Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: OnlyHope    27/05/2010    17 recensioni
"Ok mi sono sbronzata. Una sola volta. Ma questo mi sembra esagerato.
È la quinta mattina di seguito dalla festa, che mi alzo con il fantastico desiderio, o meglio stimolo, o meglio ancora incontrollabile esigenza, di abbracciare la tazza del mio gabinetto. Di finissima porcellana sì, ma pur sempre un cesso." [Sequel di Butterly e Fly Away (Butterfly reprise)]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Songs in the Key of Life'
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Take It From Here








“Sanae…”
Il mio nome ha un suono melodioso quando è pronunciato dalla sua voce, quando è mormorato contro la mia pelle.
Posso sentire il respiro che ci vuole per scandire le sillabe che lo compongono, posso sentire che forma prende nell’aria, che si scontra con il mio collo.
Mi stringo di più al suo torace, accarezzando con cura le sue spalle mentre la sua bocca continua imperterrita a scorrere dalla base del mio collo, fino raggiungere il lobo del orecchio.
Un altro brivido si aggiunge all’infinità che sto provando…
Stretta tra le sue braccia, seduta sul suo bacino, ormai nuda da un pezzo.
Da quando Tsubasa ha deciso che spogliarsi a vicenda era un modo molto più interessante di passare la serata, rispetto al film d’azione che stavamo vedendo e che si poteva collaudare il divano in ben altre posizioni, rispetto alla classica rivolta allo schermo al plasma.
Ora le sue mani fanno pressione sui miei fianchi alla ricerca di un contatto maggiore, più intimo e diretto.
La tensione è ormai alle stelle, riesco a sentirla tra di noi e su ogni particella che ci compone, che ci appartiene.
Assecondare i desideri di Tsubasa equivale a soddisfare i miei, così mi avvicino ancora di più a lui, agevolando così quel fantastico meccanismo che ci permetterà di essere una cosa sola.
Reclino la testa mordendo le labbra mentre assaporo il momento dell’unione.
Tsubasa allora emette un gemito soddisfatto sul mio collo, prima di scostarsi per guardarmi negli occhi.
Amo da sempre ogni cosa di lui, ma la luce che illumina i suoi occhi quando facciamo l’amore mi fa perdere completamente la testa.
Appoggio la fronte alla sua senza distogliere lo sguardo dalle sue labbra protese, socchiuse e ansimanti.
La stretta sui miei fianchi si fa nel frattempo più decisa, seguendo il movimento del mio bacino.
Sfioro la sua bocca con la punta delle dita dalla quale escono respiri, sospiri e ancora il mio nome.
Mi avvinghio ancora di più a lui, il mio seno ondeggia morbido contro i suoi pettorali, attirando la sua attenzione.
Le sue mani allora risalgono dai fianchi fino a stringersi con possessività intorno ai seni mentre mi sorride seducente, con uno sguardo carico di brama.
Mi avvicino così alla sua bocca meravigliosa per unire i miei gemiti soffocati ai suoi.
Come se tutto questo fosse un magnifico segreto, da condividere solo con il mio unico e solo amante.
È la sua lingua a catturare questa mia confidenza, muovendosi imitando il movimento dei suoi fianchi contro i miei.
E fa caldo da morire sul nostro divano…
Caldo…
Come il sole in piena estate…
Come la lava che ribolle nei vulcani…
Come il corpo di Tsubasa dentro al mio…
 




“Oh ma che cavolo?”
Emicrania.
La più forte mai avuta.
Lo credo bene, visto che non mi ero mai sbronzata in vita mia almeno fino a ieri notte!
Sbronzata poi…
Che termine forte!
Al massimo sarò stata un po’ brilla…
Con difficoltà riesco a mettere a fuoco la luce, fastidiosissima, che filtra dalla finestra che, fastidiosamente, ho dimenticato di chiudere prima di andare a letto.
Bruciore agli occhi.
Proprio una bella idea quella di provare ad alzare il gomito, Sanae!
Provo allora a tirarmi su col busto ma il braccio di Tsubasa sulla mia pancia è pesante come fosse un macigno.
Riesco quindi a malapena a mettermi seduta nonostante la camera si sia messa a girare.
Ma perché ho bevuto ieri sera?

La festa per la vittoria della Liga!

Pessima idea quella di festeggiare con qualche bicchierino di troppo, davvero pessima.
Faccio così mente locale sulla nostra notte brava, che ha ridotto solo me in questo stato.
Lo sportivo che dorme al mio fianco infatti non beve mai ma quando lo fa, regge inspiegabilmente l’alcol come una vecchia spugna.
Alla faccia di Kira!
La festa della Liga, già…
Indossavo un bellissimo vestito rosso cangiante, corto e un po’ scollato, rigorosamente firmato.
Mendo sarebbe stato orgoglioso di me, sì.
C’era poi un sacco di gente che si ostinava a parlarmi in spagnolo, che ho scoperto essere la lingua che mi mette più in difficoltà al mondo, dopo il portoghese.
Ricordo la musica e i flash dei fotografi all’esterno.
I sorrisi per la stampa e quel bacio da prima pagina dettato non solo dall’euforia ma soprattutto dall’esigenza di confermare all’universo intero, come se ce ne fosse stato ancora il bisogno, che amo follemente il mio Capitano.
E che lui ama me, tanto per essere ancora più chiari!
La confusione, le chiacchiere e il tintinnio dei bicchieri.
Il sorriso di Tsubasa prima di portare il vetro alle labbra, che hanno preso a sapere di alcol per tutta la notte.
E poi la notte...
Sì…
M giro involontariamente a guardarlo mentre dorme beato.
Non posso evitare di sorridere quando immagini indistinte, ma paradossalmente nitide, si accavallano nella mia mente.
Le sue mani, le mie sulla sua pelle.
I respiri.
I corpi intrecciati, avvinghiati tra le lenzuola.
Ripeterei l’esperienza da capo se non fosse per questo terribile mal di testa, che mi fa scoppiare le tempie.
Ok! Questo è un altro motivo per cui è assolutamente vietato bere d’ora in poi!
Essendo ormai sveglia e non avendo altro da fare a letto, decido di alzarmi, credendo che possa essere utile al mio stato.
Pur non essendo un’esperta in materia, immagino che camminare possa aiutare a smaltire la sbronza.
Per esempio, potrei iniziare a preparare la colazione per Tsubasa, che sicuramente si sveglierà tra un po’ fresco e pimpante, come nulla fosse.
“Beato te!” esclamo prima di schioccare un bacio sonoro sulla sua fronte, che non lo scompone minimamente.
A fatica mi libero poi dal suo abbraccio ma quando sono in piedi…
Oh pessima idea anche questa!
Deve essere assolutamente segnata sul promemoria anti-sbronza!
Quando sono in piedi non inizia a girare solo la stanza ma credo di poter avvertire distintamente anche i moti di rivoluzione e rotazione del pianeta!
Porto di riflesso una mano alla bocca poi, dato che anche il mio stomaco ha preso all’improvviso a vorticare intorno a qualche sconosciuto astro, in un improbabile sistema solare dentro di me.
Veloce come un razzo, o perlomeno credo di esserlo visto il mio pessimo stato, mi precipito in bagno.
Abbraccio la tazza del water…
Altra cosa da segnalare nel taccuino contro le sbornie….





“Vuoi una camomilla?”
Ho solo la forza di scuotere la testa per rispondere a Tsubasa.
Lui poggiato allo stipite della porta, io ancora ancorata al water.
Lui maledettamente fresco come una rosa, lo sapevo, e schifosamente bello.
Io…
Non oso nemmeno immaginarlo!
Imprecando mentalmente contro me stessa, assecondo l’ennesimo conato che mi spinge a ficcare, di nuovo, la testa nella ceramica.
Tsubasa allora si avvicina e io di pessimo umore, altra cosa da segnalare, vorrei solo che stesse il più lontano possibile.
Mi faccio tristezza da sola, conciata così.
Quando mi porge un asciugamano pulito però mi limito a ringraziarlo con un sorriso debole, prima di portare il cotone pulito alle labbra.
“Scusa…” borbotto mentre la mia bocca si piega all’ingiù, in una mossa imbronciata decisamente puerile.
“Stupida…” e mi sorride dolcemente, sedendosi poi vicino a me, ignorando le mie proteste.
Ma in fondo anche questo è matrimonio, no?
“Non berrò mai più! Giuro!” esclamo, fissandolo seria con le lacrime agli occhi.
Tsubasa scoppia a ridere fragorosamente, perché devo essere terribilmente comica in questo momento.
“Cattivo!” lo rimprovero, nascondendo il viso nelle braccia ancora incollate al water.
Mi sento un po’ offesa dalla sua mancanza di sensibilità, anche se so che la mia reazione è piuttosto da immatura.  
“Non eri poi così male stanotte, un po’ alticcia!” lo sento mormorare vicinissimo mentre una carezza mi sfiora sulla nuca.
Alzo leggermente la testa, quel tanto che basta per scrutare il viso di mio marito, che sorride.
Maliziosamente?!
Le mie guance allora vanno in fiamme.
“La Sanae un po’ brilla è molto seducente!”
Riabbasso lo sguardo imbarazzata, mugugnando di starsene zitto.
“Ma anche la Sanae di tutti i giorni lo è…” aggiunge dolcemente, accarezzando di nuovo i miei capelli in pessimo stato.
Torno allora a guardarlo ma sempre di sottecchi.
“E ti dirò di più! Anche la Sanae abbracciata al cesso non è male!”
Arrossisco ancora di più, ammesso sia possibile, gonfiando le guance d’aria e trattenendo il fiato.
“Non è vero!” ribatto arrabbiata, convinta di essere orribile con i postumi della sbornia ma soprattutto ridicola in questa posa sopra il gabinetto, altro che copertine patinate dei CD!
“Sì invece…” ribatte, sorridendo ancora.
“Invece no!”
Mamma se divento infantile dopo una sbronza!
Segnare, segnare e segnare!
“Ho detto di sì!”
“No!”
“Sì!”
“Bugiardo!”
“Ti amo!” e mi bacia sulla fronte prima di alzarsi.
Rimango in silenzio.
Ammutolita.
“Vado a prepararti qualcosa di caldo da bere…” lo sento esclamare mentre esce dalla stanza.
Poggio di nuovo la testa sulle braccia ma stavolta sorrido anch’io.
La pausa però è fin troppo breve e così la nausea torna, romanticamente, a farmi ficcare ancora la faccia dentro il water.





Ok… mi sono sbronzata.
Una sola volta.
Ma questo mi sembra esagerato.
È infatti la quinta mattina di seguito dalla festa, che mi alzo con il fantastico desiderio o meglio stimolo, o meglio ancora incontrollabile esigenza, di abbracciare la tazza del mio gabinetto.
Di finissima porcellana sì, ma pur sempre un cesso.
Bene.
Sto diventando acida e sarcastica.
Un ultimo conato mi libera dell’inesistente peso sullo stomaco.
Avvilita, mi tampono la fronte con una salvietta bagnata prima di asciugarmi le labbra.
Mi alzo poi da terra sospirando, decisa ad allontanarmi per un bel po’ da questo maledetto bagno.
Trascinando i piedi raggiungo la cucina, dove trovo Tsubasa intento a prepararsi un tramezzino con del pane bianco e della marmellata di more, mentre ascolta il notiziario sportivo di un canale satellitare.
Mi sorride quando entro nel suo campo visivo.
Lo fa con amore ed io mi sento davvero grata per questo.
Temo infatti che il mio aspetto ultimamente sia davvero molto simile al cesso che abbraccio per dieci minuti buoni ogni mattina.
“Ne vuoi?” mi chiede innocentemente, porgendomi il panino.
Strabuzzo gli occhi alla vista del tramezzino a venti centimetri, decisamente poca strada, da me e il mio stomaco riparte per un giro, gentilmente offerto dalla mia dolce metà, sulle montagne russe.
“No per carità! Ho appena vomitato!”
“Di nuovo?!” mi chiede stupito, mordendo quella che è ormai diventata solo la sua di colazione.
Annuisco sedendomi a tavola, facendo però molta attenzione a non essere troppo vicina a nulla di commestibile.
“Non sarà meglio sentire il dottore?”
Tsubasa ha l’aria preoccupata, lui che fa dell’ottima salute un vanto e che pretende, amorevolmente, che sia così anche per me.
“La prossima volta imparo a fare la cretina alle feste!” minimizzo, sventolando una mano davanti alla faccia.
“Ma non può essere ancora la sbronza!”
Già…
Non è normale vomitare per cinque mattine di seguito per qualche cocktail.
Nemmeno mi fossi scolata il Mediterraneo!
E se fosse una gastrite?
Non ne ho mai sofferto…
Un’ulcera?!
Oddio mi viene il panico!
Cerco quindi di convincermi di nuovo, che sia tutta colpa dell’alcol quando poso distrattamente lo sguardo sul calendario appeso alla parete.
Un piccolo segno rosso cerchia il giorno diciannove.
Più di dieci giorni fa, esattamente.
Un calore improvviso m’infiamma le gote mentre continuo a fissare a bocca aperta quel numero evidenziato, sbattendo le palpebre.
“Forse hai ragione, Tsubasa. Sarà meglio passare dal medico…” mormoro senza distogliere lo sguardo dal calendario, la voce impercettibilmente incrinata dall’emozione.





“Ehi sono a casa!”
Una porta che si chiude, dei passi lungo il corridoio e Tsubasa si affaccia in salotto con quella sua fantastica espressione felice e serena di sempre.
Seduta sul divano, poggio il mento alla pelle prima di ricambiare dolcemente il sorriso.
Con un gesto della mano lo invito poi a raggiungermi.
Tsubasa posa a terra il borsone e si toglie la felpa della tuta, lasciandola su una sedia rossa, accanto al tavolo di cristallo.
Soddisfatta, mi rendo conto che non si è accorto minimamente del vaso e dei fiori spariti.
Troppo fastidioso l’odore…
Bleah...
Quando fa per sedersi accanto a me, gli faccio spazio accantonando delle vecchie fotografie, che hanno fatto con noi il giro del mondo.
Dal Giappone alla Spagna, passando per il Brasile.
“Che stai combinando?” mi chiede mentre cinge le mie spalle con un braccio.
D’istinto mi accoccolo al suo torace.
“Stavo guardando questi ricordi… ” esclamo allegra, posando una manciata di foto sul suo grembo.
Ne prendo poi una pila più piccola, preparata precedentemente e facendomi più vicina gliela porgo, sorridendo.
“Iniziamo da queste!”
“Sei strana ultimamente…” lo sento mormorare vicino a una tempia, ridacchiando.
Non immagini quanto…
Tsubasa prende allora a guardare ogni foto con cura, passando dall’una all’altra silenziosamente.
Ogni tanto commenta divertito mentre sorride dolcemente, gli occhi velati di malinconia.
“Ah! Oggi sono passata in ospedale per la faccenda del mio innamoramento mattutino per il nostro gabinetto…” butto lì con aria distratta.
Tsubasa distoglie l’attenzione dalle fotografie, portando subito lo sguardo serio su di me, visibilmente preoccupato per la mia salute.
“Mi hanno detto che passerà, tra qualche tempo…” mi affretto ad aggiungere per rassicurarlo mentre a stento riesco a trattenere un sorriso carico di emozioni.
Fortunatamente, Tsubasa non riesce a cogliere questa sfumatura sul mio volto.
“Ti sei presa un virus?” mi chiede ancora sbattendo le palpebre, con quel modo innocente che gli appartiene e che fa parte dei suoi difetti di… perspicacia.
“Non così cattivo…” rispondo, virgolettando con le mani l’ultima parola.
Tsubasa sospira sollevato prima di concentrarsi ancora sulle foto.
Quando però si ritrova davanti una versione di se stesso all’età di tre anni, inizia a borbottare sonoramente.
Per metterlo ancora più in imbarazzo, mi sporgo ostentatamente sull’istantanea che lo ritrae nudo in spiaggia, con la bocca piena di sabbia.
“Non sapevo ti piacesse così tanto!” lo prendo in giro indicando il bambino nella foto.
“La prossima volta che andremo al mare ne farò scorta, così te la preparò ogni fine settimana!”
Tsubasa mi fissa rosso in volto, sbuffando sonoramente.
“Dove l’hai presa?” mi chiede mettendo poi il broncio.
“A casa tua!” e sorrido allegra.
“Chi te l’ha data?”
“Tua madre, ovvio!” esclamo, sfoderando un altro sorriso altamente divertito.
Tsubasa alza gli occhi al cielo, sbuffando ancora.
“Ma sono nudo!” torna a lamentarsi imbarazzato, anche se non si capisce per cosa.
“Capirai…” rispondo con una smorfia, trattenendo una risata e distogliendo per un attimo lo sguardo.
Mio marito grugnisce letteralmente, portando la foto incriminata infondo a tutte le altre.
I suoi occhi però si fanno stupiti quando si posano sulla successiva.
Di nuovo quel battito di ciglia confuso, che io adoro.
“Ah questa è nuova…” esclamo, avvicinando il mio viso al suo.
Tempia contro tempia, osserviamo insieme la stampa nera dell’ecografia stretta tra le mani grandi di Tsubasa.
“Vedi questo puntino…” indico con l’indice, che trema un po’ per l’emozione.
Tsubasa annuisce, imbambolato.
“È tuo figlio…” mormoro piano e con dolcezza al suo orecchio, assaporando questo momento e ogni movimento della lingua sul palato nel pronunciare queste tre semplici parole.
Tsubasa si volta di scatto a guardarmi, sbattendo le palpebre, incredulo.
“Non trovi sia già un puntino molto carino?” chiedo distendendo le labbra nel sorriso più dolce e tenero di tutta la mia vita.  
Ricorderò per sempre questo momento.
Il suo sorriso esplode.
Gioia.
Infinita.
Vedo solo questo sul suo volto.
No, non solo questo, mi correggo.
E amore…
La mia vista si offusca dietro lacrime di felicità.
E mi chiedo se vivremo altri momenti come questo nelle nostre vite.
Istintivamente le mie mani si poggiano sul mio grembo.
Sì, ci saranno tantissimi altri momenti preziosi…
Le sue braccia allora mi circondano, facendomi distendere sul divano.
Le sue labbra mi sorprendono poi con un bacio dolce ma appassionato.
Proprio come l’uomo che amo.
Tsubasa si separa da me per guardarmi negli occhi e sorride, mentre la sua mano scorre sul mio seno fermandosi all’altezza dell’ombelico, dopo essersi insinuata sotto il cotone della maglietta.
Rimane ferma lì, aperta e immobile, posso avvertirne il calore sulla pelle.
“Sarò il miglior papà del mondo…”
Annuisco sorridendo.
“E tu sarai la mamma più felice dell’universo!”
Le mie labbra tremano mentre le lacrime tornano a offuscarmi la vista.
“Vi amerò più di tutto e tutti…”
Il suo respiro sfiora di nuovo le mie labbra.
Tremo.
“Me ne prenderò cura da adesso…”









Salve a chi è arrivato a leggere fin qua!^^
La traccia di questa one shot è stata per molto tempo un probabile finale per Fly Away, che però ho dovuto scartare dato che  rendeva solo se trattato dal PDV di Sanae.
Così stanotte, non so perché né per come, ho aperto all’improvviso una pagina di Word e ho iniziato a scrivere le parole che nascevano nella mia testa.
Forse mi ha influenzato ascoltare una canzone estremamente dolce che dà il titolo alla shot.
Un grazie quindi per aver seguito un altro mio sclero notturno, ne sono sempre molto grata.
OnlyHope^^
   
 
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