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Autore: Zero    01/09/2005    1 recensioni
Una lettera a tutti e a nessuno... per esprimere uno stato d'animo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro Filandro,

Caro Filandro,

spero mi scuserai se ho tardato tanto a scriverti (o magari mi ringrazierai, perché non ti ho annoiato per un po’), ma come sai, sono molto impegnato.

I giorni si divorano a vicenda, uno dopo l’altro e poco a poco, ma inesorabilmente, si avvicina il momento che tanto ho atteso –e tanto ho temuto- in questi mesi. Come ti ho scritto più e più volte la mia vita degli ultimi mesi si può riassumere nel continuo e ripetuto sforzo di immaginare quell’attimo, di prevederne le circostanze, i modi, i tempi e…

E, nonostante mi adoperi continuamente per tenere a freno la mia immaginazione, non posso esimermi dal pensare anche al dopo, dato che, come tu ben sai, quel giorno cambierà la mia vita in maniera inesorabile.

Ma come cambierà? Quale sarà il segno di questo cangiamento? E’ questo il dilemma intorno a cui la mia anima si lacera!

Mi sento come se fossi sull’orlo di un baratro profondo e raccapricciante. Dall’altra parte dell’abisso si stende una terra meravigliosa, fatta di sole, di azzurro e di inafferrabili promesse… Ma il mio pensiero non può evitare di volgersi al baratro, che, con la sua minaccia di fallimento, è costantemente sotteso ad ogni mia azione, ad ogni più banale giudizio.

Sai, sto sperimentando come sia strano –e dannatamente spossante- trovarsi perennemente sospesi tra Speranza e Terrore, tra Salvezza e Dannazione. Hai mai provato una sensazione del genere? Si è soggetti ai più repentini sbalzi di umore: il pregustare le gioie dell’esito positivo della prova è di continuo guastato dallo spettro incombente del fallimento. Di contro, però, la labile speranza di riuscita è un palliativo assai scarso per quest’ultimo spettro.

C’è un’essenziale asimmetria di fondo tra l’enormità –ardirei dire l’infinita- del fallimento, e viceversa la finitudine e la temporaneità del successo. (Si può perdere tutto, ma mai vincere tutto). Infatti non riuscii mai a godermi un successo per più di qualche ora. Viceversa l’angoscia degli smacchi mi perseguitò spesso per anni, come un giudice implacabile che conosceva gli argomenti più dolorosi e raccapriccianti per incolparmi e torturarmi.

D’altronde, c’è dell’altro. Nei rari momenti di tregua che concedevo a me stesso dalla mia incessante attività, avevo occasione di approfondire gli stati del mio animo di fronte all’intera questione, e non potevo cessare di meravigliarmi della straordinaria varietà di questi.

C’è infatti, quasi rumore di fondo, -oltre a queste sensazione preponderati di cui ti ho detto- anche una sottile ebbrezza, nel trovarsi sul crinale ventoso, rocciosa lama del rasoio, origine da cui tutte le vie si dipartono. E’ la consapevolezza che in quel momento tu potresti essere… Potresti fare… Potresti riuscire…

Ma del resto non è solo questo. E’ un guardare a se stessi come ad eroi solitari e tragici, fatti tali solo dalla grandezza dell’alternativa davanti a cui sono messi di fronte dal Fato.

Ma quando rientriamo nei nostri panni, e ci riaccorgiamo che quelli che osservavamo siamo proprio noi, e non qualche tormentato eroe letterario, beh… ecco, sopraggiunge un senso di amarezza, e viene da ridere –di un riso amaro, per l’appunto- della nostra assurda condizione.

E poi sopraggiunge il sonno, se Dio vuole, e tutte queste congetture spariscono in quello sprazzo di oblio che –per la nostra salvezza, e salute mentale- ci è concesso.

Spero, caro Filandro, di non averti tediato troppo con queste farneticazioni, che forse giudicherai del tutto esagerate in rapporto al caso nel cui mi trovo. Probabilmente hai del tutto ragione, ma tu non sai cosa può ridursi a pensare un uomo nelle mie condizioni.

Spero di ricevere al più presto tue notizie. Nel frattempo ti mando i miei saluti più calorosi, anche in questo freddo inverno…

 

[firma sbiadita]

  
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