi in quel modo, direi che possiamo tornare indietro, sono stanca”

In un attimo, il momento fu interrotto. Shikamaru la guardò incredulo per qualche istante, poi notò il sorriso perfettamente consapevole che si stava allargando sul suo viso.

“Sarei rimasta fuori un po’ di più... Ma non possiamo rischiare che Konoha venga attaccata mentre siamo qui fuori, sarebbe tutta colpa nostra. E poi Gaara sarebbe molto deluso del mio fallimento, dovrei sicuramente dare le dimissioni”

Ancora immobile tra le spesse radici contorte, Shikamaru sentì sorgere nella sua mente un orrendo dubbio.

“Tu... Avevi in mente di farmi questo fin dall’inizio?”

 “... Certo, forse qualcuno potrebbe convincermi a rimanere. Ma come potresti COMANDARE qualcuno? Di certo non ne saresti in grado, è già tanto se riesci a guardarmi negli occhi!” Temari continuò a infierire, ignorando la domanda.

Un ricatto. Quello era un puro e semplice ricatto! Shikamaru non riusciva a crederci. Era inconcepibile, era troppo perfino per lei.

“Forse...” iniziò, simulando indifferenza con pessimi risultati. “... Forse dovresti rimanere qui un’altro po’”

Temari lo guardò divertita, rinunciando a qualsiasi tentativo di nascondere il sorriso. Appoggiò una mano su un fianco e si chinò in avanti.

“E...?”

Shikamaru sbuffò. Come previsto, si aspettava ancora qualcosa. Inspirò profondamente e fece un rapido ripasso delle sue priorità. Con lei davanti, prendere una decisione fu più facile di quanto si sarebbe aspettato.

“... E non darò le dimissioni. Non ancora, almeno.”

Mentre Temari si sedeva accanto a lui con una risata, Shikamaru non potè fare a meno di sorridere. In un modo o nell’altro, era riuscita nel suo intento. A un tratto, si era sentito come se un macigno fosse appena stato spostato dal suo petto, e soltanto ora potesse ricominciare a respirare liberamente.

 Si voltò verso Temari e la guardò negli occhi, accorgendosi improvvisamente di essersi messo a ridere insieme a lei. Senza nemmeno pensare a quello che stava facendo, premette le labbra contro le sue.

Il bacio durò solo pochi secondi, poi Shikamaru si scostò per osservare la reazione. Rimase immobile per un attimo, sicuro che il pugno di Temari avrebbe presto coperto interamente la sua visuale. Chiuse gli occhi.

Quando li riaprì, la vide a pochi centimetri da lui, con un sopracciglio alzato e un sorriso smagliante.

“Spero che spiando Asuma tu abbia imparato qualcosina di più, Nara...” la udì sussurrare, prima di essere spinto a terra e baciato nuovamente. “Questa è una missione che non fallirai.”

 

  
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