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Autore: ElderClaud    28/05/2010    3 recensioni
"Sai, si dice che in tempi remoti ella fu la prima Hollow a raggiungere l'Hueco Mundo [...] Quando iniziarono a sopraggiungere in questo luogo altri Hollow, lei in automatico li divorava tutti. Uno ad uno, persino le creature più potenti, finivano nel suo ventre mai sazio. Ed ella crebbe e fu temuta in ogni dimensione esistente..."
Forse certe cose è meglio non saperle mai, rimanendo eternamente nel dubbio. Nosense inside
{Altri personaggi che si vedranno: Yylfort Grantz, Tesla, Zommari Leroux, Kaname Tousen, Starrk e col tempo anche altri }
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aaroniero Arurruerie, Altri, Inoue Orihime, Nnoitra Jilga, Szayel Aporro Grantz
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Scagli la pietra chi è senza peccato,
Scagliala tu perchè io ho tutto sbagliato”

[Proverbio molto popolare tra gli Inferi. O almeno questo è ciò che si dice]

Enjoy the Silence
Verdugo



La paura.
Il più antico istinto che gli esseri viventi provano.

Spesso striscia famelica tra le ombre più ignote, colpendo insidiosa anche la psiche più forte. Riducendo ad un pivello persino la mente più astuta.
Spesso si aggrappa ai nervi del cervello e genera violenti brividi che degenerano, quando la situazione è critica, in scosse elettriche che portano il panico. La paura insomma, e questo e null'altro.
Iceringer questo lo sapeva. Lo sapeva alla perfezione dato il lavoro che faceva.
Non era un individuo adatto a sfilare per le vie del palazzo regale, e tanto meno aveva possibilità a stare con gli altri suoi simili. Era uno squallido reietto proprio come il suo collega Demoura, che in quel preciso momento di riflessioni, se ne stava a due livelli più in basso a dove si trovava lui.
Iceringer conosceva alla perfezione il dedalo di vie e cunicoli, che caratterizzavano l'ingresso ufficiale all'Hueco Mundo. Vi ci era stato relegato assieme a quel demente di Demoura, dato che di creature deformi e quasi inefficienti Aizen non ne aveva bisogno.
No, non erano esattamente due scherzi della natura, ma erano comunque considerati due casi anomali dai loro stessi simili. E pertanto, meno li si vedeva in giro a palazzo, meglio era.
Un basso lamento simile ad un muggito, gli giunse alle orecchie chiaramente e ciò lo fece lievemente sbuffare. Muovendosi appena sul cilindro bianco su cui si era precedentemente appollaiato, il guardiano parlò.
“Che c'è mio buon amico? Anche questa storia ti angustia?”
un leggero sfogliare di pagine si sostituì a breve alle parole dell'Arrancar, con un suono secco e deciso che rimbombò per tuta la grande sala circolare.
Iceringer stava leggendo un libro in una delle sale più remote e profonde del labirinto di ingresso, e lo stava facendo unicamente per passarsi il tempo e rallegrare un po' il buon Demoura.
La sala era immensa, e finiva con un una grande cupola forata nel centro. E da sotto il pavimento, immensi piloni bianchi sorgevano come alberi, scontrandosi tra loro in una sorta di lotta per raggiungere l'unica fonte di luce del luogo.
Dal foro posto sul tetto della grande cupola, pioveva acqua a gran quantità data una perdita secolare delle tubature fognarie. Ma nonostante l'orrido olezzo che circondava l'ambiente, nulla toglieva alla maestosità poetica del luogo.
Da sotto intanto, un altro lamento arrivò alle orecchie del guardiano, ma questa volta ancor più indecifrabile del primo.
L'avvoltoio sospirò chiudendo di scatto il libro a quelle proteste mugugnanti. Bisognava portare pazienza con quel gigante, ma era comunque un suo amico – l'unico – e non c'era motivo di accanirsi troppo verso quella creatura afflitta da demenza.
Il volume che stava leggendo non era molto corposo a dire il vero, era un vecchio libro di poche pagine se paragonati ad altri ben più voluminosi presenti in biblioteca – uno dei pochi posti dove non fosse guardato dall'alto in basso – e il titolo in copertina citava lapidariamente “Verdugo”.

Una storiella piuttosto paradossale, e per molti la versione arcana de “L'epopea di Ichigo Kurosaki”. Narrava la storia di un Hollow piuttosto potente, tale Verdugo, che spesso si ritrovava a vivere avventure al limite del rischioso in tutti i sensi a causa della propria arroganza.
Spadroneggiava in lungo e in largo per tutto l'Hueco Mundo, sempre in cerca di sfide e avversari con cui confrontarsi, fino a quando la propria spavalderia non fu causa della sua stessa rovina.
Tale sventura arrivò quando Verdugo incontrò un uomo nel deserto, decidendo stupidamente di molestarne il pellegrinaggio.
Il tale che aveva deciso di tormentare pur di ottenere un duello, era un servo degli inferi, che gli propose una “sfida” particolare pur di scollarselo di dosso.
Ma proprio come accadeva nel libro degli Shinigami, anche il povero Verdugo andò in contro ad una cocente sconfitta e ad un finale che aveva la sua amara spiegazione morale.
In pratica, l'omino pallido e vestito di semplici abiti di pelle, suonando un motivetto malinconico con il proprio strumento, sfidò l'Hollow a cantare a tempo la canzone legata al motivetto.
Verdugo letteralmente fu tratto in inganno come un allocco, e camminando per il deserto concentrato unicamente nella sua sfida, non si accorse che il paria lo condusse all'inferno senza poter più far ritorno a casa.
Una fine decisamente angosciante, ma che stranamente strappava parecchie risate sguaiate agli Hollow, poco consci del significato nascosto di tale storiella.

Le dita sottili – decisamente troppo sottili per impugnare una spada – chiusero di scatto il libro quando i lamenti di Demoura divennero più forti e stentorei in una maniera assai preoccupante.
Iceringer di istinto nascose il volume sotto le pieghe del poncho, fiondandosi come una saetta verso i piani inferiori di quella foresta intricata per raggiungere il più velocemente possibile, un compagno che pareva letteralmente terrorizzato. Accarezzando letteralmente le pareti lisce dei cilindri con i propri calzari, lo storpio avvoltoio volò fino in basso con una agilità a dir poco sorprendente.
Appena toccato il suolo del livello più basso, un leggero rumore d'acqua smossa accolse il suo arrivo, soppiantato poi da un rumore ben più strano.
“Demoura! Dove sei finito?! Rispondi!”
Un grido lontano si perse in un eco senza fine tra le pareti di quei bui corridoi claustrofobici, accompagnato con sempre più insistenza da quelle che sembravano le note malinconiche di uno strumento a corda. E data l'armoniosità della musica, lo strumento che accompagnava le grida del suo compare doveva essere un violino.
“Demoura...?!”
Confuso, l'Arrancar dalle fattezze simili a quelle di un corvo, sbatté le palpebre confuso in direzione di un corridoio dal cupo mantello di tenebra, cercando di capire se davvero ciò che sentiva era il suono di uno strumento musicale, oppure solo le gocce d'acqua di mille e più tubature rotte che cadevano al suolo rimpinzando le già corpose pozzanghere presenti sul pavimento.
Nulla.
Solo l'eco della sua voce che si perse attutita lungo quei corridoi stretti e scuri, gli giunse a risposta. Spaesato per tutta quella improvvisa confusione, Iceringer provò ancora una volta a chiamare il compagno disperso, ma questa volta mettendoci ancora più tono nell'urlo autoritario.
Nulla.
Ancora una volta la sua voce si perse per le pareti piastrellate di freddo cemento armato dei corridoi, fino a scomparire del tutto lasciandolo ancora una volta da solo.
Era come se Demoura fosse letteralmente scomparso nel nulla, e la cosa non gli garbava neanche un po'.
Continuò quindi quel suo giro di perlustrazione praticamente a vuoto, sfruttando il sonido in momenti alterni durante il suo girovagare per quei corridoi bui e fetenti come il ventre di un bue sventrato, senza però trovare tracce dell'Arrancar assente. Per quanto conoscesse come le logore tasche della propria mantella quell'umido posto, non riusciva a trovarlo da nessuna parte.
Volatilizzato come quel dannato suono armonioso che lo aveva accolto nella sua precedente caduta nell'abisso.
“Cazzo... Dove sei finito, dannato demente?!”
Il panico gli stava sconquassando le budella con sempre più costanza fin quasi a dargli il nervoso. Non era da lui perdere le staffe in quel modo, ma la situazione era critica. Se quel pazzo fosse caduto in un fossato, poi con chi avrebbe parlato Iceringer?

Poi ecco, dopo giri a vuoto in quel dedalo di vie e cunicoli, il misterioso suono si fece risentire alle orecchie dell'Arrancar guardiano.
Per tal motivo dovette fermarsi con il fiato in gola, esaminando attentamente ogni suono e rumore naturale, concentrandosi unicamente sulle note musicali, e separando le gocce d'acqua che inquinavano l'atmosfera.
“Che io sia maledetto...” bisbigliò alla fine.
Riuscendo a captare una fonte sicura alla propria destra, in un corridoio immerso nell'oscurità e nel fetore più assoluto.
Ci si immerse ancora in quel buio conosciuto, questa volta però a passo d'uomo e non più correndo come un folle.
Il perchè non lo sapeva neppure lui, ma in quel cunicolo stretto, la musica si faceva sempre più insistente, e ora era davvero riconducibile a quella di un delizioso violino. Assurdo ma vero, qualche pazzo furioso stava suonando in quel luogo dimenticato da Dio – e molto più simile ad una discesa negli inferi – e non era frutto dell'immaginazione.
Per tale motivo Iceringer avanzò piano verso la fonte del suono, con circospezione e tenendosi costantemente sulla difensiva.
Un passo, e iniziava a scorgere una sagoma asessuata in mezzo a quella notte viva e purulenta.
Ancora un altro passo, e improvvisamente si accorse di come il fiato gli si condensasse all'interno della maschera a forma di becco. Era caldo respiro che andava a sbattere contro l'ossatura interna bianca e liscia, ed era incredibilmente rumoroso dentro quella maschera maledetta.
Non solo, ma più si avvicinava a quella... Quella cosa, più avvertiva il cuore che stranamente pompava sangue e quasi gridava dentro petto.
Ne scorgeva sempre più i dettagli sconvolgenti, di quello che immerso nella notte suonava imperterrito, e dava l'idea di non essere un Arrancar come lui.
Immersa nella tenebra riconosceva a stento le pieghe di una schiena nuda e candida, deturpata da quelle che sembravano cicatrici o corrosioni dovute al fuoco assassino, dalla restante silhouette avvolta in abiti scuri e presumibilmente di pelle.
A stento riusciva a vedergli le agili dita che, come tentacoli, si districavano in quel nero per muovere l'asta dello strumento, e sempre con poca chiarezza vedeva dei fugaci lampi rossi riconducibili agli occhi.
Quegli occhi... Così poco umani da sembrare solo delle sfere rosse come il fuoco degli inferi, dettero un freno definitivo al confuso e spaventato guardiano, portandolo a fermarsi davanti a quella visione a dir poco assurda.
“Chi sei?!” volle sapere a bruciapelo lui.
Bloccando quel suono melodioso con le proprie – tese – parole, e arrestandone l'esecuzione dell'artista maledetto.
L'individuo che a stento riusciva a vedere, bloccò le membra in un gesto che trasudava poca naturalità, somigliante ad un gesto meccanico come quello di un vecchio burattino.
Persino il voltare la testa in modo impercettibile verso chi aveva fatto domanda, parve ad Iceringer di sentire il cigolio delle vertebre che si spostavano.
Spaventoso, a dir poco spaventoso quello di non sapere cosa si guardava in quel preciso momento.
“Chi sono...?!” fece in risposta la misteriosa figura.
Con una voce strana come camuffata da tanti stracci che coprivano il volto di un individuo, tanto da risultare a dir poco soffocata.
“Si esatto – l'Arrancar prese coraggio per quella mezza domanda idiota – dimmi chi sei e che cosa hai fatto a Demoura!”
“E... Sapere il mio nome risolverà il destino di.... Demoura?”
La voce giungeva lontana e di difficile comprensorio in mezzo a quel silenzio assordante. Piccolo particolare portatore di nuovo nervosismo al guardiano, visto che si stava temporeggiando e forse quella era tutta una trappola ordita dagli Shinigami. Ma per uno strano motivo la sua gola era incredibilmente secca e poco disposta a pronunciare verbo, e mai Iceringer si era sentito così alle strette come in quel momento. Neppure con Aizen sama.
“Ad ogni modo, mi chiamo Malikai Flammer... Lieto di conoscerti, guardiano Iceringer...
Le parole cupe e soffocate giunsero lapidarie alle orecchie dello sventurato corvo, che per un motivo noto solo a lui si ritrovò con il sangue gelarsi all'improvviso nelle vene. E non era solo per il fatto che quel bastardo conoscesse il suo nome.
No.
Mentiva.
Era un fottuto pazzo maledetto che stava mentendo. Un autentico cazzone che gli aveva portato via l'unica compagnia che avesse, e ora per sbeffeggiarlo ulteriormente, aveva ripreso a suonare quel suo dannato strumento e ad allontanarsi lentamente da li.
“Tu menti... Tu sei pazzo... ! Dimmi dov'è Demoura, ora!!”
Non era da lui toccare lievi note isteriche partorite dalla paura più buia e nera che conoscesse, ma lui trovava ridicolo che quella cosa portasse lo stesso nome di quello presente nel libro posto sotto il suo poncho.

Malikai Flammer, paria leggendario degli inferi, che condusse il malvagio Verdugo all'inferno con il suono del proprio violino, era apparso davanti ai suoi occhi sconcertati. La stessa enigmatica creatura che aveva sfidato il pericoloso Hollow a cantare stando al ritmo del suo violino, portandolo sempre più negli oscuri budelli della terra.
Lo stesso Malikai che ora era letteralmente sparito dalla sua vista ad un batter di ciglia, lasciandolo ancora una volta solo e confuso. Oltre che scosso da così tante emozioni, che provare ad urlarle tutte era pressoché impossibile.
No.
Non era vero.
Era stata una allucinazione dovuta alla troppa suggestione che quel luogo portava ai visitatori. Doveva essere così, sennò non si poteva spiegare l'improvvisa emicrania che lo colse, portandolo a massaggiarsi le tempie al limite della frustrazione.
Cosa... Cosa sta succedendo?!”
Mai in tanti anni di servizio in quel luogo per reietti, si sarebbe aspettato di impazzire per la solitudine. Proprio lui che di solitudine ci aveva quasi fatto una filosofia di vita, ora era al limite della confusione dal retrogusto amaro della pazzia.
Solo qualche secondo dopo quelle amare riflessioni, un altro suono più acuto e agghiacciante gli giunse alle orecchie, risultando a dir poco fastidioso all'interno della sua maschera di Hollow.
Un grido che si perdeva tra i corridoi del dedalo oscuro si fece risentire più forte di prima e quasi con rabbia, appartenendo ad una creatura che il guardiano conosceva fin troppo bene.
Demoura!!”
E con i nervi devastati dall'ennesima scossa di adrenalina, Iceringer scattò nella direzione da dove era giunto in precedenza per soccorrere un compagno disperso.
Abbandonandosi finalmente quel budello ignoto alle spalle.

[…]

Sabbia.

Sempre e solo sabbia in ogni dove.

Ci stava facendo l'abitudine a tutta quella roba bianca come il latte, ma se non altro era un luogo così noioso che le cattive compagnie scarseggiavano di brutto.
Starrk sbuffò annoiato dinnanzi a tutta quella monotonia, che purtroppo caratterizzava ogni centimetro del suo regno fino ai confini dei territori degli altri.
Niente rovine antiche, pochi speroni rocciosi, ma in compenso tante dune di sabbia da far venire la nausea. L'unica cosa davvero degna di nota in quelle lande così noiose, erano le due oasi di acqua cristallina presenti in mezzo a quel nulla.
Una era verso ovest, ed era situata all'interno di un piccolo canyon dell'unica formazione rocciosa del suo regno. L'altra era un'oasi vera e propria circondata da palme fossilizzate, se così si potevano chiamare quei grotteschi alberi di calcare, ma andando verso sud e verso l'interno di quel mare di dune.
“Lilynette... Non correre!”
Sbadigliò quell'ordine ad una vivace bambina che scorrazzava per tutta la piana ancor più annoiata di lui. La sua giovane Fracctiòn, dall'apparente età di una bambina dodicenne, non amava starsene ferma molto a lungo, e quelle passeggiate di perlustrazione erano qualcosa di a dir poco tedioso.
“Ma sta zitto...” brontolò di giusta risposta lei.
Scalciando la sabbia e snidando così dei piccoli scarafaggi bianchi. Piccole e insignificanti creature dall'effimera esistenza, che catturarono la curiosità della bimba annoiata al limite della frustrazione.
Incuriosita da quelle semplici forme di vita, ignorò la voce del Primera Espada che le imponeva di non allontanarsi troppo, dato che era il crepuscolo e il tetto del cielo si era fatto ormai nero. Eccetto il rosso bagliore sangue del sole stagliato all'orizzonte, ormai una nuova notte stava calando nel purgatorio.
“Guarda che è tardi! È il caso di ritornare a palazzo”
Niente da fare, Starrk non riusciva a portare l'ordine verso quella piccola scalmanata ormai del tutto concentrata a pensare ad altro.
Quando Lilynette osservava qualcosa che le suscitava interesse, seppur minimo, non c'era modo di scollarla da li.
Per questo un po' per stanchezza personale, e un po' perchè decisamente non aveva voglia di polemizzare, sbuffò seccato incamminandosi lentamente verso il castello.
“I cuscini non ti scappano via...”
la giovane borbottò quelle parole quasi a bassa voce e distrattamente, mentre osservava i piccoli insetti scalare una duna di sabbia piuttosto alta, facendo fatica nel muovere le sottili zampette su quella sabbia friabile e resa rossa dai raggi del sole.
I piccoli granelli di sabbia che trotterellavano giù ad ogni loro movimento, sembravano gocce di sangue che scivolavano giù delicate ed effimere.
Una visione affascinante anche se così non era, ma quello era uno dei pochi passatempi che poteva permettersi. In pratica, senza neppure accorgersi dello sforzo di scalare quella ripida duna di sabbia, seguì tutto il percorso di quelle creature fino a giungere in cima.
Ove i raggi del sole erano più vivi, e le sferzate di vento che prima minimamente non la toccavano, ora si fecero sentire con il gelo portato dalla notte, e il fetore di qualcosa di ben più strano e anomalo.
Lilynette per questo, confusa per quella misteriosa stranezza, si alzò in piedi e lasciò momentaneamente perdere quelle creature insignificanti, cercando di scrutare l'orizzonte coperto dai suoi capelli sbarazzini.
“Ma che cavolo succede?!”
Seccata per quelle folate di vento gelido che le scompigliavano i capelli, e per quella puzza che sapeva di morte, si portò una mano in fronte spostandosi i capelli e osservando in tal modo un paesaggio a dir poco agghiacciante.
Un tetro spettacolo che la portò a sgranare gli occhi dal terrore, trovandosi con la gola secca e faticando – incredibile ma vero – a trovare la forza di urlare il nome del proprio compagno.
Solo un roco balbettio che nasceva in gola, recante il nome di Starrk che nasceva sulle labbra, venne partorito in seguito in un urlo disperato.

- - - - - - - - - - - - - - - -

“Che seccatrice... Ma non può per una volta darmi retta?”
L'Espada in quel momento stava parlando da solo.
Non era propriamente arrabbiato con quella piccola canaglia, ma se non c'era nulla da fare c'era poco da perseverare per quel luogo dimenticato da Dio.
Bisognava starsene nei propri appartamenti e basta, e diamine, un po' gli dispiaceva comunque che Lilynette si annoiasse così.
Ma altro non poteva fare che brontolare ad una sabbia silenziosa che non gli rispondeva, e camminare piano così da permettere alla bimba di raggiungerlo senza troppi sforzi.

Ma ciò che raggiunse Starrk in quel momento, non fu una bambina scalmanata. Ne epiteti volgari che spesso lei gli indirizzava.
Ci fu un grido a tormentare il deserto in quel momento, un grido acuto e terribile fin troppo femminile e fin troppo conosciuto.
Uno strillo che portò nel guerriero una espressione facciale di stupore mista a preoccupazione, e uno strano sentimento che dentro il petto gli faceva male.
Anzi, più che male. Era lacerante.
Lilynette!!”
Non ci pensò due volte a voltarsi per abbandonare la strada di casa, e raggiungere il luogo in cui quella stupida si era fermata.
Non ci pensò due volte ad usare il sonido per spostarsi velocemente smuovendo sabbia in gran quantità al suo passaggio, mosso unicamente da quelle grida che non smettevano un momento di cessare. Doveva raggiungerla e basta, mai si sarebbe perdonato se le fosse successo qualcosa. Qualunque cosa fosse successa in quel preciso istante.
Persino la duna di sabbia scalata a fatica dalla bambina, per lui fu come superare un semplice sasso, arrivando teso come un fusto alla creatura improvvisamente zittita, trovandola totalmente sconvolta.
“Lilynette... Cosa è successo?! Che hai?!”
il giovane uomo tentò di scrutare in ogni dettaglio una bambina rigida nella sua postura, e intenta in rigoroso silenzio ad osservare l'orizzonte sempre più scuro e invisibile. Risultandogli a dir poco sibillina per quell'atteggiamento improvviso e preoccupante.
“Ma insomma, co...”
Gli ci volle un po' a Starrk per realizzare cosa realmente avesse spaventato a morte la piccola Fracctiòn. E quando se ne accorse, lo stupore si impadronì nuovamente del suo volto impassibile.
Ancor prima di voltare lo sguardo verso il sole morente, il gelido vento della notte gli pizzicò il naso a causa del forte odore di morte che si trascinava addosso.
Un fetore indescrivibile, di centinaia e centinaia di corpi sbudellati senza pietà, che ricoprivano l'intera valle con il loro sangue e il loro terribile fetore. Una macabra visione che il vento contrario a loro aveva nascosto sino a quel momento.
“Dio... Cosa diavolo è successo qui...?!”
Sconvolto il Primera Espada osservava un autentico campo di battaglia che per lo più, sembrava un mattatoio alla pubblica luce del sole per tanto che era raccapricciante tale visione.
Gillian, Adjucas, Menos Grande, semplici Hollow... Il tappeto degli orrori era immenso.
Corpi mutilati e straziati che arrivavano sino all'orizzonte morente, simbolo efficace di una mattanza avvenuta da poche ore, si stagliavano pietosi agli occhi dei due Vasto Lorde.
“Starrk... È terribile! Chi... Chi è stato?!” piagnucolò la bimba.
Stringendogli con forza un lembo della giacca del guerriero, attirandosi così la sua attenzione non più catalizzata in quell'orrore.
Per tale orrore si protese a distogliere la fanciulla da quello spettacolo di morte, coprendole il viso con un braccio nell'atto di stringersela forte a se, tentando di riguadagnare la solita quiete.
Deglutendo, Coyote Starrk tentò di tirare le somme di cosa fosse successo sotto di loro, e cosa avesse macellato tutti quei loro fratelli con efferata ferocia.
“E così... A quanto pare ci siamo...”
In quel preciso istante, l'unica cosa che passava per la mente del guerriero, era che l'Hueco Mundo era con tutta probabilità entrato nuovamente in guerra. Ancora una volta, dopo mille anni dalla titanomachia che aveva coinvolto i suoi fratelli predecessori, si appresta ad essere versato altro sangue.
Quale somma gioia per le orecchie di Aizen sama, sapere magari di quella probabile possibilità di battaglia imminente.
Gli Shinigami avevano finalmente dichiarato guerra al mondo vuoto, a quanto pare...


Ce l'ho fatta ad aggiornare, dopo due mesi di silenzio.
Vabbè, mi ero presa una pausa da questa storia, ma è anche giusto portarla avanti. Inoltre, questa storia l'ho inserita nella serie “hole in the sky” (dal titolo provvisorio).
Che dire di questo capitolo? Ancora una volta mi sono occupata di personaggi bistrattati. Iceringer e Demoura sono i due guardiani che la compagnia di Ichigo affrontano appena entrati nell'Hueco Mundo.
Col fatto che si sono visti ben poco, non so se sono andata totalmente ooc, se è così perdonatemi! Ma da quel poco che si è visto, Iceringer mi è parso che si preoccupasse per il proprio compagno. In più, il personaggio di Malikai è una mia creazione, per questa figura spettrale ho voluto usare un nome che suonasse malevolo e ricordasse le fiamme.
Comunque, la parola Verdugo viene dallo spagnolo, e significa “boia”. La canzone prima del titolo invece, è dei Negramaro ossia “mentre tutto scorre”.
Ringrazio infine Serenity e Yoko_kun per aver recensito lo scorso capitolo! Vi ringrazio davvero e sono felice che abbiate apprezzato il capitolo.

Spero abbiate apprezzato la lettura!

   
 
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